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Racconti Erotici

Non sono riuscito a trattenermi

By 19 Settembre 2020Settembre 23rd, 2020No Comments

Io l’avevo tenacemente desiderata e fortemente voluta così come bramerebbe un condannato in galera, tenuto conto che docile e innocuo aspetta ricercando la libertà per quella capricciosa, estrosa e volubile disinvolta bambina. Lei mi sembrava così infantile con quei suoi vent’anni circa d’età, a dire il vero vent’anni e sei mesi per l’esattezza, come m’aveva precisato con un’evidente punta d’orgoglio e di manifesta presunzione la prima volta che ci siamo visti. Dall’alto dei miei quarantasette anni io avrei dovuto inizialmente giudicarla e trovarla un poco buffa e comica, invece l’ho trovata solamente allettante, lusinghevole e alquanto desiderabile.

Io avrei dovuto provare a resistere a quell’imperioso e prepotente desiderio che mi saliva da dentro, invece la mia ultima possibilità di rubare un pezzo di felicità a un modo di vivere insoddisfacente mi si è insperabilmente presentata alla maniera d’un miraggio peraltro dal nome soprannaturale: Aurora. Io non sono stato in grado di sottrarmi, perché ogni sua condotta m’aveva interamente ammaliato dal primo istante: la chioma, i maestosi occhi, le rosse labbra che si aprivano in un meraviglioso sorriso, la bocca dai denti lineari, il tutto splendidamente incastonato in uno stupendo viso dalla forma ovale.

Lei aveva un fisico dalle forme armoniose, minuto e persino scattante, un piacere grandioso e magnifico per gli occhi, perché profumava d’olio per bambini e di bambole, eppure il suo sguardo ingannava, raggirava e abbindolava, per il fatto che tradiva una malizia e una provocazione che non aveva nulla a che fare con il candore né con l’innocenza dei giochi delle bimbe. Lei era al tempo stesso sia un sogno sia un incubo, dipende dai punti di vista, in quanto poteva apparire come una visione, perché mi sembrava assurdo e inammissibile che con tutti i giovani che le frullavano da ogni parte, avesse scelto proprio me per attuare e per realizzare infine le sue argute e sottili schermaglie amorose.

Lei era diventata realmente un assillo, quasi un turbamento, perché io lavoravo da breve tempo per suo padre e trovarmela sempre lì davanti non faceva altro che acuire ed esasperare la mia bramosia per lei, azzardando di far guastare e di gettare via in ugual modo i miei guadagni. Io pensavo tra l’altro all’infamia e allo scandalo che sarebbe scoppiato, se il padre m’avesse scoperto ad amoreggiare indisturbato con la figlia in qualche angolo buio della casa, tenuto conto che queste e altre intenzioni circolavano quanto la rapidità dell’energia elettrica dentro la mia testa. Io immaginavo le sue bianche e inesperte mani sul mio corpo che percorrevano curiose e un po’ timide tutti i segreti, fantasticavo sulle sue labbra dolci come delle fragole mature posarsi sulle mie. All’improvviso, queste proiezioni della mia mente venivano interrotte dalla sua voce squillante:

“Ciao Giorgio” – mi diceva lei, sbucando da chissà dove con addosso un paio di mini pantaloncini, dato che mi facevano totalmente sragionare e vaneggiare.

Lei veniva a dare un bacio affettuoso a suo padre con quella finta e simulata innocenza abbassandosi fra di noi, tanto che io potevo intravvedere l’attaccatura dei suoi seni e i capezzoli prematuri distendersi sotto la stoffa sottile del costume. Poi la vedevo sparire in cucina e mentre camminava accentuava più del necessario l’ondeggiare dei fianchi, allora sì che io mi concedevo un sorriso: lei però non aveva bisogno di quel piccolo stratagemma per farmi incollare gli occhi al suo sedere, giacché io osservavo ipnotizzato quei globi di carne alta, soda e perfetta, desiderando d’affondarci le mani, la bocca e tutto me stesso.

La mia erezione a quel punto diventava arroventata fremendo impetuosa nella costrizione dei pantaloni e seguire gli affari di lavoro era tutte le volte più arduo e persino malagevole, perché non appena io riacquistavo un minimo di lucidità, poiché Aurora non era nel mio campo visivo, lei ricompariva in tutta la sua grazia sorseggiando un succo d’arancia, mi sorrideva sorniona e spariva in giardino per sdraiarsi al sole. I miei pensieri si facevano di nuovo arditi e avventati, alquanto irriflessivi: io m’immaginavo di raggiungerla accanto al bordo della piscina e di spalmarle l’olio solare sul corpo, intanto che le mie mani scivolavano pigre sulla sua pelle accaldata, indugiando nelle sue zone più sensibili, mentre vedevo la sua espressione rapita dalle dolci sensazioni che le mie carezze le stavano regalando.

Nel tempo in cui io abbandonavo quella casa signorile. mi portavo sempre appresso una tangibile condizione d’irrequietezza e al tempo stesso di un’incredibile e palpabile vivacità pronta per essere al più presto sfogata, considerato che sovente non aspettavo nemmeno d’arrivare a casa per abbassare alla svelta la patta dei calzoni, agguantare sbrigativamente il cazzo nella mano in automobile e con pochi movimenti energici, pervenire alla libidinosa e conclusiva sborrata con un considerevole gradimento. Non era sufficiente più neppure quest’aspetto a troncare né a affievolire il mio ardore per lei, cosiffatto appena varcata la soglia della mia abitazione, io m’immergevo in ultimo sfogandomi pienamente sul corpo della mia consorte. Lei di rimando, accoglieva gradendo sbalordita quell’insperato evento per questi miei inattesi e inediti assalti, ignorando o forse fingendo soltanto di non riconoscere la vera causa che realmente li scatenava. In verità, francamente, queste ultime rimanevano solamente copule consumate per lo più rapidamente, eppure io la possedevo sul canapè del salotto, afferrandola energicamente e solidamente da dietro nella posizione tanto a me prediletta della pecorina.

Io le chiedevo d’inginocchiarsi rivolgendomi le spalle e lei eseguiva docile e ubbidiente, poi le arrotolavo la gonna sui fianchi e guardavo il suo fondo schiena largo e morbido. Io ero incapace d’evitare il paragone con quello piccolo e sodo di Aurora, tutto questo mi faceva percepire come un codardo, un vile, così m’inabissavo dentro di lei spingendo forte il mio cazzo ingordo e smanioso, come se con quei colpi poderosi avessi potuto cancellare rimuovendo in conclusione il senso di colpa per quei lussuriosi e impudici pensieri, per quei desideri, per quel tradimento soltanto mentale, ma che sapevo ben presto sarebbe diventato anche fisico.

Io stringevo forte le sue grosse tette, mentre con un gemito rabbioso godevo dentro di lei. I miei pensieri restavano lontani da quel divano anche dopo l’atto sessuale, quando ormai sazio m’abbandonavo contro mia moglie schiacciandola con il mio peso. In quei momenti il corpo che desideravo sentire sotto di me, era quello irresistibile e magnetico di Aurora. Poi una mattina alla fine è accaduto, io sono andato alla villa per far firmare alcuni documenti al mio capo, in quell’istante ad aprirmi la porta è arrivata proprio la ragazza che ha esclamato il suo solito “ciao Giorgio”, mentre m’informava che il padre aveva avuto un imprevisto e che sarebbe tornato più tardi.

Lei in quella lasciva circostanza m’ha agguantato in modo risoluto, conducendomi dentro la sua dimora spronandomi di terminare assieme la prima colazione, io non me lo sono fatto ripetere nonostante avessi già mangiato. Io ho gradito accettando con piacere un altro caffè, visto che l’ho sorseggiato lentamente esaminandola, mentre spezzettava pigramente un toast. Noi sembravamo entrambi in attesa che l’altro facesse il primo passo, così ho aspettato che lei finisse la colazione e le ho accostato un dito alle labbra, fingendo e recitando di levarle un nonnulla inesistente, lei ha sorriso del mio disincantato e fanciullesco stratagemma catturando a quel punto il mio dito fra le sue labbra. In seguito lo ha accarezzato con la sua lingua piccola e ruvida, fino a quando io non ho accostato il viso al suo sostituendo le mie labbra al dito.

Quando ci siamo appiccicati io ho avvertito in modo spiccato un palpito penetrarmi, come se la vita fosse a bruciapelo rientrata nel mio organismo a seguito d’un durevole soggiorno. In quell’occasione io non sono più riuscito a controllarmi e ho approfondito il bacio, invadendole la bocca con la mia lingua, lei m’ha congiunto le mani attorno alla nuca rispondendomi con passione, in quella situazione io l’ho sollevata deponendola sul canapè. Progressivamente ho aspettato un istante esplorando quella splendida giovane donna, giacché si stava offrendo con un inatteso e smanioso trasporto, dal momento che io avevo quasi paura di dissestarla rovinandola con la mia imperfezione. In seguito ho ripreso a baciarla sforzandomi di cancellare tutti i pensieri, che non fossero inerenti alla magnificenza del momento e ho cercato d’essere il più attento degli amanti. Io non ero per nulla informato, supponevo che lei avesse già avuto altri uomini, però desideravo che conservasse una gradita testimonianza, e che in conclusione le restasse dentro di sé una buona e dabbene memoria di me.

In quel preciso frangente l’ho denudata flemmaticamente ammirando e lodando ogni centimetro di quel corpo tanto agognato, tenuto conto che le sue tette parevano delle ridotte opere d’arte sormontate da quei rosei capezzoli, dopo mi sono avventato sopra come un naufrago sulla terraferma leccando e succhiando quelle compatte sporgenze, ho accarezzato con gli occhi e con le mani ogni anfratto di quel lussurioso corpo, digradando sul ventre fino al monte di Venere. Gradualmente le ho dischiuso quelle magnifiche grandi labbra adagiando la mia cavità orale precisamente sul nocciolo del suo intimo e proibito piacere, ho colto il suo nitido tremore per quel contatto e ho proseguito nella mia dissoluta e libidinosa esplorazione di quel fiore perfetto. Con un dito ho iniziato ad accarezzarla in profondità, mentre le succhiavo il clitoride, dal momento che i movimenti del suo bacino erano diventati più ritmati e ravvicinati, un primo dito e poi un secondo hanno raggiunto il primo nella calda cavità del suo ventre, facendola gemere sottovoce.

Lei mi ha in seguito agguantato la testa fra le mani e l’ha premuta ancora più a fondo su di sé tirandomi leggermente i capelli, perché ormai stava perdendo il controllo, io ho continuato a solleticarla con la lingua e ad affondare le mie dita dentro di lei, fino a quando l’orgasmo l’ha travolta in pieno sconvolgendola. Io ho ascoltato il suo respiro ripresentarsi in modo regolare, continuando ad accarezzarla, dato che tutto di lei mi faceva ammattire, il mio bisogno d’acciuffarla era martellante e ossessivo e la mia erezione era diventata piuttosto dolorosa, successivamente le ho indicato d’adagiarsi sul mio corpo per farle saggiare quanto era maestoso e virile il mio intimo slancio per lei, mentre le agguantavo famelico di nuovo i capezzoli fra le labbra. Lei stava nel frattempo ordinando le mie braghe, quando a un tratto abbiamo avvertito un rumore di chiavi provenire dalla serratura, cosicché è sparita in un attimo alla svelta con i suoi indumenti.

E’ stato davvero impressionante e indubbiamente sconcertante ritornare alla malinconica e sconsolata realtà, quando suo padre si è in ultimo presentato davanti, in quanto ha acutamente esordito esponendomi:

“Buongiorno Giorgio, stamattina vedo che è lievemente dimesso, infatti non si è nemmeno pettinato, poco male però”.

{Idraulico anno 1999} 

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