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Quadrilatero bollente

By 15 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Emma da Montalto di Castro

 

Montalto di Castro, 1973

 

Da quando si era separata da mio padre a causa dei ripetuti tradimenti di quest’ultimo, mia madre era cambiata. Da madre austera e irreprensibile cominciava a manifestare una rinnovata voglia di vivere e di divertirsi.

Un pomeriggio venne a casa il mio fidanzato con un suo collega per bere un drink insieme a noi e fare quattro chiacchiere

La conversazione  fruiva che era una meraviglia e i bicchieri di Martini Rosè pure accompagnati da ottima musica soft in sottofondo. Notai comunque che Giacomo, il collega di Mario, e mia madre diventavano via via più intimi.

Alle prime note di “Samba pa ti”, Giacomo invitò mamma a ballare al centro del soggiorno. Questo mi lasciava campo libero con Mario che iniziava a limonarmi sul divano in maniera sempre più spinta facendo salire la mia eccitazione a limiti incontrollabili,  :”Ehi….metti le mani a posto, c’è mia madre!” dissi a Giacomo mentre intrufolava una manaccia sotto le mie mutandine ormai zuppe, :” Dai ciccina…sapessi quanta voglia ho di scoparti, ho portato apposta  Giacomo per tenere impegnata la mammina, che a quanto sembra non si fa pregare” rispose lui con tono beffardo.

Mi girai verso i due che ballavano e con mio enorme stupore vidi che Giacomo aveva sollevato la gonna di mia madre che con mia ulteriore sorpresa era senza mutandine e si faceva impastare il culo con estrema disinvoltura.

Intanto la paccata con Mario si stava avviando verso una strada senza uscita, il porco mi aveva sbottonato la camicetta, abbassato le mutandine e si stava dedicando alla mia fregna con  un ricamo di lingua appassionato.

La mia eccitazione era ormai tale da fregarmene che ci fosse anche mia madre che a quanto sembrava in quel momento aveva ben altri impegni, Impegni di passera, anzi la cosa la trovavo tremendamente eccitante!

Difatti la porcona aveva ora preso a slapparsi senza ritegno la mazza di Giacomo con una perizia da esperta bocchinara con tanto di sonori risucchi e sputi sul cazzo!

Spontaneamente troie iniziammo una specie di gara spompinatoria sui nostri stalloni arrapati dove il premio finale sarebbe stato il contenuto dei loro coglioni.

“Ho voglia di farti il culo” mi sussurrò Mario all’orecchio ” Che cazzo aspetti?” risposi io. Si lubrificò la nerchia nella mia spacca allagata e con la cappella prese a farsi  lentamente strada nel mio culo fino a dilaniarmi lo sfintere.

Mentre mi gustavo quel randello tra le chiappe vidi che Giacomo aveva seguito l’esempio di Mario e si era impalato mia madre sulla fava fino alle palle ” Sfondami, sfondami questo culo rotto, porco!” ansimava la troia nel delirio della goduria. Eravamo entrambi impalate di culo sui nostri maschi, l’aria era pregna del profumo acre delle nostre sorche eccitate che ci masturbavamo oscenamente e ormai scivolate in quel gorgo di libidine porca, eravamo più che mai decise a svaccarci fino in fondo.

Ci ritrovammo faccia a faccia mentre i due montoni ora ci inforcavano le sorche alla pecorina con ritmi forsennati tra grugniti animaleschi e ceffoni sulle natiche e istintivamente prendemmo a limonare come porche non senza dirci cosa pensavamo  l’una dell’altra ” Troia!” ” Puttana!” Da quel momento i due zozzoni cominciarono ad appellarci con pesanti epiteti tipo lesbicone, vacche e troione fino all’acme di quell’inaspettato quadrilatero quando ci innaffiarono visi e corpi con potenti schizzi di sborra calda.

Ma quando se ne furono andati tra me e mia madre non era finita certo con quella breve pomiciata. Una volta sole ci posizionammo in 69 facendoci letteralmente uscire il cervello dalle spacche, poi ci trasferimmo in camera da letto e ci godemmo reciprocamente per tutta la notte con poderose slinguate di passera.

Da mamma e figlia ci eravamo rivelate due calde mignotte affiatate e affamate. Quando in paese si sparse la voce, un esercito di porconi allupati era disposto a gettare ponti d’oro pur di averci a letto insieme e cogliemmo quindi la palla al balzo per alzare un po’ di grana. E ne facemmo di quattrini…

 

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