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Racconti Erotici Etero

Morwenna

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Osservava, con attenzione, i tentativi di quel tralcio d’edera d’avvinghiarsi sul delicato stelo della felce per scalare, per mezzo di questa, il grande tronco della quercia lì vicino. L’attacco diretto era stato infruttuoso a causa del vischio, già presente sul grande albero, che l’aveva cacciata. Ora il virgulto circondava la felce che, a sua volta, tentava di divincolarsi. Il tutto avveniva in tempo reale sotto gli occhi di Morwenna alla luce grigiastra ed intermittente del sole. La palla infuocata scorreva veloce nel cielo, percorreva tutta la volta nel tempo di un respiro per poi sparire e tornare al respiro successivo.

Improvvisamente lo stelo della felce si piegò sino a terra e si spezzò alla base ma l’edera continuò a cercarlo dove stava poco prima, sin che anche lei venne pressata verso terra da una forza immane e costretta a ritirarsi. Morwenna sollevò furente lo sguardo alla ricerca della fonte di tale scempio ma non vide nulla d’insolito, allora tornò a concentrarsi sulla felce: alla base dello stelo, impressa nella morbida terra del sottobosco, vi trovò stampata l’impronta di una calzatura umana.

Un ringhio dal suono inumano, innaturale, diverso da quello di qualsiasi animale della foresta, sfuggì dalle sue labbra a causa di una rabbia generata dalla presenza degli invasori umani, ai quali sfuggì sia l’urlo sia l’improvviso silenzio calato nel bosco. Morwenna si mise in caccia con l’intenzione di scovare e scacciare quegli esseri dal suo territorio, era troppo tempo che sfuggiva agli umani per riuscire ad accettare la loro presenza.

Sul terreno rimanevano le tracce di quattro persone che procedevano in fila verso la sommità della collina, l’essere che era Morwenna le annusò a lungo, quindi iniziò a seguirle. Per lei il tempo soggettivo non aveva sempre lo stesso valore, poteva adattarlo alle sue esigenze, lasciarlo scorrere via velocemente o trattenerlo, rallentarlo sino al punto di vivere alla stessa velocità dei vegetali. Per raggiungere gli invasori tornò ad una concezione temporale tipicamente animale, poi spinse il suo tempo oltre, allora il sole rallentò bruscamente nel cielo sino a fermarsi. Tutto pareva fossilizzato intorno a lei, bloccato in quella che poteva apparire una fotografia tridimensionale in cui lei, e solo lei, poteva muoversi a piacimento. Le fronde degli alberi, gli arbusti, l’erba, i piccoli animali, gli insetti, tutto era immoto; ma vivo. L’entità si muoveva attraverso questo mondo ad una velocità impossibile; un osservatore esterno non sarebbe riuscito a coglierne il movimento in quanto troppo lento nella sua ‘normale’ concezione del tempo.

In pochi istanti raggiunse i quattro. Li trovò a breve distanza dalla sommità della collina, apparivano accaldati, sudati e decisamente stanchi. Lei non capiva questa sensazione di spossatezza che respirava nel loro odore, non le capitava mai di sentirsi a corto d’energie e sul punto di cedere alle asperità della natura. Girò intorno a quelle persone, immobili per lei.

‘Due maschi e due femmine’, pensò, ‘Che cosa vengono a fare qui, cosa cercano?’

Saltuariamente capitavano nel bosco degli escursionisti; qualcuno lo attraversava solamente, qualcuno cercava funghi in stagione, altri scattavano innumerevoli fotografie. Morwenna li seguiva tutti, li studiava, tentava di coglierne i pensieri; temeva solamente quelli armati di macchina fotografica, solo loro potevano rubare una sua immagine e scoprirla. Questi quattro non erano diversi da tutti gli altri ma l’entità rimase colpita dall’assortimento dei loro sessi, era curiosamente attratta dal sesso degli umani e dalla grande energia liberata dalla loro libido. Li studiò ancora a lungo prima di precederli sulla collina e porsi in attesa spingendo il suo tempo personale a scorrere come quello naturale.

I quattro ragazzi raggiunsero la spianata tra gli alberi inconsapevoli d’essere spiati, si guardarono intorno e dopo aver brevemente confabulato tra di loro lasciarono cadere pesantemente in terra gli zaini. La creatura s’avvicinò a loro per coglierne i discorsi e li sentì dissertare sull’idoneità del luogo per stabilirvi il campo base, li vede consultare una mappa del bosco e rintracciare su di essa i corsi d’acqua e le pozze. Parlavano d’appostamenti, di tendere agguati, sapevano dove gli animali erano soliti abbeverarsi in quella stagione. Morwenna provò un’intensa sensazione di rabbia, stava per agire contro di loro avendoli scambiati per cacciatori, poi vide un ragazzo che tirava fuori dallo zaino una modernissima macchina fotografica mentre l’amico ripuliva le lenti di un potente binocolo. Allora capì chi erano e cosa cercavano e si rasserenò. I soliti amanti degli animali e della fotografia; non aveva nulla da temere da loro sin che non si fosse trovata dinanzi ad un obbiettivo. Tornò ad interessarsi alle loro faccende mentre iniziavano a montare due tende, seguì le loro manovre senza resistere alla tentazione di sganciare l’elastico da un paletto ogni tanto o di nasconderne un altro sotto uno degli zaini. Combinare scherzi agli umani era uno dei suoi passatempi preferiti quelle rare volte che ne incontrava qualcuno nel bosco. La tentazione era troppo forte e si divertiva ad ascoltare le loro imprecazioni ogni qual volta il tiro mancino andava a segno. Avrebbe continuato a farli disperare se una delle ragazze non si fosse avviata verso la macchia con una borsa in mano alla ricerca di bacche mature in quella stagione, allora la seguì. Si trattava della femmina più alta del gruppo, probabilmente la più vecchia delle due anche se non riusciva mai a computare l’esatta età di quella specie. Era sicuramente un bel esemplare, portava lunghe chiome brune, vantando un fisico armonioso, agile e dolcemente procace. Morwenna trovava molto belli gli esseri umani e provava una forte attrazione sia per le femmine sia per i maschi di quella razza. Si muoveva dietro la ragazza copiando fedelmente i suoi movimenti, sapeva di non poter essere vista da lei, ora che si trovava nella sua forma più eterea, però sapeva anche che spesso gli umani percepivano la sua presenza e questo la rendeva prudente. Attese che la femmina si fermasse dinanzi ad un cespuglio di more per iniziarne la raccolta quindi si avvicinò sino a sfiorarne i capelli, restò rapita dal profumo emanato dalla ragazza, non si trattava più del solo sudore o del rimasuglio di quelle essenze che gli umani usano spargersi sul corpo, questo era un odore animale, un marcatore chiaro, un indice dello stato emotivo in cui si trovava l’esemplare dinanzi a lei. L’entità si fece più sottile, più incorporea, assumendo la forma di pura energia quindi si spinse contro il corpo della ragazza. Immediatamente percepì la totalità di quell’essere, calzò il suo corpo, la sua mente e la sua anima come un guanto, si estese in lei invadendone ogni molecola ed assumendone ogni pensiero. Era diventata una cosa unica con quella femmina umana e, dopo tanto tempo, tornò a percepire la consistenza della carne e la solidità dei pensieri umani. Rimase sconvolta dal calore interno di quel corpo, dalle forti emozioni che provava, dall’intensa sensualità con cui viveva ogni singola sensazione. Il tatto dei polpastrelli sul frutto di una mora inviava al cervello una forma d’eccitazione sessuale; il calore del sole sul volto, la brezza tra i capelli, l’aria che entrava nei polmoni, rimandavano le stesse sensazioni. L’entità comprese allora la fonte dell’intenso odore colto prima: la femmina umana era in calore, provava l’irrefrenabile desiderio d’accoppiarsi con uno dei due maschi del gruppo. Nei suoi pensieri non v’era posto per altro, Morwenna violò senza scrupolo quella mente e vi lesse ogni segreto desiderio, e comprese ancora. Era il maschio dell’altra femmina quello desiderato follemente da questa.

Si ritrasse dalla ragazza, oramai aveva inteso a sufficienza di lei, e la lasciò intenta alle sue occupazioni per tornare all’accampamento. Voleva conoscere anche i pensieri degli altri umani, i loro desideri, le voglie inconfessate, i timori, i sogni, le paure. Bramava il contatto con gli uomini e sperimentava sempre un piacere particolare nel nutrirsi dei loro complessi stati d’animo. In breve fu sopra il campo, in volo a pochi metri d’altezza sulle teste dei tre umani, e studiò ogni minimo dettaglio mentre si domandava quanto tempo era passato dall’ultima volta che era stata in intimo contatto con esemplari di quella specie.

I tre erano occupati a terminare di montare il campo e non notarono lo strano pennuto che continuava a svolazzare sopra di loro sin che questo non si posò su di una tenda.

– Guarda! Che cos’&egrave?

Sembra un corvo ma &egrave molto più grosso, poi ha il becco rosso! ‘ disse la ragazza

– &egrave vero! Non mi viene in mente alcun uccello che gli assomigli, aspetta che prendo la macchina fotografica. ‘ disse uno dei ragazzi, ed aggiunse ‘ Hai notato come si &egrave posato vicino a noi? &egrave evidente che non ha paura dell’uomo, questa &egrave davvero una zona perfetta per il nostro servizio.

Il ragazzo aprì lo zaino e prese la macchina fotografica attivandola con mosse esperte, però come la puntò dove prima c’era lo strano volatile scoprì che questo non c’era più. Nel brevissimo istante in cui si era voltato per recuperare l’apparecchio fotografico il pennuto s’era dileguato. Al giovane venne quasi il sospetto che avesse inteso dalle sue parole il desiderio di riprenderlo, poi scacciò il pensiero e tornò a dedicarsi al montaggio della piccola cucina da campo.

Morwenna osservò la scena dalla cima della quercia più vicina, aveva compreso benissimo le intenzioni degli uomini e si era sottratta alla fotografia poiché questa avrebbe mostrato il suo vero aspetto, o almeno una presenza eterea ed inconsistente, dalla forma totalmente diversa dal volatile che appariva agli occhi degli umani. Decise di avvicinarsi ad uno di loro, il più isolato, e coglierne i pensieri penetrando nel suo essere nello stesso modo in cui era entrata nella ragazza di prima. Scelse uno dei maschi del gruppo che in quel momento era nascosto da una delle tende, calò su di lui con una velocità paragonabile a quella di una saetta, entrò nel suo corpo e si espanse in lui sino a raggiungere ogni singola cellula, ogni neurone, ed iniziò a comprenderlo. Assimilò tutte le informazioni che poteva quindi passò velocemente all’altro maschio, si trasferì in lui direttamente dal primo sfruttando l’attimo in cui i due si erano scambiati un utensile. Lesse l’anima ed i pensieri di questo prima di passare alla femmina che rimaneva. In pochi minuti venne a conoscenza d’ogni loro pensiero, anche il più segreto, entrò nei loro sogni e li vide chiaramente, apprendendo, così, i loro desideri più intimi. La creatura si ritrasse quindi da loro per amalgamarsi nel tronco di uno degli alberi che s’affacciavano sulla piccola radura. Si fuse con la corteccia ed entrò in una concentrazione talmente intensa da estraniarsi dal mondo reale, mantenne allerta solo i sensi superficiali per controllare i movimenti degli uomini, destinò una minima porzione della sua intelligenza all’osservazione e spinse il restante ad analizzare quanto aveva appreso.

Scopri con gioia che si trattava di tutti esemplari giovani, nel pieno della loro attività sessuale, quella che preferiva studiare. I loro pensieri erano solo in parte dedicati al sesso, mentre i sogni ed i desideri erano esclusivamente erotici, pareva che non aspirassero ad altro. Morwenna sapeva che tutto ciò era perfettamente normale in esseri così giovani ed era quello che segretamente sperava di scoprire in loro. Era rimasta affascinata, dopo un’iniziale perplessità, dalla complessità di questi sogni e dalla molteplicità delle fantasie; gli umani erano sempre una piacevole sorpresa per lei.

La prima ragazza che aveva ‘visitato’ nel bosco sperava, segretamente, di accoppiarsi con il maschio dell’altra, tra le due femmine del gruppo questa era quella che sentiva maggiormente il richiamo della carne ed era, senza dubbio, la più attiva sessualmente. Veniva riconosciuta dagli altri con il nome di Federica. Il maschio di questa provava una fortissima attrazione per lei ed un sentimento che gli umani definivano comunemente: ‘amore’. Nella sua mente Morwenna non aveva trovato traccia d’altre femmine, lui aspirava solamente a Federica ed era disposto ad accettare qualsiasi cosa da lei pur di vederla felice. La seconda femmina del gruppo, definita dagli altri Roberta, era forse più attraente della prima, aveva un corpo davvero perfetto, lunghi capelli biondi, occhi grandi ed espressivi. Era conscia della sua bellezza e la usava spudoratamente per ottenere quello che voleva; sessualmente era meno attiva dell’amica poiché pensava al sesso principalmente come merce di scambio, lei ricavava più piacere dal piegare un uomo ai suoi desideri che dall’atto sessuale in se stesso. Questo non stava ad indicare un approccio freddo verso la sessualità, ma solamente una consapevolezza del valore attribuito dai maschi della sua specie al piacere sessuale ricavato da un corpo come il suo. Il suo maschio, quello sognato dalla prima femmina, era legato a lei da un misto d’attrazione fisica e dall’orgoglio di ‘possedere’ una donna così attraente. Lui, che era chiamato Sandro dagli altri, reprimeva la propria sessualità pur di sopportare il legame con una femmina come Roberta. Si era accorto dell’attrazione che Federica provava nei suoi confronti e non avrebbe disdegnato unirsi a lei ma temeva di rovinare il suo legame con una femmina, indiscutibilmente più fredda, ma molto più bella. Riconosceva nell’amica una fortissima carica erotica, una sensualità che emergeva da ogni suo gesto, anche il più semplice o innocente, ma il timore vinceva la battaglia con la sua sessualità parzialmente repressa.

Morwenna scoprì una coerenza anche nei sogni erotici più segreti degli umani. Il maschio di Federica, aspirava solo a lei, nella sua mente erano costantemente presenti immagini di parti anatomiche della sua femmina: gambe, fianchi, seno, capelli, labbra, vulva, ventre, natiche, ma soprattutto gli occhi. Questo maschio, che portava il nome di Luca, viveva per leggere il piacere e la soddisfazione negli occhi della sua donna, nei suoi desideri erotici vi era posto solamente per lei ed ogni amplesso immaginato era intriso di sconfortante dolcezza.

La creatura capiva ora come mai Federica sognava spesso l’unione con altri uomini, la tenerezza espressa da Luca lasciava un grande vuoto che anelava colmare con la passione e ‘l’animalità’. Puro sesso spogliato d’ogni sentimento. L’immaginario più recondito di questa femmina era dominato dal desiderio di diventare un mero veicolo di piacere sessuale e sublimato in immagini erotiche quali l’unione con più maschi, la penetrazione anale, il piacere donato con le labbra ed il seme sparso sul suo viso. Desideri e sogni tesi all’estremo, generati dalla persistente carenza di passione. Ella si sentiva spinta verso amplessi affrettati, anche non del tutto graditi, ma fortemente eccitanti poiché l’avrebbero fatta sentire profondamente femmina. Il suo maschio non conosceva questi reconditi desideri, ella non ne parlava mai temendo di ferirlo o, peggio, di spaventarlo.

Diversa era l’indole dell’altro maschio. Sandro non avrebbe disdegnato l’unione con due amanti, conosceva le deboli tendenze omosessuali della sua donna e la scopriva spesso ad osservare con attenzione il corpo d’altre femmine. Non ne aveva mai parlato con lei nel timore d’aver inteso male, ma più ci pensava maggiormente cresceva la sua convinzione d’essere nel giusto. Sapeva che il gioco da lui vagheggiato avrebbe spinto la loro relazione verso nuovi confini. Egli avrebbe dovuto concedere alla sua donna lo stesso piacere, adeguandosi all’unione con altri uomini. Segretamente sperava di risvegliare la sessualità di Roberta con il sapore della trasgressione. Non poteva sapere quanto la sua femmina era disposta a fare per il puro piacere di sentirsi al centro dell’attenzione ed appagare in questo modo il suo forte egocentrismo.

Morwenna sorrise a quest’ultima considerazione, gli umani insistevano nel rovinarsi la vita, reprimendo i propri sogni, a causa della difficoltà che provavano nel comunicare chiaramente tra di loro. Così oppressi dalle convenzioni, timorosi di esprimersi male, d’essere fraintesi a causa dell’imperfezione cronica nel loro sistema di comunicazione verbale, incapaci di leggere ciò che veramente passava nella testa dell’altro. La loro genìa era morfologicamente strutturata in modo da lasciar trapelare chiaramente i pensieri dall’espressione del viso e dalla luce degli occhi, ma ciò nonostante essi non riuscivano mai a realizzare un sogno o ad esaudire un desiderio.

Forse poteva aiutarli lei.

Il tempo era scivolato via veloce, quando si concentrava la creatura lo lasciava scorrere secondo sua natura, senza più controllarlo per piegarlo ai suoi bisogni. Tornò pienamente cosciente che il sole era tramontato da parecchio e la volta stellata ricopriva l’accampamento offuscata da una sottile lingua di fumo che si sollevava dal fuoco acceso al centro, attorno al quale stavano gli umani. Conosceva la passione di quegli individui per il fuoco, in essi vi era un misto d’attrazione, timore primordiale e trionfo sulle fiamme. Controllare il fuoco rafforzava nella razza umana l’illusoria convinzione di dominio sulle forze della natura. Amavano circondare le fiamme e guardarle mentre divoravano il combustibile, erano affascinati dall’eteree forme disegnate con il rosso ed il giallo tanto da attribuire al fuoco poteri che esso, in realtà, non aveva. Nel corso dei secoli quasi ogni corrente di pensiero generata dagli umani aveva dato al fuoco un grandissimo valore simbolico, Morwenna non li capiva, vedeva solamente la pericolosità delle fiamme e quel calore intenso risvegliava in lei un dolore che aveva nascosto così bene in fondo alla memoria da non riuscire più a comprenderlo.

L’entità s’avvicinò al gruppo per cogliere le loro parole. Gli esemplari femminili si stringevano al proprio maschio alla ricerca di un calore che il fuoco non poteva concedere. Quando calava la notte gli esseri di quella specie tendevano a riunirsi in branco e le coppie si cingevano per esorcizzare la paura del buio. Era anche per questo che accendevano fuochi nel tentativo di forare l’oscurità, di vincere quello che era stato il loro principale alleato all’alba dei tempi quando la loro specie iniziava ad elevarsi sviluppando la coscienza di sé.

I discorsi dei quattro ragazzi erano incentrati esclusivamente sul piano d’azione per il giorno seguente, erano intenti a dividersi il territorio intorno ad un piccolo laghetto oltre la collina dove speravano di riprendere e fotografare gli abitanti del bosco. Decisero di alzarsi prima del sorgere del sole, in modo d’avere più probabilità di scorgere anche gli animali più timidi mentre andavano ad abbeverarsi. Quando si salutarono per dirigersi verso le rispettive tende la creatura temette di non riuscire a nutrirsi della loro passione per quella notte, sapeva quanto l’amplesso rubasse energie a quella specie e la loro intenzione di mettersi in movimento all’alba non lasciava molte speranze; colse, però, in uno dei due maschi l’odore dell’eccitazione.

Morwenna attese; vide gli umani scambiarsi i rituali saluti per la notte mentre uno di loro gettava acqua su ciò che restava del fuoco, quindi li osservò dividersi ed entrare nelle rispettive tende, allora si trasferì su quella della coppia il cui maschio emanava desiderio, si unì alle fibre del tessuto che li copriva e guadagno la completa visione dell’interno. La scena si presentò alla sua coscienza in una maniera inconcepibile per la mente umana, li osservava contemporaneamente da ogni punto di vista, era sopra di loro, alla loro destra ed alla sinistra, di fronte e retro, ogni visuale si univa nella sua mente per formare un immagine come se l’entità fosse l’aria stessa che li circondava. La stessa cosa valeva per i suoni, le onde sonore andavano ad infrangersi sulle pareti della tenda e quindi sulla coscienza della creatura. Morwenna coglieva ogni respiro, le pulsazioni del loro cuore, le parole sussurrate ed il fruscio dei vestiti sfilati via dal corpo. Sentì il maschio esprimere il suo desiderio di accoppiarsi e la femmina rispondere con una serie di deboli scuse per giustificare il proprio negarsi. Il maschio insisteva, aiutava la femmina a spogliarsi ed intanto l’accarezzava sulla pelle appena denudata mentre riproponeva il suo desiderio d’amplesso. La femmina oppose ancora una minima resistenza, poi l’entità la vide sgranare gli occhi e sospirare, allora annunciò al maschio il suo consenso all’unione.

Morwenna amava ogni espressione della sessualità poiché si nutriva dell’energia emanata durante il rapporto sessuale dagli esseri di qualunque specie, le piaceva vivere con loro l’accoppiamento ed unirsi al piacere. Quella degli umani era per lei la forma più gustosa di sessualità. La struttura fisica di questi esseri consentiva loro l’amplesso in più posizioni, sia frontalmente sia posteriormente. Inoltre, disponendo di un cervello più evoluto della media animale, essi dimostravano una fantasia inconsueta nel resto della natura. Gli umani durante l’atto sessuale potevano immaginare infinite variazioni dello stesso, creando molteplici situazioni virtuali che alimentavano il desiderio almeno quanto la percezione reale attraverso i sensi.

L’entità era stata una lince femmina durante la stagione degli amori, aveva sentito la sua brama d’accoppiarsi, l’eccitazione crescere quando percepiva l’odore di un maschio nelle vicinanze, aveva vissuto con lei la ricerca del partner migliore, assistito alle lotte dei maschi per guadagnare il privilegio di congiungersi con lei e si era alla fine concessa al vincitore. Era stata pure un lupo, questa volta maschio. Un giovane individuo appena allontanato dal branco poiché troppo cresciuto e troppo attivo sessualmente. Era con lui mentre attraversava la foresta con la mente offuscata dall’odore lasciato dalle femmine in calore, sentiva come lui la prepotente spinta all’unione carnale. Aveva lottato insieme a lui, si era ferita durante gli scontri e, con lui vincitrice, aveva montato la femmina con una foga ed una rabbia sconosciute sino a quel momento.

Nel tempo aveva vissuto in prima persona la sessualità d’ogni abitante del bosco, ma quella umana restava sempre la principale fonte si soddisfazione e nutrimento per la sua anima. Ora si trovava sui due ragazzi ed intorno a loro, era tentata di scivolare dentro uno dei due, di partecipare attivamente all’amplesso e provare piacere con loro. Poteva scegliere a suo piacimento se unirsi alla femmina oppure al maschio della coppia, in altri casi era stata in entrambi, in momenti diversi, era passata da uno all’altra senza sosta per godere di un piacere negato a quella razza. Ora rimaneva a guardarli come se temesse di rompere il delicato equilibrio erotico che andava instaurandosi tra i due. Poteva sentire i pensieri della femmina e sapeva quanto lei fosse poco disposta a concedersi per quella notte, riuscì a cogliere l’attimo in cui la sua razionalità le disse di darsi al suo uomo e di farlo con passione poiché lui ne sentiva il bisogno. La femmina voleva tenere quel maschio accanto a se e questo richiedeva la sua disponibilità sessuale. L’entità stava per leggere i pensieri e lo stato d’animo del maschio quando la femmina si rese completamente disponibile al suo uomo, allora restò ad osservarli.

Roberta, si mise in ginocchio per quanto l’altezza della tenda lo consentisse, quindi si avvicinò a Sandro e, dopo aver guidato le sue mani sul proprio corpo, attese che la spogliasse. Il suo sguardo non tradiva la scarsa eccitazione, anzi la faceva apparire furiosamente bisognosa di sesso. Aveva imparato ad atteggiare il viso e gli occhi per simulare voglia o piacere intenso a seconda dell’occasione, sapeva che il suo corpo avrebbe, in ogni caso, attratto la quasi completa attenzione dell’uomo dinanzi a lei e questo assecondava la recitazione. Raggiungeva sempre l’orgasmo, un piacere intenso e reale, ma non ricercato con la smania del suo uomo.

Roberta attese che le mani, oramai esperte, di Sandro la denudassero completamente, si concentrò sul loro delicato ma intenso tocco e le seguì con la mente mentre scivolavano sulla pelle, uniformò il respiro alle mani, incavò il ventre e spinse il seno incontro ai palmi aperti quando questi si avvicinarono alle mammelle, mugolò sapendo che era molto gradito a lui e lasciò scendere la vibrazione del suono sino al ventre e da qui al pube. Quando si sentì pronta allungò le mani verso il suo ragazzo e lo spogliò come prima lui aveva fatto con lei. Sempre con gli occhi puntati sul suo viso, per fargli capire che era conscia di stare per congiungersi con lui, afferrò il membro già maestosamente eretto e liberò il glande dal prepuzio, quindi si chinò lentamente con le labbra socchiuse per ingoiarlo ed iniziare così l’atto sessuale.

Morwenna notò come la femmina si preoccupò essenzialmente di assumere una posizione che, agli occhi del maschio, mostrasse tutto lo splendore del suo corpo e, per quando scomoda, fece in modo che lui potesse vedere chiaramente il membro sparire nella sua bocca. L’entità apprezzò l’estrema razionalità dimostrata dalla femmina durante le fasi preliminari ed il controllo che dimostrava di avere sul proprio corpo; un delicato ‘tocco’ alla sua mente dimostrò all’entità come la ragazza stesse facendo crescere l’eccitazione con la volontà, senza lasciarsi condizionare dalla situazione che stava vivendo.

Lei scorreva l’intera lunghezza del membro facendolo entrare sino in gola per poi farlo scivolare via succhiando con forza, quando sentiva il piacere del suo uomo crescere troppo velocemente allora lo tratteneva a breve distanza dalle labbra e lo leccava sin che lui non spingeva nuovamente in avanti il bacino.

Il maschio provava un piacere irrefrenabile che cresceva inesorabile ad ogni affondo nella bocca della ragazza, la sua lingua in continuo movimento sul glande non concedeva tregua tanto che Morwenna si sentì di predire una veloce conclusione del rapporto, ma la femmina era decisa a completare l’amplesso in altro modo.

Improvvisamente Roberta allontanò il viso dal membro del suo ragazzo, lo fissò negli occhi e prese una sua mano mentre si lasciava cadere all’indietro sul materassino. Si sistemò e lentamente aprì le gambe offrendogli la piena visione del pube parzialmente depilato, ben curato come piaceva a lui, attese che lui si riprendesse dall’intenso piacere di prima quindi lo trasse a se. La ragazza sollevò il bacino mentre lui avvicinava il membro al pube e gli si fece incontro nell’attimo in cui lo percepì allineato con la vagina.

La creatura non resistette alla tentazione di sfiorare la mente della ragazza per coglierne le sensazioni nell’attimo in cui veniva penetrata, passò attraverso la sua coscienza senza lasciare traccia, senza che lei cogliesse nulla di strano o di diverso. In quel breve istante l’entità assorbì ogni pensiero ed emozione della ragazza, se ne nutrì e tornò a condividere l’esistenza con il tessuto della tenda. Morwenna rimase piacevolmente impressionata da ciò che apprese: nonostante si trovasse in uno stato di fortissima eccitazione sessuale, la femmina umana era perfettamente cosciente e lucida. La ragazza aveva coltivato la propria eccitazione razionalmente, non si era lasciata condurre dagli eventi ma gli aveva sfruttati per preparare il corpo all’amplesso. Nella mente non vi era traccia di quel desiderio irrazionale e puramente fisico, tipico della sua specie durante l’accoppiamento, ma piuttosto di una fredda ricerca del piacere finale. Sentì, insieme a lei, il ragazzo entrare e scivolare sulle pareti umide e dilatate della vagina, lo percepì spingere sino a riempirle il ventre e provò una piacevole sensazione intanto che la mente analizzava nei minimi dettagli ogni singola sensazione.

I due corpi erano oramai strettamente a contatto, pareva che gli amanti traessero un piacere particolare nel percepire la pelle dell’altro premuta sulla propria. Lui si muoveva lentamente sollevando il sedere per poi spingersi dentro di lei inizialmente con una certa cautela, poi, quando la ragazza lo abbracciò con forza ed incrociò le gambe all’altezza dei suoi glutei, con più forza, sino a penetrarla a fondo. La creatura poteva sentire il loro respiro aumentare d’intensità e frequenza, percepiva il suono di delicati mugolii di piacere smorzati dal timore d’essere colti dagli amici poco distanti nella loro tenda.

La ragazza non era inerme, non si limitava a godere passivamente del membro che si muoveva in lei ma lo anticipava andandogli incontro quando spingeva per entrarle dentro; benché quasi immobilizzata dal corpo del ragazzo sopra di lei riusciva a muovere il bacino ed il pube in modo da amplificare lo stimolo ricevuto. Morwenna, dalla moltitudine di punti di vista di cui disponeva, poteva osservare chiaramente la danza che la ragazza imprimeva al pube, notò come si apriva per accoglierlo ed il modo in cui subito si stringeva, spingendo con gli addominali, per sentirlo meglio. Se ad un primo esame poteva apparire l’uomo a dettare il ritmo ora era chiaro che era lei a guidarlo costringendolo a penetrarla alla velocità più gradita. Gli stessi affondi, più o meno profondi, erano decisi da lei, dal modo in cui si apriva, da come lo invita dentro. Quando la velocità aumentò Morwenna capì che la ragazza era giunta al limite dell’orgasmo e stava cercando il massimo stimolo fisico, puramente meccanico ora che l’eccitazione non serviva più.

Lei inarcò la schiena con tanta forza da sollevare il ragazzo e ricacciò in gola l’urlo che stava nascendo spontaneo, lui capì ed appoggiò le mani in terra quindi distese le braccia per riuscire a sollevarsi di quel tanto da potersi muovere in totale libertà ora che la ragazza aveva spalancato completamente le gambe. Entrò ed uscì da lei sempre più frequentemente, sfruttava tutta la lunghezza del membro in modo da riuscire a penetrarla con un intensità tale da farla sobbalzare mentre lei ansimava con gli occhi serrati. Continuò in quel modo sin che lei non si rilassò tornando ad appoggiare la schiena al materassino, attese il suo sguardo, voleva leggere il piacere nei suoi occhi e quando lo vide rilasciò ogni controllo; uscì precipitosamente dal suo corpo e si portò a cavallo del seno mentre stringeva con forza il membro con la mano destra; lei sollevò il viso ed aprì la bocca nel preciso istante in cui il primo fiotto di sperma usciva, quindi lo ingoiò e si nutrì del suo seme.

L’amplesso era terminato, l’entità osservò ancora per poco i due corpi nudi stesi uno a fianco dell’altro ed abbracciati languidamente, quindi si dissolse dal tessuto della tenda e ritornò alla sua forma solita prima di addentrarsi nel bosco. Lei non aveva bisogno di dormire come gli umani, sfrutto il tempo che ancora rimaneva prima dell’alba per meditare su quanto aveva visto e sentito. Era parecchio che non assisteva ad un accoppiamento tra giovani della razza umana, da quando si era ritirata in quella piccola foresta, in quell’angolo di natura inviolata e protetta, lontano dalle città degli umani dove la loro tecnologia creava campi in grado di confonderla e disturbare la sua percezione temporale. Ciò che aveva provato durante l’amplesso dei due ragazzi risvegliò tutta una serie di sensazioni oramai dimenticate e relegate in un angolo oscuro della memoria, tanto da farle desiderare un maggiore coinvolgimento. La loro sessualità era decisamente più affine a ciò che ricordava essere stata la sua durante la prima fase di vita, quando ancora possedeva un corpo materiale, imperfetto ma più sensibile agli stimoli fisici. Decise di agire in modo da non sprecare quella rara occasione che le si presentava.

Morwenna aveva da tempo immemorabile sopito ogni memoria legata a quel suo stadio evolutivo lontano. Sopito, ma non dimenticato. L’esperienza stimolante della notte addietro le aveva ridato coscienza piena del suo essere e con questa aveva recuperato, intonsi e vivi, parte dei ricordi. La sua condizione fisica era stata progressivamente annullata procedendo nel suo processo di crescita, solo dopo essersene liberata completamente era divenuta padrona del tempo e dello spazio. L’incorporeità conquistata le consentiva di permeare della sua presenza ogni oggetto o qualsiasi animale, ma ciò non era nulla rispetto allo straordinario salto evolutivo che aveva compiuto la sua psiche. Ella era diventata pura mente, consapevole percezione assoluta. L’ultimo gradino salito nella faticosa scala del proprio sviluppo sarà di acquisire la definitiva e totale lucidità percettiva dell’universo, ciò le consentirà d’essere pronta per il balzo finale e definitivo, quello che la consacrerà a possedere eterna capacità volitiva. Al momento, non soltanto ella poteva presentire e intendere tutto, ma, finalmente matura, era in grado di discriminare e di imporre la propria volontà su qualunque essere, appartenente a qualsiasi realtà. Gli avvenimenti della notte precedente l’avevano riportata all’istante della sua fisicità rinnovandole la brama di sensazioni che all’epoca aveva profondamente inciso il suo essere. Ora, sapeva di poter vivere con maggior compiutezza le percezioni corporee e sapeva di essere in grado di gestire secondo la propria volontà i pensieri e le azioni dei viventi. Morwenna voleva rientrare nel tempo umano, assaporandone la lentezza degli accadimenti, voleva gustare quell’incompiutezza ormai remota, concentrandosi nei dettagli d’ogni percezione, procrastinandoli all’infinito o intensificandoli in un attimo.

Ella decise d’essere donna. Benché la sua natura fosse costituita da solo intelletto Morwenna non seppe giustificare la sua scelta. Qualcosa nella sua remota istintività le comunicava d’essere femmina e che tale sarebbe dovuta rimanere anche sotto spoglie umane. Tanto le sarebbe servito a superare gli ultimi stadi evolutivi. Non si sarebbe accontentata di permeare di sé una donna, voleva molto di più: avrebbe sostituito l’umana con la propria psiche ed avrebbe agito secondo il proprio arbitrio.

Il mattino seguente i ragazzi uscirono dalle loro tende quasi all’unisono, si erano svegliati prima del previsto a causa dei forti richiami lanciati da un falco in volo sopra di loro opportunamente sollecitato dalla creatura che sempre li sorvegliava impaziente. Dopo una rapida colazione si armarono dei loro attrezzi fotografici e s’incamminarono verso lo stagno prestando particolare attenzione a non incrociare le tracce degli animali per non lasciare odori o segnali che avrebbero insospettito gli abitanti del bosco, vanificando in questo modo le prossime ore d’appostamento. Il sole non era ancora sorto, Morwenna sfiorò la mente del ragazzo in cima alla fila e gli fornì, con estrema delicatezza, una minima conoscenza del territorio in modo da evitargli di cacciarsi nei guai, imprudentemente i giovani non avevano esplorato la zona alla luce del sole prima di muoversi nel buio. L’entità li accompagnò sino al lago ed attese che si sistemassero nei punti prestabiliti sulla carta; si ritrovarono quindi invisibili l’uno all’altro, nascosti dai canneti o dalle rocce. Avevano sistemato e testato le loro apparecchiare quindi si erano accomodati pronti ad una lunga attesa.

Morwenna sapeva cosa voleva e raggiunse la ragazza potenzialmente più sensibile al suo controllo: la bruna Federica. Sostò accanto a lei osservandola prima d’entrare in contatto con la sua coscienza, era attratta dal modo in cui puntava lo sguardo all’infinito, verso un punto fisso immaginario, persa nei propri pensieri. Era tanto concentrata da non notare una famigliola di Germani reali che sguazzava felice a pochi metri dall’obbiettivo della sua fotocamera, la luce del primo sole raggiungeva radente le acque del lago incidendo splendidamente le piccole onde prodotte dalle anatre. La bellissima e coinvolgente visione avrebbe potuto rendere felice la ragazza, ma ella pareva non vedere. Morwenna prese possesso della giovane pervadendo i suoi pensieri, violando ogni aspetto del suo essere, ottenendone il totale controllo. Lesse la mente della ragazza, quindi la risvegliò guidando i suoi occhi sugli animali e la spinse ad attivare la macchina fotografica. Lasciò alla parte razionale del cervello il compito di scattare le fotografie analizzando nel contempo i concetti, le astrazioni ed i vincoli acquisiti durante il processo evolutivo della giovane. Li eliminò, senza remora alcuna. Quando percepì una profonda soddisfazione per le immagini riprese ed il conseguente rilassamento della giovane s’impadronì ulteriormente della sua mente; ora era facile guidarne i pensieri in modo che apparissero del tutto naturali. Federica avrebbe agito secondo la volontà di Morwenna credendo di seguire unicamente la propria intenzione e ricordando, in seguito, ogni azione come conscia e desiderata.

La ragazza si alzò, spense e coprì l’obbiettivo della fotocamera prima di riporla nella sacca, quindi s’avviò verso la zona dove sapeva trovarsi Sandro.

Il giovane era appartato nella zona di boscaglia dove le fronde incominciavano a diradarsi per lasciare spazio alle tranquille acque del lago. Si era accomodato fra l’erba alta prospiciente la zona frondosa, monconi di radice avevano creato un soddisfacente alloggiamento reso morbido dai fili d’erba piegati a foggia di cuscino dai movimenti del ragazzo. Egli si sedette, trovò una fascia di spazio libera dalle essenze arboree attraverso la quale poteva guidare lo sguardo fino al blu violaceo dell’acqua e vi puntò l’obiettivo. Fece alcuni tentativi per trovare la giusta esposizione, sospirò soddisfatto e si mise in attesa.

Presto si trovò a desiderare l’aroma forte ed aromatico del caff&egrave, la solitudine e la temporanea inazione acuirono la sua percettività sensoriale fino a fargli immaginare addirittura la calda fragranza della bevanda.

Fu l’inizio di un crescente sollecitazione dei sensi, che lentamente ed inesorabilmente si diffuse nel suo corpo. Sandro da sempre era stato costretto a sedare la propria sensualità esasperata. L’eccitazione a volte lo assaliva repentinamente, a volte lo pervadeva con dolce lentezza. Anche un debole stimolo sensoriale, in condizioni di tranquillità e concentrazione, poteva condurlo al desiderio. E come in ogni maschio giovane ed attivo il desiderio più ardente era quello sessuale.

Come a rispondere ad una sua inespressa domanda egli vide il piacevole fisico di Federica muoversi fra l’erba nella sua direzione. Egli percepì la vista della ragazza esattamente come descritto, un’attraente figura di donna che incedeva cauta ed elegante nella sua direzione. La immaginò nuda e selvaggiamente disponibile.

Federica avvertì l’odore di Sandro e della sua avidità. Si mosse in quella direzione, lo vide e predispose i propri sensi a recepire ogni minima sollecitazione.

– Eccoti, finalmente, hai scelto un rifugio perfetto

– Perfetto per cosa? – La voce di Sandro tradiva un’impercettibile nota emotiva

– Discreto ed avvincente. Sai l’ora mattutina friziona e risveglia la sensualità di una donna

Sandro avrebbe sorriso della frase provocante, se l’amica l’avesse proferita in altra circostanza e se lo sguardo di lei non fosse stato così magnetico.

– Dai, fammi capire..

La giovane giocherellò con il sottile filo d’oro che le cingeva la gola, lasciò scivolare i polpastrelli lungo il petto e con movimento fluido slacciò i bottoni che imprigionavano morbide curve. Quindi estrasse i lembi della camicia dalla cintura legandoli sotto il seno. Così facendo mise in mostra la vita sottile e la carnagione ambrata. Sandro acceso di desiderio non staccava lo sguardo dalle dita affusolate della donna che scendevano lente ed inesorabili lungo il ventre lasciato in larga parte scoperto dagli shorts a vita bassa. Federica sfibbiò la cintura di cuoio lasciandola cadere sull’erba ed aprì la cerniera dei pantaloni divaricandola fino al leggero pizzo scuro delle mutandine. I ridotti pantaloncini scivolarono sul terreno. Ella si inginocchiò vicino a Sandro e lo sollecitò a sciogliere il nodo della camicetta. Il ragazzo era completamente rapito dalla gustosa bellezza della donna, intravedeva attraverso la stoffa i capezzoli turgidi ed indovinava l’assenza del reggiseno. Con un solo gesto avrebbe liberato il seno ricolmo ed avrebbe potuto goderne il contatto. Lo fece e Federica con un sospiro si protese verso di lui avida dei suoi baci. Federica bramava il contatto della pelle di Sandro sul suo seno, le mani che lo stringevano e la lingua morbida ed imperiosa che lo percorreva instancabile. Voleva essere completamente nuda, splendidamente esposta alla frenesia del maschio di cui ormai possedeva ogni anelito sessuale. Si abbandonò riversa sul tappeto verde acceso ed attese che le mani di lui si muovessero lungo il suo corpo fino a liberarla dell’esigua prigione di pizzo. Con un rantolo smanioso divaricò le gambe tornite e si sentì profondamente femmina. Sandro, ormai come pazzo, velocemente aprì i pantaloni mostrando il proprio membro teso e gonfio di passione. Fremente si abbassò sul bellissimo corpo splendente di rugiada, fece scorrere il glande umido e lucente lungo la curva dei seni sodi e protesi verso di lui, quindi lo impose fra le labbra socchiuse della giovane. Ella con un mugolio di soddisfazione lo assunse nella sua bocca avvolgendolo con la lingua e suggendone gli umori. Sandro si ritirò in tempo per non perdere la lucidità, consolò la fanciulla con un bacio e percorse il suo corpo accarezzandola e baciandola ripetutamente, fino ad arrivare al prezioso incavo, che profuse di saliva per preparare la donna all’espressione di tutta la sua potenza. Quindi egli penetrò Federica con un ruggito di piacere. Federica godeva, come mai aveva potuto, della propria femminilità, godeva dell’abbandonarsi ai colpi lenti ed imperiosi di lui, godeva delle progressive sensazioni tattili che la carne del suo maschio imprimeva dentro al suo corpo. Esaltanti percezioni esaltavano tutto il suo essere fino al delirio finale, lungo, potente, ripetuto, come l’urlo scuro e profondo che emise fino al lento smorzarsi del piacere. Sentì vibrare incontrollabile il vigore del sesso di Sandro nel suo ventre, l’estrema manifestazione della sua virilità e del suo godimento assoluto. Federica incominciò a muovere pigramente le membra e riprese contatto con la realtà circostante.

Il sole, alzatosi dall’orizzonte stava risvegliando il suo fulgore. Gli abitanti del lago sembravano, come ogni giorno, apprezzare il miracolo mattutino e l’aria si andava riempiendo di suoni.

Morwenna, rapida come la folgore, fuse la propria essenza con quella di un lungo e fibroso filo d’erba della sponda lacustre. Vittoriosa, godeva appartata delle sensazioni di cui si era nutrita. Aveva trovato un nuovo stimolo alla crescita della sua conoscenza, conscia dell’evento, sapeva di essere pronta al proprio eterno futuro di essere dominante. Il sole ora, alto nel cielo, avvolgeva la natura di calda luce rassicurante, l’entità percepiva, pur lontana, i discorsi dei ragazzi e la loro soddisfazione per il lavoro svolto. Due di essi, però, provavano un senso di disagio al pensiero di allontanarsi da quel luogo consci che l’esperienza vissuta insieme non sarebbe stata facile da replicare una volta tornati alla vita di sempre. Se la creatura si fosse trovata in una forma animale avrebbe sorriso a quel pensiero, i giovani umani non potevano sapere che lei, guardiano della loro passione, era intenzionata a seguirli ovunque si sarebbero spostati. Morwenna sentiva il bisogno di approfondire la loro conoscenza.


‘Altri spiriti abitano le foreste, le acque, i prati, le sorgenti e tra questi i Fauni e i Lemuri prediligono i campi, le Naiadi le fontane, i Potamidi i fiumi, le Ninfe gli stagni e le acque, le Orcadi le montagne, gli Humedi i prati, le Driadi e le Amadriadi i boschi’

‘ Tali specie di spiriti possono essere evocati senza eccessiva pena nei luoghi stessi ove sogliono dimorare, allettandoli coi profumi più grati, con i suoni più dolci’

‘ adibendo all’uopo anche canti ed incantamenti congrui’

Enrico Cornelio Agrippa. De occulta Philosophia. Libro III’ cap XXXII’

Comprendere grazie all’osservazione attenta di ogni particolare il mondo sublunare per riuscire, di riflesso, ad intendere quello celeste: questa era la principale aspirazione dell’entità chiamata Morwenna. Per ciò era rimasta legata a quei quattro giovani, scovati per caso nella foresta in cui viveva da tempo; la penetrazione nel loro Microcosmo aveva gettato una luce insperata nella sua comprensione del Macrocosmo.

Mentre i ragazzi radunavano le loro attrezzature ed insaccavano negli zaini i pochi abiti per prepararsi ad abbandonare la zona, Morwenna li osservava con una nota di tristezza nell’animo. Sul momento l’entità non diede peso a quella sensazione dimenticata, ma quando li vide avviarsi sul sentiero agì d’istinto: raggiunse la femmina bionda e s’insinuò in lei. Non era stata una scelta casuale, a stretto contatto della mente di Roberta ella si trovava a proprio agio. I processi mentali della giovane erano straordinariamente simili ai propri ed a contatto con la sua mente Morwenna non provava quel senso di estraneità che sempre la pervadeva ogni qual volta usurpava un altro essere. Se in Federica aveva trovato quella componente sensuale, quella forte carica erotica, di cui amava nutrirsi, nella razionalità, nella caparbietà, nell’intelligenza e nel controllo assoluto dei sentimenti e istinti dell’altra aveva scovato un sicuro rifugio. Il languore della prima era fonte di disturbo, risvegliando sensazioni sopite, nella ricerca della conoscenza cui era stata votata la creatura da un destino lontano.

Attraverso gli occhi di Roberta, l’entità esaminava il paesaggio che si rincorreva al di là del finestrino dell’automobile in corsa verso il grande mare provando una sensazione di disagio al pensiero d’aver lasciato la sua tanto amata foresta. La sera precedente i giovani avevano discusso a lungo sull’obiettivo della loro prossima tappa, alla fine aveva prevalso la proposta di recarsi verso la costa per riprendere le scogliere e gli animali che le abitavano, erano sicuri in questo modo di riuscire a vendere con maggiore facilità le loro fotografie. Non erano professionisti, ma speravano di diventarlo; durante quella breve vacanza fuori stagione intendevano accumulare una grande quantità d’immagini naturalistiche per tentare, in seguito, di piazzarle alle più disparate riviste.

– Si sta alzando il vento! Guardate come si piegano le cime degli alberi. ‘ disse uno dei ragazzi ‘ Più ci avviciniamo alla costa il tempo peggiora.

– Era previsto, questa volta le notizie meteo non mentivano. ‘ replicò svogliatamente l’altro.

– Sì, ma se il vento non cala l’oceano sarà molto nervoso’ e questo dovrebbe regalarci delle stupende immagini delle onde contro le scogliere.

– Vero! E tanta acqua sulla testa. ‘ aggiunse Federica dal sedile posteriore.

– Non essere sempre così ottimista’ – disse Sandro

Morwenna si isolò dai loro discorsi e si rinchiuse nei propri pensieri. L’immagine del mare in tempesta proposta da Luca risvegliò alcuni ricordi legati a sensazioni molto forti. L’essere, fatto di puro pensiero, si concentrò su quest’ultime per cercare di ricordare quando e dove avesse vissuto quell’esperienza, ma non vi riuscì, la sua ospite iniziava ad agitarsi e le emozioni che provava si riversavano in lei. In quel momento Roberta era concentrata sullo scambio di battute tra Federica ed il suo Sandro, qualcosa nel loro tono di voce, nelle frasi interrotte a metà e chiare solo per loro, la infastidiva ed insospettiva: quella nuova ed intensa intesa tra quei due non era normale. Roberta si ritrovò a fronteggiare un sentimento a lei praticamente sconosciuto, sino a quel momento: la gelosia.

La ragazza si stupì di se stessa, la sua forte componente razionale le permise di analizzare subito quella sensazione imprevista, tornò immediatamente ad analizzare il comportamento dell’amica e del suo ragazzo, tentando di cogliere quello che nemmeno loro immaginavano di emanare. Durante il loro scambio di battute evitavano accuratamente ogni riferimento personale o a parti del corpo; era divertente notare come girassero intorno a certi termini cui, in passato, non si erano mai sognati di attribuire un doppio senso. Inoltre la voce di Federica diveniva leggermente più calda quando si rivolgeva a Sandro direttamente.

Morwenna seguì ammirata i processi mentali grazie ai quali Roberta stava per scoprire quanto era successo tra i due nel silenzio del lago, si rese conto del potenziale di quella ragazza che appariva sempre più simile a lei. Aveva trovato, finalmente, un essere in grado di aprirle la via verso un nuovo livello di comprensione, il fatto poi che fosse una femmina umana la rendeva ancora più interessante. L’entità decise di non interferire con le sue facoltà intellettive, almeno per ora; preferiva ascoltarla e seguire quei pensieri che lei stessa avrebbe generato nelle medesime condizioni. Era sicura della reazione di Roberta all’accertamento di quanto era successo tra i due, non si sarebbe sentita ferita ma sfidata, ed avrebbe agito di conseguenza. All’entità non rimaneva che attendere lo sviluppo degli eventi nonostante la fortissima tentazione di accelerarli spingendoli nella direzione desiderata.

Il viaggio proseguì senza note di rilievo, poche ore dopo i giovani raggiunsero la baia dove li attendeva la pensione che avevano prenotato. La costruzione a due piani, tipica della zona, sorgeva isolata di fronte alla distesa di sabbia racchiusa tra due alte scogliere ben distanti tra loro. Il nome del luogo non era forse dei più ben auguranti, ma la lontananza dai centri abitati e una fortunata combinazione di correnti marine, con la conseguente abbondanza di cibo, ed il buon irraggiamento solare lo rendeva ambito da molte specie di gabbiani che lì si riproducevano.

– Baia dei Trapassati ? ‘ domandò senza riferirsi a nessuno in particolare Luca.

– Così pare, ma non ti formalizzare’ il nome non &egrave dovuto alla presenza di anime disperse che vagano disperate nella notte! ‘ rispose Sandro.

– Ok, ma non &egrave che porta sfiga?

– Speriamo di no!

I quattro scherzavano sul toponimo del luogo mentre, bagagli in mano, si avvicinavano all’entrata dell’albergo. Solo Roberta rimase indietro ad ascoltare, in silenzio, il richiamo dei gabbiani che riempiva l’aria; qualcosa in quella serie di suoni senza logica apparente l’attraeva in modo particolare. La ragazza chiuse gli occhi e si lasciò permeare dal canto dei volatiti che a centinaia scorrazzavano sul cielo sopra la spiaggia. C’era qualcosa, ai limiti della sua coscienza, che tentava d’uscire fuori; un ricordo o, forse, la sensazione di aver già vissuto quel momento. Qualunque cosa fosse, però, stentava a superare la soglia della piena comprensione, rimaneva un’evanescenza, un’ombra indefinita, in fondo alla sua mente. La voce di Sandro irruppe nei suoi pensieri riportandola alla realtà, quindi raccolse il proprio bagaglio e raggiunse gli amici.

Furono accolti con la tipica cordialità bretone dal proprietario, il quale, conosciuto lo scopo del loro viaggio, si offrì d’accompagnarli nei luoghi dove poter scattare le migliori fotografie e di narrare loro aneddoti e storie nate in quella baia in modo da condire l’eventuale articolo che avrebbero scritto. I ragazzi ringraziarono, felici di poter contare su di una guida e non correre il rischio di perdere il poco tempo a disposizione. Si avviarono quindi verso le camere dopo essersi dati appuntamento per l’ora di cena direttamente nella sala ristorante. Dopo giorni passati a nutrirsi di scatolette ed insaccati, un pasto vero e goloso come la cucina bretone prometteva era diventato un sogno per loro. Solo Federica parve non del tutto soddisfatta quando domandò agli amici:

– Allora questa sera non ci appostiamo per scattare qualche foto?

– I gabbiani dormono, di notte e le scogliere vengono meglio alla luce dell’alba! ‘ rispose secca Roberta mentre valutava criticamente lo sguardo del suo ragazzo che si abbassava al pavimento.

– Non ci proviamo nemmeno?

Voglio dire dopo cena. Anche solo per una o due ore! ‘ insistette Federica

– Ha ragione Roberta, non otterremo nulla di notte in questo luogo, meglio muoversi domani con il sole. ‘ affermò Luca.

Mentre saliva al primo piano preceduta da Sandro, Roberta non riusciva a pensare ad altro che all’occhiata scambiata tra lui e Federica dopo la decisione di non muoversi per quella notte. Pareva che volesse dirle qualcosa del tipo: ‘sarà per la prossima volta, alla prima occasione’. Stava forse diventando troppo sospettosa?

I ragazzi si divisero dinanzi alla porta delle rispettive camere attigue, quindi le coppie entrarono dopo un breve ultimo saluto. Roberta si dedicò immediatamente a disfare i bagagli per recuperare la biancheria sporca da lavare mentre Sandro tirava fuori delle custodie l’apparecchiatura fotografica per ripulirla. La cura maniacale del materiale era la prima norma per scattare ottime fotografie, almeno così affermava sempre lui. Contemporaneamente, Federica, in camera con Luca, si spogliò e si diresse verso la doccia senza quasi dire una parola al suo ragazzo, il quale osservando il corpo della propria donna apparire da sotto i vestiti era tentato d’avanzare una qualche proposta erotica, ma la decisione mostrata da lei nel rifugiarsi in bagno lo fece desistere. Fu il suo nome pronunciato a bassa voce da Federica a riaccendere la speranza di un lussurioso aperitivo prima di cena.

La ragazza aveva sognato per tutta la giornata di rivivere l’appagante esperienza con Sandro, gli aveva lanciato ogni genere di messaggio nel tentativo di fargli intendere la propria disponibilità e l’era parso di cogliere un positivo riscontro. Questo aveva generato e mantenuto una forte eccitazione sessuale, tanto intensa da non poter essere sopportata se non appagandola almeno in parte. Sotto la doccia, Federica, si era lasciata trasportare dai ricordi e dalla fantasia, sognando ogni genere d’amplesso in cui il protagonista maschile non era né Luca né il suo nuovo e clandestino amante Sandro, ma semplicemente un maschio senza volto, senza identità, solamente fornito degli attributi necessari a soddisfarla. Seguendo l’acqua sulla propria pelle, le mani avevano iniziato a sfiorare prima il seno poi, spinte da un desiderio incontenibile, il pube. Le dita si spingevano esperte sul clitoride, lo stuzzicavano e lo stimolavano abilmente, ma non al punto di generare il piacere di cui sentiva il bisogno. Il nome di Luca uscì spontaneo dalle sue labbra, generato dal desiderio e pronunciato con passione.

Il ragazzo varcò la porta del bagno carico di speranze ma timoroso di rimaner deluso nelle sue aspettative, in fondo Federica poteva aver pronunciato il suo nome solo per farsi passare il sapone, invece lei lo attendeva appoggiata con le mani alla parete, le gambe leggermente divaricate ed il corpo teso dalla bramosia. Luca si avvicinò alla doccia lentamente, non riusciva a staccare gli occhi dalla pelle bagnata della sua ragazza che risplendeva, non conosceva ancora le sue intenzioni anche se quella posizione era un indiscutibile richiamo sessuale, infatti, lei lo invitò sotto la doccia, con sé.

Luca non se lo fece ripetere, si spogliò velocemente degli indumenti e s’insinuò nel ristretto spazio tra i vetri: era costretto a aderire a lei, a sopportare la pressione della sua carne contro la propria. Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò pienamente eccitato e pronto tanto che Federica, mentre lo cospargeva di sapone, emise un mugolio di soddisfazione. La ragazza brandì il membro e strofinò con il sapone quindi invitò Luca a fare altrettanto con lei. Si lavarono a vicenda con le mani che scorrevano veloci sulla pelle ed indugiavano solo nei punti erogeni, l’acqua continuava a cadere dall’alto sulle loro teste, sulle spalle e portava via in piccoli rivoli di piacere la schiuma del sapone.

Luca rimase attratto dalla corsa di una di queste lacrime di schiuma profumata che si divideva sul seno, la seguì con gli occhi sino al ventre e poi al pube, ne ammirò il movimento accattivante e comprese l’intensità del desiderio che imponeva il moto. Prese la ragazza per le spalle e la fece voltare poi le cinse la vita e la strinse a se, con i glutei aderenti al membro gonfio. Federica allargò le gambe per quanto il piatto della doccia lo consentisse ed inclinò il busto in avanti mentre strofinava dolcemente i glutei contro il pene di Luca. Egli quasi impazzì movendo il proprio membro teso sulla pelle vellutata della ragazza, lucida per l’acqua che scorreva tiepida. Distolse gli occhi dall’ultima immagine del suo pene che voluttuosamente si dirigeva fra le curve dei glutei, solleticando la carne rosea del sesso di lei. Luca non attese un invito formale, infilò delicatamente una mano sul pube e divaricò le labbra aprendosi la strada, si flesse sulle ginocchia per portare il fallo alla giusta altezza quindi lo guidò sin che non lo sentì entrare in lei, allora spinse. Il membro non incontrò alcuna resistenza tanto la donna era eccitata, entrò completamente in lei generando un lungo sospiro di piacere. I due iniziarono a muoversi in sincronia perfetta, Luca stringeva Federica per i fianchi con forza, la lasciava allontanare poi la traeva a sé, spingendo, per intensificare la penetrazione. Questa mossa era decisamente gradita alla giovane che esprimeva la propria soddisfazione con crescenti mormorii udibili anche dagli amici nella stanza attigua. Il ragazzo, infatti, tentò di zittirla accarezzandole prima le labbra poi chiedendole espressamente di limitarsi ma lei rispose che non le importava nulla d’essere sentita dagli altri, anzi la quell’ipotesi la eccitava ancora di più. A Luca non rimase altro che concentrarsi su di lei e muoversi cercando di non perdere il ritmo che ora si ritrovava a dover subire. Federica accelerò sempre di più la sua danza, scacciò con un grugnito la mano di Luca che cercava il clitoride per stimolarla ulteriormente. Non sentiva la necessità d’altre sollecitazioni, le bastava il duro membro del suo ragazzo nel ventre per godere ed era completamente presa da quella presenza da percepire come un disturbo qualsiasi altro stimolo.

Luca fu certo dell’imminente orgasmo di Federica nell’attimo che la percepì tanto dilatata da non provare quasi più alcuna sensazione penetrandola, raramente l’aveva trovata in quello stato e si domandò quale fosse l’origine di tal eccitazione. Non riuscì a trovare una risposta, Federica raggiunse l’orgasmo ed urlò il suo piacere liberando in quel modo tutta la tensione che aveva accumulato sino a quel momento. Luca era convinto che gli amici, se non avevano colto i gemiti di prima, di certo non potevano essersi lasciati sfuggire quest’urlo, allora si mosse più velocemente in lei nel tentativo di sedarla.

Nella camera attigua Sandro alzò gli occhi dalla sua fotocamera e li puntò sulla parete di confine con un’espressione stupita sul volto. Roberta notò lo sguardo del suo partner e disse:

– Pare che Federica sia in calore oggi!

Non lo hai notato pure tu?

– Notato cosa?

– &egrave tutto il giorno che la nostra amica lancia segnali sessuali in giro, impossibile che tu non li abbia notati!

– No, davvero. Mi era sfuggito. ‘ rispose lui arrossendo.

– Strano, erano chiarissimi come esplicito &egrave l’urlo che abbiamo appena sentito. Pare che Luca l’abbia soddisfatta’ ora si calmerà, spero! ‘ concluse Roberta acida.

Sandro tornò ad occuparsi della sua apparecchiatura ma tese tutti i sensi nella direzione della camera confinante. La sensualità di Federica che l’aveva travolto sulla riva del lago durante il loro esplosivo incontro era entrata in lui senza più lasciarlo. Il ricordo della passione dell’amica, che si era riversata su di lui, continuava a tormentarlo. Per tutto il pomeriggio aveva chiaramente colto i messaggi sottointesi nei discorsi di Federica ed aveva coltivato il desiderio di poterla avere ancora una volta. Gli eventi, purtroppo, non avevano reso possibile realizzare ciò che tutti e due sognavano. I suoni giunti dall’altra camera erano una tortura per Sandro, il quale continuava a rivedere il corpo di Federica steso sotto di sé.

In quello stesso momento, Federica, spinse in avanti il bacino per consentire a Luca di uscire, quindi si voltò e lo baciò appassionatamente prima d’inginocchiarsi ai suoi piedi ed ingoiare il suo sesso per ripagarlo adeguatamente del piacere appena ricevuto. Non dovette stimolarlo a lungo, furono sufficienti poche corse delle labbra sul pene per farlo esplodere. La ragazza accolse una parte del seme tra le labbra, tentò di deglutire, ma gran parte le colò sul seno miscelandosi all’acqua. Appagata terminò di lavarsi, con Luca, sotto l’acqua che ora scorreva purificatrice, poi crollarono sul letto e vi rimasero fino l’ora di cena, quando gli amici bussarono alla porta.

L’entità era rimasta in Roberta, avvinghiata alla sua mente, nonostante la curiosità di seguire da vicino l’amplesso che si andava consumando di là dalla parete. Le sensazioni provate dalla ragazza erano così forti, ed anche contrastanti per certi versi, da coinvolgerla profondamente. Studiò l’energia scaturita dalla gelosia e la scoprì, non senza sorpresa, di un’intensità tale da rivaleggiare con quella generata dall’erotismo. Questo aggiungeva un nuovo tassello alla sua comprensione dell’essere umano e del microcosmo racchiuso in esso. Solamente quando la giovane si unì agli amici per la cena Morwenna uscì da lei, la prospettiva del cibo l’aveva rilassata ed il suo animo ora non forniva più gli stimoli avvincenti di prima.

Lasciata Roberta la creatura si librò sulla lunga spiaggia dinanzi all’albergo, si portò sino al limite della battigia, parecchio arretrata a causa della bassa marea, e lì restò immobile a godere del profumo dell’oceano. Quel sapore unico, il profilo della scogliera sullo sfondo del cielo stellato, il suono delle onde, erano parte di lei, come se avesse vissuto in quel posto o in un altro analogo. I ricordi della sua vita biologica erano stati dimenticati da tempo, ma certe forti emozioni generate da suoni, odori o immagini riuscivano ad estrarre dalla memoria icone del suo passato. Morwenna si sforzò di scavare in fondo ai suoi ricordi, sentiva istintivamente che qualcosa d’importante si celava in essi e quel luogo, con i suoi stimoli, poteva venirle in aiuto. Questa tensione generò un altro sentimento obliato, per la prima volta dopo tanto tempo la creatura provò la solitudine. Non capiva se tale sensazione nascesse dallo sforzo di ricordare o se fosse lo stesso stimolo alla memoria dei suoni e degli odori a generare quel senso d’isolamento che l’invadeva. Cercò, allora, conforto nell’unica creatura nei paraggi in grado di sostenerla, allungò una propaggine del proprio essere in direzione dell’albergo e trovò la mente di Roberta.

La ragazza fu colta dall’improvviso bisogno d’osservare il mare, si alzò da tavola senza proferire parola e si diresse verso la vetrata del ristorante. Da quella posizione poteva guardare in direzione della spiaggia, ma le luci della sala ed il buio esterno non le consentirono di vedere altro che il proprio riflesso nel vetro. Roberta si perse nella contemplazione della propria figura disegnata sul vetro; in realtà non vedeva se stessa, lo sguardo puntato all’infinito le restituiva un’inconsistente immagine femminile dai lunghi capelli biondi fasciata in un abito rosso. Sarebbe rimasta in quella posizione se il richiamo degli amici non l’avesse riportata alla realtà. Roberta, che ora ospitava parte di Morwenna, tornò al tavolo dove cinque tazza fumanti di caff&egrave attendevano.

– Vieni a sentire, Roberta.

Il nostro ospite ci sta raccontando alcune leggende del luogo.

L’albergatore aveva servito i caff&egrave, quindi ne aveva posato sul tavolo un altro per sé e si era accomodato con i ragazzi.

– Delle tante leggende che sempre accompagnano un posto di mare affacciato sull’oceano e dove le correnti spingono spesso in secca le barche sorprese dalla tempesta ne avrete sentite tante ‘ iniziò l’uomo ‘ vorrei invece parlarvi di una storia molto vecchia, che immagino non abbiate mai sentito.

Stiamo parlando del sesto secolo dell’era moderna, quando queste terre vedevano i primi colonizzatori cristiani portare la loro religione qui nella terra dei Druidi.

Viveva, proprio in questa baia Dahud-Ahes, la figlia del leggendario re Gradlon di Kernev. Questa donna era una Druida ed era definita dai suoi nemici: ‘vergognosa figlia di un onorato Re’ poiché era dotata di poteri magici e si opponeva con forza al cristianesimo predicato da san Guénolé continuando a professare l’antica religione. A causa di questo scontro la città di Ker Ys, dove risiedeva Dahud-Ahes, fu distrutta da un’alluvione, ma proprio mentre le acque stanno avvolgendo ed affogando la ragazza il Santo la tramuta in sirena, per dimostrarle che anche lui possedeva dei poteri magici. Della Druida non si seppe più nulla, quando le acque si ritirarono quest’insenatura non restava altro che sabbia, così come la vedete oggi.

In realtà lo scontro non era sulla diversa dottrina professata dai due protagonisti, ma sull’autorità unicamente maschile già introdotta dalle legioni romane durante l’invasione della Gallia e rafforzata, in seguito, dai predicatori cristiani. Vedete i Druidi non facevano distinzioni di sesso, ma solo di conoscenza.

Comunque sia finita, da quel giorno la ragazza trasformata in sirena prese il nome dal mare che l’aveva accolta e si chiamò Mor-wenna.

Questa &egrave una delle tante storie nate tra queste scogliere ma &egrave quella che preferisco poiché la sento vera. Non saprei spiegare questa sensazione ma spesso mi pare di sentire il rumore delle acque che sommergono la città di Ker Ys e, in notti come questa, anche il lamento della sirena.

L’albergatore schiacciò il mozzicone di sigaretta nel posacenere, quindi ritirò le tazzine di caff&egrave vuote e si alzò allontanandosi senza altre parole con un’espressione pensosa sul volto.

Fu Sandro a far notare agli amici come avesse recitato bene la sua parte.

– Scommetto che la racconta a tutti gli ospiti dell’albergo!

– Forse, ma era molto convincente. ‘ disse Roberta

– Una bella storia ma’ a noi non serve a molto a meno di non fotografare una sirena domani! ‘ affermò Luca.

– Giusto! Domani sveglia all’alba, meglio andare a dormire. ‘ fece notare Sandro.

I ragazzi lasciarono il tavolo. Mentre si alzavano Federica lanciò una lunga occhiata a Sandro, tanto intensa da farlo arrossire per l’intrinseca promessa di passione che conteneva, poi prese il braccio del suo ragazzo e lo seguì in camera mentre l’amico tentava di riconquistare un minimo di controllo prima di rivolgersi a Roberta nuovamente dinanzi alla finestra.

– Che fai, non vieni? ‘ domandò Sandro

– Non so, vorrei fare due passi sulla sabbia verso il mare. ‘ rispose lei ‘ Da sola! ‘ aggiunse quando Sandro si avvicinò.

Il tono di voce non lasciava possibilità di replica. Sandro si domandò se Roberta avesse intuito qualcosa di quanto era accaduto tra lui e Federica, ma lo escluse. Conoscendola bene sapeva che la sua reazione sarebbe stata ben più violenta di fronte ad un tradimento, inoltre le capitava spesso di desiderare un po’ di solitudine, quindi le raccomandò di non fare tardi e la lasciò ai suoi pensieri.

Finalmente sola la ragazza lasciò l’hotel in direzione del mare seguita dallo sguardo pensieroso dell’albergatore, lasciò le scarpe dove iniziava la sabbia e camminò lentamente verso un punto ben preciso, quello da cui si percepiva giungere più forte il rumore della risacca. Era attratta dal forte profumo d’alghe lasciato dalla bassa marea e si spinse sin dove iniziava il mare, ben lontana dall’albergo.

La notte senza luna non consentiva una perfetta visione del luogo, ma al tempo stesso il buio celava e proteggeva la figura della giovane donna. Se il clima fosse stato migliore si sarebbe tuffata in quelle acque invitanti, ma i pochi spruzzi che le raggiungevano i piedi la fecero desistere. Quel luogo aveva il potere di accenderle i sensi: Roberta sentiva distintamente ed intensamente ogni rumore, ogni profumo e la pressione del vento sul vestito, non le era mai capitato di provare delle sensazioni così forti. Decisa ad entrare in una più profonda comunione con la natura intorno a sé si liberò d’ogni barriera. Il vestito cadde insieme alla biancheria sulla sabbia, completamente nuda, la ragazza allargò le braccia lasciandosi investire dalla brezza. Lentamente, senza quasi rendersene conto, divenne parte integrante di quella baia. Non era più una donna che ascoltava il vento ed il mare ma il vento ed il mare stessi, si muoveva con loro, scorreva sulla sabbia bagnandola con il suo essere per poi asciugarla con il soffio dello spirito.

Morwenna era con lei ed in lei, quando la ragazza era giunta sulla battigia l’entità l’aveva permeata completamente. Attraverso le sue orecchie aveva ascoltato le parole dell’oste, e quel racconto l’aveva fortemente sconvolta. Brandelli del passato emersero improvvisi rinnovando l’orrore sperimentato un tempo, rivisse l’invasione delle acque ed il dolore nel sentire il proprio corpo trasformarsi in un qualcosa che non era mai esistito prima. Il flusso dei ricordi si trasformò in una corrente temporale che rischiava di trascinarla con sé verso il passato, solamente un’ancora fissa e stabilmente ‘piantata’ nel presente sarebbe riuscita a salvarla. Fu in quel momento che giunse Roberta. Dentro di lei ritrovò l’equilibrio grazie ad una profonda identità di sensazioni e di necessità.

Tutte e due erano, ognuna a suo modo, incomplete.

Sentivano gli elementi e le forze della natura, pur percepite attraverso sensi diversi, allo stesso modo.

Erano nude di fronte all’oceano. Il vento sferzava il corpo fisico dell’una ed il tempo percuoteva la mente dell’altra.

Erano sole.

Morwenna si spinse più a fondo nell’anima di Roberta e quest’ultima si aprì ad una forza sconosciuta di cui, però, non aveva timore.

Roberta inspirò a fondo il profumo del mare e lo analizzò per l’ultima volta con i suoi semplici sensi. Improvvisamente nella sua mente esplose quella di Morwenna, tutta la conoscenza dell’entità divenne di Roberta e la sua divenne quella dell’entità. Mai la creatura si era spinta così a fondo dentro un altro essere animato, si ritrovò indissolubilmente legata alla ragazza. Nessuna delle due prevaleva, nessuna delle due esisteva più. Così come tutto viene da uno e nell’uno si trova il tutto divennero una cosa sola.

Verso la mezzanotte Sandro, preoccupato dal ritardo di Roberta, si mise a cercarla. Uscì dall’albergo dopo essersi sommariamente rivestito e puntò deciso verso il mare. Attraversò la spiaggia lasciandosi guidare dal suono della risacca nel buio, era tentato di lanciare un richiamo di urlare il nome della sua ragazza ma temeva di non ricevere risposta. Una strana sensazione si era fatta strada in lui, era certo che lei stava bene ma non era sicuro che intendesse rispondergli. Quando raggiunse la battigia deviò a destra e proseguì nella sua silente ricerca sin quando non inciampò nel vestito di lei in terra, si chinò a raccoglierlo e fu colto dal dubbio che avesse tentato un bagno in mare con quella temperatura. Se l’aria era tiepidamente piacevole non si trovavano ancora in piena estate e l’oceano era decisamente freddo, nessuno sarebbe sopravvissuto a lungo in quell’acqua gelida. Affannato percorse qualche passo dentro l’acqua, sin che non le giunse alle ginocchia, poi una voce lo chiamò:

– Non vorrai fare il bagno vestito e con i miei abiti in mano?

– Roberta! ‘ esclamò Sandro

– Che ci fai qua? ‘ domandò lei

– Stavo per chiederlo a te. ‘ fu la sua risposta.

– Mi stavo godendo la brezza in questa magica notte.

Lascia in terra il mio vestito e spogliati anche tu. Prova a sentire il vento sulla pelle, lascia che il suono delle onde ti faccia vibrare e respira questo profumo con tutti i polmoni.

Sandro fissò la figura abbozzata dalla tenue luce delle stelle del corpo della sua ragazza, poi istintivamente seguì il suo consiglio. Posò delicatamente sulla sabbia asciutta il vestito di lei e lo stese con cura, quindi si spogliò anche lui. Roberta lo raggiunse e si posizionò alle sue spalle per aprirgli le braccia verso il vento.

– Respira! ‘ sussurrò lei mentre si premeva contro la sua schiena

Sandro percepì la pressione del seno nudo sulla pelle poi del ventre e delle gambe, Roberta era completamente aderente a lui, non riuscì a controllare l’eccitazione.

– Non ti distrarre, respira questo profumo’ non &egrave fantastico? ‘ disse ancora lei

Sandro tentò di seguire il consiglio ma la pelle della ragazza era troppo calda e morbida per riuscire a pensare ad altro, allora si voltò verso di lei e la baciò. Roberta rispose al bacio con un passione mai dimostrata prima, aprì le labbra ed accolse la lingua del ragazzo poi la succhiò avidamente, quasi a volergli dimostrare la sua abilità e spingerlo a sognare quella stessa lingua in azione sulla parte più virile del suo corpo.

L’erezione di Sandro aveva raggiunto un’intensità imbarazzante, il membro premeva sulla pelle di Roberta comunicando la potenza della sua voglia. La ragazza staccò a malincuore le labbra dalle sue e si allontanò di un passo prima di appoggiargli una mano sul petto ed accarezzarlo voluttuosamente scendendo sino al membro. Girò intorno al sesso di Sandro sfiorandolo con intenzione, mentre cercava di cogliere il suo sguardo nonostante il buio. Soddisfatta sorrise e brandì il pene stringendolo con forza mentre si chinava per stendersi sulla sabbia, si accomodò senza lasciare la presa ed aprì le gambe mentre guidava Sandro nel punto preciso in cui lo desiderava sentire in quel momento. Il ragazzo, impedito nei movimenti dalla decisa presa di Roberta, letteralmente catturato, seguì docilmente la via tra le sue gambe. Quella situazione lo eccitava, la spiaggia, il rumore del mare, il corpo di Roberta nudo e disponibile come non l’aveva mai trovato, gli fecero perdere ogni controllo. Adagiandosi sulla compagna le lasciò il compito di guidare il proprio sesso dentro quello di lei e spinse al momento opportuno. La penetrò immediatamente a fondo, era eccitatissima, pronta ed aperta come se non avesse desiderato altro per tutta la sera.

Roberta inarcò la schiena sollevandola dalla sabbia e rantolò soddisfatta sotto le energiche spinte di Sandro, da docile preda l’uomo era diventato attore. Ella non provava un piacere particolarmente intenso, era troppo eccitata per sentirlo bene dentro di se, ma trovava estremamente piacevole l’intensità dei colpi che riceveva da lui. Si sentiva presa e sua preda, tanto che iniziò a godere nell’attimo in cui lui le afferrò le braccia aperte immobilizzandola totalmente. Ora il piacere nasceva e fluiva veloce ed intenso, il peso del corpo di Sandro non le impediva di muoversi all’unisono con lui amplificando ogni sensazione. Una parte di sé voleva raggiungere al più presto un orgasmo, l’altra desiderava prolungare quel piacere anche a costo di soffrirne a causa dell’intensità.

Le due anime della ragazza, Roberta e Morwenna, non erano ancora perfettamente amalgamate in un solo essere. Le caratteristiche peculiari di ognuna emergevano in una situazione dove i sensi erano particolarmente sollecitati, ma non vi era conflitto. Le parti si studiavano e tendevano alla ricerca di una soddisfazione comune.

La ragazza, che continueremo a chiamare Roberta poiché questo era il suo aspetto esteriore, raccolse le forze ed abbracciò il ragazzo per stringerlo a sé, quindi con un colpo di reni ruotò con lui su di un fianco e con un altro sforzo ancora gli fu sopra. Ora poteva muoversi in modo da soddisfare ognuna delle due parti regolando a piacere la durata e l’intensità degli stimoli. Si ritrovò ad analizzare in modo quasi morboso la percezione del membro che entrava nella sua carne: si sentiva aprire e riempire trovando piacevole lo scorrere del sesso fremente di lui. Cercò, ancora, il modo d’incrementare queste sensazioni unendo la propria esperienza a quella della creatura, che ora possedeva; ne risultò una serie gestuale intrigante ed efficace per se e per l’uomo che aveva sotto di sé. Raggiunsero l’orgasmo quasi all’unisono, la prima a godere fu Roberta che inarcò la schiena ansimando e spinse con forza il pube contro Sandro il quale non resistette alle contrazioni involontarie della ragazza. Per la seconda volta in pochi giorni l’entità provò il piacere, a lungo cercato, di percepire un membro umano pulsare il suo godimento dentro il ventre.

Con il lento scemare della passione vennero meno anche le forze di Roberta che si lasciò cadere sul petto di Sandro. Ella rimase adagiata su di lui senza preoccuparsi di farlo uscire da sé, gradiva restare immobile e sentire il suo membro ridursi, esausto per l’energica prova, a testimonianza dell’intensità del piacere provato e trasmesso. Solamente l’aria sempre più fresca della notte li convinse a rivestirsi per tornare all’albergo. Rientrarono attenti a non far rumore, considerata l’ora ormai tarda, ma quando aprirono la porta della loro stanza riuscirono a percepire chiaramente i suoni provenienti da quella degli amici. Evidentemente l’aria del mare stimolava il desiderio sessuale a giudicare dai sommessi mugolii provenienti dalla parete, Sandro si ritrovò a contare mentalmente gli amplessi di Federica, almeno di quelli di cui era a conoscenza e si stupì della loro frequenza. Mentre si spogliava scacciò, in preda ad un forte senso di colpa, la speranza di rientrare nei piani dell’amica il giorno seguente. Tentò, inutilmente, di considerare l’amplesso sulle sponde del lago come uno sporadico ed unico sfogo erotico, ma dentro di sé sentiva di desiderare ancora il corpo di quella ragazza così sensuale. In quel momento Roberta si adagiò nel letto accanto a lui e con immenso stupore Sandro notò che era completamente nuda, al contrario delle sue abitudini notturne. La osservò mentre si ricopriva con le coperte e ripensò al recente coito sulla spiaggia, dove Roberta aveva dimostrato di saper esprimere una sensualità ancora maggiore di quella dell’amica. Sandro non capiva quale fosse stato il motore di tale trasformazione, aveva agito e si era mossa in un modo del tutto nuovo per lei. Nel dormiveglia, quando la ragione inizia a cedere il passo ai sogni, il ragazzo si ritrovò a paragonare le due amiche, rivisse i due amplessi e quando il sonno lo rapì sognò d’averle tutte e due insieme, contemporaneamente nello stesso letto.

Il brusco ed odioso suono della sveglia riportò Sandro alla realtà, la prima cosa che percepì fu una dolorosa erezione, come se per tutta la notte il membro avesse richiesto, a gran voce, una soddisfazione che non poteva avere. Tentò, inutilmente, di ridurre la propria eccitazione mentre scuoteva Roberta rimasta insensibile alla sveglia. Lei grugnì mentre si voltava e senza aprire gli occhi allungò una mano per accarezzarlo e supplicarlo di lasciarla dormire ancora un po’. La mano, però, incontrò il membro di Sandro stupendamente eretto, allora Roberta mugolò qualche frase senza apparente senso mentre brandiva il pene come per controllarne l’effettiva consistenza. Soddisfatta la ragazza si voltò su di un fianco volgendo le terga al ragazzo poi lo pregò di avvicinarsi. Sandro intuì il desiderio di Roberta, allora si avvicinò a lei posizionandosi in modo da portare il membro alla giusta altezza, quindi infilò delicatamente una mano tra le gambe della ragazza e l’invitò ad aprirle un minimo, quel tanto che le avrebbe consentito di penetrarla. Roberta acconsentì e si arrese docilmente alla richiesta. Sandro, allora, guidò con una mano il membro verso la vulva della ragazza, ma lei spostava in continuazione il pube impedendogli di guadagnare l’agognata meta, pareva intenzionata nel guidarlo verso l’inviolato ingresso del suo corpo, quello che non gli aveva mai concesso. Sandro era incerto sulle reali intenzioni della ragazza e tentennò di fronte a quel tacito invito nel timore di fraintendere. Roberta emise un leggero sospiro, come di resa, quindi posizionò istintivamente il pube e si lasciò penetrare, mentre scivolava in lei Sandro non riusciva a togliersi dalla mente il dubbio che, per la prima volta gli fosse stato offerta la possibilità di una penetrazione anale. Questa sensazione fu avvalorata dal modo in cui iniziò a muoversi lei, non gli lasciò il tempo d’apprezzare l’umido calore del suo corpo e di crogiolarsi in esso, ma mise in atto tutta una serie di contrazioni ed ondeggiamenti mirati alla ricerca di un immediato piacere. Sandro temeva di non reggere il ritmo di quegli stimoli tremendamente efficaci, solo i dolci ed ispirati mugolii della ragazza lo sostenevano, sentiva che il suo orgasmo si stava avvicinando, percepiva chiaramente il piacere espandersi nel suo corpo e se ne nutriva in parte. Quando Roberta irrigidì ogni muscolo del suo corpo Sandro, finalmente libero, prese a muoversi tentando di mantenere il ritmo dei suoi sospiri, le regalò un supplemento di piacere prima di lasciarsi andare e godere in lei. Appena la ragazza percepì il seme di Sandro arrivare ed inondarla si bloccò, rimanendo immobile per non perdere quella stupenda e delicata sensazione.

La componente Morwenna aveva poco influito in quest’amplesso, fu l’intima essenza di Roberta, forse ora più libera, a guidare il corpo in comune nella ricerca del piacere. L’entità, che ancora riusciva ad avere pensieri e sensazioni proprie s’era lasciata condurre dalla sua controparte umana poiché, ora, aveva piena fiducia in lei. I desideri di Roberta erano tanto simili ai suoi da spingerla verso una fusione sempre più profonda. L’entità era stata tentata, nella notte, di lasciare il corpo di Roberta per invadere nuovamente quello di Federica per spingerla tra le braccia di Sandro, ma si era accorta che, oramai, la sua unione con Roberta era troppo profonda, non sarebbe riuscita a fare a meno di lei, delle sue intense sensazioni, dei suoi sogni tanto trasgressivi quanto razionale era il suo modo d’affrontarli.

Il doppio essere affrontò il nuovo giorno, il primo sole avvertito sulla pelle tramite una coscienza estesa, prestando una particolare attenzione nel non far intendere agli altri chi, o che cosa, si trovassero innanzi. Grazie a questa nuova capacità Roberta riuscì a cogliere la reale natura del luogo, delle scogliere che doveva fotografare. Si sentiva parte integrate di quelle rocce, dell’oceano, li vedeva con gli occhi di un gabbiano o di un abitante del fondo marino, percepiva sulla propria pelle le forze naturali che l’avevano forgiate nel corso del tempo e riprese il paesaggio così come esso voleva mostrarsi.

Le foto di Roberta sconvolsero per la loro bellezza gli amici e colleghi, pur conoscendo bene le sue qualità non s’aspettavano immagini di tale intensità.

L’unione di Morwenna e Roberta stava donando ai due esseri benefici insperati e pareva che nulla potesse mai spingerle ad una separazione.


‘ La vaticinazione &egrave quel movimento che sospinge una persona a scorgere le cause delle cose, nonché gli eventi futuri e ciò quando le divinità o i demoni fanno discendere sopra di lui gli oracoli o gli inviano alcuni spiriti. I platonici chiamano ciò penetrazione nei nostri spiriti degli spiriti superiori. Tali spiriti furono chiamati euridei e pitoni dagli antichi, che ritenevano s’introducessero nei corpi umani e si servissero delle loro voci e del loro linguaggio per predire le cose future.’

Enrico Cornelio Agrippa, De occulta Philosophia, libro tre, cap. XLV

Gli occhi scorrevano dalle immagini appese sulle pareti al monitor, mentre l’indice destro agiva autonomamente sulla rotella del muose scorrendo tutto l’archivio digitale dell’ultimo viaggio. Fotografie, ricordi, immagini, sensazioni, ritratti di situazioni vissute che generavano proiezioni di futuribili esperienze senza sosta ed apparente coerenza.

Roberta era come ipnotizzata di fronte a tutto questo, gli occhi apparivano immobili e fissi verso un immaginario infinito, ma la mente registrava ogni fotogramma reale sovrapponendolo con quello immaginato. Improvvisamente la sua attenzione fu attratta dalla figura di una scogliera ripresa dall’alto verso il basso, fermò la mano sul muose e fissò gli occhi sul monitor. Le onde dell’oceano si muovevano e s’infrangevano sulla roccia generando spruzzi altissimi, la ragazza si concentrò e riuscì a scendere verso l’acqua per poi ruotare e guardare verso l’alto, verso il cielo plumbeo e minaccioso. Quando aveva scattato quella foto il mare era calmo ed un sole a picco disegnava figure astratte sulla roccia. Oramai non si stupiva più delle proprie visioni, ma per fugare ogni dubbio aprì il programma di navigazione e digitò l’indirizzo del servizio meteo francese, in breve scoprì che in Bretagna, nella zona di Pointe du Raz, in quel momento, c’era tempesta, così come l’aveva appena vista lei.

Roberta si lasciò cadere contro lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi per scacciare ogni stimolo, quindi tentò di rilassarsi.

L’essere composto da Roberta e Morwenna, unite indissolubilmente da quella notte nella baia dei trapassati, non riusciva ancora a controllare le proprie visioni, esse arrivavano improvvise per scollegarla dalla realtà sin che duravano. Nessuna delle due componenti originali, la ragazza umana e la creatura demoniaca, aveva mai avuto a che fare con questa capacità di vedere oltre. Questo era un ‘dono’ acquisito grazie all’energia scaturita dalla loro unione, un effetto secondario non previsto e tanto meno ricercato.

Le prime visioni avevano spaventato l’essere, che continueremo a chiamare Roberta, in quanto non era in grado di comprenderle, poi l’unione delle menti era riuscita a trovare una chiave di lettura ed una spiegazione al fenomeno. La piena comprensione di questo dono non riuscì ad impedire che le due menti lo affrontassero in modo diverso; se Morwenna accettava e sfruttava la capacità di vedere oltre, Roberta si limitava a registrare in un angolo remoto della memoria queste visioni in modo da evitare ogni coinvolgimento. L’unione delle due entità non era quindi perfetta, e questo avrebbe portato inevitabili conseguenze.

L’improvviso squillo del telefono la risvegliò dal torpore generato dalla visione, Roberta afferrò l’apparecchio e se lo portò all’orecchio senza più badare alle immagini della scogliera e della tempesta, ancora presenti nella sua mente. Rispose con voce assente alla chiamata di Sandro e recepì solo in parte le sue parole, ciò nonostante comprese quanto necessario per memorizzare l’appuntamento di lavoro per la mattina seguente. Solo al termine della telefonata, con la mente ormai sgombra da ogni visione, si rese conto dell’ora tarda. Spense il computer senza fissare l’attenzione sull’immagine del monitor quindi lasciò lo studio e si preparò per la notte cercando d’indirizzare i pensieri sull’aspetto puramente pratico delle sue operazioni, evitando in questo modo ogni possibile nascita di nuove visioni.

Dopo una notte tranquilla si destò riposata, si sentiva bene avendo ormai cancellato l’esperienza della serata prima. Uscì di casa nel preciso istante in cui Sandro rallentava per cercare un posteggio.

– Come hai fatto? Sei uscita di casa proprio mentre stavo arrivando!’ domandò Sandro mentre lei saliva in auto

– Non lo so, ero pronta e sono uscita.

Vedi che siamo fatti l’una per l’altro! Arriviamo sempre insieme.

Il doppio senso di quella farse, avvalorato dal sorriso malizioso di Roberta, eccitò la fantasia del ragazzo che, inconsapevolmente, scorse tutto il suo corpo soffermandosi nei punti erogeni per eccellenza. Lei non diede ad intendere d’aver colto il significato di quello sguardo, ma aprì lentamente le gambe fasciate dai Jeans per riporre la sacca con l’attrezzatura fotografica al sicuro trai suoi piedi ed il sedile.

– Andiamo? ‘ domandò infine Roberta

– Sì, e meglio! ‘ rispose Sandro mentre vedeva sfumare la possibilità di un breve ma intenso amplesso mattutino.

Roberta indirizzò il discorso su temi generici, evitando di sfiorare l’argomento del lavoro. Non ricordava quale fosse il loro incarico per quella giornata, le parole di Sandro al telefono l’erano sfuggite di mente e non voleva che lui lo sospettasse. Cercò quindi di cogliere quanto più possibile dalle sue allusioni, dalla strada e dalle proprie sensazioni. Fissò lo sguardo verso le montagne, perfettamente visibili grazie al forte vento della notte, e si accorse che si stavano viaggiando in direzione della valle più vicina. Senza alcun preavviso l’immagine della porzione di un arco a sesto acuto in pietra grigia si formò nella sua mente immediatamente seguita da quella di una lunga e consunta scalinata, poi tutto sparì così com’era apparso. La ragazza chiuse gli occhi ed appoggiò con forza il capo sull’appoggiatesta, quindi domandò a Sandro:

– E’ cosa dobbiamo fotografare all’abbazia? ‘ più che una domanda era un test sulla propria visione.

– Già! Ieri sera non ne abbiamo parlato. Dobbiamo riprendere i particolari architettonici della struttura, senza dimenticare le figure del ‘bestiario’ delle colonne e dei portali.

Roberta annuì. Non domandò altro a Sandro, nemmeno notizie sulla coppia d’amici, aveva colto chiaramente, nella sua visione, la capigliatura di Federica lungo la scalinata; quindi sapeva di trovarli lì.

Quando giunsero in loco si misero subito all’opera. Raggiunsero i due amici e colleghi impegnati nel riprendere il portone principale, ornato con undici raffigurazioni dei segni zodiacali, illuminato dai raggi radenti del sole ancora basso sull’orizzonte a levante, e si unirono a loro.

– Chissà perché sono solamente undici? ‘ domandò a nessuno in particolare Federica

– A cosa ti riferisci? ‘ l’interrogò Luca

– Ai segni dello zodiaco sull’arco del portale.

Roberta sapeva la risposta pur senza essersi mai interessata dell’argomento. Questa conoscenza non era frutto di una nuova visione ma era residente in lei come il frutto di un’esperienza diretta, come se fosse stata in quel luogo mentre veniva terminata l’opera. Si controllò e trattenne l’istinto di rispondere alla domanda dell’amica.

Sandro venne inconsapevolmente in suo soccorso:

– Sono undici rappresentazioni che riportano tutti e dodici i segni dello zodiaco. Pare che risalga al medioevo l’usanza di riunire la Bilancia con lo Scorpione. In quel periodo venne identificata con le chele del secondo segno.

Nel voler far corrispondere le varie parti del nostro corpo con il cielo e le sue costellazioni, microcosmo che si riflette nel macrocosmo, la Bilancia venne identificata con i reni, l’equilibrio; mentre lo Scorpione fu associato all’eros, alla nostra componente erotica. Secondo Tradizione &egrave proprio la Bilancia a donare equilibrio e senso di giustizia all’atto erotico della procreazione.

Roberta sorrise.

Luca si rinchiuse nel silenzio della meditazione.

Federica guardò Sandro negli occhi, poi disse:

– Tu la devi smettere di leggere tutti quei libri strani che continui ad acquistare!

– Hai posto una domanda ed io ti ho fornito una possibile spiegazione. Non affermo che sia la verità, ma potrebbe esserlo.

– La filosofia non paga. ‘ intervenne Roberta ‘ Andiamo avanti e finiamo questo lavoro.

Il brusco intervento di Roberta fu salutare per il gruppo che si rimise alacremente al lavoro. In realtà quelle parole l’erano sfuggite con un tono più aggressivo di quanto desiderasse, non intendeva riprendere il suo ragazzo e l’amica, ma provava un forte fastidio quando li vedeva discorrere animatamente insieme. Grazie alla conoscenza acquisita dalla mente di Morwenna sapeva cos’era avvenuto tra loro sulle sponde del lago, sapeva pure che, in quel momento, Federica non era completamente padrona delle proprie azioni, quindi non poteva imputarle nulla. Sandro, invece, non era stato sfiorato dalla volontà della creatura e si era concesso all’amica di propria sponte, senza opporre la minima resistenza, ben felice di quell’intermezzo erotico in una mattinata noiosa. Roberta, però, non provava rancore neppure verso di lui. C’era stato un tempo nel quale avrebbe rivoltato il suo ragazzo come un guanto di fronte all’evidenza di un tradimento, ora era diverso: non lo sentiva legato a sé e non si sentiva legata a lui. L’unione con Morwenna l’aveva liberata da quel senso d’insicurezza, di ‘bisogno’, che la teneva stretta ad un’altra persona. Stava bene con Sandro e rimaneva con lui perché ne ricavava un sottile, delicato, prezioso, quanto inutile piacere. La gelosia, ora, non aveva più senso per Roberta, però provava ancora quel fastidioso senso di disagio quando notava i due fedifraghi parlare tra di loro.

– Ok! Vado a ‘farmi’ la scalinata. ‘ affermò Roberta con voce più dolce, in modo da mitigare il tono aggressivo della frase precedente, mentre si allontanava dagli altri e dall’agitazione generata dai sorrisi di Sandro rivolti all’amica.

– Vengo con te. ‘ disse Federica.

– Meglio con me che sola con il mio ragazzo! ‘ sussurrò tra sé la parte umana di Roberta a bassissima voce.

Mentre salivavano la prima rampa di scale Roberta rallentò e si fermò per regolare le impostazioni della sua fotocamera, quando rialzò lo sguardo vide innanzi a se la lunga chioma dell’amica. Tutto si stava materializzando così come l’aveva visto poco meno di un’ora prima. I capelli dell’amica ondeggiavano rischiarati dall’unico raggio di sole che illuminava la scalinata, poi, mentre si allontanava, la luce colpì prima le spalle e dopo i glutei fasciati negli stretti jeans. Roberta focalizzò lo sguardo sul sedere di Federica come se lo vedesse per la prima volta e si domandò cosa vi avesse trovato Sandro in quel corpo così asciutto. Non dovette cercare a lungo la risposta, la conoscenza acquisita dalla fusione con l’entità le consentì di rivivere ogni singolo istante dell’amplesso di Federica con Sandro; provò le stesse sensazioni sperimentate dall’amica. Percepì le mani di Sandro appoggiate su di un seno meno prorompente del proprio e la sensazione non le dispiaceva, riuscivano a ricoprire tutta la pelle ed a stringere completamente le mammelle. Sentì le mani afferrare dei glutei che non erano i suoi, così come i fianchi o il pube completamente glabro su cui scorreva la lingua di Sandro. Rivisse l’attimo della penetrazione e si sentì aprire in un modo del tutto nuovo dallo stesso membro che, oramai, conosceva benissimo. Era come se stesse facendo l’amore con il suo ragazzo nel corpo di un’altra donna, e lo trovava molto piacevole. Scoprì come il corpo di Federica sapeva godere di un uomo ed apprese quanto potesse essere piacevole il sesso. Ora come poteva ancora essere gelosa di quel furtivo amplesso quando lei stessa lo aveva vissuto con loro grazie all’entità che tutte univa?

Roberta fissava la figura di Federica immobile a metà della lunga scalinata, ora che conosceva le sue sensazioni ed aveva provato il suo stesso piacere, la vedeva sotto una nuova luce.

– Che ti succede?

Non ti senti bene? ‘ domandò Federica preoccupata.

– No, tutto ok. Stavo solamente pensando’ – rispose Roberta

– A che? ‘ l’incalzò l’amica

– Nulla di particolare!

Sai che ti stanno benissimo questi Jeans! ‘ disse Roberta per sviare il discorso.

Federica comprese e non insistette, si portò l’apparecchio fotografico al viso ed inquadrò la fuga degli scalini scattando una serie di foto, senza più pensare al discorso.

Roberta salì sino in cima alla lunga rampa e si dedicò alle quattro piccole colonne che delimitavano il termine della stessa. Rimase colpita in modo particolare dalle figure scolpite sui capitelli, oltre ai soliti fantasiosi animali vi erano una serie di rappresentazioni umane in pose davvero bizzarre. Una di queste attirò la sua attenzione: era un uomo, o donna, rannicchiato sulle gambe aperte e con le braccia sollevate in alto. Fu proprio quest’immagine a stimolare una nuova visione.

Roberta vide, con gli occhi della mente, sé stessa rannicchiata a cavallo della zona genitale di un corpo maschile di cui non poteva scorgerne il volto, aveva le braccia sollevate in alto trattenute da una persona posta alle sue spalle. L’immagine non era fissa, notò come in questa apparizione lei si muovesse spostando il bacino in modo inequivocabile, l’impressione di assistere ad un focoso amplesso era avvalorata dall’espressione goduta del suo volto. Roberta cercò di scacciare dalla mente quest’immagine ma non vi riuscì, ogni tentativo di riportare l’attenzione alla realtà rafforzava la visione implementandone i dettagli. Non potendola vincere arretrò di qualche passo sin che trovò, dietro di sé, una lastra di pietra su cui sedersi e si abbandonò a questa allucinazione.

Era chiaramente la scena di un amplesso estremamente trasgressivo, lei continuava a muoversi sul corpo maschile godendo di quando aveva nel ventre, le mani che le trattenevano le braccia, ad un tratto, iniziarono a tirarla verso l’alto per poi lasciarla ricadere verso il basso, in quest’occasione vide chiaramente il membro dell’uomo che entrava ed usciva dal proprio corpo strappandole lunghi gemiti di piacere. L’identità della persona alle sue spalle rimase ignota sino al momento i cui il suo punto di vista cambiò, come se una telecamera avesse preso a ruotare intorno alla scena. Allora vide chiaramente un corpo femminile magro ma con tutte le curve ben evidenziate, un corpo molto bello valorizzato dai lunghi capelli neri. Riconobbe, con estremo stupore, Federica. Era lei a guidarla in quel modo nella cavalcata del ragazzo che poco alla volta iniziava a riconoscere in Luca. Forse questa apparizione era frutto del desiderio di vendetta nei confronti dell’amica, pensò Roberta sconvolta dal piacere che dimostrava di provare in quella situazione immaginaria.

Un nuovo elemento la distrasse dai suoi pensieri e la fece precipitare totalmente nella dimensione onirica della visione: ora si stava avvicinando a loro un altro ragazzo e riconobbe immediatamente il corpo nudo di Sandro. Lui si posizionò dietro Federica, l’accarezzò spudoratamente appoggiando alla pelle delle sue natiche il membro durissimo, poi la lasciò e si avvicino a lei per offrirle il pene all’altezza delle labbra. Roberta si ritrovò a succhiare avidamente il membro del suo ragazzo mentre sentiva profondamente piantato nel ventre quello di Luca. Era un piacere intenso, dovuto più all’eccitazione che allo stimolo fisico, si sentiva bene in quella situazione che solo raramente aveva osato sognare e godeva delle attenzioni degli amici, stranamente non si sentiva imbarazzata dalla presenza di un’altra donna, anzi Federica l’aiutava non solamente guidandola ma fornendole quella sicurezza di cui aveva bisogno per affrontare quel tipo d’amplesso.

Pareva che Sandro fosse intenzionato a godere sino in fondo delle sue labbra, si muoveva a tempo con lei, spingendo il membro e ritraendolo dalla bocca allo stesso modo di come il suo ventre accoglieva quello di Luca; poi qualcosa cambiò. Federica lasciò le sue braccia consentendole, finalmente di reclinare il busto in avanti e muoversi più liberamente su Luca, quindi iniziò ad accarezzarle la schiena ed i glutei, con forza crescente sino a spingerla per poi tirarla a sé in modo da incitarla a muovesi con sempre maggiore intensità. Non del tutto soddisfatta, Federica, fece scivolare una mano verso il punto d’unione dei loro corpi e cinse il membro di Luca con due dita, in questo modo, ogni volta che Roberta scendeva per prendere il ragazzo dentro di se riceveva una fugace, quanto efficace, carezza sul clitoride dalla mano dell’amica. Alla mano, ben presto, si unirono le labbra. Percepiva il tocco umido e morbido dei suoi baci sui glutei, non le dava fastidio essere toccata intimamente e baciata da un’altra donna, anzi le piaceva e ne traeva un intenso piacere. Roberta stentava a controllare il proprio orgasmo, non voleva lasciarsi andare proprio quando iniziava a godere di più, desiderava prolungare quel momento all’infinito, ma sapeva che doveva avere termine. Si voltò verso l’amica quando avvertì un suo tentennamento nella regolarità delle carezze che le elargiva, e ne comprese la causa: Sandro la stava prendendo da dietro, affondava in lei con una foga sicuramente generata dall’eccitazione di vederla cavalcare l’amico e godere così intensamente. Questo spettacolo diede a Roberta il colpo di grazia, in quell’istante sentì l’orgasmo arrivare e non riuscì a frenarlo.

– Roberta! ‘ la voce di Federica giunse alle sue orecchie da un mondo parallelo al suo sogno ad occhi aperti.

– Roberta? ‘ insistette l’amica ‘ Sei pallida, sei sicura di sentirti bene?

La ragazza aprì gli occhi e comprese qual’era la realtà: Federica stava a pochi centimetri dal suo viso con lo sfondo degli archi in pietra dell’abbazia.

– Sì, sto bene. &egrave solo che in questi giorni, spesso, mi gira un po’ la testa quando faccio degli sforzi. ‘ si giustifico Roberta alludendo alla rampa di scale appena risalita.

– Non ti &egrave mai successa una cosa del genere’

– Questo mese ho anticipato il ciclo, probabilmente ho gli ormoni che non sanno più dove andare o cosa fare. ‘ mentì, in parte, Roberta.

Federica finse di accettare quella spiegazione e si sedette accanto all’amica.

– Ok, quando te la senti continuiamo il nostro lavoro.

– No, ti assicuro sto bene’ grazie ‘ disse Roberta mentre accarezzava la guancia dell’amica ‘ andiamo, dai!

Le ragazze tornarono al lavoro, dedicandosi alle sculture sulle piccole colonne al termine della scalinata. Roberta scatto qualche immagine dopo aver impostato l’esposizione automatica nella sua fotocamera in modo da non dover più concentrare l’attenzione su quelle figure, poi, temendo di tornare preda di qualche visone, disse all’amica che intendeva proseguire oltre e riprendere la curvatura degli archi di sostegno esterni alla costruzione. Federica la guardò mentre si allontanava, aveva notato una strana luce nei suoi occhi, una tenerezza che non aveva mai colto in lei.

La struttura degli archi non intimoriva Roberta, solitamente le visioni venivano generate da figure astratte o fantastiche, la precisione geometrica di quelle curve la rassicurava. Infatti, riuscì a riempire una scheda di memoria della sua digitale senza più provare alcun estraniamento dalla realtà. Era così presa dalla ricerca delle inquadrature migliori che non si accorse dell’arrivo degli altri.

Luca e Sandro giudicarono sufficienti le loro riprese della parte inferiore del fabbricato e, dopo aver visionato brevemente quelle delle ragazze, decisero di andare a fotografare l’interno della chiesa. Federica li lasciò andare avanti, quindi raggiunse Roberta e la fermò.

– Avanti, sputa il rospo. Sento che c’&egrave qualcosa di strano in te.

Non vuoi proprio dirmi cosa ti succede? ‘ disse mentre portava Roberta in un angolo al riparo da eventuali scocciatori.

Roberta fissò a lungo gli occhi dell’amica mentre pensava che anche lei era stata unita con l’entità che ora stava nel suo corpo. Senza dubbio quell’esperienza le aveva lasciato qualcosa, forse un’accresciuta sensibilità verso i fenomeni di cui ora era testimone diretta. Poteva trovare ancora qualche credibile giustificazione, blandirla con un ulteriore assicurazione sul proprio stato di salute, ma quegli occhi così vicini ai suoi le ricordarono la visione appena avuta. Senza rendersene conto avvicino il viso a quello dell’amica e la baciò sulle labbra.

– Va tutto bene, davvero!- sussurrò Roberta

Federica rimase immobile, se il bacio l’aveva sconvolta non lo lasciò intendere, fissò ancora gli occhi di Roberta senza dire una parola, poi le appoggiò una mano sulla vita ed avvicinò lentamente le bocca alla sua. Baciò Roberta con le labbra leggermente dischiuse ed attese la sua reazione, quando anche lei le aprì leggermente spinse la lingua verso la sua bocca. Le ragazze si scambiarono un lungo ed appassionato bacio prima di staccarsi e tornare alle loro occupazione fingendo che nulla fosse accaduto. Solo Roberta comprese il profondo significato di quel bacio: esso era il preludio a quanto la sua visione, di poco prima, aveva predetto.

Le due amiche raggiunsero i ragazzi dentro l’edificio e rimasero colpite dall’apparente semplicità della struttura interna rispetto alla complessità d’archi e scale dell’esterno. Come le vide, Sandro andò incontro a loro e disse:

– Sapete che questo edificio non &egrave stato edificato, come si potrebbe pensare, spianando la sommità del monte prima d’iniziare la costruzione, ma hanno eretto il primo pilastro sulla punta per poi creare un piano artificiale intorno ad esso. Lo avrete notato dalla roccia che circonda la prima scalinata.

Ecco, ciò che mi lascia perplesso &egrave che, in questo modo, il primo pilastro assume la funzione di un’antenna per l’energia geomagnetica, quella della rete di Hartman, che in questo luogo deve formare un ‘fiume’ ascendente’

– Sandro! Ma tu credi veramente in tutto ciò che leggi? ‘ domandò Federica con tono canzonatorio.

Io credo solo in ciò che sento vero nel profondo del mio cuore. ‘ rispose lui enigmatico

Il discorso morì poiché uno degli interlocutori si allontanò dal gruppo. Roberta si diresse verso il pilastro in questione e girò intorno ad esso notando come la roccia originaria appariva dal pavimento della chiesa. Ripensò alle parole di Sandro ed alla sua teoria su quella forma d’energia non riconosciuta dalla scienza ufficiale. Dentro di sé, però, sapeva che il suo ragazzo aveva ragione, ciò che si domandava ora era il motivo per il quale gli antichi costruttori avevano eretto un’antenna proprio sulla cima di quel monte. I suoi sensi accresciuti in qualità e sensibilità dall’unione con Morwenna le consentivano di ‘sentire’ il fiume d’energia che attraversava quel pilastro diretto verso l’alto, appoggiò una mano sulla superficie e ricevette una leggera scossa a testimoniare l’intensità del flusso energetico.

L’energia era forte, questo era chiaro, ma rimaneva il dubbio sulle motivazioni della costruzione di tale antenna. Roberta scorse una porta sul lato sinistro della navata centrale che conduceva su di un piccolo terrazzo con vista sulla valle sottostante. Senza dir nulla agli amici uscì e si diresse verso il parapetto. Da lì riuscì a cogliere distintamente il flusso uscente d’energia che andava ad unirsi nel cielo con un altro ramo emanato dalla sommità del primo monte che si incontrava sulla destra entrando nella valle. Il flusso risultante piegava poi verso la città dove precipitava verso il basso. Roberta sapeva, anche senza bisogno di vedere, dove questa energia geomagnetica cadeva, essa rientrava nel sottosuolo passando attraverso un’altra antenna: il più alto edificio in muratura mai costruito e simbolo della città stessa.

Soddisfatta da questa osservazione fece per rientrare ma rimase colpita da una figura sul lato sinistro del frontone esterno della porta che non poteva notare uscendo da essa. Si trattava di un volto apparentemente umano con la bocca trattenuta a forza aperta da due mani. L’impressione era di un gran dolore, di una forzatura verso un qualcosa di non chiaramente definibile. Roberta si aspettava la solita visione che sempre accompagnava le immagini in grado di colpirla, ma questa volta non accadde nulla. Si sentiva sempre più sconvolta ed era tentata di rientrare dagli amici ma qualcosa la tratteneva fuori, come se non volesse lasciarle attraversare quella porta.

– La posso aiutare. ‘ disse una voce dietro di lei.

Roberta si voltò e vide uno dei padri che ancora vivevano nell’edificio farsi incontro. Era un uomo molto anziano a giudicare dai lineamenti del volto ma si muoveva con una grazia ed una sicurezza che raramente aveva visto.

– La ringrazio Padre, ma stavo rientrando per raggiungere i miei amici. ‘ disse Roberta

– La mia non era una domanda, ma un’affermazione. ‘ rispose lui.

Roberta lo fissò a lungo mentre la parte umana di sé voleva urlare una richiesta d’aiuto e la parte eterea di Morwenna provava un terrore mai sperimentato prima.

– Non posso ‘ – tentò di dire la ragazza ma la voce le morì in gola.

– Venga con me e la guarirò da queste visioni che la turbano tanto. Mi segua! ‘ ordino il religioso

Roberta fisso la figura ammantata di nero e si domandò come potesse sapere della sua facoltà di vedere il futuro e come questa cosa la tormentasse. Decise di fidarsi e seguì il religioso attraverso una piccola porta, che prima non aveva scorto, e si ritrovò, al fondo di una stretta scalinata, sotto il pavimento della chiesa principale, in una cappella più antica dell’abbazia.

– Prego, si accomodi. ‘ disse l’uomo indicandole un inginocchiatoio ‘ Lei ha avuto la sfortuna d’incontrare una creatura demoniaca in un momento in cui non poteva opporle resistenza. Mi spiace se proverà dolore, ma la debbo liberare!

Roberta non comprese le parole dell’uomo, in quel momento la parte di Morwenna si era ritirata nel più oscuro angolo della coscienza nella speranza di trovarvi rifugio.

– In Nomine Domini nostri Jesu Christi quincumque sis, maledicte Dannate, Malorum intentator, ominis boni express, tibi praecipio ex re ut mihi ‘ pronunciò il religioso senza preavviso.

Roberta provò una forte scossa, simile a quella sentita sfiorando la superficie del pilastro ma più intensa.

– Nihil nocere. Te catenis Deus alligat, ut, ex hoc malo quod mihi intentis magis ac magis in tuo inferno demergeris. Caput tuum conterat immaculata Virgo. ‘ continuo lui.

Ora qualcosa urlò nel profondo della coscienza di Roberta, ma l’essere umano non era in grado di comprendere il significato di quel suono.

– Maria sine labe concepta

Qualcosa si aggrappò alla mente di Roberta nel tentativo di costringerla a fuggire da quel luogo

– Maria sine labe concepta

Un graffio sulla coscienza fece urlare di dolore la parte umana della ragazza

– Maria sine labe concepta

Roberta provò lo stimolo di coprirsi le orecchie per non sentire quelle parole, ma esse non giungevano alla sua comprensione attraverso i suoni diretti, entravano in lei facendosi strada nel suo corpo per poi scorrerlo in ogni direzione, frugando in ogni anfratto.

In quel momento la dicotomia dall’essere etereo le consentì di comprendere pienamente la natura di ciò con cui aveva diviso il proprio corpo, e ne ebbe paura.

– Angele Dei, custos mei. Has preces Deo Onnipotenti, te precor, offeras. Amen! Amen! Amen! ‘ terminò il frate

Roberta provò un dolore tanto intenso da farle perdere i sensi, si sentì letteralmente dividere in due parti, strappare le membra dal corpo e sezionare il cervello.

Quando si risvegliò, pochi minuti dopo, del dolore non rimaneva traccia ma si sentiva vuota e tragicamente ‘normale’. La mente obnubilata dal dolore precedentemente provato non comprendeva ancora cosa ci fosse di diverso ma percepiva la mancanza di un qualcosa che, in fondo, le donava una forza mai provata prima.

– Qualunque cosa fosse ha lasciato un segno in te, non ti preoccupare quando lo scoprirai, ora sei libera e più forte. Non potrai ricadere sua preda. ‘ disse l’anziano frate.

– Sento che mi manca qualcosa ma non so cosa! ‘ riuscì solo a dire Roberta.

– Eri stata invasa da un’entità demoniaca. Attenta che ‘demoniaca’ non vuol dire puramente malvagia ma solamente ‘ultraterrena’. Eterea ma sublunare, non legata al cielo superiore, quindi imperfetta. Questa creatura aveva trovato rifugio in te ed in cambio ti ha donato parte delle sue peculiarità.

Io ho visto la tua doppia natura quando tentennavi di fronte alla porta del terrazzo. La figura scolpita sul frontone esterno funge da barriera per i demoni di ogni natura. Comprenderai come &egrave facile coglierli quando si bloccano di fronte ad essa!

Ora senti che ti manca qualcosa, ed &egrave naturale questo, ma comprenderai che unita a quella creatura non eri più tu. L’essere che viveva in te stava lentamente modificando la tua personalità e l’avrebbe distrutta con il tempo, così come avrebbe modificato la sua.

Roberta chiuse gli occhi ed ebbe un breve mancamento. Venne prontamente sorretta dal religioso che la fece accomodare su di una panca.

– Stai ricordando. Vero? ‘ domandò lui

– Qualcosa sta esplodendo nel mio cervello, sono nozioni, ricordi e conoscenze che non ho mai sospettato di avere.

– Questo &egrave il dono della creatura. Ti ha reso partecipe della sua conoscenza e dei suoi ricordi, dividendoli con te. Così come tu hai diviso i suoi con lei.

– Ho paura! ‘ ansimò Roberta

– No! Non devi temere la conoscenza, devi imparare a dominarla ed usarla solo per il bene. Consenti alla tua coscienza di crescere grazie a questo dono, non sprecare ciò che ti &egrave stato infuso da un essere millenario.

Cerca in te stessa le chiavi per evolverti. So che ci sono.

Roberta tentò di sorridere, poco alla volta si sentiva tornare alla normalità. I ricordi e la gnosi di Morwenna stavano prendendo posto nella mente amalgamandosi con i suoi, era come se lei stessa avesse vissuto tutte le vite della creatura. Iniziava a comprendere la grandezza di ciò che aveva dentro e questo la rinfrancava.

– Ogni volta che vorrai’ io sarò qui per aiutarti. ‘ disse il padre

– Penso che ne avrò bisogno. Inizio a vedere cosa mi ha lasciato Morwenna.

Ora conosco anche il suo nome.

Meglio dovrei dire ‘Dahud-Ahes’, questo era il suo nome in vita.

– Un nome di origine Druidica, dovevo immaginarlo. ‘ meditò ad alta voce il religioso.

– Sì, era una donna iniziata all’antica religione. ‘ confermò Roberta.

– Allora ribadisco che non si tratta di un essere malvagio, puoi sentirti al sicuro. Se tornerà da te sarà solo per cercare conforto, non ti invaderà più.

– Lo so. Ora lo so! ‘ disse lei ‘ Devo raggiungere i miei amici, saranno preoccupati per la mia assenza.

– Comprendo. ‘ disse il vecchio inclinando il capo in segno di saluto.

La ragazza tornò sul terrazzo e puntò direttamente alla porta che dava verso l’interno della chiesa, lanciò un occhiata alla figura scolpita nella pietra che l’aveva bloccata prima ma non provò nulla di particolare se non una forma di ammirazione per lo sconosciuto artista. Quando raggiunse gli amici questi erano ancora intenti a riprendere particolari e viste d’insieme dell’edificio e pareva che non avessero notato la sua scomparsa. Ogni minuto che passava consentiva a Roberta di amalgamare tutto ciò che le aveva lasciato Morwenna, si sentiva sempre meglio e provava nuovamente quel senso di sicurezza donatole dalla creatura quando ancora risiedeva in lei. Comprese, finalmente, che non erano stati i ‘poteri’ di Morwenna a renderla più forte, ma la sua conoscenza.

Nei giorni seguenti Roberta raccontò agli amici ed al suo ragazzo, di doversi prendere cura della casa di famiglia fuori città. Era una scusa per restare un po’ da sola. In effetti, non si recò nel paese originario della madre ma si rinchiuse in casa, staccò il telefono ed allontanò ogni tentazione di lavorare. Passò il tempo ad ascoltare quanto la sua mente ora conteneva.

Sentiva spesso la presenza di Morwenna intorno a sé, ma la creatura non si avvicinò mai al punto di sfiorarle mente. Roberta desiderava un contatto, voleva nuovamente sentirla e ‘dialogare’ con lei ora che era sicura di non aver più nulla da temere. L’entità, però, si manteneva a distanza, osservandola in attesa del momento più idoneo per tornarle vicina. Roberta comprese questa attesa e profuse tutte le sue energie per completare nel minor tempo possibile la totale assimilazione di quanto conosceva ora.

Una notte, quando oramai disperava di riuscire a terminare l’opera nel breve corso della sua vita, percepì una delicatissima carezza mentale, allora si aprì, abbattendo ogni barriera, alla coscienza di Morwenna ed attese la visita della creatura. Al risveglio decise che era tempo di tornare nel mondo reale, chiamò prima Sandro, per confortarlo, e quindi Federica per sentire le ultime novità. L’amica l’invitò per quella sera a casa sua insieme a Sandro per cena, mentre ascoltava le sue parole Roberta ricordò la visione avuta sulle scale dell’abbazia: quando si vide impegnata in una piacevolissima orgia con i suoi amici, ora riusciva anche a rivedere i particolari dell’arredamento della stanza e capì che si trattava della casa di Federica. Qualcosa nella voce dell’amica le diceva che sarebbe stata questa l’occasione di rendere reale quella visione.

Roberta accettò l’invito mentre una crescente eccitazione s’impadroniva di lei, quindi lanciò un messaggio mentale a Morwenna, come sempre vicina:

– Andiamo, il futuro lo conosco già. Da quanto ricordo avevo l’aria di divertirmi molto. Speriamo non sia questa l’unica mia visione fallace!

Piccola Bibliografia

– De occulta Philosophia – Enrico Cornelio Agrippa ‘ Edizioni Mediterranee Roma

– Segreti Meravigliosi ‘ Abate Julio ‘ Pandora

– Itinerari iniziatici e magici d’Italia ‘ Maurizio Macale ‘ Bastoni Editrice

– I simboli del Medioevo ‘ Gérard Champeaux ‘ Jaca book

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