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Racconti Erotici Etero

Quasi un…

By 23 Settembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Anche quando l’avanzare degli anni rende sempre più infrequenti certi accadimenti, sempre deliziosi, rimane sempre qualcosa, in noi, che va al di là della semplice sessualità.
Sento già, i più giovani, commentare che si tratta del solito rincoglionimento senile, altri sorridono e ricordano la famosa rinuncia della volpe, quando, guardando l’uva troppo alta perché potesse raggiungerla, si allontanava dicendo che, tanto, ‘non era matura!’.
Comprendo benissimo i miei cari concittadini, i Veneziani, quelli di ‘Venessia’, non della terra ferma, i ‘caga in aqua’, che dicono: ‘I ga voja chei poareti, che no i ga vudo la fortuna de sajar ste ‘robe’, de tacarse al vecio dito de la volpe furbeta, la qual, no rivando a sgranfignar el graspo de ua da la tiréla, la salvava la facia – no la panza – disendo: “Nondum matura est!”‘
Ste ‘robe’, nel mio caso sono le dolcezze muliebri, il piacere del sesso.
Ma come la più scura delle notti non &egrave mai tanto nera, e improvviso può sorgere un bagliore che la rischiara, così l’ineluttabilità della natura, a volte, lascia posto a imprevisti e inattesi, quanto stupendi, ‘ritorni di fiamma’. Ad essere sinceri’ un ‘riavviamento’ del motore &egrave sovente facilitato dai miracoli della farmaceutica moderna.
Comunque, benedetti quei ‘bagliori’. Una specie di resurrezione. Un po’ come il miracolo di Lazzaro! (senza nessuna irriverenza blasfema!)
Ma mi accorgo di essere disordinato.
Vediamo come era ‘cominciata’ questa particolare storia!
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Avevo deciso di ‘lavorare’ quasi esclusivamente a casa, nel mio piccolo e non ordinato studio. Era evidente che prima o poi la mia attività, abbastanza varia, dovesse ridursi. E’ nella logica del tempo.
Anche in considerazione della necessità di non affaticarmi, avevo bisogno di un ‘aiuto’. Non saprei come meglio definirlo. Una specie di assistente, con qualcosa della badante, che avesse una certa istruzione, conoscesse almeno i principi sul quale si basano le ricerche, di ogni tipo, che fosse disposto ad accompagnarmi anche fuori città, se necessario. Quella che usa definirsi una figura professionale complessa.
Cercai di sintetizzare i requisiti richiesti e mi affidai ad una inserzione su un giornale, badando di scegliere quello non eccessivamente popolare. Logicamente non avevo messo il mio nome.
Molte risposte giunsero alla casella postale.
Le esaminai attentamente.
Una mi colpì in particolare.
Antonella Tosi, 31 anni, sposata, due figli, marito tecnico presso una società elettrica, superati gli esami del terzo anno di università, poi smesso per ragioni familiari. Elenco degli esami, voti lusinghieri. Sorrisi allorché mi accorsi che aveva superato brillantemente anche la mia materia, e dire che non ho la fama di regalare voti! Patente auto, conoscenza dell’uso del PC.
Il nome non mi ricordava niente. Decisi di convocarla.
Si presentò all’ora stabilita.
La guardai attentamente, ma non riuscivo a ricordarmela, come allieva esaminata.
Mi disse che non immaginava che fossi io l’interessato, ed era rimasta sorpresa quando lo aveva letto sulla lettera d’invito.
Era graziosa, dimostrava meno della sua età. Un tipino elegante, piccolino, con un personalino molto attraente. Espressione del volto allegra, buona conversatrice.
Le dissi il tipo di attività che mi attendevo da lei, la pesantezza, soprattutto dell’orario, la necessità di accompagnarmi in qualche viaggio, magari anche lontano e che lei, con marito e figli, forse, non avrebbe potuto sottrarre alla famiglia tutto quel tempo. Mi guardò con un certo senso di preoccupata delusione. Mi assicurò che per lei non c’era problema: i figli sarebbero stati curati dalla madre, abitante nello stesso edificio; nei riguardi del marito nessuna difficoltà (scrollò le spalle), quindi’ dipendeva da me. Le parlai della retribuzione, e le proposi un periodo di prova.
Accettò entusiasta, e l’indomani cominciò il suo lavoro.
In effetti, era attentissima, in tutto, a cominciare dalle terapie farmaceutiche che dovevo seguire. E seppe sorridere, educatamente, quando mio moglie non le dimostrò particolare simpatia.
Prova superatissima. Non mi azzardavo a chiederle perché avesse troncato gli studi. Era preparata, intelligente, dotata di capacità analitiche e di sintesi. Aveva, devo ammetterlo, qualche ‘ombrosità’ che, però, riusciva a nascondere col garbo e la gentilezza.
Ho sempre dato il ‘lei’ a tutti i miei collaboratori e allievi, ma una bella mattina mi accorsi di averle dello ‘scusa’, correggendomi subito dopo: ‘scusi’.
Mi rispose che lei avrebbe preferito il ‘tu’, si sarebbe sentita più vicina a me.
Mi sorrideva spesso, con dolcezza, e vi era un atteggiamento quasi riverente, verso me. Mi era sembrato, certamente illudendomi, povero vecchio, che ci fosse della tenerezza. Mi circondava di premure. E non tralasciava occasione per essermi vicina, per toccarmi.
Se dovevamo leggere un documento, si metteva accanto a me, in piedi, e si curvava appena.
Fianchi splendidi, rotondità meravigliosa quel suo grazioso fondo schiena, e una sbirciata nella scollatura mi aveva fatto capire che aveva due vezzosi seni, ben proporzionati, e dovevano essere ben sodi.
Quando, facendo finta di farlo quasi inavvertitamente, le poggiai una mano sul fianco e scesi a quella irresistibile attrattiva delle sue natiche, non si scostò. Anzi, si avvicinò ancor più a me, e la volta successiva azzardò, cautamente, a mettermi una mano sulla spalla. Una sorta di abbraccio.
Che quei gesti potessero avere un seguito non lo immaginavo nemmeno, però quel contatto era piacevolissimo, forse era il massimo che lei potesse concedermi. Del resto, l’immensa distanza di età non poteva creare illusioni neppure alla mia sconfinata presunzione.
Mi colpiva, spesso, la luce dei suoi occhi, come mi guardava. Ma certo era la mia fantasia, l’effetto della senescenza. Non poteva essere quasi una sorta di adorazione che leggevo nei suoi sguardi. Mi chiedeva dei chiarimenti, stava ad ascoltarmi con attenzione quasi spasmodica, poi mi ringraziava con una voce’ mi prendeva la mano’ sembrava come se volesse baciarla’
Seguitavo a ripetermi che era la mia fantasticheria.
Quando le rivelai che scrivevo dei racconti erotici (cosa che fino ad allora sapevo solo io) mi chiese il sito, e l’indomani mi disse che aveva trascorso tutta la notte a leggerli, che li trovava stuzzicanti, sensuali, stimolanti, che non si riusciva a scorgere un confine tra passione, sesso, amore’ Tutto così naturale.
La ringraziai e le chiesi se ce ne fosse qualcuno in particolare che l’avesse interessata.
Sembrò turbata, arrossì. Sembrava un’adolescente.
Annuì lentamente, e mi disse che lei aveva perduto il padre quando era bambina’ e che non lo aveva mai considerato sotto l’aspetto del maschio, e che era rimasta incantata da quella completa, insuperabile, fusione di corpi, di sensi, di sentimenti, tra padre e figlia, come era in uno dei miei racconti.
Devo confessare che non detti molto peso alla cosa.
Come cambiò il nostro rapporto? Come un altro se ne aggiunse , non si interpose, a quello di pura professionalità?
In un modo da me sognato, oggetto dei miei castelli in aria, che consideravo, però, il mio wishful thinking, pio desiderio, certo che sarebbe restato tale, anche perché l’età non spegne la bramosia ma la natura ne ridimensiona la possibilità di appagamento. Non l’abolisce, no, ma’.
Dovevo andare a Parigi, per un incontro sul diritto societario nell’Europa Unita. Chiesi ad Antonella se potesse accompagnarmi. Ne fu felice. Non vi era mai stata. L’incaricai di telefonare alla segreteria del Convegno per confermare la mia presenza e farsi indicare l’accomodamento alberghiero. Aggiunsi che doveva dire che non ero solo, ma accompagnato da lei. La risposta giunse quasi immediata: Hotel George V, 412-414.
E così, il lunedì successivo, eravamo a Parigi, all’Hotel assegnatoci, a pochi metri dagli Champs Elys&egravee. Mancava poco al pranzo. Mi registrai alla segreteria del Convegno, salimmo nelle nostre camere. Adiacenti e’ comunicanti! La porta che li collegava la trovammo aperta.
Antonella che aveva osservato, molto interessata e compiaciuta, la vastità dell’Aeroporto, le strade percorse, l’Hotel, ed ora ammirava le due ampie camere, non si mostrò sorpresa da quella contiguità, ed osservò, anzi, che se avessi avuto bisogno mi bastava chiamarla.
Le chiesi se fosse stanca, se fosse disposta ad andare a pranzo, quasi di fronte all’Hotel, da Marius et Janette, dove avremmo trovato delle ottime ostriche e della squisita aragosta.
Mi guardò con la luce negli occhi. Mi rispose che le bastava un momento’
Infatti, il tempo di darmi una rinfrescatina, di sedere cinque minuti in poltrona e sentii bussare all’intercomunicante. Al mio invito ad entrare, apparve, allegra, sorridente, come una collegiale in vacanza.
E fu una splendida commensale, briosa, allegra, decantando, sottovoce, le squisitezze che, confessò, non aveva mai gustato.
Tornammo in Hotel, io volevo riposare un po’, alle 17,30 ci sarebbe stata una riunione tra pochi amici, alla quale anche lei poteva assistere.
‘Vuole che la chiami?’
‘No, grazie, Antonella. Se vuoi, puoi aspettarmi nella Hall.’
‘No, sarò in camera.’
Qualche minuto prima dell’ora fissata bussai, venne ad aprirmi. S’era cambiata d’abito, sempre molto attraente, la presi sottobraccio, andammo all’ascensore, e scendemmo giù, ci avviammo alla saletta dove era prevista la riunione. I soliti saluti, le frasi fatte di sempre, e presentai Antonella, come la mia assistente, che riscosse una serie di ‘enchanté’ esprimenti l’apprezzamento dei miei non giovani conoscenti.
Cena leggera, allo stesso tavolo.
Una piccola sosta al bar, un cognac’ poi, ancora abbastanza presto, dissi che sarei andato in camera, ma se lei voleva’
‘Niente affatto. Vado anche io in camera.’
Dopo meno di mezz’ora ero a letto, non più tardi delle undici.
Mi misi a sfogliare un giornale locale, forse mi appisolai’
Sentii il leggero fruscio della porta che si apriva. Socchiusi un occhio.
Antonella, in vestaglia, con i suoi lunghi capelli corvini sulle spalle. Si avvicinò al mio letto, lasciò cadere la vestaglia. Era completamente nuda. Bella come non avevo nemmeno immaginato, un corpo giovane, splendido, che mi faceva impazzire solo alla vista.
Mi guardò con un’espressione spaurita, con le labbra che le tremavano come se se stesse per piangere.
‘Posso?… Per favore’ mi abbracci.’
Entrò nel mio letto, l’abbracciai stretta, la carezzai con dolcezza, i capelli, la schiena’ più giù.
Mi guardava come incantata, cercava di sorridere, mise una mano nel mio pigiama mi carezzò il petto, vi poggiò sopra la testa. Era infinitamente dolce, tenera.
Quella vicinanza, intanto, stava annullando la barriera dell’età’ con evidenza.
Aveva messo una gamba sulla mia coscia’ se ne accorse’ alzò un po’ la testa, e negli occhi c’era una evidente soddisfazione’ Allungò la mano, sbottonò il pantalone, lo abbassò’ poi si mise in ginocchio per togliermelo del tutto, e si sdraiò su me. Incantevole, sentivo le sue tettine, i suoi capezzoli rigidi, il vello setoso del suo grembo’ e lei sentiva l’effetto che mi faceva.
Ecco, quella fu la prima volta con Antonella.
‘Dopo’ quando mi mostrò tutta la sua incredibile passione, la sua totale dedizione, il suo donarsi per ricevere, tornò a giacere su me.
‘Dio, com’&egrave bello’ non lo speravo’ non lo avrei mai immaginato’ con ‘lei” il mio sogno’ il mio vero Dio!’
‘Dai, Antonellina, non prendermi in giro”
‘No’ &egrave proprio così’ non desideravo altro!’
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E’ come quando un fuoco sta per spegnersi. Basta una piccola scintilla e, improvvisamente, torna gagliardo, anche se, spesso, per pochi istanti.
D’un tratto, mi &egrave sembrato aver trovata la strada che fino ad allora avevo invano e forse inconsapevolmente cercata. Mi veniva da ridere, pensando che, come dice Faust, attraverso le parole di Goethe,: ‘Giunto sul passo estremo, della più estrema età, in un sogno supremo sì bea l’anima già!’
Ho sempre vagato, curiosamente, nella mai completamente esplorata giungla del sesso, ma non mi era in nessuna occasione accaduto di incontrare tanta dolcezza, tanta completezza, unita a perfezione, totale appagamento.
Lo so, voci mi giravano intorno: si &egrave fatto abbindolare; si tratta di circonvenzione d’incapace; &egrave una furba di tre cotte; lo sta illudendo; lo prosciugherà in tutti i sensi!!! E così via.
Forse &egrave tutto vero, ma &egrave così dolce sentirsi al centro dell’attenzione, delle cure, delle gentilezze, dell’affetto, della passione’. E tutto avvolto in una dolcissima nuvola che, credo, dev’essere l’amore, quello totale, insuperabile.
Ho vissuto gli anni che avevo sempre sognato, ho avuto la conferma che nella vita c’&egrave ‘l’altra metà del cielo’. Come contraccambiare il dono che, devotamente, quasi con ritualità religiosa, Antonella mi faceva di sé?
Ho cercato di renderle la vita più facile, sì con tutto me stesso, ma &egrave ben poca cosa nelle mie condizioni, e mi sono illuso, e mi illudo, che qualche cosa che le ricordi me, per sempre, possa essere, in qualche modo, il ‘mio’ dono.
Anni di serena felicità. Nulla mi interessa di quanto mi circonda.
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Sensazioni mai vissute. ‘Complete’, ‘insuperabili’, ‘sconosciute’. Ma &egrave quel senso di ‘novità’ che mi ha sempre inebriato.
Come se fosse stata ‘mia’ da sempre. Parte di me stesso.
Non sto a dire come non sia stato facile farmi dare il ‘tu’. E lo usa solo quando siamo soli.
La rivelazione del perché io provi tali turbamenti, mi &egrave giunta improvvisamente, dalle parole che mi ha sussurrato, recentemente, mentre era tra le mie braccia.
Un lampo che ha squarciato le tenebre.
‘Mi sento protetta, quando mi tieni così, mi sento tua, come nessuno mi potrà far mai sentire. Sono parte di te. Come una figlia’!’
Ecco. Come una figlia!
Un legame che mi era sconosciuto. Una figlia. Carne della mia carne. Vivere in lei ciò che ha fatto venire lei al mondo. Non ci avevo mai pensato.
Era ‘mia figlia’, come se fosse mia figlia!
Ecco perché c’era tanta adorazione da lei, tanto tenero amore da me.
Quella rivelazione mi aveva colpito, mi aveva fatto improvvisamente e prepotentemente eccitare.
L’ho stretta forte, l’ho baciata con ardore.
La volevo, più che mai, e in quel momento potevo averla.
Sotto di me, tra le sue gambe, l’ho penetrata con una dolcissima impetuosità, l’ho sentita sobbalzare, intrecciare le sue gambe dietro la schiena. Sentivo di avere trent’anni’
Un amplesso lungo, meraviglioso, e lei che mi baciava, golosa, mi carezzava, inarcava la schiena, sembrava volesse essere trafitta dal mio sesso, come sacrificandosi deliziosamente nel donarsi. Ma voleva anche, voleva godere, e godette impetuosamente, travolta da un orgasmo che sembrava non finire mai, e quando il caldo esiguo rivolo del mio seme si sparse in lei, sudata e ansante mi ripet&egrave che sarebbe stato bello avere un figlio da me. Quasi un fratello!
Ero felice e commosso.
Già, ‘quasi un fratello’, perché quello, ora lo comprendevo, era quasi un incesto.
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