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L’odio, il peccato, l’oblio

By 30 Gennaio 20253 Comments

Quella mattina, dopo la festa di Fabio, il mio ragazzo, che compiva 26 anni, mi sono svegliata dopo tre ore di sonno, un sonno convulso e infastidito dall’emicrania, per i troppi gin tonic bevuti.

Poi quando ormai il sole si era alzato già da un po’, la voce di mia madre che sbraitava e gridava mi ha svegliato, mentre preparava la valigia, per un viaggio di lavoro di una settimana, parlava a voce esageratamente alta con Luca, il suo compagno, e quelle stupide urla, che volavano di stanza in stanza, mi davano un’avversione verso il mondo intero, e un disgusto da farmi peggiorare la nausea.
Spiegava a Luca, che vive con noi da sei mesi, una marea di cose inutili: dalla caldaia, al microonde, dalle piante da tirar dentro di notte a come sistemare un mobiletto in camera. Così dal letto colta da un’improvviso raptus, con tutta la voce che avevo, in quel mio malessere generalizzato: «Mamma, basta, è ora, sei tardi, vattene o perdi il treno… cazzo! Luca ha 35 anni, non è un bambino.»
Infatti Luca ha 35 anni, 8 in meno di mia madre, e 10 più di me.

Mia madre è un’affermata scenografa, e lavora per i più importanti teatri d’Europa, quindi è sempre in giro; mi ha avuta molto giovane, e come mi ha detto, già dall’età di 10 anni «Per sbaglio, se mi fossi accorta prima di essere incinta…», non proprio la frase più amorevole da sentire per una bambina di 10 anni. Tanto è vero che fin da piccina mi ha trattata come un pacco postale senza un indirizzo preciso: mi scaricava un po’ qua e un po’ là: dalla nonna, da qualche sua amica o appena più grandicella mi abbandonava a me stessa a casa.

Viveva nella moda e nel mondo vellutato di opere teatrali meravigliose e piene di fascino, e con la sua bellezza e la sua eleganza poteva quello che voleva con gli uomini, e sapeva giocarci molto bene. Tanti ne erano passati per casa: mori, biondi, castani, pelati, alcuni ricchi, grassi e bassi, altri bohémien con l’aria da ‘belli e dannati’, insomma un po’ tutti i genotipi erano trasmigrati, chi per una notte, chi per una settimana, i più temerari anche un mese, fino al ‘tanti saluti’ di mia mamma Valentina. Nessuno però dormiva mai da noi, finita la ‘ginnastica’ non voleva condividere il suo letto, solo Luca, a poco a poco si era guadagnato quell’intimità e sempre più spesso lo trovavo a colazione.

Qiundi con Luca sembrava essere una cosa più stabile, di certo mia madre ed il suo corpo non perdevano colpi, e Luca era davvero un meraviglioso ragazzo: alto, bel fisico, moro con gli occhi verdi smeraldo, che illuminati dal sole sembravano lucenti.
Luca faceva il docente all’università, dove insegnava nel corso di Letteratura moderna, facoltà che dove mi ero laureata io, ed era proprio lì che mia madre l’aveva conosciuto, quando alla mia festa di laurea, era passato per congratularsi con me. Poi credo, dopo una notte di fuoco, si erano persi di vista, per ritrovarsi un anno e mezzo fa.

Era un ragazzo davvero intelligente e preparato, e io mi ero quasi innamorata, per meglio dire invaghita, di lui; e probabilmente non mi sarebbe sfuggito, visti i suoi sguardi non troppo professionali ne educativi al mio culetto; ma l’avrei fatto solo dopo la laurea, perché non volevo che si compromettesse sul lavoro per essere andato con una studentessa. Poi era passata a ‘volo radente’ mia madre e aveva fatto man bassa, e non solo quella.

Così da possibile amante, me lo sono trovato in casa come ‘patrigno’, termine con il quale io assolutamente non lo associavo. Comunque, ingoiato il rospo e vista la mia sfrenata passione per la lettura, per me era un piacere parlare con lui dei miei autori preferiti, o del libro che al momento stavo leggendo.
E poi era così intrigante che ogni volta che lo guardavo continuavo a desiderarlo come la “volpe sotto l’uva”, come fosse il mio sogno nascosto, e forse lo era davvero.

Ed ora, con una vagonata di paranoiche gelosie scaricate su di me da Fabio, il mio ragazzo, avrei passato una settimana da sola con lui, senza quell’arpia di mia madre tra le palle. Luca stava ristrutturando un appartamento in centro, ma non era ancora abitabile, per la mia più totale felicità.

Valentina era di certo invidiosa del mio rapporto ‘letterario’ con Luca, ma svuotava tutta la sua acredine su di lui, non dando a vedere a me l’avversione che le rodeva dentro, per non darmi soddisfazione, e facendomi capire che la donna alfa di casa era ancora lei, l’incontrastata regina dietro il palco, per lavoro, e sotto le lenzuola, per diletto.

Fabio, laureato in Ingegneria, era il mio esatto opposto: schematico, rigido, inflessibile, zero fantasticherie, zero romanticismo, zero passionalità. La società e la sua ricca famiglia volevano risultati, e quelli erano calcolati solo in denaro. Io che mi perdevo ancora dietro ad una farfalla, ad una lucertola che si nascondeva sotto i sassi, io che da ‘grande’ avrei voluto fare la scrittrice, io che mi nutrivo di immaginazione e creatività, stavo con un tipo, da un anno, che volava radente al suolo, zavorrato dalle sue mire di successo e ricchezza.
E se ci aggiungiamo la sua incommensurabile gelosia, posso dire che la nostra storia non aveva esattamente delle basi solide. Non mi piaceva neppure il suo cazzo, i suoi 15 cm, piccolo e grosso, da sembrare il cubo di Kubik senza i tasselli colorati, anche se tendeva al rossastro scuro, ed anche nell’atto era troppo sbrigativo e badava prima di tutto al suo di piacere. In parole povere mi scopava, veniva e se ne andava, neanche stesse lavorando.

Ma ero stufa di passare da uno all’altro, da storielle che sapevo defunte già prima di cominciarle. E su questo è proprio vero che “il frutto non cade mai distante dall’albero”, e la genetica mi aveva riempito di quei feromoni, e di quei capricci, che mia madre mi aveva dato in dotazione mettendomi al mondo.
E crescendo in quella promiscuità di volti e uomini che passavano per casa, tutto mi era sempre sembrato normale, per farla breve piaceva molto anche a me il cazzo; e di esperienze, nel bene e nel male, ne avevo fatte anche troppe.
Del resto oltre essere sempre attirata e curiosa di cosa si nascondesse tra le gambe dei ragazzi, da quando l’avevo fatto la prima volta a 16 anni, con il postino, tenevo un diario con le descrizioni fisiche, con le specifiche morfologiche: lunghezza, grossezza, durezza e fisiologiche: resistenza e tempi di recupero per la seconda ‘puntata’. E con gli anni le pagine diventavano sempre di più, e le scritte si facevano più fitte, e questo un po’ mi faceva imbarazzare.

Tornando alla mattina della partenza di Valentina, appena ho sentito la porta di ingresso chiudersi, mi sono stropicciata gli occhi, e alzandomi controvoglia sono andata in bagno, cercando di recuperare un po’ di lucidità. Lo stomaco in subbuglio, la bocca impastata, avevo ancora il gusto dello sperma di Fabio, che quando mi ha riportata a casa, qua sotto il palazzo, in macchina gli ho fatto il mio regalo di compleanno, ed ero talmente ubriaca che non mi ero lavata neppure i denti, ero corsa direttamente a dormire.

Ero certa che Luca avesse accompagnato mia madre in stazione, e quindi pensando di essere sola, sono sgusciata nel corridoio solo con il perizoma.
Anche se era novembre, in quell’appartamento c’era un sempre un caldo da far mancare il fiato.
Ma mentre passavo dal corridoio, il suo viso mi è comparso davanti alla porta della cucina, mi ha fissata come fossi un fantasma, io colta di sorpresa non mi sono coperta, gli sono passata in fianco, con la mia terza che ballonzolava ad ogni passo, e i peli pubici che si vedevano chiaramente attraverso il tessuto trasparente del perizoma.
«Ma halloween non è il 31 ottobre? Sei 20 giorni in ritardo, che cacchio hai fatto ieri notte, la maratona di New York?»
«Ti prego Luca non ti ci mettere anche tu, ho già il cervello che mi sembra un budino, e girati almeno…» poi quasi elettrizzata dai suoi occhi verdi su di me: «Ti piace quello che vedi, eh? Potevi fare a meno di scegliere quella strega di mia madre, se…»
«Io non ho scelto… nul… dai lasciamo stare, vai a farti una doccia, ti faccio un caffè, e mettiti su qualcosa», ma con il mio sguardo indagatore avevo già notato la patta della sua tuta gonfiarsi e questo ispirava in me vorticosi ed erotici pensieri.

Probabilmente aveva ragione lui, ma ero talmente stralunata da non rendermi conto che, in pratica, ero davvero nuda. Però quei tre minuti lì, con lui che mi squadrava il corpo mi ha provocato un sottile formicolio, il bassoventre ha iniziato a produrre un calore strano, un calore da capriccio insoddisfatto, di forte e irresistibile tentazione. Sono andata a farmi la doccia, ma quel tarlo mi scavava dentro, si incuneava in me un insano desiderio di lui, e un potente senso di rivalsa verso mia madre.

Mi sono fatta scorrere sulla testa acqua fredda riprendendomi un po’, ma quel chiodo fisso, quel cruccio continuava a logorarmi, la mia mente vagava sul suo corpo, e già mi vedevo annotare altri dati nel mio diario. Quando sono uscita dal bagno, solo con l’accappatoio su, avevo talmente voglia di un sano e ristrutturante caffè, che non sono passata in camera mia a prendere degli slip o una maglietta, e mi sono precipitata in cucina. Mi sono seduta al tavolo, il caffè bollente mi aspettava odoroso e fumante, Luca era in piedi vicino ai fornelli.

L’alone e l’annebbiamento etilico della sera prima mi faceva ondeggiare in un mare di intorpidimento mentale, ero ammantata in una beata dimensione in cui tutto mi sembrava nebuloso, però ero maliziosamente felice al il pensiero di averlo tutto per me, giorno e notte, per tutta la settimana, e questo mi stimolava fantasie, che non mi lasciavano in pace, e poi quella sua abbozzata erezione al solo guardarmi nuda, mi mandava fuori di testa.
Ha appoggiato la tazzina sul tavolo, ed è uscito dalla cucina, e dopo neanche un minuto, mi è venuto in mente che non avevo messo a posto il bagno, e sono corsa lì, ma quando ho sbirciato dalla porta socchiusa, ho visto Luca con il mio perizoma, che non avevo messo nella cesta delle cose da lavare, in mano, e lo annusava.
Quel gesto scriteriato mi ha fatto venire i bollori, ero talmente eccitata che tra le mie gambe in un attimo mi sono sentita madida dei miei liquidi. L’apoteosi, è stata quando si è infilato la mano dentro la tuta e si è toccato la sua erezione che si notava chiaramente.
A quel punto, richiamata come la marea dalla Luna, non ho pensato a nulla, mi sono sfilata l’accappatoio e sono entrata in bagno.
Il suo viso ha cambiato espressione, colto in flagrante con i miei slip usati in mano, ma non ha fatto tempo a proferir parola, che mi sono accucciata davanti a lui, e fissandolo negli occhi ho sorriso, e gli ho abbassato di forza, i pantaloni e i boxer.
E lì ho capito molte cose di mia madre, che tenevo forzatamente in me, per non trovarle neppure qualcosa di buono, nulla da salvare. In quel preciso istante un pensiero è andato a Valentina, ho capito il perché fosse cosi affermata e richiesta nel suo lavoro, il suo gigantesco senso estetico era di fronte a me, in carne e tessuti; ed è stato molto più facile comprendere tutto l’amore che provava per lui.
Non si poteva rimanere indifferenti a tanta seducente bellezza, a tanta sontuosità, a tanta armonia. Era il cazzo più incantevole che avessi mai visto, e ho subito pensato, con la mia mente contorta, a cosa avrei scritto sul diario di quel martedì 21 novembre: 20, 22 cm circa, non troppo grosso, come piacciono a me, rosa chiaro, pochi peli, quasi glabro, con il prepuzio che ne ricopriva la punta quasi a proteggerlo. Superbo, se un grande scultore avesse avuto il coraggio di fare una statua, finalmente, con un membro in erezione, e non quei soliti ‘lombrichini’, avrebbe preso il suo a modello. Insomma dopo la parola ‘morfologicamente’ avrei appuntato: perfetto.

Ho alzato lo sguardo sul suo viso: «Ma quanto è bello? Lo chiamerò Ado, perché se Adone era il più bello dell’Olimpo doveva avercelo così, posso fare amicizia con Ado?» Probabilmente ‘l’effetto gin’ non mi era passato del tutto, e mentre sorridevo, lui arrossendo non ha detto una parola, poi ancora assorta da quella visione, l’ho preso proprio per di lì, e l’ho quasi trascinato sul divano, così tanta magnificenza andava trattata con tutti i crismi.
Con voce sensuale, e con una voglia pazzesca gli ho detto: «Dai spogliati anche tu tutto nudo, mi lasci giocare un po’ con te? Tu devi stare fermo, lasciami fare, ok?» Si e denudato, e al vedere i sui pettorali definiti, i suoi addominali segnati da una sottile linea di peli scuri che correvano dall’ombelico fino alla base del suo pene, mi sono bagnata ancora di più, e sentivo la bramosia di toccare quel corpo che mi dava lievi ma intense pulsazioni in mezzo alle mie cosce. Come se il battito del cuore si fosse fermato accelerando proprio in quel punto, ero in estasi. «Posso rapirti per tutta la giornata? Dimmi di sì, voglio farti tutto quello che vuoi, e tu di me puoi fare ciò che ti va, fino a domani mattina sono solo tua, ok? Aspettami solo un secondo.» Al suo «Ok» sono scattata in camera, ho preso il cellulare e ho scritto a Fabio che andavo da mia nonna per un paio di giorni, alludendo al fatto che mia madre non volesse lasciarmi a casa da sola con Luca. Mentre scrivevo seduta sul mio matrimoniale, ha sentito delle goccioline corrermi lungo l’inguine, ho messo la mano sul mia ‘patatina’ e l’ho sentita ‘stonfa’, e appena mi sono sfiorata il clitoride, sono sobbalzata, e ormai folle di passione ho leccato le mie dita, che sapevano dei miei viscosi succhi, e con quel sapore in bocca sono tornata in salotto, dove Luca seduto mi aspettava nudo.
Lui continuava a stare zitto, mi osservava con occhi lucidi, quasi incredulo di quella situazione, 20 minuti dopo la partenza della sua donna. Ado aveva perso un po’ di vigore, poi mi sono buttata tra le sue braccia e ci siamo baciati a lungo, dolcemente, il lieve incastrarsi leggero e premuroso delle nostre labbra, l’incrociarsi delle nostre lingue, era talmente appagante che mi sembrava di avere 15 anni, e mi lasciavo andare del tutto ai suoi abbracci, alle sue carezze.
In Luca non c’era la smania di possedermi subito, era raffinato, sensibile, cercava sempre di capire il mio stato d’animo, non come con Fabio che mi sembrava una corsa a tempo.
Mi ha iniziato a baciare il collo e dietro le orecchie, e i brividi si inseguivano impazziti in tutto il corpo, e la pelle d’oca correva rapida come gelidi fulmini lucenti. Poi, ha poggiato il suo viso sul mio seno e mi ha baciato i capezzoli, aspirando le mie palline, e credevo che si staccassero, erano talmente duri che mi facevano fin male. Ero completamente sua.

Mi sono scossa da quella passiva impasse di puro piacere, e ho toccato di nuovo Ado che marmoreo svettava prepotente tra le gambe di Luca, quando la mia lingua ha iniziato ad esplorarlo, mi sembrava di percepire il sangue scorrergli dentro, e come una bimba con il suo più buon gelato, anch’io centellinavo ogni leccata, gustandone il buon sapore, sapore di uomo.
Con la mano ho tirato in giù il prepuzio, e quando ho visto comparirmi, a due centimetri, la sua rosea e tonda cappella, non ho potuto fare altro che aprire la mia cavità orale ed inglobarla, ciucciandola piano, assaporandola con movimenti tenui e Luca si è fermato, poggiando la testa sul divano. Quando ho sincronizzato la bocca e la mano, in un costante su e giù, lui ha cominciato a respirare forte, dicendomi: «Sei tu che sei stupenda, non sai da quanto tempo lo volevo… ti prego non fermarti».
Non mi sarei mai fermata, sentire la forma di quel cazzo nella mia bocca mi toglieva ogni pensiero, volevo solo farlo godere, volevo Luca solo per me, ed ero pronta a tutto per rubarglielo a mia madre.
Facevo scorrere tutta l’asta fino in gola, e con la lingua leccavo la parte inferiore e lui ansimava, ed io ero al settimo cielo, solo perché gli stava piacendo. Volevo ingoiare il suo sperma, ma mi ha fermato la testa, mi ha fatta alzare, e facendomi mettere supina e divaricandomi le gambe è entrato tra le mie cosce con la testa.

Non mi sono vergognata, neppure per un attimo, di quella tiepida palude che lo attendeva, volevo che sapesse che tutto quello era solo per colpa sua, era lui e il suo corpo ad aver scatenato quelle mie secrezioni, il desiderio covato dentro me da tempo era come acqua che da un fiume si deposita, poco a poco, su una diga, e poi tracima di colpo, e incontrollata e ingovernabile scende verso valle, trascinando con se quello che trova, nel mio caso trascinando fuori dalla mia vita tutto tranne lui.
Quando ipereccitata ho sentito poggiarsi la punta della sua lingua sul caldo della mia fica, un senso di vertigine mi ha cullato verso un ignoto mondo di piacere, e ho chiuso gli occhi, quelle magnifiche sensazioni dovevo percepirle solo con la mente, non con lo sguardo. I suoi deliziosi ed esperti tocchi mi hanno trasportato al largo, in un oceano di quiete, ma nel momento in cui, con le mani ha aperto le mie grandi labbra e ha raggiunto il mio clitoride, tondo e sodo, energiche onde hanno iniziato a montare in me, e come una burrasca che avanzava sentivo i tuoni del mio cuore farsi più decisi e palpitanti.
Con le labbra lo stringeva e lo aspirava delicatamente, facendo roteare la lingua su tutta la mia vagina, e all’aumentare del ritmo, al suo stupendo tamburellare rapido e costante, non ho più resistito, e una forte tempesta di emozioni è finalmente esplosa, scoppiandomi dentro, un terremoto mi ha scosso fino a farmi perdere il respiro, ed ho goduto nella sua bocca, e ho goduto come mai nella vita.
Gli ho preso con le mani la nuca e l’ho schiacciato a me, strusciandomi sul suo viso, fino a far cessare le pulsazioni che devastanti mi facevano rantolare e ansimare. Cercando di riprendere le mie funzioni vitali normali, l’ho fatto alzare, l’ho abbracciato cercando la sue labbra con le mie, e ci siamo baciati a lungo.
Ritornata in me da quel ciclone sconosciuto, ho visto Ado che morbido si poggiava lungo la coscia di Luca, ed era forse più bello così che in erezione, come un predatore che cosciente della proprie capacità, dimostra la sua fierezza, ma la tiene a bada per quando serve, per quando deve sferrare l’attacco sulla preda. Ed io da preda, da deliziata vittima, da sua schiava, ho ricominciato a dargli vita, ha far rifluire il sangue dentro quella scultura della natura, con mani, lingua e bocca.
E Ado ha risposto in pochissimo tempo, ha tirato fuori la sua forza ed è ‘risbocciato’ in tutti i suoi centimetri, in tutto il suo vigore.
Ho giocato, succhiato, leccato, aspirato quel cazzo per un bel po’ di tempo, con una dedizione maniacale: ogni volta che mi sembrava che arrivasse all’orgasmo, mi fermavo, guardavo Luca in viso e sorridevo, aspettando che si calmasse, e poi tornavo a giocarci.
Volevo portarlo all’estremo, volevo vederlo soffrire, far provare a lui quello che avevo appena provato io, l’estasi più totale, la completa perdita dei sensi. Lui con lo sguardo oramai perso nello sconforto mi ha sussurrato: «Tu vuoi vedermi morto, vero?» ha quel punto ho aumentato il movimento della mano, e mi infilavo Ado sempre più in gola, sempre più velocemente, fino che dalla bocca di Luca un grosso sospiro, una sbuffo disordinato e potente, ed il caldo del suo sperma tutto dentro me, cremoso e denso come uno yogurt delizioso di cui non perdere neppure una goccia. Il suo sapore mi piaceva, mi inebriava, e con la bocca l’ho ripulito tutto venerandolo.
Solo a quel punto, dopo un’ora e mezza dal mio messaggio a Fabio, mi è sembrato di scendere dal paradiso e tornare in terra, in un giardino fatto di pace, di calma, di pura e semplice beatitudine.
Ci siamo distesi senza fiatare sul divano, abbracciandoci come se quello bastasse a spiegare il tutto che ci ammantava dentro e fuori di noi. Ho cercato di pescare qualcosa da dire nella mia confusione mentale «Luca è stato semplic…», ma lui mi ha fermata facendo: «Schh… schh…», mi ha stretta a se e mi ha posato lieve le labbra sulle mie.
Ci siamo svegliati infreddoliti due ore dopo, un po’ impacciati e imbarazzati per quello che era accaduto.

Ho riacceso il telefono, 12 telefonate di Fabio, un sms sempre suo con scritto: “Giulia rispondimi è importante”, tre chiamate da mia nonna.
– Fabio per sicurezza avrà telefonato alla nonna, e lei sarà caduta dalle nuvole…-, neppure finito di pensarlo che era di nuovo lui, rispondo e dalla sua voce greve capisco che c’è qualcosa che non va: «Giulia, perché non rispondevi, tua mamma… tua mamma Giulia… ha avuto un incidente davanti alla stazione, è stata presa sotto sulle strisce pedonali. Mi ha telefonato un amico della polizia, tu madre…», un nodo in gola mi ha stretto il respiro, ho cercato Luca con lo sguardo «Dai Fabio, cazzo, come sta? E’ in ospedale?» «No Valentina è morta, non c’è più. Mi dispiace, passo a prenderti?» «No, non serve…»

Lo sconforto, il gelo tutto il mio odio nutrito verso di lei si è sgretolato come argilla al sole, e sono crollata sul pavimento… Ho guardato Luca e mi sono messa a piangere, lui ha cercato di abbracciarmi ma il suo contatto faceva ardere il mio corpo di un devastante senso di vuoto, un senso di colpa, di un senso della vita che non avrei mai più ritrovato. Non ho più visto mia madre, non ho più rivisto Luca, non ho più incontrato Fabio… e non ho più cercato neppure me stessa… persa in un oceano di silenzio, in un oblio che forse solo la morte potrà togliermi.

3 Comments

  • fra Remigio fra Remigio ha detto:

    Giuro non ti chiedo il 5×1000, ma solo un commento, se ti è piaciuto, oppore no. Solo mera curiosità personale.

    • pivolo pivolo ha detto:

      Narrazione buona su particolari erotici. Lo svolgimento della storia mi è sembrato
      un po’ troppo schematico. Hai descritto bene la vicenda dal lato femminile. O sei femmina o sei un uomo con molta esperienza.

      • fra Remigio fra Remigio ha detto:

        Grazie per il commento. Hai ragione ma ho paura di diventare troppo prolisso. In realtà sono un uomo, e se fossi induista vorrei rinascere Pesce Pappagallo, che viene alla luce maschio, e poi diventa femmina con il tempo. Pensa quante altre esperienze… Se ti è piaciuto e se leggi qualcos’altro di mio, per cortesia commenta, nel bene e nel male si intende. Grazie fin d’ora.

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