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Racconti Erotici Etero

l’uomo dell’ascensore

By 7 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono io l’uomo dell’ascensore. Io che da mesi ti osservo quando torni dal lavoro, quando esci alla mattina, quando aspetti l’ascensore. Sono io che quando ti incontro non riesco a trattenermi. Vorrei annusarti la pelle, sentire il tuo odore da vicino. Voglio toccarti ovunque. Assaggiare la tua lingua e mordere le tue labbra. Voglio osservare la tua espressione quando godi. Mi hai sorriso. Non sono riuscito a fermare un’erezione e tu forse te ne sei accorta. Finalmente, dopo mesi, oggi t’incontro. Eccoti. Stai entrando in ascensore. Ho sette minuti. Non ho tempo di parlarti. E non ne ho nemmeno voglia. L’unica cosa di cui ho voglia sei tu. &egrave il tuo sesso. &egrave scoparti. Mi vedi, ti irrigidisci e ti giri. Ti afferro per i capelli e tu non fai resistenza. Ti lasci sfuggire solo un lieve sospiro che non fa altro che aumentare la mia erezione. Così ti piego e mi appoggio a te. Mi struscio tra le tue natiche e il mio sesso non riesce più a stare intrappolato nei pantaloni. Di colpo ti sollevo il sottile strato di seta che ci separa. Hai un paio di slip bianchi che ho solo voglia di strapparti. E così faccio. Li tiro forte, mentre mi abbasso la zip dei pantaloni. Il tuo respiro sta riempiendo l’aria calda di quest’ascensore. E il vetro che poteva rifletterci ora &egrave completamente appannato. Le tue mani sono appoggiate proprio li sopra. Ho l’impressione che tu ti stia rilassando troppo. Voglio la tua totale dedizione e attenzione così ti strattono per i capelli e ti tengo stretta, mentre libero il mio sesso e gli faccio fare strada tra le tue natiche. Sei bagnata. Il tuo piacere caldo avvolge il mio sesso. Ma non abbastanza per me: voglio che ti bagni di più. Con una mano ti tiro le mutandine. Con l’altra ti sollevo violentemente la maglietta in cerca del tuo seno. Afferro un tuo capezzolo. &egrave duro, quasi quanto me. Lo tiro, ho voglia di morderlo. E invece ti mordo la schiena. Forte. Da lasciarti il segno dei miei denti. Brava. Stai anche mugolando qualcosa. Devi stare zitta e lasciarmi fare. Nella foga tiro così tanto le tue mutandine che si strappano. La mia mano scende. La danza del tuo bacino mi dice che vuoi che ti entri dentro ora, ma l’idea di farti soffrire mi piace troppo. So che lo vuoi, da come muovi il tuo culo su di me, da come ti strusci e ti pieghi in avanti. La tua schiena &egrave lunga e bianca. Ho sempre adorato quel genere di schiene. Mi &egrave sempre piaciuta l’idea di poterle riempire tutte. Il mio arnese &egrave pronto da un pezzo. Le mie dita stanno frugando dentro di te. Sei calda, sento i tuoi muscoli che si muovono. Con l’altra mano tocco il tuo clitoride. Compio cerchi concentrici sul tuo piacere gonfio. Decido che &egrave dietro dove te lo voglio spingere. Dentro, fino in fondo. Non smetto di toccarti, mentre mi faccio strada. Il tuo buchino &egrave piccolo. Sentire resistenza mi eccita ancora di più. Mi tocca smettere di toccarti per allargarti bene le natiche. L’hai voluto tu. E mentre ti strattono, con una mano inizi a toccarti il clitoride. Il tuo buchino si allarga. La mia punta &egrave entrata. E ora anche tutto il resto. Ti scopo. Finalmente ti sto scopando, come tante volte avevo immaginato. Devo fare piano perché sento che potrei venire da un momento all’altro. E voglio scoparti ancora, prima di farti cogliere il mio seme. Ti faccio abbassare un po’ e divaricare meglio le gambe. Stai colando. E non smetti di toccarti. Ti infilo due dita dentro, poi tre. E continuo a sbatterti, fino in fondo. Mi sembra di esserti dentro la pancia. Di sventrarti. Sono così eccitato che non riesco a fermarmi. Lo sai che sto per venire. Mentre penso a questo, non mi accorgo di darti dei colpi sempre più decisi. Sempre più profondi. I tuoi muscoli sono tesi e le tue gambe tremano. Zitta. Non puoi urlare. Siamo arrivati. Esco da te, senza dire una parola. Tu non ti giri nemmeno ed esci. Mi piace pensare che ora sei a casa e, pensandomi, stai finendo l’opera. Vorrei incontrarti in ogni ascensore.

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