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Racconti Erotici Etero

Maestro di sci

By 28 Novembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Essermi unita alla compagnia per la settimana bianca all’ultimo momento, alla fine, non &egrave stata una brutta cosa. La sistemazione posticcia che avrebbe dovuto toccarmi, una singola trovata in extremis, &egrave una camera all’ultimo piano dell’albergo, con il tetto mansardato. Non &egrave enorme, ma &egrave molto spaziosa per una persona sola, due ampi armadi per riporre il bagaglio, un grosso lettone, dove potrei anche ospitare qualche gradevole avventore, nel caso in cui ne trovassi qualcuno appetibile.
Il bagno ha la vasca, cosa non trascurabile, soprattutto perché dopo una faticosa giornata di sci, un bel bagno caldo e rilassante, &egrave un vero toccasana. La cosa migliore, che non ho potuto fare a meno di notare, &egrave la pulizia. Tutto molto pulito, ho indagato ogni interstizio con il mio polpastrello, senza trovare polvere, ottimo.
Sistemo tutta la mia roba ed attendo la chiamata dei miei compagni di vacanza, dobbiamo andare a noleggiare gli sci, si fa sempre nel pomeriggio in cui si arriva, per non perdere tempo la mattina successiva, non vogliamo rubare tempo all’attività principale, lo sci.
Non &egrave la prima volta che faccio una vacanza da sola, ma questa volta sento un po’ la mancanza di mio marito, non sono mai stata a sciare sola con gli amici, lo abbiamo fatto sempre assieme, questa volta per motivi di lavoro non &egrave potuto venire ed io non avevo voglia di rinunciare alla settimana bianca. Si &egrave raccomandato però di stare tranquilla, di non farmi prendere dalla situazione di essere l’unica femminuccia con cinque maschietti, sono soprattutto amici suoi, di vecchia data ed abitano vicini, non vuole sputtanamenti ed io gli ho promesso di non fare cazzate.
Noleggiamo gli sci e torniamo in albergo, con cinque uomini baldi e forti attorno, non occorre che mi porti l’attrezzatura da sola, la mia se la spartiscono, la ripongono nell’armadietto dello sky room e mi riconsegnano le chiavi. La comitiva con cui siamo partiti &egrave molto grande, non siamo soltanto noi sei, vedo molta gente che abita nella mia città e che conosco anche discretamente bene, c’&egrave anche un paio di mie ex compagne di scuola, con tanto di mariti e prole, devo proprio stare brava quest’anno.
Nella Hall dell’albergo gli animatori mi circondano, si accorgono subito che sono sola e mi propongono una miriade di attività, soprattutto mi invitano a teatro quella sera stessa, dove spiegheranno come sarà la vita in albergo, sia per gli sciatori che per i non praticanti. I miei amici mi vengono in soccorso, gli animatori sono molto simpatici, ma di carini non c’&egrave ne nemmeno l’ombra, molto più carine le animatrici, mi portano al bar e mi offrono l’aperitivo. Bevo con loro e poi mi vado a segnare alla scuola sci, non ne ho davvero bisogno, ma non si sa mai, magari mi assegnano un maestro carino.
I due rappresentanti della scuola sci, sono un maestro ed una maestra, lei molto carina, simpatica e disponibile, lui in verità &egrave bruttino, oltre che un po’ scostante, magari non ha voglia di fare quello che sta facendo. Mi segno e prendo appuntamento per la mattina successiva, quando al campetto scuola avverrà la selezione degli iscritti, la classica prova in cui si scenderà uno alla volta, per far giudicare ai maestri il grado di preparazione e permettergli di assegnare una classe ad ognuno, una cosa noiosissima.
Dopo aver ritirato lo skipass, arriva finalmente l’ora di cena, il buffet dell’albergo &egrave ben fornito e ottimamente presentato e, cosa strana per i buffet, si mangia anche molto bene, spero proprio di non mettere su chili. Io sto al tavolo con i miei compagni di vacanza, ma questo non ferma gli animatori, che mi ronzano attorno come api sul miele, a parte il capo dell’animazione, palesemente gay. Più tardi a teatro ci spiegano un po’ di cose, poi &egrave il turno di un vecchio maestro di sci, che presenta il comprensorio sciistico e l’operato della scuola, alla fine si torna al bar, ma io mi fermo solo qualche minuto, do appuntamento agli altri per la colazione e torno in camera a prepararmi per la notte, alle undici sono già a letto e mi addormento subito, crollo letteralmente.
Dopo la colazione assieme agli amici, dove appuro che sono l’unica della compagnia ad essermi iscritta alla scuola sci, mi presento al campo scuola adiacente l’albergo, sono esima in fila per salire con il tapis roulant, quando arriva il mio turno per scendere il breve tratto di pista, anche se a gambe fredde, fornisco un’ottima prestazione, tanto che alla fine i maestri sono un po’ in imbarazzo ad assegnarmi ad uno dei gruppi presenti. La maestrina della prima sera &egrave costretta a chiamare la scuola con il telefono cellulare ed a chiedere al direttore spiegazioni, alla fine arriva il mio maestro, le mie saranno praticamente lezioni individuali.
Il maestro che mi prende in consegna, &egrave il vecchio che la sera prima ci ha spiegato il comprensorio, mi fa fare un’ulteriore discesa nel piccolo campo scuola, malgrado io gli abbia appena illustrato i miei trascorsi di mancata atleta professionista. Ho trentadue anni e scio da quando ne avevo quattro, mio padre &egrave sempre stato molto affezionato a questo sport e da piccola mi portava sempre sulla neve, lui faceva il maestro in uno sci club e mi ha insegnato personalmente. Fin dalla scuola media sono sempre stata nel gruppo sportivo della scuola che faceva le gare, in verità alle medie ero sola, mentre alle superiori eravamo in due, io ed un altro ragazzo. Non sono mai stata una atleta molto promettente, ma la mia tecnica &egrave sempre piaciuta a tutti, anche se il mio punto di forza &egrave la totale assenza di paura, che spesso mi porta a sciare dove anche gli uomini, a volte, hanno paura.
Il vecchio maestro si chiama Renzo, mi spiega subito che non ha nulla da insegnarmi, anche se essendo molto più vecchio di me, &egrave un uomo sulla settantina, sono del tutto convinta del contrario, non si smette mai di imparare, mi dice che si limiterà a farmi da guida ed a sciare con me sul comprensorio, io sono contenta, almeno non passerò tutto il tempo con i cinque amici di mio marito, un paio sono single e molto carini, non so se riuscirei a resistere in astinenza per tutto il tempo. Renzo sembra molto entusiasta di farmi da guida e da mentore sul suo comprensorio sciistico, &egrave contento dell’occasione capitatagli, mi spiega che non &egrave facile trovare una bella donna come me, che sa sciare così bene, a cui poter dare lezioni individuali, indugia molto sulla parola individuali, mi fa sorridere. Il vecchio &egrave molto gioviale e di compagnia, ama dilungarsi in racconti di vita vissuta, soprattutto ama i monti su cui vive e lavora, mi elenca a memoria i nomi di tutti i picchi che vediamo, mi parla dei rifugi che incontriamo e di cosa si può bere di buono all’interno, &egrave espertissimo in questo campo e chissà perché, non avevo dubbi.
Le prime due piste della mattinata le facciamo con calma, il maestro si ferma spesso a spiegarmi che non bisogna farsi prendere dall’impazienza, occorre scaldare bene i muscoli, la neve &egrave bellissima, ma traditrice, ha visto sciatori molto esperti farsi male per non essersi curati del riscaldamento. Indugia molto anche nel adularmi, si sofferma spesso a farlo, sia il mio modo di sciare, che il mio aspetto fisico, il vecchio ci sa anche fare, risulta essere molto dolce e mai troppo pesante, anche quando cerca di fare doppi sensi un po’ più maliziosi. Alla terza risalita, quando siamo in una valle diversa da quella da cui siamo partiti, si ferma ad un rifugio, mi dice che deve andare in bagno e francamente, anch’io ne sento il bisogno, tutta la frutta di cui mi sono ingozzata a colazione sta facendo effetto, ci rechiamo in bagno e quando usciamo mi dice che se voglio posso ultimare il riscaldamento a suo modo, va al banco ed ordina un ‘bombardino’, io mi limito ad una cioccolata calda, non sono una grande bevitrice e sono soltanto le undici del mattino.
Quando usciamo dal rifugio il vecchio comincia a tirare, io lo seguo come un’ombra, le poche volte in cui si ferma, si vede che la bevanda alcolica ha fatto effetto, &egrave molto più interessato alla mia persona che al mio modo di sciare, i doppi sensi permeano il dialogo. Ultimate le quattro ore, Renzo mi saluta e mi da appuntamento al giorno dopo, io chiamo l’unico della compagnia di cui ho il numero e mi unisco a loro.
Il giorno dopo, con il maestro &egrave la solita manfrina, solo su un versante diverso della montagna, sosta alle undici e cambio di sciata e di battute, anche se il vecchio si fa un po’ più intraprendente e cerca di sedersi sempre più vicino sugli impianti.
Terzo giorno, solita manfrina, soltanto molti più doppi sensi ed ogni tanto una mano che mi si appoggia sul ginocchio, io lascio fare, sono curiosa di vedere fin dove si spingerà il mio settantenne compagno di sci.
Quarto giorno, gli procuro una mezza sincope, prendiamo una cabinovia chiusa, di quelle a sei posti, decido di accusare uno strano dolore al piede destro e mi tolgo lo scarpone da sci, il maestro si offre di farmi un massaggio ed io glielo concedo. Mentre mi massaggia fingo di girarmi a guardare qualcosa, allungo maldestramente la gamba e con il piede sfioro il cavallo dei pantaloni da sci che indossa, al tatto non avverto niente di duro, ma quando mi ricompongo, il maestro &egrave quasi paonazzo in viso, io faccio finta di nulla e dopo aver dichiarato di stare meglio, indosso di nuovo lo scarpone.
La mano sul ginocchio però comincia a farsi molto più frequente, mentre le battute ormai non sono più doppi sensi tanto velati, &egrave proprio malizioso. Alla fine della lezione mi propone di vederci un po’ prima la mattina seguente, verso le otto e mezzo ai piedi dell’impianto su cui mi son fatta massaggiare il piede, dice che vuol portarmi in un posto meraviglioso, lontano dalle solite piste da sci, che ormai abbiamo fatto e rifatto, &egrave un fuoripista facile, visto che c’&egrave tanta neve, ma &egrave dura perché di notte ghiaccia. Le sue rassicurazioni non mi interessano, lo avrei fatto comunque, sono curiosa di vedere che cosa vuol farmi il maestro.
Quinto giorno. Alle Otto e venti sono già davanti all’impianto di risalita, il maestro &egrave puntuale quasi quanto me, aspetto soltanto un paio di minuti. Grazie alle sue conoscenze, saliamo quando l’impianto &egrave ancora chiuso al pubblico, la mattinata &egrave stupenda, il cielo terso promette una stupenda giornata di sole, mi sento di buon umore ed anche un po’ eccitata al pensiero di scoprire, da li a poco, dove si vuole spingere con me Renzo.
Prendiamo la seconda cabinovia e saliamo fino alla considerevole quota di tremila metri, ma anzi che cominciare a discendere, per le consuete piste da sci, Renzo mi chiede di seguirlo a piedi. Con gli sci in spalla giriamo dietro allo stabile che ospita l’arrivo della cabinovia e camminiamo per quasi mezzo chilometro, su un sentiero stretto fra le rocce in leggera salita, c’&egrave poca neve ed il vento si incunea nella stretta gola, soffia forte e fa freddo, ma quando finalmente usciamo dalla stretta gola, il panorama che si mostra agli occhi &egrave mozzafiato. Davanti a noi c’&egrave un largo versante innevato, le stampe degli sci conducono ad una piccola baita molto più in basso, proprio ai piedi di una parete ispida e rocciosa che culmina con una vetta a punta, Renzo mi spiega che &egrave una delle cime più alte d’Europa, la casina che vediamo invece, &egrave un rifugio per gli alpinisti. Indossiamo gli sci e cominciamo la discesa, andiamo piano, ma il vento mi ghiaccia comunque la faccia, seguo il vecchio maestro come un’ombra, il largo versante innevato &egrave molto ripido e non vorrei sbagliare percorso, anche se penso che se ci fossero stati dei pericoli, mi avrebbe messo in guardia.
Dopo una decina di minuti buoni, senza mai fermarci, arriviamo davanti alla piccola baita, molto carina, con il tetto basso e molto spiovente carico di neve, un piccolo portico con il parapetto in legno, fatto con ciocche di abeti che hanno ancora la corteccia, la facciata tutta rivestita di assi. Sembra non esserci nessuno ed infatti &egrave così, Renzo mi spiega che &egrave molto praticata in estate, mentre in inverno difficilmente ci capita qualcuno, tanto che il club alpino, non ci lascia nemmeno il personale. Il cuore mi balza in petto, mi ha portata in un posto isolato, dal quale non saprei come fare per tornare alla civiltà, penso subito che il vecchio voglia ricattarmi, pretendendo una prestazione sessuale in cambio della rivelazione della strada per rientrare, anche se l’ho seguito apposta, per vedere dove si sarebbe spinto, mi sento un po’ in apprensione.
Renzo si toglie gli sci e mi invita a fare altrettanto, lo seguo sulla piccola veranda ed aspetto mentre si fruga in tasca e ne estrae una chiave, apre la porta e, sporgendosi all’interno prende un paio di sedie in legno, anche queste fatte in modo grossolano con rami d’abete. Le sedie sono a dondolo, il maestro le sistema sulla veranda, una accanto all’altra e mi invita a sedermi accanto a lui, sono ancora un po’ in apprensione, ma quando comincia a parlare e mi spiega da dove si può passare per tornare sulle piste da sci, mi distendo subito. Lo fa indicandomi uno stretto passaggio tre le rocce, al termine del pendio innevato che abbiamo parzialmente disceso, mi spiega che quello stretto budello, &egrave lungo non più di venti metri e si arriva subito sulla pista che abbiamo fatto due volte il giorno prima. Questo mi rincuora un po’ e mi distendo, il vecchio maestro oggi sembra stranamente malinconico, si mette a raccontarmi storie di vita vissuta, momenti topici della sua vita, lo ascolto con interesse, mentre mi dondolo sulla sedia e mi crogiolo con la faccia rivolta verso il sole. Il rilassamento che sto provando &egrave indicibile, sembra che il maestro non abbia voglia di sciare oggi e, francamente, anche per me &egrave lo stesso, appoggio le braccia ai poggioli della sedia e gli scarponi da sci sui due bastoni arcuati del dondolo, sono rilassata e perfettamente a mio agio, ho le gambe leggermente divaricate e incredibilmente, la leggera brezza fresca mi fa scoprire di essere bagnata.
Chiedo a Renzo se c’&egrave un bagno e lui mi dice che c’&egrave ne uno molto piccolo, ma di togliermi gli scarponi da sci prima di entrare dentro. Mi tolgo gli scarponi ed entro scalza nella piccola baita, c’&egrave odore di chiuso e di legno stagionato, sono in una piccola cucina in stile rustico, con pentole e pentolini attaccati alle pareti, un piccolo tavolo per quattro persone al massimo, apro la prima porta che trovo ed entro in un piccolo corridoio, ci sono altre tre porte, apro la prima alla mia sinistra e scopro un piccolo salottino con caminetto. Percorro il corto corridoio e mi trovo davanti alle altre due porte, apro subito quella di destra e trovo il piccolo bagno, del resto &egrave sempre in fondo a destra. All’interno c’&egrave il water ed un piccolo lavandino, mi tolgo la giacca a vento e la appendo ad uno dei ganci fissati alla porta, abbasso la salopette e senza appoggiarmi sulla tazza orino, con la carta igienica mi ripulisco ed appuro quanto fossi effettivamente eccitata. Quando esco dal bagno trovo Renzo in cucina, ha in mano un pentolino pieno di neve e mi chiede se ho voglia di bere un the, &egrave scalzo anche lui, accetto volentieri ed appoggio la giacca su una sedia, quindi mi siedo. La nostra conversazione continua con il solito tono malinconico di Renzo, evidentemente in quella baita ha molti ricordi cari, comincia a farmi un po’ pena e voglio fare qualcosa per lui. Dopo aver bevuto il the dico che ho caldo, mi sfilo le spalline della salopette e tolgo il leggero pile che indosso, resto solo con la canotta della salute e faccio arrossire un po’ Renzo, che comincia a guardarmi strano, sembra consapevole di avere a disposizione una giovane femmina accondiscendente.
Improvvisamente abbandona la malinconia di poco prima e mi chiede di farmi vedere nuda, non mi aspettavo una richiesta del genere ed un po’ mi coglie alla sprovvista, non so come mai, ma mi viene da abbassare lo sguardo sulla tazza vuota davanti a me ed arrossisco anche un po’. Esito qualche secondo e questo sembra far un po’ vacillare la sicurezza di Renzo, ma poi prendo il coraggio a quattro mani e mi alzo in piedi, sfilo la salopette e la appoggio sopra la giacca a vento, resto con le mutandine, la canotta ed i calzini da sci. Il maestro sgrana gli occhi e con un gesto della mano mi invita a continuare lo spogliarello, io tolgo la canotta e rimango con le tette al vento, quindi sfilo le mutandine e vedo sussultare Renzo sulla sedia quando appare la mia passerina glabra. Non mi sento molto sexy, tutta nuda con i calzini da sci che mi arrivano sotto al ginocchio, ma per il vecchio maestro devo essere una visione celestiale, almeno a giudicare dal suo sguardo allupato. Con un altro gesto della mano mi fa capire di girare su me stessa, quindi commenta dicendomi che sono una gran figa e che se fosse più giovane mi spaccherebbe in due, le sue parole mi mettono un po’ a disagio, francamente speravo che mi si facesse, visto che ero in ballo, volevo ballare. Il vecchio si alza dalla sedia e mi viene vicino, io sono in piedi accanto al piccolo tavolino immobile, &egrave una spanna più alto di me, si toglie la giacca a vento della scuola sci e la appoggia su una sedia libera, mi si porta alle spalle e mi accarezza la schiena, dalla nuca mi sfiora delicatamente fino alle natiche, poi la sua mano risale e si sposta davanti, sfiora il ventre con il polpastrello dell’indice ed arriva fino ad accarezzarmi il seno destro, indugiando un po’ sul capezzolo eccitato. Io mi sento eccitata a dismisura, il vecchio maestro &egrave un adulatore sicuro di se, un cocktail micidiale per la mia libido, con la coda dell’occhio lo vedo armeggiare con i suoi pantaloni da sci, quando finisce mi prende la mano destra e la porta dietro, la appoggia sul proprio membro ed io lo impugno, stupendomi per il fatto che sia completamente moscio.
La sua voce, quasi giustificandosi, mi informa che se avesse avuto la mia età, sarei già stata impalata li sul posto, magari piegata sul tavolino, adesso invece devo accontentarmi. In effetti, mentre lo meno delicatamente, mi rendo conto che quel pisello promette bene in quanto a grossezza, il rischio però &egrave che la promessa rimanga tale. Masturbo Renzo dietro le spalle, le sue mani ricominciano a farsi intraprendenti, mi si posano su entrambi i seni a coppa, li palpano, li stringono, ne saggiano la consistenza, con foga e rispetto allo stesso tempo, gemo di piacere, mentre lui ansima a pochi centimetri dal mio orecchio. Ho una voglia immane di essere posseduta, sono un lago fra le cosce, ma purtroppo il membro che stringo in pugno non accenna a prendere vita, mi sento un po’ disperata per questo, tento di girarmi verso di lui, vorrei provare a risvegliarlo con uno dei miei super pompini, ma le sue mani mi bloccano tenendomi per le tette. La mia mano va sempre più veloce, lo sento ansimare più forte, le sue mani abbandonano il rispetto per le mie tette e palpano con forza, mi martoriano i capezzoli, gemo più di dolore che di piacere, provo di nuovo a girarmi, ma &egrave forte e mi tiene ferma, uno schizzo caldo mi colpisce la natica destra, seguito da un altro ed un altro ancora, Renzo grugnisce mentre viene spruzzandomi addosso sperma caldo. ‘No! Cazzo no!’, penso mentre il maestro sta venendo con il pisello completamente moscio, ho una voglia immane di essere sbattuta e questo &egrave già venuto, mi sento vicina alla disperazione, mentre le sue mani si fanno sempre più deboli ed allentano la morsa sui seni. Quando finalmente mi molla mi giro di scatto, Renzo vuole ricomporsi, ma io tengo ancora il suo membro in pugno e stavolta sono io a non permettergli il movimento, &egrave tutto grinzoso e sporco di sperma, mi inginocchio e lo ingoio tutto, lo succhio e lo lecco per ripulirlo, imbocco il glande e lo succhio con forza tirando indietro la testa, lo vedo allungarsi ma non indurirsi, alla fine lascio perdere e mi rimetto in piedi, quasi rassegnata al fatto che non avrò soddisfazione, a meno di darmela da sola masturbandomi.
Gli occhi di Renzo, di un azzurro intenso, mi guardano intensamente, ma con molta tristezza, immagino il suo stato d’animo e provo ancora pena per lui, si vede che gli dispiace alla grande non potermi scopare, &egrave un momento triste ed intenso che quasi fa spengere il fuoco che mi sta ardendo in ventre. Fortunatamente dura poco, il vecchio maestro mi spinge indietro, verso il tavolo della cucina, mi costringe a sedermi sopra, mi spinge ancora fino ad appoggiarmi con la schiena sul piano, prende entrambe le mie caviglie e le solleva, mi allarga le gambe, si siede sulla sedia e piegando il volto, mi annusa la fessura fradicia e completamente aperta davanti ai suoi occhi. Annusa a pieni polmoni il mio odore, sembra inebriarsene, mi spinge le ginocchia contro il petto, costringendo il mio bacino a staccarsi dal tavolo per porgersi a lui, lo aiuto e mi tengo le gambe da sola, lasciandolo libero di fare ciò che vuole la sotto. Appoggio la testa al tavolo e ad occhi chiusi mi godo il momento, i suoi pollici mi allargano le grandi labbra e la lingua comincia ad assaggiare il mio sesso, ricomincio a gemere di piacere, mentre Renzo limona con la mia fighetta. La sua lingua mi fruga in ogni dove, vaga come impazzita su tutta la lunghezza del mio frutto proibito, mi lecca roteando il clitoride, poi passa di scatto a dardeggiare fra le piccole labbra, quindi torna a leccarmi il clitoride, per tornare poi a dardeggiare sul mio forellino posteriore, tutto senza soluzione di continuità, mi fa impazzire dal godimento. Vorrei pizzicarmi i capezzoli ma sto reggendomi le gambe, finalmente il vecchio maestro indugia un pochino sul clitoride, sento un dito, lungo e nodoso, penetrarmi la vagina fino alla nocca, i miei gemiti sono diventati gridolini di lussuria. La bocca di Renzo si fissa sul mio bottoncino, chiude le labbra e lo succhia come se fosse un piccolo pene, il mio fiato si fa sempre più corto, mi sento ribollire il sangue, scariche di piacere attraversano tutto il mio corpo, sono vicina, molto vicina ad esplodere in un intenso e liberatorio orgasmo. Un secondo dito va a fare compagnia al primo, dentro il mio sesso fradicio e bollente, mi sembra di impazzire, sono sulla soglia e non riesco ad esplodere, un altro polpastrello mi preme sul ano, ne vince facilmente la resistenza ed irrompe nel mio intestino, mi sento completamente bagnata, sbrodolo, perdo liquidi come un rubinetto spanato, voglio godere ma non ci riesco. Un terzo dito mi riempie la vagina, slabbrandola alquanto, un secondo mi apre definitivamente lo sfintere, la sua bocca morde insistentemente il clitoride, le mani si muovono simultaneamente, dentro e fuori, dentro e fuori, mi sembra di impazzire, ho la faccia in fiamme ed un calore in ventre che quasi mi fa svenire, sto godendo come una pazza, strillo ad occhi chiusi e finalmente il mio corpo si decide, vengo come un fiume in piena, la mia faccia si deforma in un urlo muto, mi sembra quasi di spruzzare umori dalla vagina, cazzo mi sta facendo sborrare. Il mio corpo sembra impazzito, si contrae e si contorce, sembro una tarantolata, sento la vagina contrarsi attorno alle sue dita, quasi le volesse strizzare, poi finalmente l’orgasmo scema ed io mi calmo, resto sfinita sul tavolo, finalmente riapro gli occhi e vedo le mani di Renzo, completamente intrise dai miei umori. Ho un fiatone del Diavolo, sembra quasi che abbia corso per qualche chilometro, &egrave stato un orgasmo intensissimo, soprattutto perché non riuscivo a venire, il maestro si rialza in piedi, richiama la mia attenzione sul suo membro, sembra essersi inturgidito, non proprio duro come il muro, ma almeno &egrave in erezione. Il vecchio non perde tempo, mi prende per le caviglie e mi apre le gambe, io lo aiuto e con una mano mi apro le intime labbra, con l’altra lo indirizzo verso il mio ingresso principale, &egrave ben dotato ed &egrave un vero peccato che non abbia l’antico vigore, comunque mi riempie bene e mi stantuffa con impeto, ricomincio subito a godere. Renzo si mette le mie caviglie sulle spalle, mi chiava con foga, mentre mi strizza di nuovo le tette, lo guardo con voluttà, il mio migliore sguardo da troia, spero di eccitarlo e di farlo durare fino a farmi venire di nuovo. Il maestro &egrave meglio delle mie previsioni pessimistiche, più mi scopa più sento il suo cazzo che si indurisce dentro di me, mi cresce in grembo ed aumenta la mia lussuria, la figa &egrave un lago, mi sta facendo godere davvero. Il vecchio mi pompa in progressione, va avanti fino a farmi esplodere di nuovo, un orgasmo meno intenso del primo, ma ugualmente appagante, mi contraggo e grido di piacere, mentre lui continua imperterrito a martellarmi il ventre, sempre più veloce, sempre più profondo, fino a quando si ferma di colpo e si ritrae. Il mio sguardo interrogativo lo fa sorridere, mi chiede perché sto facendomi scopare da lui, un vecchio montanaro in una baita isolata, rispondo che ne avevo voglia, lo faccio solo per quello, perché sono troia ed avevo voglia di farmi scopare da lui, mi viene da ridere mentre gli dico di pensare ad una variante porno di Heidi. Ha il cazzo ancora duro e con un filo di voce, resa roca dall’eccitazione, afferma di volermi rompere il culo, sorrido e gli dico che ormai può osare ciò che vuole. Non se lo fa ripetere due volte, si appoggia all’ano e me lo spinge dentro all’intestino di colpo, con forza, strappandomi un urlo di dolore, malgrado mi abbia allargato in precedenza con le dita. Ci da dentro come un toro scatenato, mi fa male ed il dolore non diventa mai piacere, ma lo lascio fare, mi limito a lamentarmi, non voglio interrompere il suo momento di gloria. Sembra contento ed eccitato dal dolore che sto provando, pompa come un pazzo ed i miei lamenti diventano delle vere e proprie grida, ma fortunatamente non dura a lungo, il maestro grugnisce e si accascia su di me, non l’ho nemmeno sentito eiaculare ed il suo pene si ammoscia immediatamente, uscendo da solo dal mio ano dolorante. Lo sguardo appagato e riconoscente che gli rivolgo lo fa scoppiare a ridere, malgrado le mie rassicurazioni sulla sincerità, non sa quanta voglia ne avevo e poi mi ha veramente spaccata in due, ho il culetto tutto dolorante. Ci laviamo a turno e torniamo a sciare, parla poco, ma mi dice che per la mattina seguente, l’ultima lezione della settimana, ha in serbo per me un’altra sorpresa, sorrido divertita ed accetto il suo invito, ma solo a patto che poi non si senta in colpa come questa mattina. Ride divertito a sua volta e mi dice di non preoccuparmi, non si sente affatto in colpa, si sente solo un po’ malinconico e consapevole di essere vecchio, mi da appuntamento per la solita ora di oggi e si defila salutandomi con la mano.
Alle otto e venti sono di nuovo ad attenderlo davanti all’impianto, ma il maestro che si avvicina gioviale verso di me, non &egrave Renzo, ci assomiglia molto, avrà trent’anni, alto come lui, capelli scuri ed occhi azzurri, mi porge la mano ed io la stringo senza togliere i guanti.
‘Ciao! Sono Marco… Mio padre stava poco bene e mi ha chiesto di sostituirlo… sempre che per te non sia un problema…’, mi dice con voce calda e suadente.
‘No! No! Nessun problema!’, mi affretto a ribadire contenta, mentre ci incamminiamo verso l’impianto e lui sistema in tasca la chiave della piccola baita.

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