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Racconti Erotici Etero

Se mio marito sapesse!

By 13 Novembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Se mio marito sapesse che non passa settimana che non faccio l’amore almeno due volte, che ci sono mattine che mi vesto da sera e curo il dettaglio e sfumo i miei occhi in attesa di qualcuno che bussi alla porta, che mi trovi già pronta e piena di spacchi, di spicchi di faccia che lui solo conosce.

Se sapesse che dura da mesi ed ora non riesco a farne più a meno, se sapesse davvero chi scopa sua moglie! Un signore in divisa che saluta ogni giorno, che a Pasqua e Natale gli offre la mancia. A volte sorrido e mi chiedo quale sarebbe il giusto compenso, quanto il dovuto a chi spegne gli ardori e sfiamma le voglie che altrimenti la sera rimarrebbero fastidiose e invadenti, appese a qualche spalliera del letto.

Mi viene un brivido nel pensare che se davvero sapesse, mai mi perdonerebbe d’averlo tradito con un uomo che per ceto e cultura non è alla mia altezza, che per statura m’arriva alla bocca ed io in piedi gli bagno i capelli di voglia, mentre la sua lingua mi raspa tra il seno i buoni propositi che muoiono mentre l’aspetto.

Ma mio marito non immagina cosa fibrilla sotto quella divisa, sotto quell’aria anonima e servile che gli dice ogni giorno: ‘Buongiorno Avvocato.’ Non sa quanto ci sia voluto ad assorbire l’idea e quanto meno d’un niente mi sono lasciata cadere. E’ bastato che mi sfiorasse la mano, il braccio, una chiave spezzata dentro la porta del bagno. Proprio il quel bagno m’ha cominciata a toccare, ad accarezzarmi il seno che dalla vestaglia faceva di tutto per essere visto, per farsi accarezzare la carne, il desiderio d’amore compresso che prima o poi e comunque sarebbe esploso davanti a chissà quale altre mani.

Di fronte allo specchio mi sono finta sorpresa, tra le sue mani ho cercato un contegno mentre la mia tetta già riempiva una bocca e finta mi divincolavo senza arretrare d’un passo. Mai ho pensato di fuggire gridando, come mai l’ho contraddetto quando mi urlava che non aspettavo che altro, una furia impazzita che m’ha invasa di dentro.

Cosa direbbe mio marito se sapesse per filo e per segno quali segreti nascondo sotto la gonna, quali mutande che lui non ha visto e che cambio tre volte per esserne certa che in un fiato, in un bacio diventino impalpabili, stoffa di carta che si strappa a guardarla. Cosa direbbe se sapesse fino a che punto un portiere qualunque mi cerca la voglia, dove sempre più spesso gli concedo di trattarmi alla stregua di una donna che paga, d’un rifiuto di notte dove ci si scarica voglia. Cosa direbbe se sapesse che sono gelosa di sua moglie, una povera donna ricurva che lava le scale, che vale come femmina meno d’una mia unghia che smalto e ritocco.

Alle volte credo di essere fuori di testa quando godo nel farmi paragone ed umiliarmi pensando che la preferisce. A cosa vale questa seta in penombra che aspetta? Quest’accavallare di gambe che mi fanno perfetta, più preda mentre mi domando cosa ci provo a farmi dire porcate, a sentirlo padrone sopra i miei vestiti che sgualcisce e che macchia senza curarsi del prezzo.

Causa ed effetto d’ogni mio vizio, d’ogni trasgressione che mi prende e mi sollecita e mi fa chiedere scusa per ogni nonnulla, per ogni battito d’occhi che lui non aveva previsto. Non m’ha mai chiamata per nome, perché sarebbe troppa la confidenza, mi chiama signora e mi scopa, mi chiama signora e m’infila nel posto dove ha deciso, sempre diverso, perché come un gatto ha voglia di impregnare qualsiasi angolo, qualsiasi parte della mia casa per sentirsi padrone.

Ma mio marito non sente l’odore. Rientra in casa la sera come se nulla fosse successo, come se davvero avessi passato le ore dentro un mercato o a chiacchierare di nulla con la mia amica di fronte. Che ne sa lui cosa fanno di giorno queste labbra? Come mi concio per essere diversa da quella che vede, per essere tutto tranne questa signora borghese che chiunque rispetta, tranne il mio portiere che mi tromba i meandri d’un’anima informe, i segreti di una vita di coppia che spalanco e gli chiedo di entrare, e fare più in fretta, ed affondare distruggendo quello che trova.

Mi chiede e confesso ogni dettaglio di come faccio l’amore, ogni parola che mio marito pronuncia, se mi chiama puttana ed affonda o rimane a guardarmi chiamandomi amore. Ad ogni segreto che confesso sono voglie e sono carezze, baci e palpate di lividi dietro le tende, strusciate improvvise nella guardiola quando ritorno. Lo invito a salire, a far sì che anche oggi sia un giorno che conto, una sera che rido davanti a mio marito che se solo se ne chiedesse il motivo, forse domani mi salirebbe un minimo dubbio o quanto meno userei accortezze che ora neanche mi vengono in mente, quando penso che tra meno di un niente il suo odore mi scopa, la sua voglia mi arriva nel fondo dove un’anima impura ne sente il bisogno.

Davvero vorrei confessargli ogni minima cosa, dirgli che dove è seduto, stamane m’hanno sbattuta per bene chiamandomi cagna e ingoiando piacere nel punto dove il mio corpo si fa risucchio e ventosa. Davvero ora gli dico che la sua signora impeccabile raffredda i suoi seni strusciandoli a terra per il gusto di sentire il contrasto del fuoco che dietro fa mulinello, fa pressione ed entra sbaragliando resistenze d’attrito e di carne perché quelle mentali sono crollate da tempo.

Davvero ora esplodo e gli dico che le mutande che porto non hanno più ricami, che il mio sesso si ricompone a fatica, slabbrato negli orli da occhi, da mani in preda alla voglia. Giuro che ora sbotto e gli racconto, ma poi mi ritraggo e respiro, pensando che me ne chiederebbe il motivo. Ed io sì che farei scena muta! Perché se vado più in fondo non trovo ragione, perché solo in superficie ne trovo il riscontro, tra i miei capezzoli che s’induriscono e chiedono saliva, tra le mie gambe che domani sicura, indosseranno solo impalpabili mutande di carta.

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