Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Pillole di sesso orale

By 16 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Eccoci lì, in auto. Io e la mia ragazza, di ritorno dalla stazione ferroviaria. Amabili chiacchiere e scherzi innocenti. La strada scorre lenta in quella serata. I miei genitori ci aspettano a casa, per la cena.
Tra una battuta e l’altra finiamo in discorso sesso. Orale per la precisione. La curiosità si fa strada e mille domande da fare all’altra persona sorgono.
“Ma le tue ex te l’hanno mai fatto?”
“No…non hanno mai voluto. Ed i tuoi?”
“Fatto o ricevuto?”
“Beh….racconta tutto dai…”
Ogni risposta apre mille altre domande, in un circolo infinito, come a voler riempire di acqua un colabrodo usando una tazzina e senza pentole sotto che permettano di riuscirci.
Ovviamente, dopo un buon quarto d’ora di discorsi a tema, la pressione nei miei pantaloni era diventata quasi insostenibile, e l’afflusso di sangue al cervello era diminuito. Improvvisamente mi sfugge un “In realltà mi piacerebbe un sacco farmene fare uno in auto. Lo sogno da quando ho la patente…ma non credo che accetteresti di provare a farmene uno, quindi nemmeno chiedo”, aggiungendo al termine della frase un sorrisone angelico.
Evidentemente eccitata dai discorsi fatti mi guardi con aria di sfida, e con la più sensuale delle voci aggiungi “…secondo me sei tu che non avresti il coraggio di fermarti a quest’ora in quel parcheggio!”.

Il tempo si ferma all’istante.

Il mio cervello cerca di elaborare quanto le mie orecchie hanno sentito. Incredulo che possa essere vero.
Una parte di me continua a ripetermi “…ti stai solo illudendo di averlo sentito…ti stai solo illudendo…”. Un’altra invece “…sì, ci stà! Falle sentire il tuo giocattolo fin in fondo alla gola…usala…prendila per i capelli…e mentre le scopi la bocca fai viaggiare la mano destra sul suo corpo…su quel bel sedere sodo…tra i glutei…usa le dita…”
“No, ti stai illudendo…piano con l’immaginazione vecchio mio…”
“…sì invece…”
“…no…”
“…sì…”
“…no…”
Come nel più classicodei cartoni, nella più classica delle scene, con angioletto e diavoletto che si contendono le scelte della persona. Tutto in una frazione di secondo.

Mi indichi il parcheggio di una fabbrica, con un paio di alberi che ci possono parzialmente nascondere alla vista della strada. Purtroppo è quasi l’orario di uscita dal lavoro. Nonostante il rischio metto la freccia e rallento per svoltare. Un’occasione da non perdere maledizione!
Pare che il diavoletto lussurioso abbia stravinto.

Parcheggio automaticamente, in un punto strategico per controllare dagli specchietti che nessun operaio possa beccarci sul fallo…ehm…fatto. Non appena l’auto è ferma la mia lei si slaccia la cintura di sicurezza e si china verso il mio bacino. Le dita slacciano veloci i cordini dei pantaloni della tuta. I suoi occhi vedono immediatamente la prepotente erezione che già lo sta facendo uscire dai boxer. Il profumo del docciaschiuma coglie le sue narici, apprezza e senza troppo timore sussurra un “…tu controlla…” quindi inizia a dedicarsi a me.

Sento subito il calore della sua lingua. Scorre sulla punta e mi crea brividi di piacere. I miei occhi vagano tra gli specchietti, senza sostare un secondo. La preoccupazione è quasi maggiore del piacere. All’improvviso sento una sensazione più forte, un rumore di risucchio, ad intervalli regolari. La preoccupazione fa lentamente strada ad un ben più piacevole misto di relax fisico ed eccitazione mentale. Mi sento padrone del mondo. Sì, per una cosa così semplice. All’improvviso la fermo, quando non credo siano pasati più di 5 minuti. Sento che sto per venirle in bocca. Copiosamente. Meglio fermarla all’istante (anche se il diavoletto suggerisce l’esatto opposto). Le chiedo di fermarsi…non lo fa. Non subito. Indugia ancora per un istante. Potrebbe essere di troppo. Si rialza e mi guarda con aria soddisfatta, vogliosa. Mi rendo conto di non avere fazzoletti e riesco a trattenere l’eiaculazione. Giusto in tempo. Solo una goccia si fa strada e riesce a fare capolino sulla punta. Salvo. Lei mi guarda con quegli occhi da cerbiatta, allunga un dito e “pulisce” la gocciolina, spalmandola sulla punta. “Un giorno te lo berrò…lo prometto”. Ennesimo colpo sparato al mio cervello. Rimango imbambolato per un istante. Quindi sorrido mentre lei rimette via il mio attrezzo, riponendolo con estrema cura, passandoci però un’unghia su tutta la lunghezza. Si riallaccia la cintura di sicurezza e mentre ripartiamo si aggiusta i capelli. Sento pulsare, tra le mie gambe. I due gemelli si fanno sentire, quasi doloranti. Si lamentano. La mia lei mi sorride, felice e ben conscia di avermi dato un ricordo speciale…sa di essere stata la prima a farlo così.

La strada scorre veloce. Quando saliamo in casa ci accoglie un
“Come mai in ritardo ragazzi?”
“Eh…c’era traffico…” Giornata di sciopero dei trasporti. Anche gli operatori di questo campo hanno diritto di scioperare. Certo che perdere ore ed ore in stazione non è piacevole. Non se aspetti da solo.

Ci attende una cena tra amici, due degli invitati dovrebbero arrivare in treno. Dovrebbero…
Trenitalia garantisce in teoria alcune fasce protette. Basta andare sul loro sito e le si trova. Bene, siccome il fatto che ci sia sciopero non assicura l’assenza del treno, uno dei due invitati decide di provare a prendere un treno presto. L’altro no. So già che dovrò tenere in conto eventuali ritardi quindi mi porto un buon libro da leggere nel frattempo.

Dopo un’oretta di attesa ed una serie interminabile di messaggi al cellulare scopro che uno dei due arriverà almeno un’ora dopo rispetto alla tabella di marcia. L’altro, anzi, l’altra, sarebbe arrivata ben dopo l’orario previsto ma comunque una sessantina di minuti prima del terzo. Un bene visto quant’è carina. Tutto sommato aspettare in buona compagnia è meglio. Se poi è anche un piacere per gli occhi…

Un sms mi avvisa che mancava poco all’incontro. Ripongo il libro e scendo dall’auto. Mi dirigo al binario con calma. Prendo un profondo respiro e mi preparo all’incontro. Questa ragazza mi fa sempre lo stesso effetto: quando la vedo arrivare ritorno adolescente. Non va bene.
Finalmente la temperatura inizia ad aumentare e la primavera a farsi sentire. Mi slaccio il giaccone.
Non passa molto tempo e vedo apparire il treno. Già me l’immagino mentre scende dai gradini, capelli al vento, gnocca come poche. Il cuore schizza a mille. La bocca diventa un improvviso deserto arido. Una fomma da masticare mi salva. Non è fine accogliere così qualcuno, lo so, ma in fondo è un’amica…e non stiamo andando ad una cena di gala.

Si spalancano le porte del vagone di fronte a me. Lei è lì. stivali alti, in pelle. Tacco basso. Calze scure e gonna grigia, aderente. Maglioncino nero. Come la vedo già mi faccio un film porno, pensando a quanto sia fortunato l’uomo che si sceglierà. Allargo le braccia e le sorrido, andandole incontro: “Ciao tesoro, quanto tempo!”. Mi ricambia allo stesso modo. L’avviso che l’altra persona avrebbe tardato di un’oretta e che quindi avremmo potuto berci un caffè e chiacchierare. Fa spallucce e mi prende a braccetto. Usciamo dalla stazione chiacchierando amabilmente. “Dove hai la macchina?”, questa uscita improvvisa mi spiazza. Indico il fondo del parcheggio. “Mi ci porti un attimo solo? Vorrei lasciare giù la borsa prima di andare a prenderci un caffè”.

Le apro la portiera e lei sale. Mentre lo fa la osservo bene, soprattutto quel suo sedere e penso lo stia facendo per appoggiare meglio la borsa e magari nasconderla alla vista dei passanti. Una volta accomodata mi guarda ammiccante ed allunga una mano verso di me, passando oltre la giacca(aperta), posandola sul cavallo dei miei pantaloni. “Sai…ti ho sognato stanotte…”

Me la vedo abbassarmi la patta e tirarlo fuori, già mezzo duro “…è ancora buono come al solito?”, trizzandone l’asta con una delle due manine. Avvicina la testa al mio bacino e stuzzica il frenulo con la punta della sua abile lingua. Fortunatamente il giaccone è talmente grosso e voluminoso da nascondere la scena a chi mi sta alle spalle. In un istante perdo il controllo sulle mie azioni e le spingo il mio attrezzo in gola. E’ di marmo all’istante. Reclino la testa indietro, mentre la sento già all’opera in un poderoso pompino. Mi rendo conto di dove siamo e che qualcuno potrebbe vederci. Mi guardo intorno, preoccupato. La sua lingua si muove sapietente. Le sue labbra avvolgono il giocattolo, calde e morbide. La mano scorre sull’asta. Non c’è nessuno per fortuna. Le vengo in bocca, copiosamente. Lei accoglie il mio sperma, apre la bocca e mi favedere che è tutto sulla sua lingua. Accosta le labbra ed inghiotte. “Vedo che segui ancora la cura a base di ananas…” Una frase dettaa con un sorriso maliziosamente divertito.

Ci risiamo. Mi sono immaginato tutto. Porca miseria!

Lei ritira la mano dai miei pantaloni e mi fa un cenno con la testa “Sali un attimo…”. Eseguo. Non appena sono salito riprende il discorso “…dicevo…sai…ti ho sognato stanotte.” Le sorrido, chiedendole di raccontarmi se il sogno fosse stato piacevole o meno. Lei mi prende per il bavero della giacca e mi tira a sè, iniziando a baciarmi. Ah…la sensazione di quelle labbra sulle mie…il calore…la consistenza. Sentire la sua lingua intrufolarsi tra le mie labbra…desiderosa. Curiosa. Abile. In un istante una mia mano va sul suo seno e strizza una tetta. Un suo mugolio di assenso, accompagnato da una mano portata di nuovo al suo amichetto è un preciso e perentorio “CONTINUA!”. Mi perdo per qualche istante in lei, per poi ritrovarmi a pensare a dove siamo ed interrompermi. Mi guarda delusa. Vogliosa mi riprende per la giacca e mi trascina a sè. Nonostante il cervello dica di no, i miei muscoli non ne seguono gli ordini e preferiscono assecondare il movimento di questo gran pezzo di ragazza. Dopo alcuni focosi baci e carezze una seconda interruzione. Le faccio presente dove siamo e che non dovremmo, visto il luogo e l’ora. Mi sorride, sensuale ed eccitante “Ecchissenefrega…”, ripetendo il gesto per la terza volta e riprendendo i bacie le carezze. Una mano abbassa la zip e si infila dentro i miei boxer, trovando subito l’asta e stringendola. “Non dirmi che rifiuteresti un servizietto…”. La guardo stranito. Mi fa l’occhiolino e, senza aspettare una mia risposta si china su di me, tirandomi fuori dai pantaloni il pene. Eccolo, il calore delle sue dolci labbra. Un bacio. Due baci. Una leccatina. Panico del sottoscritto. Gli occhi iniziano a viaggiare tra gli specchietti, sperando che nessuno veda. Il calore della sua bocca avvolge la punta del mio membro. No, non c’è nessuno in giro. La lingua si muove con maestria. Cavolo…quel tizio viene ver…ah no…sale su quella macchina laggiù…bene. Mi sento risucchiato in profondità nella sua bocca, lo sento avvolto e coccolato. Lo sento duro. Duro da scoppiare. Una mano mi stringe i testicoli e li massaggia…una sale e scende lungo l’asta. La testa inizia a fare su e giù. I miei occhi continuano a viaggiare, instancabil. Noto che la gonna si è leggermente scostata dalla sua schiena ed approfitto per infilare una mano sotto il tessuto. Nelle mutandine. Rumorini di risucchio, sento che le sto riempiendo la bocca con la verga. La paura di essere visti inizia a scemare…le sensazioni che lei mi sta dando son troppo forti…troppo piacevoli. Un mio dito percorre il bordo del suo buchino, fa fintadi spindere per entrare. Lei geme, come a chiedermi di farlo. Muovo la mano leggermente, faccio scorrere un dito sulle grandi labbra. Mi vuole.
Sento che sto per venirle in bocca. Evidentemente anche lei sa bene a che punto mi sta portando e si interrompe all’improvviso. Le tolgo la mano di dosso e lei si rialza. Quanto vorrei prenderla per la nuca e riportarla giù. Dal suo sguardo vedo che anche lei vorrebbe. Purtroppo lo specchietto retrovisore mi dice che è proprio il momento di smetterla viste le ombre lontane che vengono nella nostra direzione. Ci rassettiamo in fretta, ci scambiamo uno sguardo complice ed un bacio. “Caffè?” “Sì, è meglio…”. Scendiamo dalla maacchina. Questa volta non me lo sono immaginato. Peccato aver dovuto interrompere. A braccetto andiamo verso il bar. E’ passata solo una mezzoretta. C’è il pieno di operai appena usciti dalle fabbriche. Si bevono un bicchiere prima di tornare a casa dalle loro mogli. Andiamo al bancone ed ordiniamo due caffè. Lei non può fare un passo senza essere seguita da sguardi allupati. Le salterebbero tutti addosso. Si legge in viso quello che pensano. Mentre ci gustiamo il contanuto della tazzina, ce n’è uno in particolare, la tiene d’occhio. Sta palesemente cercando di capire se può provare ad attaccare bottone con lei o se deve aspettarsi una testata dal sottoscritto. Ognivolta che nota di essere stato beccato sposta lo sguardo. Ma dopo poco è di nuovo a mangiarsela con gli occhi. Pago ed usciamo. Mi confessa di essersi sentita come un cerbiatto in mezzo ad un branco di lupi affamati. Estrae sigaretta ed accendino da una tasca e si mettea fumare. Mi prende a braccetto e si stringe a me “Mi sei mancato sai?”
Andiamo verso una panchina, chiacchierando amabilmente mentre aspettiamo l’altro invitato.
So che questa sera lei sarà mia…e non posso che esserne felice. “Amore, senti…mi faresti due foto?” Una frase da lungo attesa che distoglie la mia attenzione dallo schermo del PC. La guardo incredulo. Con un sorriso dolcissimo aggiunge “…sai…volevo chiedere ad un’amica dei consigli per il vestito per sabato…”. La mia mano si allunga verso il cellulare, mentre annuisco silenzioso. Spero che l’espressione non tradisca troppo l’apprezzamento per la richiesta.
Un istante dopo vedo la mia lei dirigersi verso l’armadio. Il movimento dei suoi fianchi è ipnotico. Sparisce dietro l’anta del mobile.
Aspetto impaziente. Gambe fasciate da calze scure, gonna aderente che non lascia nulla all’immaginazione e maglietta verde smeraldo. Una visione che riappare zampettando verso di me. Si china per prendere le scarpe col tacco da sotto la scrivania e nel farlo mi lascia sbirciare nella scollatura. Già il nostro amichetto prende vita nei pantaloni della tuta. Cerco di mantenermi calmo, respirando profondamente. Il suo viso passa vicino al cavallo dei miei pantaloni. Per un istante spero che ci si avventi famelica.
I piedini si infilano lesti nelle decolltè nere. Qualche passo indietro e già si mette in posa per me. Cellulare alla mano la prendo nell’inquadratura e “Click!…Click!- Click!”. “Bene, ora l’altra opzione…” Rimango muto ed immobile, come una statua senza volontà, perso nei miei pensieri. Dopo un breve istante dietro l’anta la sento canticchiare. Fugaci visioni di un piede, un gluteo, una gamba. Riappare con una camicetta attillata, piccole righe rosse e bianche danno l’impressione sia rosa. Le mancano solo gli occhiali per sembrare una segretaria da film per adulti. La pressione nei miei boxer aumenta. Scatto veloce un altro paio di foto e lei si nasconde nuovamente ai miei occhi. Il giochino si ripete per un altro paio di vestitini…sempre più mini e sempre meno adatti all’occasione per cui si sta preparando. Un cambio di scarpe, “più sbarazzine” come dice lei, con unu laccetto che sale lungo la caviglia ed accompagna lo sguardo verso le sue gambe. Altre foto. Altra eccitazione nel guardarla, nell’apprezzare le sue forme così femminili.

“E se mi provassi il vestito da Jessica Rabbit?”

Una frase in tono scherzoso. La risposta lo è altrettanto, dubbioso del fatto che ce l’abbia davvero.

Dopo alcuni minuti di fruscii eccola apparire. Vestito lungo. Bordeaux. La fascia completamente. Si è tolta le calze. Uno spacco laterale le permette una sforbiciata sufficiente a potersi muovere. Sento la mia mascella che si abbassa e la salivazione che si fa abbondante. Ho di certto un’espressione idiota. Scatto un paio di foto, come fatto finora, cercando di fingere un controllo che non ho. I battiti del cuore sono schizzati a mille. Lo spazio nei boxer è a livelli minimi, quasi dolorosi. “Ti prego cambiati”…mi sfugge in un ultimo tentativo di mantenere il controllo. Mi sorride maliziosa e mi dà la schiena. Sculetta, camminando verso l’armadio. Si nasconde dietro l’anta ed imita il personaggio dei cartoni, facendo apparire un piedino mezzo nascosto dalla scarpa nera… poi la gamba…la coscia. Per un attimo vedo bianco. Mi accorgo appena in tempo di stare per placcarla come se fossi in un campoda rugby e riesco a trasformare la mia azione in un abbraccio. La bacio con passione. Il collo. Le labbra. Le nostre lingue si incrociano, si cercano. la alzo senza sforzo e la avvicino alla porta. La appoggio al muro e premo il mio corpo contro al suo. Altri baci, carezze. “E’ anche senza reggiseno…” un pensiero che passa come un lampo nella mia mente non appena noto i suoi cappezzoli spingere contro il tessuto. In un altro attimo di “buio” mi abbasso la tuta ed i boxer quel tanto che basta da tirar fuori il membro, turgido e pulsante. Lei capisce di essersi spinta al punto in cui la desidero troppo. Si accovaccia e lo prende in mano. La mia mano, impaziente, si appoggia alla sua nuca e la tira verso di me.

Un’intensa sensazione di calore avvolge la punta del mio pene. Le tolgo la mano dalla testa e mi appoggio, a mia volta, sulla porta. Sento la sua mano stringermi, la lingua correre sull’asta. La guardo e mi sento fortunato. In un’istante passano alcuni minuti. Sento che sto per venirle in bocca. Lei si ferma e mi guarda negli occhi. In un attimo di lucidità leggo nel suo sguardo “Guarda che questo vestito non possiamo sporcarlo”. Sono combattuto tra il rimettere via la mia verga e l’infilarla nuovamente tra le sue labbra.

Mi rimetto boxer e pantaloni a posto e la alzo. Uno sguardo grato, fugace. Le dò una pacca sul sedere “Cambiati và…” mentre di dirigo nuovamente alla scrivania. I soliti Diavoletto ed angioletto combattono la solita guerra del “ma sei scemo?!” e del “bravo…hai perso un pompino ma ti sei comportato bene”. Per un attimo nascondo il viso tra le mani e sospiro.

Lei nel frattempo si è cambiata. Ha messo un vestitino rosa. E’ talmente attillato che nell’infilarselo si è trascinato con sè le mutandine fino a mezza coscia. La sento borbottare qualcosa. “Eh?”
“Ho detto…mi ha abbassato le mutandine…tanto vale togliermele…” La sento dire mentre cammina verso di me. Niente reggiseno. Niente più mutandine. Vestitino strizzatissimo e tacchi. Le faccio un paio di foto e le chiedo di avvicinarsi. Stacco il cervello. Tanto ormai non serve più. Tutto il sangue è stato pompato da un’altra parte. In un attimo i miei pantaloni sono abbassati. Il vestitino è alzato e lei è a cavalcioni sulle mie gambe. Ma questa è un’altra storia. Eccoci lì, prontia prepararci per uscire a fare la spesa per il pic-nic.
Dopo il risveglio piacevole avuto nella mattina, interrotto all’improvviso, siamo entrambi bramosi del corpo dell’altro. Le ore sono passate e non abbiamo ancora avuto l’occasione di riprendere il discorso.
Tra meno di una ventina di minuti dovremo essere al supermercato con i nostri amici. Frettolosamente andiamo entrambi in camera ma io ti fermo, afferrandoti un braccio e sussurrandoti dolcemente di fermarti un attimo e chiudere gli occhi. Sai bene che quando faccio così stai per ricevere un dolce ma appassionato bacio. Eccolo che giunge, puntuale, sulle tue labbra. Le dischiude e le lingue si incontrano. Mentre riapri gli occhi ti senti spinta, anzi accompagnata, giù, verso il letto. Ti ritrovi seduta, con il sottoscritto inginocchiato a terra, al tuo fianco. Azzardi un “Dai…non abbiamo tempo…” ma il mio indice si posa sulle tue labbra e ti zittisce. Viene subito sostiuito dalle mie labbra, mentre lo stesso dito percorre il tuo viso, il tuo collo, tutto il tuo corpo . Si ferma infine sulle tue mutandine e si infila al loro interno. Rapido percorre il monte di Venere e si insinua tra le tue labbra. Giunge a contatto con il clitoride ed inizia a giocarci. I nostri baci non si interrompono nemmeno per un attimo. Non appena ti bacio il collo provi, con l’ultimo barlume di razionalità, a ricordarmi che dovremmo andare. Interrompo i miei baci, ma non fermo l’indice, che ora preme lievemente più forte. Mi alzo e mi inginocchio sul letto. Senza dire nulla afferro la tua nuca e ti trascino verso il mio membro, eretto e pulsante. Colta alla sprovvista te lo ritrovi poggiato alle labbra. Non protesti più. Inizi a succhiarlo con gusto, godendoti quel giocattolo per qualche istante. Accellero il movimento dell’indice per poi interromperlo all’improvviso ed iniziare lenti movimenti circolari. Le mie anche iniziano a muoversi, come per scoparti la bocca. Una manciata di minuti ed inizi a gemere di piacere. Afferro i capelli e li tiro per allontanarti da lui. Interrompo anche la masturbazione e mi siedo vicino a te. Ti bacio con trasporto. “Ora dobbiamo proprio andare…” Le ultime parole prima di alzarmi e cambiarmi. Una tortura. Per entrambi. Sappiamo che il piacere è solo rimandato alla sera. Mi guardi con quegli splendidi occhi. Uno sguardo che dice “Te l’avevo detto.” ma anche “Ti voglio” e “Quando fai così ti odio…ma ti amo per lo stesso motivo”.
Il profumo del tuo sesso sulle mie dita mi accompagnerà fino al bagno. Il pensiero di quanto appena fatto mi seguirà per tutta la giornata. Il ricordo invece… Una di quelle mattine qualunque…in cui lui si sveglia con un’erezione e, prima ancora di sapere dove sia, sa già che ha voglia.

Una mattina qualunque…una di quelle in cui lei non ha ancora aperto gli occhi ma già sa che il suo uomo avrà voglia di lei.

Un corpo che cerca l’altro, lo avvolge. Un sorriso di lei, che si sente coccolata. Un oggetto cilindrico di una certa consistenza, preme sui suoi glutei. Un sorriso di lei, che si sente desiderata.

Un piccolo sbuffo di lui, che vorrebbe entrare in lei ancora prima di essersi svegliato del tutto.

Una mano con un palmo indurito dal lavoro, ma dal tocco delicato, si infila nelle mutandine, scostandone lentamente il bordo. Scivola verso le labbra e le carezza.
Nell’aria un lieve mugolìo di piacere femminile. Un ottimo segnale. Le dita scorrono tra le gambe, fino a raggiungere i ricci di quel pratino tanto curato. Ci giocano per qualche istante. Nessun altro rumore. Un polpastrello ritorna indietro, per cercare il clitoride.

Le cosce si stringono, bloccando la mano. Il corpo si torce, sensuale. Lo sguardo di lei incontra quello di lui. Lo fulmina. “NON ADESSO”. Impossibile non coglierne il significato.

La mano si ritrae, i polpastrelli leggermente umidi del piacere di lei. Il solito controsenso che lo infastidisce.

Per alzarsi a preparare il caffè è costretto a passarle sopra. La bacia lievemente sulle labbra. Inutile cercare di obbligarla. Tanto sa essere calda, tanto istantaneamente può trasformarsi in ghiaccio. Lei pare apprezzare. Lui continua a baciarla, dolcemente e cercando di non pensare al sesso, ma al farle una veloce coccola. Un rito che si svolge ogni mattina, ma sempre in modo diverso.

I baci scendono verso il collo, ne vengono scoccati un paio sui capezzoli piccoli e ritti di lei, per poi continuare sull’addome e sul monte di Venere. Uno solo viene poggiato sul suo sesso, rubato in un istante. Seguono infiniti altri sulle cosce, ma ecco…ad erezione sparita…il “fattaccio”.
Quel diavoletto di donna preme col dorso del suo piede sul cavallo dei boxers. Lo fa scorrere lungo l’asta. Si crogiola di quella reazione istantanea al suo richiamo. Il secondo piede segue il primo ed inizia a stimolare i testicoli. Ora è la pianta del primo piede a premere sul pene. Lui è a quattro zampe. Guarda la sua donna, incredulo e piacevolmente sorpreso. Lei continua a massaggiarlo, usando le dita dei piedi per cercare di fargli perdere il controllo. Godendo nello stuzzicarlo per mettere alla prova, una volta in più, la sua capacità di controllarsi. Di mettere a tacere quella sua pulsione.

Il tempo pare fermarsi. Il gioco continua per quelli che potrebbero essere istanti o minuti. Entrambi immersi in esso. Lo sguardo di tanto in tanto si abbassa per ammirare quegli splendidi piedini femminili, così curati, e quelle unghie tinte di bordeaux.

Ormai il membro è completamente gonfio, e pulsante. Le vene, piene di sangue, sembrano essersi trasformate in increspature fatte per stimolare le pareti della vagina. Il desiderio di usarlo proprio in quel modo si rifà vivo più che mai.

Lui, in un breve istante di lucidità, conscio di essere caduto per l’ennesima volta nella rete interrompe il gioco. Si alza in piedi e si porta sul lato del letto, per recuperare maglietta e pantaloni. Nel farlo però si espone allo sguardo di lei.

Divertita, non stacca gli occhi da quanto quell’intimo maschile mostra e nasconde allo stesso tempo. Quel sedere e quel membro. Si siede sul bordo del letto e decide di scusarsi col suo uomo. A modo suo. Mentre lui si sta ancora infilando la maglietta, approfitta del fatto che non si sia ancora allacciato i pantaloni. Abbassa velocemente i boxers e ne estrae un pene totalmente eretto e pulsante. Sa quanto sia desiderata, ed in parte le dispiace di averlo stuzzicato coi piedi. Guardando in alto per godersi la reazione, si infila in bocca l’attrezzo ed inizia immediatamente a succhiarlo. Non segue la solita tecnica. Non parte leccandolo per fargli gustare pian piano ciò che succederà a breve. Come si suol dire: “parte in quarta”. La saliva aiuta lo scorrere di quell’asta tra le sue labbra e nella suo bocca. Solo mezza ne entra, come al solito, ma a sufficienza per far impazzire il proprietario.
Gli sorride, non appena vede la testa sbucare dalla maglietta e l’espressione sconcertata dipinta su quel viso che lei tanto ama. Ora è davvero certa di volerlo far godere, di voler sentire il suo sperma su di sè.
In fondo anche lei godrà del piacere di sapere quale potere abbia su di lui, di sapere quanto lui la desideri, di essere il suo giocattolino sessuale e che lui sia il suo.

Senza staccare gli occhi da quelli di lui, come per sfidarlo, continua in quel pompino forsennato. Divarica le gambe, fa finta di spremersi i seni, di toccarsi. L’eccitazione forse sta prendendo anche lei, ma non se ne rende del tutto conto, troppo concentrata sul far impazzire il suo maschio. Due dita le si infilano tra le labbra, si inzuppano scopandosela furiosamente. Un lieve rossore di vergona sul viso di lei non appena si accorge che sono le proprie. Fa per pulirle sulle lenzuola quando la mano di lui le afferra il polso e le trascina la mano verso il viso. Si accorge che il proprio uomo se le sta portando alla bocca. Gusta il nettare di cui sono coperte. L’altra mano di lui le scosta il viso, le sottrae l’arnese dalla bocca. Giusto in tempo per non venirle in gola. Vari fiotti di bianco sperma la raggiungono sul collo, sul petto. Colano sul suo nudo corpo, segnale del raggiunto obbiettivo.

Lei lo guarda, sorridendo imbarazzata. Un sorriso per essere riuscita nel proprio intento. L’imbarazzo perchè non capisce come faccia lui a trovare così buono il sapore del sesso della propria donna.

Lui lla guarda, sorridendo innamorato.

Leave a Reply