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Racconti Erotici Etero

NAVIGARE DI NOTTE

By 4 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

NAVIGARE DI NOTTE

L’ingegner Falcone mi osserva, stranito.
– Ma non dire cazzate, Valerio! Uscire di notte? E perché? –
Gesù, come faccio a spiegarglielo?
– Perché… beh, ingegnere, il “RAMBLER 2” &egrave un catamarano straordinario e tiene il mare meglio di un delfino! –
– Lo so, cazzo! Visto quello che l’ho pagato! Ma perché vuoi “uscire” di notte? –
– Ha mai navigato di notte, ingegnere? –
– No… non credo… – e sembra proprio che gli dia un gran fastidio ammettere di non aver mai fatto qualcosa.
– Cristo, &egrave una esperienza indimenticabile! – affermo con coinvolgente entusiasmo.
– Ma non &egrave pericoloso? – e cerca di non far trasparire la titubanza nella sua voce.
– Pericoloso? No, non più che navigare di giorno; ma &egrave una sensazione completamente diversa… inimmaginabile! – lo osservo per un attimo sfidandolo con gli occhi – Forse &egrave più pauroso; perché di notte il mare aperto fa molta più paura che non di giorno. Ma non c’&egrave nessun pericolo, mi creda… ed &egrave una sensazione che non si può descrivere, se non la si &egrave provata! –
Non sto cercando di convincerli; il fatto &egrave che quando parlo del “mare”, la mia espressione di-venta rapita e quasi estatica (almeno così mi dicono!); se poi si tratta del mare di notte, allora vado proprio fuori di testa.
– A me sembra proprio una stronzata! – afferma Gaia Falcone con noncuranza, stringendo tene-ramente la mano di suo marito, quando Andrea le chiede cosa ne pensi di tutta la faccenda, tanto per scrollarsi di dosso la mia coinvolgente insistenza – Preferisco andarmene in qualche locale a sentire un po’ di buona musica. –
Beh, non ne avevo alcun dubbio!
Li guardo allontanarsi dal bar, tenendosi per mano e ridendo allegramente.
Non mi sembrano due tipi molto ben assortiti, anche se si tengono sempre per mano o abbrac-ciati, se non fanno altro che sbaciucchiarsi e scambiarsi tenere effusioni.
Ma lui &egrave l’ingegner Falcone, stramiliardario (almeno così dicono) e stramaledettamente snob: belloccio, aristocratico, sofisticato e fondamentalmente vacuo… tanto da aver acquistato una “barca” come il “RAMBLER 2” e non avere la minima idea di come manovrarla e se non ci fossi io a portarli fuori, credo che difficilmente questo meraviglioso giocattolo lascerebbe questo porticciolo turistico… ma, d’altro canto, non credo che a loro interessi molto la “navigazione”, forse basta che tutti “gli altri” ammirino quella stupenda imbarcazione e sappiano che appar-tiene all’ingegner Falcone; perché l’ingegner Falcone &egrave fatto così: attento soprattutto a fare in modo che gli altri si accorgano dei suoi raffinati abiti firmati, degli inseparabili “reiban”, della decappottabile da oltre 150.000 ‘uro (che ostenta con la “capotte” aperta anche se piove a di-rotto)… ed ora anche questo “schianto” di barca! E non importa se paga una ‘cifra’ all’anno a questo “yacht club” per la manutenzione e l’ancoraggio; non importa se mi paga quasi 3.000 ‘uro per un solo mese d’estate, durante il quale io glie la tengo in ordine e pronta a partire quando ne hanno voglia… anzi, meglio che la gente lo sappia!
E Lei? lei &egrave una bella ochetta di buona famiglia borghese che ha trovato l’ottimo partito e sta ben attenta a non lasciarselo scappare; non mi sembra molto intelligente e brillante; però &egrave ancora una bella donna, nonostante credo abbia superato i quarant’anni, dal portamento fiero ed aristocratico, perfettamente a suo agio nel lusso in cui suo marito la fa navigare. Beh, credo che per l’ingegner Falcone anche lei sia un bell’oggettino da mostrare in giro. E mi chiedo se almeno a letto sia così brava da meritarsi la sua ricompensa.
Ne ho conosciute un sacco di coppie così! Anche se, per onestà, devo ammettere che questi due sembrano andare abbastanza d’accordo pur se sono sposati da oltre vent’anni.
&egrave quasi mezzanotte e sto per andarmene a dormire… ah, dimenticavo: mentre i signori Falcone “abitano” nel lussuosissimo albergo del “villaggio” (e naturalmente, costosissimo!) io, per la du-rata del mese in cui mi hanno “affittato”, mi sono trasferito a bordo del “RAMBLER 2”: ci ri-sparmio e mi piace di più!
Nel silenzio di questa calda notte d’estate, sento provenire dalla pista all’aperto della Club-house del “villaggio” la musica ritmata e frenetica, accompagnata dal sommesso mormorio dei “villeggianti”… beh, divertitevi!
Poi un rumore di passi sul pontile di legno. Aguzzo la vista e vedo venire verso la barca una donna: &egrave Gaia Falcone che avanza con passo strascicato lungo il molo, in direzione del catama-rano; indossa un paio di jeans tagliati e sfilacciati al ginocchio ed un maglioncino di cotone nero, con scollatura a barchetta e maniche lunghe; non ho alcun dubbio che nonostante l’a-spetto casual quegli indumenti provengano da qualche raffinatissima boutique.
– Ciao Valerio. – dice sorridendo quando &egrave all’altezza della barca.
– Slave signora Falcone. – le rispondo fissandola perplesso.
– Allora? – mi chiede sgranando gli occhi e devo ammettere che &egrave davvero carina, quando sorride come in questo momento.
– Allora, cosa? –
– Usciamo… o no, con questa cazzo di barca? –
Mi chiedo se sia ubriaca; non mi sorprenderebbe, ma non mi pare’ o, almeno, non completa-mente!
– Ora? –
– Non lo avevi detto tu che &egrave tremendamente emozionante navigare di notte? –
– Si… certo… – non sono ancora riuscito a riavermi dalla sorpresa di vederla qui, ma soprattutto non ho ancora ben capito che diavolo vada cercando – però… e l’ingegnere? –
– Non viene! – dice con voce assolutamente neutra, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
– Non viene? – le chiedo stupidamente, sempre più sorpreso.
– Evidentemente no! –
– E lei vuole uscire… adesso? –
– Sono qui, no? –
– Lo vedo… – dico sorridendo, mentre calo la passerella e le porgo la mano per aiutarla a salire a bordo – ma pensavo che lui non la lasciasse mai sola… specie di notte poi. –
Ha la mano leggermente sudata e mi sembra che tremi appena appena. Fa una risatina un po’ forzata e gorgogliante.
– Beh… – dice cercando di darsi un’aria di superiorità, ma ho come l’impressione che sia un po’ imbarazzata – l’ho fatto stancare ben bene… e si &egrave addormentato… –
I suoi occhi lampeggiano. Ma che diavolo crede, questa stronza, di vivere un’avventura roman-tica e trasgressiva con il giovane marinaio dello yacht club?
– Allora lui non lo sa che lei &egrave qui? –
– No. –
– E se si sveglia e non la trova…? –
– Ehi… – protesta imbronciata – sono sua moglie, mica la sua schiava! –
E si, sembra proprio alla ricerca di emozioni e sensazioni forti, questa qui; anche se mi resta sempre viva l’impressione del suo impaccio ed imbarazzo.
– Mi scusi, signora, ma non vorrei che l’ingegnere si inquietasse se… –
– Ragazzo… – mi dice brusca e sbrigativa – questa barca non &egrave dell’ingegnere… questa barca &egrave mia, chiaro? Quindi muoviti e salpiamo! –
Beh: affari vostri, dico fra me… anche perché in fondo quello che mi interessa &egrave uscire con questa meraviglia di barca, in questa meraviglia di notte! Vado verso la murata di dritta per di disormeggiare la barca. Lei mi segue.
– E adesso… che devo fare? –
Le dico di staccare uno dei remi dal proprio supporto e di andare a prua stando attenta a tenere la barca lontana dagli altri scafi e, senza badare se lei esegua o meno l’ordine, tiro su la mezza vela, faccio passare attorno al braccio sinistro la sagola che controlla il braccio mobile, mentre con la destra controllo la barra. Ci destreggiamo abilmente e rapidamente tra le altre imbarcazioni ormeggiate, raggiungiamo l’imbocco del porticciolo e prendiamo il mare aperto.
Il “RAMBLER 2” fila che &egrave una bellezza e devo ammettere, senza falsa modestia, che sono davvero bravo nel governare questa favoloso natante: penso che il merito sia equamente divisibile tra la mia abilità di marinaio e la perfezione strutturale della barca.
Ora devo metterla in assetto: conduco Gaia a prua e le indico l’argano di maestra; le mostro come svincolare la manovella e le dico in tono autoritario: “Quando le grido di girare, tiri fuori la manovella e la faccia ruotare in senso antiorario… ma non la sblocchi prima del mio segnale, se no finisce in mare.”
Non le lascio il tempo di rispondere e torno alla barra: la barca si piega leggermente sulla fian-cata e la vela grande un po’ si affloscia.
– Ora! – urlo per farmi sentire da Gaia – La faccia andare ora, forza! –
Vedo la vela tendersi un po’, ma &egrave ancora poco.
– Forza con quella manovella… – le grido con tono brusco – gira, gira ancora! –
E non mi sono accorto di essere passato a darle del tu.
– Non ce la faccio… – mi risponde lei, con voce roca ed affannata – &egrave troppo dura! –
– Sta zitta e continua a girare, per Dio! Dalle ancora tre o quattro giri, altrimenti ci ribaltiamo! –
Non &egrave vero, ma sui dilettanti fa effetto!
Sento l’argano stridere e aldisopra del fruscio degli scafi che fendono il mare, mi raggiunge il sommesso gemito di Gaia, tesa allo spasimo nello sforzo che l’argano le richiede.
Sorrido: era questa l’avventura trasgressiva di cui andavi in cerca?
Le urlo di smettere quando la vela prende il vento in pieno.
Ora la barca scivola leggera e galoppa sulle piccole onde come un levriero in corsa.
Gaia mi raggiunge a poppa: ansima leggermente ed un sottile strato di sudore le imperla la fronte; però sorride soddisfatta.
– Dio che faticaccia! – mormora, osservandomi attentamente. – Ed ora che devo fare? –
– Senti… – le dico sorridendole anch’io perché capisca che sono soddisfatto del suo lavoro; ma il mio tono &egrave sempre brusco e sbrigativo – vai giù nel pozzetto e guarda in uno degli stipetti in basso; c’&egrave del caff&egrave liofilizzato: preparamene una tazza con due cucchiaini di zucchero; prepa-ratene una anche per te se la vuoi! –
Il suo sorriso si spegne e gli occhi le si incupiscono, mandando lampi.
– Ehi… – dice con tono che vorrebbe apparire divertito ma che si fa lamentoso – lo so che in mare gli ordini del comandante non si discutono … ma non sono mica la tua cameriera! –
La fisso per un attimo con sguardo truce, poi le sorrido. Lo sapevo benissimo che avrebbe finito per dirlo.
– Mi scusi, signora… – le dico con tono sottomesso – d’altra parte lei &egrave la padrona, qui… però se vuole che vada io a preparare il caff&egrave deve reggere lei la barra del timone. Venga qui, le faccio vedere come si fa. –
Sorride rasserenata.
– Comunque puoi continuare a darmi del tu… e chiamami Gaia, va bene? –
– Si certo… va bene! –
La faccio sedere sulla panca e le dico di passare il braccio destro attorno al palo, come se do-vesse abbracciarlo, serrando la mano sull’estremità più sottile.
Esegue, diligente. Lascio a lei la presa sulla barra e mi dirigo verso il pozzetto; ho ancora il piede sul primo gradino quando la sento urlare; mi volgo e la vedo schiacciata contro la murata, con il bastone del timone che le preme sul petto e gli occhi dilatati dal terrore: non &egrave difficile tenere la barra del timone… se sai come fare! Evidentemente lei non lo sa.
La barca ondeggia paurosamente.
Mi precipito in suo soccorso e la libero dalla scomoda posizione, riportando la barra in posizione orizzontale.
Ansima.
– Oh mio Dio… – geme – non pensavo che… Cristo, ho avuto paura di finire in mare… –
– E di far rovesciare la barca! – dico riassumendo il mio tono duro.
– Scusami… – fa lei, mestamente – ma non pensavo che fosse così dura. –
– Eppure voi donne dovreste essere abituate a tenere tra le mani qualcosa di duro! – e volonta-riamente non ci metto alcuna ironia.
Mi fissa per un attimo con rabbia e sono sicuro che sia sul punto di darmi una rispostaccia, ma &egrave ancora sconvolta dalla dura esperienza appena patita e preferisce voltarmi le spalle ed avviarsi verso la coperta.
– Vado io a preparare il caff&egrave. – mormora scomparendo sottocoperta.
Fermo la barra con un piede e con gesti rapidi sfilo la maglietta a maniche corte ed i pantalon-cini di tela bianca. Sotto non indosso null’altro e dopo aver riposto i miei vestiti nel gavone di poppa resto in piedi, completamente nudo reggendo il timone.
So che resterà sorpresa o forse addirittura sconvolta nel vedermi così, quando riemergerà dalla cabina, e mi eccita l’idea di immaginarmi la sua espressione o quello che dirà… d’altra parte ha più di quarant’anni e deve averne visti di uomini nudi, considerato l’ambiente in cui vive; co-munque, giuro su Dio che non &egrave per questo che l’ho fatto.
Amo navigare nudo, specialmente di notte. &egrave indescrivibile la sensazione che mi dà l’aria che, per quanto tiepida possa essere, &egrave resa frizzante dalla velocità della barca e ti raschia la pelle; il vento nei capelli; quel sottile formicolio dell’acqua polverizzata che, per quanto il mare possa essere calmo, &egrave sempre presente su un natante che fili a vele spiegate e ti solletica tutto il corpo, come sottilissime e quasi impalpabili punture di spilli.
Mi eccita questa sensazione di assoluta e totale libertà ed il pene mi si indurisce svettando in alto.
Resta immobile a fissarmi, gli occhi sgranati, la bocca semiaperta; il vassoio le ondeggia tra le mani e gli alti bicchieri colmi di liquido scuro rischiano di rovesciarsi.
– Ehi… – dico con indifferenza – il vassoio! –
– Cosa? – sembra incapace di riscuotersi dalla meraviglia.
– Adesso ti si rovescia il vassoio… – le dico con tono di rimprovero – ed a parte il caff&egrave, poi dovrai ripulire tutto quanto! –
– Oh… scusa… – e si volge posando il vassoio sulla tolda – il caff&egrave &egrave pronto. – mormora imbaraz-zatissima e resta a darmi le spalle.
– Portamelo qui, per piacere… non posso lasciare il timone. –
Ha gli occhi bassi mentre esegue il mio ordine e mi porge il bicchiere a braccio teso, come se temesse di avvicinarmisi troppo. Poi solleva lo sguardo e mi fissa negli occhi con una strana espressione.
– Lo… lo avresti fatto ugualmente… se… se ci fosse stato Andrea? – le sue parole si perdono nel fruscio delle vele, ma ho afferrato la domanda.
– Fatto cosa? – chiedo fingendo di non aver capito.
– Ti… ti saresti spogliato…? –
Ora sono io che la guardo aggrottando le sopracciglia e mi accorgo che il suo sguardo &egrave fisso sulla mia erezione; si rende conto che me ne sono accorto e solleva rapidamente gli occhi a fissarmi in viso e, nonostante il buio della notte, capisco che sta arrossendo.
– Credi che mi sia messo nudo per farmi ammirare da te? –
Forse rileva la nota di sarcastico disprezzo contenuta nella mia voce ed indietreggia lentamente.
– Non lo so… perché allora ti sei messo nudo? –
– Vedi che siete voi donne ad essere esibizioniste… – le rispondo sempre con tono di indifferente superiorità – ve ne state nude a prendere il sole sulla spiaggia, ve ne andate in giro con le magliette aderenti e senza reggipetto o con le minigonne a mostrare i vostri bei culetti… –
– Ma che c’entra… – protesta, riprendendosi lentamente.
– Già, non c’entra! Se tu esci dall’acqua con quel tuo bellissimo costume bianco che, bagnato, diventa assolutamente trasparente, tanto trasparente che ti si possono contare in peli del pube, non c’&egrave nessuna provocazione, vero? –
I suoi occhi si dilatano ancor più, poi scuote il capo come se trovasse stupido questo mio di-scorso; e ride.
– Tu credi che lo abbia fatto per turbare te… o quelli come te! –
– No, certo, lo so! Però ti senti turbata se io mi metto nudo sulla barca, di notte e dove non possa vedermi nessuno… –
– Beh… io ti vedo! –
– Senti… – concludo con un po’ più di dolcezza, ma conservando il tono di superiore distacco – io navigo sempre nudo, specialmente di notte. Non hai idea di che sensazione meravigliosa possa essere… e se non fossi quella stupida borghese che sei, ti spoglieresti anche tu! – non riesco a distinguerla bene, ma ho come l’impressione che si irrigidisca – Comunque non me ne frega niente se tu mi guardi o meno e ti garantisco che se ci fosse stato tuo marito, mi sarei spogliato ugualmente. –
&egrave ancora lì, immobile, e nonostante la distanza percepisco tutto il suo disagio e la sua diffidenza.
– Sei un bel maleducato, lo sai? –
– Perché ti dico come la penso? –
– No, perché approfitti del fatto che siamo qui, in mezzo al mare ed io non so pilotare la barca, per cui ho bisogno di te… –
– Senti’ – le dico in tono impaziente – se ti dà tanto fastidio, mi rivesto! In fondo sei tu la pa-drona, qui’ e non voglio che pensi che stia approfittando’ –
– No, non &egrave questo’ – mi interrompe con voce mesta.
– Vuoi che torniamo in porto? –
Resta a lungo in silenzio.
– No… – dice lentamente – vorrei solo che fossi più educato! –
– D’accordo… scusami, non volevo offenderti. Però davvero dovresti provare… –
– Cosa? –
– A spogliarti. –
Ride di nuovo, un po’ nervosamente.
– Ti piacerebbe? –
– Cosa? –
– Vedermi nuda? –
– Non &egrave per questo che te lo sto dicendo e non mi sono spogliato per farmi vedere nudo da te! Se avessi saputo che ti creava tanto imbarazzo, non lo avrei fatto. Vuoi che mi rivesta? –
– Ma no… – fa lei e dopo una breve pausa aggiunge – Hai ragione sai? Però capisci: siamo qui da soli su una barca, in mezzo al mare, ed improvvisamente tu… –
Si interrompe e tace.
– Credi che se volessi approfittare di te, non lo farei ugualmente? Lo hai detto tu, no? Siamo soli su questa barca, al largo, di notte… potrei saltarti addosso anche se sei vestita e approfittarmi di te… e non ho alcuna intenzione di farlo… anche se ti spogli. –
La barca improvvisamente vibra violentemente; concentro tutta la mia attenzione per ripren-derne il controllo e quando ci riesco blocco la barra con la corda di controllo.
– Vieni! – dico a Gaia, arrampicandomi sul castello della tolda e le offro una mano per aiutarla a salire; mi segue passivamente ed un po’ riluttante; accendo la luce nel pozzo di comando: &egrave una luce fioca e giallognola che disegna in maniera spettrale i contorni delle cose e delle persone; attivo la ruota del timone.
– Prendi questa – dico a Gaia, invitandola a mettersi dietro la grande ruota a raggi… – osserva bene quell’affare… &egrave la bussola!… l’ago deve puntare sempre sul numero 33… lo vedi? – fa cenno di si con le testa; io la faccio mettere in posizione dietro la ruota, a gambe divaricate, e le insegno come posizionare le mani sui raggi; sono alle sue spalle e per mostrarle i giusti movi-menti, mi appoggio alla sua schiena: sento che &egrave rigida e tesa, ma non protesta. – Okay… se l’ago si sposta verso destra, devi girare la ruota dall’altra parte, a sinistra… e viceversa, chiaro? – fa cenno di si con la testa – Muovi la ruota piano e dai alla barca il tempo di assestarsi, poi vedrai l’ago tornare in posizione. Mi raccomando, non dare colpi bruschi o molto profondi… e non preoccuparti. Se c’&egrave qualche problema, chiamami! –
La lascio lì, tesa ed impaurita, ma ligia alle mie disposizioni, e vado a prora. Mi occorre più di un quarto d’ora per sistemare le vele ed ora il “RAMBLER 2” fila ancora più sicuro e leggero.
Quando torno al pozzo, Gaia &egrave sempre nella stessa posizione (quella che le ho indicato io) irri-gidita nello sforzo di mantenere stabile la rotta della barca.
&egrave completamente nuda!
Non mi ha visto arrivare alle sue spalle per cui resto ad osservarla per un attimo: non &egrave molto alta, ma &egrave indubbiamente ben fatta seppure forse un tantino sovrappeso; ha cosce robuste ma slanciate e tra esse, che tiene divaricate come le ho spiegato, intravedo il folto ciuffo di peli scuri e ricci che contornano le labbra del suo sesso; le natiche sono sode e tondeggianti anche se contratte dallo sforzo per cui il solco tra di esse &egrave assai stretto e profondo ed un’ampia fos-setta vi si disegna nel mezzo; la vita &egrave sottile ed i fianchi un po’ abbondanti; la schiena dritta, arcuata; il collo sottile, i capelli scuri ed ondulati raccolti disordinatamente sulla nuca.
Le sfioro una spalla: sussulta violentemente e la barca rolla forte; le sono accanto e rimetto in assetto il timone.
I nostri corpi si sfiorano. Mi si allontana lasciandomi il controllo della ruota; la disattivo, spengo la luce e torno alla barra di prora. Mi segue in silenzio, tenendosi ad una certa distanza.
– Tutto a posto? – chiede con voce malferma.
– Certo… – dico guardandola e le sorrido – sei stata proprio brava. –
Siede in silenzio, dall’altra parte della barra e tiene le braccia conserte… forse per nascondere i suoi grossi seni.
– Un po’ mi vergogno… – mormora.
– Di cosa? –
– Di starmene così… nuda… con uno sconosciuto… –
– Nessuno ti obbliga… – le dico io con assoluta tranquillità – se non ti piace puoi rivestirti… –
– Oh no… &egrave… &egrave bellissimo! Davvero, sai, &egrave una sensazione indescrivibilmente bella… ed eccitante. –
C’&egrave una nota di languido abbandono nella sua voce.
Approfitto di quel momento per spegnere, con un interruttore posto sotto il sedile, tutte le luci della barca: la notte &egrave chiara e la luce argentea della luna conferisce una strana fosforescenza alla superficie del mare; le stelle in cielo sembrano lampeggiare. Con la mano accendo il potente registratore, anch’esso inserito sotto il sedile, avviando una musicassetta già inserita: una musica languida se pur vibrante e ritmata si diffonde nell’aria. Blocco la barra con la corda di sicurezza e mi alzo ponendomi di fronte a Gaia che mi osserva perplessa.
– Vuoi ballare? –
– Cosa? –
– Ti chiedo se vuoi ballare. –
– Qui… adesso? –
Le sorrido, invitante.
– Anche ballare in una notte stellata, su una barca che fila nel mare aperto &egrave una emozione straordinaria ed irripetibile. –
– E nuda tra le braccia di un giovanotto sconosciuto, altrettanto nudo! – dice in tono allusivo, ma sorride e si alza.
Non &egrave facile mantenersi in equilibrio su una barca in movimento, ma io mi muovo piano al suono della musica e lei mi segue; ho le mani posate sui suoi fianchi e sento che il suo corpo &egrave teso; cerco di stringerla di più ma il suo irrigidimento la mantiene discosta.
– Perché sei venuta? – le sussurro in un orecchio.
– Lo hai detto tu, no?… che era un’emozione indimenticabile! –
– Ma perché hai lasciato tuo marito a dormire in albergo? –
Scuote le spalle in un gesto civettuolo.
– Forse a lui non interessano le emozioni indimenticabili! –
– E a te, si? –
Tace; ci stiamo guardando negli occhi; il suo seno sfiora il mio petto ed il pene struscia contro il suo ombelico; le nostre labbra sono vicinissime; so che ha almeno quindici anni più di me, ma la desidero. Mi chino per baciarla sulla bocca; rapida, lei sposta una mano dalle mie spalle e la pone fra le nostre bocche, prima che si tocchino; con quella mano mi respinge lievemente.
– Che fai? – mi chiede dolcemente.
Mi sono fermato e ci siamo leggermente allontanati, però io continuo a tenerle le mani intorno alla vita, le sue attorno al mio collo. La osservo attentamente.
– Lo ami? –
Sembra pensarci e prima di rispondere tira un gran sospiro.
– Non lo so… ma credo di si. Lui mi dà sicurezza e stabilità e… –
– Ed una bella casa, una bella macchina, questa stupenda barca e bei vestiti… ed un sacco di soldi anche! –
Mi aspetto che mi respinga definitivamente e si allontani da me. Non lo fa.
– Si… – dice pacatamente – anche questo, certo! Ma non sottovalutarlo, sai? So che Andrea può apparire fatuo e borioso, la tipica immagine del ricco snob; ma credimi, con me &egrave sempre molto gentile, attento, accorto, pronto a soddisfare le mie esigenze. Credo che per me sia stato sempre un ottimo marito! Ed io ho cercato di essere per lui una buona moglie. –
Mi infastidisce questo suo tono di condiscendente superiorità, come se io fossi uno sciocco ra-gazzino; per cui cerco di ferirla.
– Certo, questo lo immagino… come farlo scopare prima di metterlo a dormire e poi venirtene in mare con me… da sola, mentre lui se ne sta tranquillo nella vostra camera d’albergo… –
– Ed io invece sono nuda, tra le braccia di un bel giovanottone, altrettanto nudo, che pensa che stia morendo dalla voglia di farmelo sbattere dentro! –
– Vuoi che te lo sbatta dentro? ‘
– Si’ – dice lei in un soffio ‘ sbattimelo dentro e fammi godere’ finalmente! –
Manca poco alle due.
Siamo rientrati nei porticciolo all’incirca alle sei del mattino. Gaia si ferma un attimo sul molo e si volge a guardarmi. Ha una espressione stanca ma soddisfatta sul volto sorridente.
– Avevi proprio ragione, Valerio: navigare di notte &egrave davvero una esperienza indimenticabile! ‘ dice, avviandosi per tornare da suo marito.

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