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Erotici Racconti

Maneggiami l’anima

By 5 Febbraio 2019Febbraio 12th, 2023No Comments

E’ in modo diligente e minuzioso che ci ripenso, eppure non riesco a focalizzare né a inquadrare con esattezza, rievocando l’insolita circostanza quando tutto ciò avvenne, dal momento che procedo tra i miei pensieri in modo infruttuoso, non riuscendo a venirne correttamente a capo della faccenda, in modo inconcludente nel luogo e nella modalità nella quale ci siamo veramente individuati. Memorizzo soltanto vagamente che in quell’occasione di qualche anno fa, mi trovavo a capofitto affaccendata nel mio ufficio, nonostante fossi talmente indaffarata, ebbi persino la stravaganza d’accendere il mio computer portatile personale e di connettermi su d’un portale, entrando alla fine dentro una chat. Dopo vari tentativi entravo dentro un portale senza cura né ordine nella rete e in conclusione sei comparso tu. 

E’ stato in verità dapprima un confronto di vivacità esasperata, addirittura direi d’animazione eccessiva e a tratti pungente, per il semplice fatto che appena ho compreso e scoperto le tue caratteristiche, sfogliando le notizie sul tuo profilo personale e leggendo i tuoi gusti assieme alle tue peculiarità caratteriali io t’ho prontamente risposto, mentre tu di rimando hai iniziato a controbattere risultando all’istante illiberale, intollerante e odioso. Tu hai prontamente cominciato a deridermi e a schernirmi, forse ti sentivi adeguatamente protetto dietro un monitor e da una tastiera dove di trastullavi indisturbato, sentendoti tutelato, punzecchiandomi e prendendoti gioco di me con delle bazzecole insensate, vertenti su delle prove di valutazione di didattica generale, dove io da perfetta sempliciotta e indomabile zuccona ci cascavo.

Tu, per la circostanza, sostituivi sovente lo pseudonimo che utilizzavi abitualmente nella rete motteggiandomi di continuo, ma riprendendo alla svelta il passatempo interrotto, perché oggigiorno devo ammettere, che se in principio sogghignavo di me stessa, in conclusione mi sono assai spazientita, in quanto avrei voluto depennare una volta per tutte quel diminutivo che mi faceva tanto imbestialire, finché una mattina in modo imperturbabile e per di più candido tu mi scrivevi un messaggio di testo che lampeggiava sullo schermo:

“Cara Marta, devo rivelarti, se non te l’ha mai accennato nessuno, che chi snobba alla fine acquista, vale a dire chi disprezza compra” – hai professato, mentre mi sono fissata in testa quella tua specifica espressione.

Lo ammetto Ennio, hai centrato il bersaglio, suppongo di sì, per la ragione nella quale mi sono riconosciuta sopraffatta da un numero incalcolabile d’impressioni e di turbamenti mai vissuti prima d’allora, che m’hanno irrimediabilmente attratto a desiderarti e a preferirti in tutto e per tutto. Fra noi due si è subito instaurato un solidale e sentito rapporto d’amicizia, potente e sincero, perché dopo cinque giorni ci siamo sentiti al telefono ed è stato come rifiorire e rinnovarsi, perché più passavano i giorni e più udivo la tua voce, maggiormente mi legavo a te. Il turbamento emotivo dapprincipio era d’un insolito ardore nella zona addominale, perché pure le mie tette ogni qualvolta che il telefonino trillava e intuivo il tuo nome, s’attivavano eccitandomi e cagionandomi una reazione davvero inconsueta. Nel tempo in cui avviavo la comunicazione e udivo il tuo saluto, io mi disfacevo, situazione dovuta indubbiamente alla tua maniera d’agire e al tuo innato metodo d’atteggiarti, per il lineare fatto che tutto quello che mi enunciavi mi conduceva a una disposizione d’eccitabilità e di stimolo irrazionale.

Io, con tutta onestà e con totale onorabilità, non avevo giammai identificato né smascherato quest’aspetto recondito di me, non mi ero mai manifestata né sbottonata a nessuno nel criterio e nella forma in cui mi sono slegata con te, ammettendo e confidando sin dall’inizio i miei intrinsechi istinti, perché come per incanto, quell’affiatamento iniziale si è ben presto convertito in un armonioso e notevole rapporto di coesistenza, d’interdipendenza. Ogni istante era efficace e valido per confezionare del sesso tramite il telefono, per far emergere gradualmente le nostre piccole ma lascive e viziose depravazioni, perché tu m’hai fatto amabilmente e garbatamente denudare, liberandomi con sapienza dei profili della mia persona che costantemente avvertivo, ma che tenevo ben camuffati e taciuti nella cassaforte della mia inconfessata personalità.

In tal modo abbiamo intrapreso un gongolante e spensierato ciclo di contenuti giocherelli immorali, che vicendevolmente ci permutavamo, anche se devo francamente avvallare che eri più tu che da esperto e ferrato docente di giochi mi guidavi nell’intento. Pareva destino, sembrava già listato, normalmente stabilito, c’era la sintonia assoluta, ci siamo ammaliati entrambi a vicenda, dopo capitò l’irrecuperabile, un grossissimo e insanabile errore da parte mia, un comportamento che t’ha trafitto e straziato, una scappatella non auspicata, malgrado ciò avevo danneggiato tutto, mi sono logorata nello sforzo di riprenderti individuando in ogni direzione l’adeguata spiegazione da corredare. La vicenda che maggiormente mi scorticava in ultimo addolorandomi, era che tu mi ravvisavi come una femmina inattendibile, menzognera e ciarlatana, quando in verità non lo ero per nulla, perché, in verità, essere all’altezza di riottenerti è stato arduo e assai tormentato, dal momento che ci ramificavano oltre mille chilometri di distacco, non essendo in grado di distendere la mano per acciuffare la tua né di poter correttamente e naturalmente scrutarti in faccia, per fornirti confacenti e idonee giustificazioni.

Tutta questa bislacca e cervellotica facciata era invero a mio svantaggio, per il semplice e genuino fatto che io non sono stata nelle funzioni di come tu mi vedevi, considerato che non avevo appreso né imparato su come accomodare e ovviare la vicenda. In seguito, come d’incanto, si è verificato che la potenza e la robustezza dell’amore ha prevalso, che tutto pareva scomparso e irrimediabilmente spacciato, ma si è ripreso, perché adorabilmente il bocciolo che appariva avvizzito ha recuperato la completa vitalità. Ci siamo confortati, incitati e sorretti in ogni modo possibile, agguantandoci per mano e riprendendo il tragitto che troppo ruvidamente avevamo sospeso, in tal modo da quella conciliazione e da quella rafforzata concordia definimmo di misurarci. Attualmente sono qua che aspetto, giacché sono accomodata nella caffetteria della terrazza del centro commerciale in apprensione che fumo. Ho addosso un’inquietudine inverosimile, non capto nulla, sto solamente concependo con la fantasia l’istante preciso nel quale udirò il suo accento che mi conferma uno squillante ciao Marta, eccomi qua, perché in quello specifico momento avrò la mia mano intrecciata nella sua. Adesso sto fissando due giovani studenti che limonano accostati a un pilone del terrazzo, non sono in grado d’inquadrare nulla, ho lo pancia in disordine per il rimescolamento e per l’irrequietezza accumulata, nel mentre adocchio i miei indumenti rimuginando se ho avuto una sensibile idea nell’abbigliarmi in quel modo. Di certo non gradirai, perché i miei stivaletti a punta non ti sono molto gradevoli. In quella circostanza ho indossato un corpetto che ricolloca bene in spicco le mie tette. In quel frangente suppongo di perdere i sensi, desidero svignarmela, ho lo sbigottimento di non piacerti e di non riuscire a osservarti in viso. L’ansia mescolata al costante nervosismo m’invade scombussolandomi le membra, mi scruto intorno, eppure non t’avvisto, ma ecco che in modo repentino ti scorgo sopraggiungere, mentre cammini nel grande corridoio gremito di gente del grande supermercato multipiano.

In modo fulmineo io rievoco immancabilmente ogni nostra collettiva e viziosa telefonata, le molteplici risate, i continui lascivi aneliti, la tua tipica espressione, i nostri intimi, nostalgici e peccaminosi orgasmi. Tu stai frattanto malignando, me ne accorgo dal tuo piglio, sollevi in alto la mano per farmi un segno, come se spropositate volte ci fossimo già imbattuti semplicemente là. Io noto il tuo amabile sorriso, le tue labbra che mi fanno farneticare, sei ormai nei paraggi, mentre io come un’insulsa resto arginata e sospesa, come frenata e impedita. Suppongo che il creato si sia bloccato, dal momento che giammai prima di questo momento non avevo in nessun caso auspicato d’ascoltare questa definizione articolata dal vivo dalla tua bocca: ciao mia deliziosa e leggiadra piccola. D’incanto tutta la preoccupazione ammucchiata si è dissolta, così come l’enorme tensione fisica ammassata per l’attesa istantaneamente è svanita. Sebbene siamo a fine del mese di marzo il freddo ancora impone emanando in modo inesorabile le sue regole, le giornate appaiono sì debolmente soleggiate, ma alquanto ventose e polari. Tu frattanto adagi il tuo borsone e m’agguanti tra le tue braccia rincuorandomi:

“Marta, mia adorata stella, no, ti prego, non piangere”.

Tu avevi giudizio e tanta ragionevolezza nel tempo in cui affermavi che io avrei risposto timidamente a uno stimolo, seriamente non so che cosa ribadire in quest’istante, non per il fatto che non sia in grado, ma perché è solamente che sto prestando attenzione al battito del tuo cuore contro il mio, la meraviglia della passione contro il mio petto, le tue braccia che mi cingono, tenuto conto che sto conservando, registrando e sperimentando tutte queste nobili e straordinarie sensazioni trainandomele dentro di me per tutta la mia esistenza. Dopo mi lasci per un attimo, in quanto asciughi le mie lacrime, reputo che mi sto slegando, in seguito m’acciuffi la faccia fra le mani, t’incolli alle mie iridi come per rassicurarmi, come se volessi consolarmi: non temere, qua ci sono io e mi baci. Quell’attimo è la marea netta, il visibilio puro, successivamente come scortata allargo le mie e le nostre lingue s’incontrano nella felicità dei sensi. Quella che adesso sperimento, non è più effusione e dolcezza, perché ci lasciamo andare all’afflizione, al patimento e alla rinuncia di oltre nove mesi vissuti di costanti brusii e di famelici mormorii, della desolazione e in ultimo della sofferenza d’un contatto fisico, che per tutti questi lunghi mesi ci siamo preclusi. Non so quanto sia durato, ma alla divisione, giacché è alquanto amara e penosa, tenuto conto che gradiremmo stare ambedue in questa condizione di benessere e di delizia per l’infinito, noto che pure tu tergiversi e vacilli fedelmente come me.

In quel frangente sollevo sgarbatamente lo sguardo, tuttavia osservando la tua faccia e vedendo il tuo sguardo sornione, inizio a ridere di gusto e tu mi segui. Ambedue ridacchiamo in maniera fragorosa allontanando i residui dell’angoscia immagazzinata, giacché la gente che là accanto assiste a questo quadro forse penserà che siamo due autentici dissennati ed esaltati, anche se in verità lo siamo eccome. Adesso ci prendiamo per mano e usciamo dalla caffetteria in silenzio. Tra noi due non c’è fastidio né impaccio, temevo d’avvertire intralcio e turbamento, all’opposto ci spostiamo con una grande e innocua naturalezza tra l’affollamento, come se non fosse la prima volta, allora sta a vedere che è veramente una pura e sublime fusione. Andiamo di fuori, tu in modo spiccio e determinato reclami un tassì, io visibilmente frastornata ti guardo e ti chiedo dove mi conduci, tu speditamente mi enunci che ci avviamo in direzione dell’alberghetto d’un tuo fidato conoscente. In quella circostanza, riaffiorano nella mia mente, le numerose volte che abbiamo argomentato del nostro intimo e carnale incontro.

In effetti, ci siamo sovente prefissi che avremmo trascorso buona parte del tempo in albergo tappati nella stanza facendo l’amore, dialogando di noi e studiandoci a vicenda. Frattanto sopraggiunge il tassì, tu indichi all’autista il nome della pensione e infine t’accosti a me passandomi il braccio sulle spalle. Adesso sto fissando la mia mano che si colloca sulla tua coscia procedendo adagio, con un dito mi sollevi la bazza, intanto che acciuffi nuovamente le mie labbra tra le tue, completamente disinteressato degli sguardi del conducente del tassì. Dopo faccio scorrere le dita dal ginocchio salendo, tu mi lasci fare, io mi sento come un alunno agli albori, mentre m’aizzo ulteriormente. Tu non smetti di baciarmi, giustappunto per assaggiare al meglio senza sprecare nulla d’ogni attimo che sei con me, per non trascurare in nessun caso, per non scordare la sapidità né la mollezza delle mie labbra. Successivamente appoggio la mano sul petto, il tuo cuore batte spedito quanto il mio, la lasciò in conclusione digradare verso il basso senza pensarci sfiorandoti il cazzo. In quell’esatto istante sento che ti scuoti, perciò in maniera impertinente io distendo totalmente la mano per posarla sul tuo cazzo, giacché lo sento aumentare di volume sotto le mie dita. 

In maniera stupefatta io t’osservo, al presente sorridi poggiando la tua mano sulla mia, imprimendo una lieve pressione per farmi saggiare con dovizia il tuo eloquente ed esuberante stato d’eccitazione. Io arrossisco di fronte alla mia genuina quanto impudica irriverenza, perché seguito nel tastare là per captare al meglio il vigore del tuo cazzo contro il palmo della mia mano. M’interrompo alla decelerata burbera che il conducente del tassì imprime al veicolo di fronte alla pensione, nel contempo ti risistemi accostando il giubbotto per ammantare la lampante eccitabilità. L’episodio singolare è il nostro totale silenzio, la mancanza di vocaboli fra noi due, una stranezza in verità alquanto inoppugnabile e manifesta, per due individui loquaci come noi. Sbrighiamo la prassi della registrazione all’accettazione e ci avviamo nella camera. Da questo momento abbiamo tutti per noi cinque pieni giorni per stare congiuntamente accanto senz’angosce né assilli né pensieri né dubbi né fisime mentali di sorta né incubi, unicamente io e te. Al presente t’avvicini sempre di più facendomi appoggiare di proposito alla parete dell’ascensore, sbottoni il giubbotto e mi baci sul collo dietro l’orecchio. Io capto distintamente che sei eccitato, il tuo corpo mi pigia, avverto il tuo cazzo che si gonfia attraverso i jeans. Non riesco quasi a respirare dall’esaltazione erotica del momento che avverto, che potremo in ultimo stare insieme unendoci come abbiamo vagheggiato, di tutte le volte che ce lo esponevamo per telefono, qualunque volta che abbiamo completato la nostra intima presenza per telefono.

Siamo arrivati al terzo piano, le porte dell’elevatore si spalancano, tu mi brandisci per il polso e usciamo in cerca del nostro accogliente nido. Al presente siamo di fronte alla porta di quel vano per completare il nostro libidinoso e vizioso legame. La mia mano è sempre stretta nella tua, tu non ti sganci, in modo simultaneo si capta il botto dei nostri bagagli che cascano, adesso siamo soli che ci esaminiamo, mentre m’accarezzi la faccia spostandomi i capelli. Tu sorridi in modo raggiante, io suppongo che una sensazione così sia assai notevole da sostenere, perché mi lacera la mente di poterti avere e di potermi infine offrire radicalmente a te. Io m’accosto impuntandomi sulle tue labbra, non vedo altro, perché a rilento sbarro gli occhi già pronta per poter apprezzare il tuo sapore, nella prospettiva che mi sono sempre immaginata. In seguito tu arrivi e in modo veemente m’allacci a te poggiando le tue labbra sulle mie aprendomi. Tu sei affamato di me, in un baleno, senza mai staccarci le labbra iniziamo a spogliarci a vicenda, soltanto un istante, perché subito dopo proseguiamo la lussuriosa opera d’esplorazione.

In poco tempo ci denudiamo, io rimango con il reggipetto, mentre tu resti con il dorso nudo abbassandomi nel mentre la spallina del reggipetto. Mi pare tutto talmente spontaneo, ho i brividi in ogni luogo, ho voglia di farmi acchiappare all’istante. Tu cominci a lambire adagio il mio capezzolo, adesso ghermiti dalla smania ci avviciniamo al letto, tu mi sospingi sul giaciglio e inizi a denudarti. Io t’osservo essenziale e discinto di fronte a me, il tuo eccitamento è palese, adagio mi sfili i pantaloni e mi squadri. Ti fletti e cominci a baciarmi le gambe lasciando vagabondare la lingua in piena libertà, aumenti l’intensità, mentre io percepisco che il clitoride s’indurisce a dismisura. Intercetto nitidamente mentre t’avvicini al mio fortino proibito, la cupidigia e la frenesia di farmi scopare è smisurata. Intuisco che i miei fluidi sono tutti per te, al presente mi spogli interamente e t’inserisci fra le mie gambe, mi fai flettere le ginocchia, mi spalanchi le gambe e con una famelica bravura cominci ad assaporare il mio intimo liquore, conficcando con maestria la tua lingua velocemente per farmi tastare l’anima.

Io mi sento in piena ebbrezza, in totale sfrenata estasi, credo di schiattare per l’intensità e per la virulenza che sperimento, sono emozioni fortissime e meravigliose, indicibili, ho voglia che tu mi penetri. Abbiamo atteso per troppo tempo, adesso è avvenuto l’incontro. In quel momento m’allarghi le gambe in fretta, visibilmente infervorato dalla voglia di scoparmi, dalla smania travolgente di prendermi, perché in un baleno il tuo cazzo mi trafigge, la mia fica lo accoglie ospitandolo con movenze poderose e decise. Capto che il tuo cazzo entra e fuoriesce dalla mia fica con dei movimenti ritmici e determinati, ecco, finalmente è tutto mio, rimugino adesso dentro me stessa. Sono concentrata ad ascoltare ogni gemito, ogni attimo, dopo mi fai voltare e mi penetri nella postura della pecorina, in seguito cambiamo posizione, stavolta sono io che mi posiziono nella posizione della smorza candela disponendomi sul tuo cazzo che mi fodera alla perfezione avvolgendomi. Mi viene da strillare, il mio clitoride è infuocato, credo che sto per venire amore, dal momento che avverto un’energia inedita che risale sollevandosi dall’abisso del ventre. Ascolto i tuoi focosi e istintivi gemiti, capto il tuo cazzo agitarsi nella mia fica, sollevo le braccia come se volassi, sto godendo immensamente con te, la mia e la nostra armoniosa, bellissima e ineguagliabile intesa.

Sto per levarmi in volo, inarrivabile e caro splendido adorato mio, in tutta franchezza esclusivo, eccezionale e incomparabile immenso amore, perché devo confessare l’amore che ritenevo scomparso adesso è qui alla mia portata. Non faccio in tempo a congetturare oltre, che uno strepitoso orgasmo vaginale mi travolge scompaginandomi la psiche e il corpo, mentre altre due possenti tensioni spasmodiche seguono in rapida successione, in quel mentre sono strabiliata, sorpresa e manifestamente svigorita per quanto mi è accaduto.

Durante il tempo in cui io tento di riprendermi, tu strepiti il tuo nerboruto e possente orgasmo, io in quell’occasione estraggo il tuo cazzo dalla mia fica e con la mano me lo dirigo puntandomelo addosso, in maniera tale che la tua abbondante e lattescente sborrata ci finisca sopra.

All’unanimità, mi rendo conto della suggestiva magia e del totale incanto che si sperimenta. Al momento posso ritenere e serbare d’aver raggiunto e conosciuto a fondo, l’apice sommo del piacere e dell’appagamento più elevato. La connessione e il legame esemplare fra due esseri.  

{Idraulico anno 1999}  

 

 

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