Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Masada

By 13 Maggio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Non sono un frequentatore delle chiese se non per ammirarne l’architettura, le opere d’arte in esse conservate.
In materia di religioni ho poche idee, su quella Cristiana, poi, sono ben confuse, tanto che non mi sono chiare le differenze tra cattolicesimo e protestantesimo.
Eppure, sono stato battezzato.
A scuola non ho mai marinato le lezioni di religione del buono e bravo don Alceste che si aiutava anche con certi album, a fumetti, che pubblicava lui.
Si, ho perfino frequentato i corsi di catechismo ed ho fatto la prima comunione a San Lorenzo.
Prima ed unica comunione.
Non irrido affatto chi &egrave un assiduo praticante. Anzi, lo ammiro e lo rispetto, e in qualche modo perfino mi rammarico di non avere avuto quello che i sacerdoti chiamano ‘il dono della fede’.
Sono rispettoso del modo di vivere del prossimo, ma pretendo di essere rispettato anche io, dato che faccio del tutto per non infastidire gli altri, o immischiarmi delle loro cose.
Quel giorni mi era venuto in mente di andare ad ammirare alcune tele che erano conservate nella sacrestia di quella che era la mia parrocchia.
Nella sacrestia c’era un simpatico sacerdote, non giovanissimo, mi disse che era il Parroco, Don Paolo.
Mi presentai, gli esposi le ragioni della mia visita, mi mostrò tutto e mi illustrò i quadri con competenza e particolare cura.
Mi chiese dove abitavo.
‘Allora, ingegner Ferri lei &egrave un mio parrocchiano!’
‘Indegnamente, reverendo!’
‘Non mi sembra di averla visto spesso in chiesa.’
‘Infatti!’
‘Comunque lei &egrave responsabile del suo comportamento e non &egrave mio compito giudicarla. Mi piacerebbe, però, chiacchierare un po’ con lei’ non di religione, se non le aggrada, ma di architettura, arte’ di tante cose.’
‘A sua disposizione, Don Paolo, ogni tanto ho un po’ di tempo libero.’
‘Senta, Piero ‘posso chiamarla così,vero?- io, intanto, la pregherei di non privarci del suo consiglio e della sua esperienza. Sarei lietissimo se accettasse di far parte del Consiglio degli affari economici. Non le ruberà troppo tempo, si riunisce non più di una vola al mese, nei giorni e nelle ore che i consiglieri scelgono.’
‘Va bene, reverendo. Cercherò di non deluderla.’
^^^
Tutto cominciò così.
Ormai &egrave trascorso un po’ di tempo. Si &egrave instaurata una certa confidenza, sorretta da una forte stima reciproca. Ogni tanto ci incontriamo, parliamo, qualche volta stiamo a cena insieme. Abbiamo visitato, insieme, interessanti mostre e gallerie.
Parliamo di tutto, e Don Paolo ha l’abilità di indicarmi sempre come l’uomo deve agire nel rispetto del prossimo, secondo la parola del Cristo, senza farmi la predica.
Alcuni parrocchiani avevano programmato un viaggio in Terra Santa, un pellegrinaggio logicamente, affidandosi da una esperta organizzazione romana.
Don Paolo si rammaricava per non poterci andare, ma proprio in quel periodo aveva impegni che non poteva rimandare e ai quali non poteva sottrarsi.
‘E’ un’occasione ottima per conoscere luoghi, genti, usi, costumi, arti, e visitare interessanti siti archeologici. Io desidero tanto di andare a Masada. Questo itinerario, però, non ne prevede la visita.
Vacci tu, Piero ‘avevamo stabilito di darci il ‘tu’- fa una puntatine a Masada e al ritorno me ne parli.’
Tanto insisté, sempre gentilmente, che finii con l’accettare.
‘Penso io a dare il tuo nome a Olga, quella che raccoglie le adesioni. La conosci, &egrave quella signorina alta, snella, con gli occhiali, i capelli lunghi, lisci, che coordina il catechismo, e vive con la vecchia mamma e una domestica’
‘Quale, quella che veste sempre di nero e cammina col bastone?’
‘No, Olga &egrave giovane, avrà più o meno trentacinque anni. Hanno una bella farmacia, che rende molto bene, e l’hanno data in gestione a un loro conoscente. Alla prima occasione te la presento. E’ una donna in gamba, anche se ha le sue piccole ma innocue manie.’
‘Viene anche lei in Israele e Palestina?’
‘Certo.
Anzi, vedi di trascinare anche lei a Masada. E’ una donna colta, le farà piacere.’
Fu la settimana dopo che conobbi Olga.
Così, come si presentava, col suo lungo loden, sembrava un po’ scialba, ma aveva occhi vivaci e il volto, acqua e sapone, era regolare, piacevole, con una pelle liscia, vellutata. I capelli denunciavano cure casalinghe ma rari interventi del parrucchiere, solo per accorciarli di quando in quando. Mani lunghe, affusolate, eleganti.
Era cordiale, ispirava fiducia, ascoltava molto e interveniva con garbo.
Non mi esaltava la sua compagnia, ma temevo peggio.
Del resto, sono ormai un single incallito. Ho cinquanta anni.
Io non glielo avevo chiesto, ma lei trovò il modo di farmi sapere che stava per compierne trentacinque.
La osservai attentamente, forse troppo insistentemente perché le si imporporò il volto. Ma guarda un po’ ‘pensai- se una donna così giovane deve vestire come una vecchia e rinsecchita zitella.
Quando in Consiglio (anche lei ne faceva parte) tolse il loden, la pur semplice linea dell’abito non poté tacere del tutto un seno abbastanza florido e glutei ben tondi e deliziosamente mobili pur se umiliati da un vestiario quasi monacale.
Era seduta vicino a me, con le gambe strette, ma per quello che si vedeva erano ben tornite e le caviglie molto snelle.
Non sorprenderà, quindi, se pensai che forse a quella donna ci voleva una falloterapia a dosi massicce.
Il mio ‘coso’ si mosse per farmi sapere che era d’accordo.
Pensai anche che il viaggio in Terra Santa mi avrebbe fornito l’occasione per cercare di avviarla verso quella strada di salvezza. Avrebbe certamente percorso la via dolorosa, ricalcando le orme del salvatore del mondo, ma non doveva trascurare ‘glielo avrei detto- altre strade.
Forse mi aveva preso in simpatia, Olga, perché mi teneva sempre al corrente degli affari della Parrocchia, mi parlava di coloro che sarebbero intervenuti nel Pellegrinaggio, e i suoi commenti, a volte, erano divertenti, sempre benevolmente ironici.

Un pullman ci avrebbe condotto a Fiumicino dove avremmo incontrato il nostro accompagnatore, un simpatico e cordiale religioso, Padre Tonino, che si interessava da tempo di quei viaggi, spesso della speranza, senza troppo infarcirli di prediche d’occasione.
Conosceva bene i luoghi che avremmo visitato, e sapeva indicarli, spiegarli, renderli interessanti.
Dissi a Olga che io sarei andato all’aeroporto con la mia auto, l’avrei lasciata nel parcheggio della società di gestione, di cui sono consulente, e la invitai a venire con me.
Dapprima mi rispose che non poteva, non stava bene lasciare il gruppo.
Le feci notare che il Parroco avrebbe accompagnato lui il gruppo, per poi tornarsene in sede.
Stette a pensarci.
Poi accettò.
^^^
Il pellegrinaggio procedeva ottimamente.
Bene organizzato.
Interessanti e ben inquadrate le spiegazioni di padre Tonino.
Discretamente accoglienti gli alberghi.
Olga si dimostrava una piacevole e intelligente compagna di viaggio.
Eravamo un po’ coppia fissa, nel pullman, a tavola, vicini di divano la sera quando padre Tonino ci riuniva per un riepilogo della giornata e per raccogliere le impressioni di ciascuno.
Avevo la sensazione che Olga andasse lentamente ‘sciogliendosi’. Non si irrigidiva più quando, per aiutarla a salire o scendere, la prendevo per il braccio, e non si allontanò allorché per sussurrarle all’orecchio una piccola maldicenza sull’occhialuta bacchettona che borbottava sempre la presi sottobraccio. Anzi, sorrise divertita e posò la sua mano sulla mia.
Quelle manovre, caute ma non ingenue, mi fecero accertare, sia pure per lieve sfioramento, che il seno era florido e tosto!

Il pullman scese dal colle di Gerusalemme, entrò a Gerico, ci lasciarono il tempo per un breve giro in una delle città più antiche del mondo, poi proseguimmo lungo il Mar Morto, sostammo a Ein Gedi, al posto di ristoro. Faceva abbastanza caldo. Le pietre sulla riva del lago erano coperte di cristalli di sale.
Olga ed io ci fermammo a guardare.
Mi dette la mano, si sporse per staccare una pezzo di sale, la tirai verso me, addosso a me, le cinsi la vita.
Mi guardò sorridendo.
‘Sono un po’ bambina, vero?’
La trattenevo.
‘No, &egrave normale interessarsi a queste cose. E poi, &egrave così bello sentirsi bambini, non ti pare?’
Le avevo dato il ‘tu’.
Guardava l’acqua, un po’ triste.
‘E’ vero, &egrave bello. Hai ragione.’
‘Dovevi portare il costume da bagno, potevi immergerti in queste acque.’
Alzò le spalle.
‘Tanto non so nuotare.’
‘Non serve, la densità dell’acqua non ti fa affondare.’
‘Già, &egrave vero!’
‘Puoi acquistarne uno, a Gerusalemme, domani ripassiamo di qua, per andare a Masada.’
‘Credi proprio che debba venirci?’
‘Non ti interessa visitarla?’
‘Mi interessa moltissimo,ma”
‘Niente ma.’
‘Si, ma niente bagno nel Mar Morto.’
Al ritorno, eravamo seduti in fondo al pullman, sul sedile lungo, senza separazione di posti, sentivo la sua coscia contro la mia, specie nelle provvidenziali curve.
^^^
L’auto e la guida, un ebreo che parlava un po’ d’italiano, venne a prenderci in albergo, dopo la prima colazione.
Il resto del gruppo avrebbe gironzolato nella città nuova e per shopping.
Ci attendevano per le cinque del pomeriggio, ora in cui si sarebbe partiti per Nazareth.
Masada.
Una fortezza arroccata su un colle isolato.
Antico insediamento trasformato in cittadella da Erode il Grande 36-30 a.C. Nel 72 d.C. circa mille Zeloti, una setta integralista, si suicidarono pur di non arrendersi ai Romani. Avremmo visitato il Palazzo di Erode, le terme, alloggiamenti e magazzini, la sinagoga. Tutti ruderi, ovviamente.
Una fortezza che non vuole arrendersi, uomini, donne, vecchi, bambini, votati alla morte pur di non subire l’onta della schiavitù.
Mentre, senza fretta, l’auto scendeva verso la piana di Ein Gedi, guardavo Olga, seduta accanto a me, vestita con una gonna di cotone, leggera, e una blusa abbottonatissima. Faceva abbastanza caldo, e l’impianto di aria condizionata dell’auto era come se non ci fosse.
‘Apri un po’ la camiciola’ stai soffocando.’
Mi rivolse un sorrisetto. Sbottonò un bottoncino.
Allungai la mano, con dolce prepotenza.
‘Dai, prendi aria”
Sbottonai abbondantemente.
Il suo sguardo, ora, era più indeciso che impacciato.
La presi sul tono scherzoso.
‘Cosa hai da nascondere?
Il creatore s’offende. Ti ha donato tante grazie e tu vuoi sottrarle alla vista del prossimo? Perché?’
Tornò a sorridere, e non disse nulla quando le posi una mano sulla spalla come per un fuggevole abbraccio.
Sentivo che il ghiaccio andava lentamente dissolvendosi facendo affiorare le energie che nascondeva, il naturale tumulto interiore.
Le forze interne possono erompere impetuosamente, incontrollate, e distruggere ciò che incontrano sul loro cammino, ma se opportunamente raccolte, guidate, generano calore, luce, vita.
Olga non era Masada, fortezza da far capitolare, da conquistare, e si doveva impedirle di autodistruggersi, in un certo senso di suicidarsi.
Olga non si rendeva conto, o non voleva rendersi conto, dell’energia che aveva in sé, della forza di cui disponeva.
E mi proponevo,con somma diligenza, di fargliela scoprire.
Mi sembrava, presumevo, che un primo passo era stato fatto.
Bastava solo sfiorarle la mano, in principio, per accorgersi che sembrava percorsa da una scarica elettrica. Si ritraeva di colpo.
Anche l’energia elettrica può dare luce e calore, &egrave fonte di moto, di vita.
Ora accettava il contatto con la mia mano, anche sul braccio, sulla pelle nuda.
Non si sottraeva al dolce tentativo di accostarla a me, malgrado il caldo, né alle dita che sfioravano cautamente e delicatamente l’attacco del seno.
Non era indolore, per me, questa’ educazione!
Sentivo montare sempre più una eccitazione che non aveva nulla di platonico.
Non volle fermarsi a Ein Gedi.
Giungemmo a Masada, ai piedi della poderosa altura.
Le rovine erano lassù.
Una lunga ed erta salita, a piedi, o la teleferica.
Optammo per quest’ultima soluzione.
Gran folla, non eravamo molto pigiati, nella cabina, ma finsi che lo fossimo.
Olga andò vicino al finestrino, a guardare la piana che si allontanava lentamente, io mi misi dietro di lei, attaccato alla ringhiera che correva sulle pareti della cabine, lei tra le mie braccia.
Non c’era certo bisogno di particolari cognizioni o esperienze per capire cosa premeva tra le sue deliziose chiappette prensili. Comunque, non cercò di evitarlo.
Eccitazione in aumento.
La guida iniziò il giro delle rovine, spiegando cose fossero in origine quei resti consunti, come si svolgeva la vita, le privazioni dell’assedio, soffermandosi sul fatto che la mancanza di acqua si ripercuoteva fortemente sui rapporti sessuali tra gli assediati perché, secondo la religione ebraica particolarmente osservata dagli Zeloti, dopo ogni amplesso ci doveva essere la purificazione dei corpi; con acqua.
In quel momento fui felice di essere molto tiepido verso ogni religione.
Olga, che tenevo appoggiata a me, non disse nulla.
Visita abbastanza impegnativa, anche sul piano fisico dato il camminare e il clima, ma molto interessante.
Giù, nella pianura sottostante, sono ancora visibili i tracciati delimitanti gli accampamenti dei Romani, gli assedianti.
Al momento della discesa si ripresentò il dilemma: a piedi o con la teleferica?
Lo chiesi ad Olga.
Scelse la teleferica, senza indugio, e quando vi salimmo, andò a piazzarsi allo stesso finestrino’ anche io ripresi la stessa’ posizione.
Era in programma una colazione al posto di ristoro, una tavola calda, per fortuna con aria quasi respirabile.
Poi avremmo ripreso la strada del ritorno, per giungere in tempo ad imbarcarci sul pullman che ci avrebbe portato a Nazareth.
Ged, la guida, cio&egrave Gedeone, ci disse che andava al parcheggio, a riprendere l’auto, e di attenderlo nella sala, dove era meno caldo.
Dovemmo attenderlo un bel po’.
Ogni tanto guardavo l’orologio perché si stava facendo tardi e padre Tonino aveva chiaramente detto di arrivare in tempo. Il pullman doveva osservare l’orario, perché oltre al tempo del viaggio bisognava tener conto dei possibili controlli lungo il percorso, della cena. Insomma tutto era strettamente collegato.
Finalmente Ged riapparve.
Sudato, con un volto che non prometteva niente di buono.
Si lasciò cadere sulla sedia, ci guardò con occhi furenti.
‘L’auto non parte!
Anche il meccanico che gestisce il parcheggio non si rende conto della ragione.
Ho telefonato a Gerusalemme.
E’ già in cammino, o sta per mettersi in cammino, un’altra automobile per venirci a prendere”
Olga l’interruppe, preoccupata.
‘Come facciamo, il gruppo ci aspetta per partire per Nazareth!’
Ged aprì sconsolatamente le braccia.
Seppi mantenere la calma.
Mi rivolsi a Ged.
‘So che padre Tonino ha un cellulare che gli hanno consegnato all’aeroporto di Tel Aviv. Ho il numero,possiamo chiamarlo?’
Ged mi porse il suo telefonino.
Chiamai.
Dopo un po’ la voce di padre Tonino, mi disse che ci stavamo aspettando.
Gli raccontai l’accaduto.
Rispose che così stando le cose noi non saremmo giunti a Gerusalemme prima di tre o quattro ore. Loro non potevano assolutamente attenderci, erano costretti a partire. Il nostro bagaglio era già sul pullman. Noi dovevamo vedere come raggiungerli. Ci fece i suoi auguri, aggiunse che il gruppo avrebbe pregato per noi. Tolse la comunicazione.
Olga ed io ci guardammo negli occhi.
Chissà a che ora saremmo giunti a Gerusalemme.
Dovevamo confermare all’albergo le nostre camere.
Sempre grazie al cellulare di Ged,lo chiamammo.
Altro problema. Erano al completo.
Ged disse che forse era bene rivolgersi al King David,il più elegante Hotel della città, prima che fosse troppo tardi.
Fummo fortunati, avevano le due ultime camere disponibili, per una provvidenziale disdetta giunta pochi minuti prima.
Lo dissi a Olga.
Era molto contrariata.
‘Su, c’&egrave rimedio a tutto, non fare così.’
Mi guardò sorridendo e non si sottrasse alla mano che le posi sulle spalle.
Attendemmo abbastanza la nuova auto.
Disse che aveva portato i pezzi di ricambio necessari a rimettere in moto quella con la quale eravamo arrivati.
Ged non ci aveva detto nulla che li attendeva.
Per fortuna era venuta a rilevarci una comoda berlina, con aria condizionata funzionante.
Bevemmo una spremuta di pompelmo e ci avviammo verso Gerusalemme.
L’autista non aveva certo fretta.
Gli avevo detto di accompagnarci al King David.
Olga era stanca, sonnacchiosa.
La testa ciondolava.
L’abbracciai, l’avvicinai a me. Pose il capo sulla mia spalla e s’addormentò subito.
Era bella, sembrava una bambina.
Le carezzai i capelli.
La mano andò a finire sulla tetta che confermò ogni cosa: polposa e soda nel contempo. La carezzai a lungo, sempre più insistentemente.
^^^
Sorveglianza strettissima al King David. Luci sfarzose, gente che sembrava indaffarata, belle donne.
Le nostre camere erano piuttosto i alto. Una a fianco all’altra e comunicanti. Bastava chiudere la porta che le univa.
Eleganti, arredate con cura.
Avevamo estremo bisogno d’una doccia, ma avremmo dovuto indossare gli stessi vestiti, gli altri erano ormai a Nazareth, nella valigia.
Decidemmo, Olga ed io, di rivederci quando pronti.
Le dissi che l’avrei attesa nella mia camera, ero sicuro di essere il più celere.
Telefonai al ristorante per dire che noi eravamo in abiti del tutto informali ma che desideravamo cenare.
Mi risposero che nel paese dove i ministri vanno senza cravatta non si badava che all’igiene e alla decenza che, però, volendo, potevano servirci in camera.
Prenotai un tavolo.
Dopo poco, m’ero appena rivestito, apparve Olga.
La doccia e il sonnellino in auto l’avevano rimessa a posto.
Scelse di cenare al ristorante.
In ascensore, scendendo, non solo lasciò che le cingessi la vita, ma mise la sua mano sulla mia.
Pensai che, forse, ero sulla strada giusta.
Aperitivo, cenetta, vinello di Noé, tutto concorse a far sciogliere molto del poco ghiaccio di cui Olga insisteva ad ammantarsi.
La risalita in ascensore testimoniò che Olga era una donna, una belladonna, con tutte le tendenze istintive proprie del suo sesso e della sua età.
La baciai, lievemente.
Ricambiò, senza foga, teneramente.
Ci avviammo alle nostre camere tenendoci per mano.
Entrammo nella mia camera.
Appena dentro decisi che dovevo puntare sull’en plein.
La presi tra le braccia e la baciai sulla bocca, cercano la sua lingua. La strinsi a me, con passione, afferrandole le natiche.
Mi sembrava smarrita. Tremava visibilmente.
Quando la ribaciai sentii che corrispondeva, con la buona volontà e l’inesperienza della principiante.
Mi guardò con profonda tenerezza.
‘Non l’ho mai fatto, Piero’ mai’ ho paura’!’
‘Ma io ti adoro, tesoro mio, desidero baciarti, carezzarti, amarti.’
Seguitava a guardarmi.
Azzardai a sbottonarle la blusa.
Non disse nulla.
La gonna cadde sul pavimento.
In reggiseno e slip Olga era stupenda, meravigliosa.
Slacciai i reggiseno, mi abbassai a baciarle la tetta a suggerle i capezzoli.
Aveva il capo rovesciato indietro, gli occhi socchiusi, le labbra beanti, le nari frementi.
La presi sulle braccia, la portai sul letto.
Alzò il bacino quando le sfilai lo slip.
Visione che incanta. Il suo pube, i suoi riccioli neri.
‘Non l’ho fatto mai”
Mi spogliai del tutto.
Mi guardò, il suo volto avvampò, un’espressione tra timore e attrazione.
Mi sdraiai accanto a lei.
‘Ti voglio, amore mio!’
‘Non farmi male, ti prego”
Presi a baciarla di nuovo,dappertutto.
Sentivo che pian piano andava rilassandosi.
Ebbe un sobbalzo quando le mie dita frugarono tra le sue gambe.
Titillai piano, lungamente, fin quando non sentii sussultare il suo grembo, dischiudersi le gambe, ansimare, mugolare, sobbalzare, portarsi una mano alla bocca e lasciarsi travolgere da un lungo orgasmo.
Ritenni che quello fosse il momento.
Su di lei, tra le sue gambe che spalancai del tutto.
In lei,delicatamente ma decisamente.
Un oooh, che non era proprio di contrarietà.
E si rivelò per quella che era.
Una femmina dolcissima e nel contempo appassionata.
Aveva scoperto qualcosa che aveva allontanato, forse cancellato del tutto dalla sua vita, senza sapere cosa stava rinunciando.
Il sesso é vita
E dà la vita.
Deliziosa Olga.
Mia meravigliosa compagna.
^^^
Sia benedetta la lauta mancia che ho dato a Ged per stare al giuoco.
^^^
Masada.
Questa volta nessun suicidio, né capitolazione.
Perfetta intesa.
Olga ora sorride quando le dico che non siamo degli Zeloti, ma degli ‘zelanti’.
Del sesso.
^^^ ^^^ ^^^

Leave a Reply