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Racconti Erotici Etero

Ora che ci penso non so neanche come si chiama

By 28 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Al primo tepore di primavera i nostri corpi reagiscono risvegliando i sensi sopiti nell’inverno.
Mi trovo a passeggiare in un piccolo parco pubblico nel mezzo del pomeriggio. E’ l’unico parco cittadino che mi piace frequentare perché mi dà la possibilità di vedere dall’alto, e questo dà alla mia città un fascino particolare.
Il fiume che vi scorre ampio e tranquillo mi ricorda la schiena nuda di una donna.
Il parco è in cima ad una collina ed è fatto a gradoni. Scendo, immerso nel verde, verso la parte bassa.
A quest’ora del giorno è frequentato più che altro da coppiette in età scolare che si strusciano sulle panchine, e da nonni con nipoti che vengono a godere del verde.
Mi guardo intorno cercando con lo sguardo qualche viso conosciuto, qualcuno che come me frequenta quasi giornalmente il dolce silenzio ed il profumo dei fiori. No, nessuno che conosco.

Continuo a scendere verso la “mia panchina”, ed ho con me soltanto un libro.
Arrivo, e la prima cosa che faccio è spegnere il cellulare. Mi siedo e chiudo gli occhi respirando a pieni polmoni gli odori che mi circondano.
Poi, tolto il segnalibro, incomincio a leggere. Non mi accorgo di ciò che mi circonda, preso dalle parole, e della gente che passeggia. Quando, per la prima volta da quando mi sono seduto, alzo gli occhi vedo seduta di fronte a me una donna. Mi sembra giovane, anzi ne sono sicuro, minuta, ma non esile.
E’ vestita con un abito panna, lungo fino alle caviglie, con due spacchi sui lati.
Ha le spalle scoperte. Porta, come me d’altronde, gli occhiali da sole e sta leggendo un libro.
E’ la prima volta che la vedo. Abbasso gli occhi per continuare a leggere, ma oramai ho perso la concentrazione. E’ bella, non di quelle bellezze statuarie ma è intrigante. Voglio sapere di lei. Voglio immaginare. Voglio tentare di capire cosa fa, da dove viene, che cosa pensa.

Rialzo lo sguardo e cerco di osservarla più a fondo. Ha i capelli annodati in lunghe trecce, il colore della sua pelle è caffè, deve essere appena tornata da qualche paese lontano. Lei continua a leggere. Guardo le sue mani. No, non porta la fede, ai piedi un paio di sandali di cuoio. Le mani sono curate, e questo mi dice che non fa la casalinga. Cerco di sentire il suo profumo, ma purtroppo i fiori hanno il sopravvento. Sta leggendo un tascabile direi. La fisso oramai da qualche minuto.
Chissà forse è una studentessa universitaria. Alza lo sguardo, mi guarda, mi sento in imbarazzo. Un brivido mi corre lungo la schiena quando si alza e mi viene incontro. Penso al fatto di essermi fermato troppo a scrutare le sue gambe sode, abbronzate e brillanti alla luce del sole.
Alza gli occhiali da sole e mi chiede se ho d’accendere.

Rimango inebetito dalla bellezza dei suoi occhi. Verde e grigio, come un mare profondo. Ha lo sguardo dolce, allegro. Abbozza un sorriso, scusandosi per avermi distolto dalla lettura. Estraggo a fatica l’accendino e le sigarette dalla tasca dei pantaloni. Accendo la sua sigaretta e ne accendo una delle mie. Gli dico che assolutamente non mi ha disturbato.
Che coglione, è una risposta da “come tacchinare nei parchi”. Avrei potuto semplicemente sorridere. Si siede vicino a me a fumare. Ora sento il suo profumo, è l’odore degli oli essenziali, e cerco senza farmi vedere di assorbire più dettagli possibili per poter mentalmente riprodurre il suo profilo.

Non riesco ad intavolare un discorso, non so da che parte iniziare. E’ lei a parlare per prima. Mi dice che è la prima volta che viene in quel parco. Le rispondo che io invece ci vengo tutti i giorni o quasi. Ama il sole e si vede, ha al collo una mezzaluna in argento con una pietra turchese nel mezzo.
Mi accorgo che non porta il reggiseno, e che nelle pieghe del vestito s’intravedono i seni. Distolgo immediatamente lo sguardo e tolgo gli occhiali da sole. Mi sto eccitando, e la situazione non mi piace.

Rimaniamo seduti a chiacchierare ed a scambiarci opinioni sui libri che abbiamo letto ultimamente.
Non si parla, stranamente direi, di quello che siamo e facciamo nella vita. Mi dice che è appena tornata dall’africa. Continuiamo a chiacchierare ed i nostri corpi si avvicinano, ridiamo, scherziamo, parliamo di viaggi. Le chiedo di fare due passi. Accetta. Camminiamo e alla fine ci troviamo nella serra del parco. Ci sono fiori all’interno che non conosco e lei me ne spiega il nome e la provenienza. Mentre si china per indicarmi un fiore il suo culo struscia sulla mia patta.

Oddio, il cazzo mi si fa immediatamente turgido. Lei indietreggia e continua a strusciarsi. Perdo la testa. La prendo per i fianchi, così piegata com’è, e la spingo fortemente verso il mio ventre. Lei non dice nulla, anzi, incomincia con un movimento rotatorio a strusciarsi sui miei pantaloni come per sentire al massimo la mia erezione.

Stringo le mani sui suoi fianchi, la faccio girare, la tiro contro di me e le appoggio la testa sul collo. La mia mano percorre velocissima la sua schiena, piazzo il palmo della mia mano nel solco del suo culo. Lei ansima nelle mie orecchie, e questo, fa crescere la mia eccitazione. Porta il tanga sotto il vestito e null’altro. Le sue chiappe sono sode, infilo la mano nello spacco mentre con l’altra incomincio a sbottonare i bottoni del vestito. Ha un seno fantastico, i suoi capezzoli sono rivolti verso la luna, non grosso ma proporzionato al resto del corpo.

Le accarezzo e le pizzico il capezzolo. Entrambi sono turgidi e li sento sul petto visto che la sua mano ha sbottonato la mia camicia.
E’ fradicia d’umori e quando la mia mano le accarezza l’inguine ne rimane bagnata. Nella serra ci siamo solo noi con i nostri respiri affannosi e la nostra eccitazione che cresce.

Mi siedo sul muretto di un’aiola e la tiro verso di me. Incomincio a sfilarle il tanga, accarezzandole la pancia con la punta della lingua. Mi mette le mani nei capelli, stringe i pugni ogni volta che la mia lingua passa sotto i suoi seni, ha la testa rivolta all’indietro e gli occhi socchiusi. Le pizzico le chiappe, glie le schiaffeggio e lei si lascia andare in un urlo di piacere. Incomincio a cercare con le dita la clitoride. E’ turgida e spunta prepotentemente dalle grandi labbra. Ho deciso di guardare che splendido fiore nasconde tra le cosce.

Butto per terra la mia camicia e, dopo averla presa in braccio, la siedo sopra. M’inginocchio tra le sue cosce. Ha un monte di venere con peli castano chiaro sottili, quando gli spalanco le cosce mi appare la sua fica nella sua interezza. Le grandi labbra rosa scure, la clitoride rossa per l’eccitazione e le piccole labbra aperte come l’incavo di un’orchidea. Avvicino il viso, ha un profumo dolce sensuale che sa di muschio. La mia lingua s’insinua nelle pieghe della sua fica, mentre con un dito le entro dentro. Geme, mi dice di non smettere di leccarla. Le mie labbra succhiano la clitoride mentre il mio dito fa un movimento dall’alto verso il basso.

Mi chiede con voce impastata che cosa gli sto facendo. Non rispondo, continuo a leccare ed a succhiare. La punta percorre la sua fica nella sua interezza e lei con un urlo gode. Ha raggiunto un orgasmo che la scuote, i suoi muscoli si contraggono, mi stringe la testa tra le cosce.
Quando si calma decido di penetrarla, le infilo il cazzo fino in fondo. La sua fica me lo avvolge, calda e fradicia, e lo succhia verso l’alto. La mia cappella si gonfia e raggiunge il fondo della fica dove la sensazione e quella di un pizzico sulla punta.
La cavalco in modo forsennato, i miei coglioni sbattono contro le sue labbra, il mio sudore le gocciola sui seni. La giro e la faccio inginocchiare. La prendo alla pecorina mentre con un dito le forzo lo sfintere. Oddio ha una fica fantastica e le rovescio all’interno una copiosissima sborrata. Quando tolgo il cazzo una marea di sborra le riga le cosce.
Si butta in avanti e si distende ansimante, ed io sopra di lei.

Quando i nostri respiri tornano normali ci rivestiamo sorridendoci a vicenda. Ci salutiamo con un bacio sulle guance, come vecchi amici, ed ognuno torna verso la sua auto.
Ora che ci penso non so neanche come si chiama.

Graditi i commenti.

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