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Racconti Erotici Etero

Sei proprio il mio tipo. Piacere di conoscerti.

By 22 Dicembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Seduta in prima fila, lui era già sul palco e lei chiacchierava con un’anima seduta di fianco a lei. Lo fissava, lo commentava bisbigliando nell’orecchio della sua vicina in modo che nessuno potesse sentire le sue parole ma che fosse ben chiaro il messaggio: era come se lo aspettava, anzi più carino. Proprio il suo tipo.
Lui aveva immediatamente capito chi fosse lei, e le lanciava sguardi incuriositi, un mezzo sorriso. Lei rispose con un cenno della mano. Ciao.
Ok cara, mi devi in sapore, diciamo che &egrave lui e che poi siamo pari. Le aveva adesso scherzando, ma non poi così tanto.

L’incontro era finito, i saluti di rito con le persone in sala, lei non si era alzata e lo aveva aspettato lì. Se ha capito verrà da solo, e aveva capito.
Grazie…, volevo salutarti…, conoscerti di persona.., sei mai venuta nel mio locale… No…, figurati…, &egrave stato un piacere… una volta magari… magari quando non devi lavorare… Facciamo una cosa, ecco il numero, se ti va chiamami.
Aveva estratto un biglietto da visita del lavoro e scritto il cellulare sul retro a penna.
Spero che tu lo faccia.

Ok, forse era stato il vino, forse non aveva nulla da perdere, ma l’aveva fatto. Poi si era girata e aveva raggiunto gli altri al bar.
Due drink, due risate con conoscenze comuni, qualcuno che ammicca. Ha il mio numero, aveva risposto, se vuole mi chiama.

Non aveva fatto in tempo a salire di nuovo in macchina che era arrivato un sms. Sei il mio tipo anche tu. Perfetto aveva risposto lei. 1-1 palla al centro.
Tre giorni dopo il telefono aveva cinguettato di nuovo: lunedì non lavoro. Perfetto, aveva risposto lei una seconda volta.

Perfetto, la sera era arrivata e l’avevano passata a raccontarsela, un drink dietro l’altro. Sapevano già come sarebbe finita, ma valeva comunque la pena di scoprire se in fondo avevano anche qualcosa in comune di una prima occhiata. E non c’era le niente, ma lui era carino e in fondo arrivata fino a li non aveva certo voglia di tirarsi indietro. Sai, ci rimarrebbe male chi ci ha combinato questa serata se non le diamo qualcosa di cui sparare, disse lei ridendo e guardandolo negli occhi. Hai ragione, rispose lui, sarebbe cattiva educazione, e si avvicinò per baciarla.

Non aveva aspettato un secondo a metterle la lingua in bocca, non aveva assettato un secondo ad infilarle la mano sotto la maglietta, non si era fatto pregare quando lei gli aveva chiesto in un orecchio Ma non hai detto che abitavi qui dietro?
Cinque minuti cinque ed era nel suo soggiorno, con in mano un bicchiere di vino. Aveva addosso solo un perizoma e la camicetta, seduta sul retro del divano mentre si dondolava con aria divertita. Via la giacca, via il maglione, via la maglietta, guardava il suo spogliarello privato sorseggiano uno splendido rosso.
Lei era alto, bello in un senso non convenzionale del termine, qualche chilo di troppo, le braccia tatuate e la testa rasata. Era proprio il suo tipo.
Le baciava il collo, le prendeva i seni fra le mani, che bel culo che hai ragazzina le aveva detto. Lei rideva, con una mano reggeva il calice, con l’altra giocava con l’elastico dei suoi boxer, lo baciava e si strusciava contro il suo uccello che era già duro e le si puntava contro.
Le prese il bicchiere e l’appoggiò sul tavolino. Girati.
No caro, lo spettacolo non me lo perdo, gli aveva detto e con la punta del piede gli aveva sfilato i boxer. Scopami così, dopo vediamo se fai il bravo…
Si leccò due dita, aveva le mani grandi e le aveva bagnato la fica, gliele aveva infilate dentro per un attimo per farsi spazio e poi lo aveva usato. Aveva cominciato a giocare con la punta, facendogliela sentire sul grilletto, poi contro le labbra, poi un pochino più dentro, in alto e in basso. Lo teneva in mano, con l’altra le teneva un fianco per trattenerla. Si baciavano si guardavano, lei gli succhiava i piercing ai capezzoli, se li faceva ruotare in bocca, li succhiava di nuovo…
Sempre più in fondo, piano, poi un colpo secco per metterglielo tutto dentro, poi di nuovo leggermente, per farla impazzire. Ad un centro punto le uscì dalla bocca: dammelo cazzo! E lui la accontento, bastava chiedere, e la fece sedere sullo schienale del divano, dritta davanti a lui e glielo infilò fino in fondo, tenendola dietro la schiena, contro il suo petto sudato. Era forte e gli piaceva sbatterla, deciso, veloce, senza aspettare ancora che lei lo implorasse prima di venire. E prima di guadagnarsi quello avrebbe voluto fino a subito.

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