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Racconti Erotici Etero

Serata in pizzeria

By 3 Marzo 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Eccoci qui…a prepararci per andare in pizzeria, come ti avevo promesso. Purtroppo i soldi non mi permettono di portarti in uno dei ristoranti che meriteresti. Ancora non capisco come una come te stia con uno spiantato come me. Io mi son già fatto la doccia e mi sto godendo un attimo di relax in accappatoio, sul letto, guardando la televisione. I vestiti sono tutti pronti sulla sedia lì vicino. Tu ti sei chiusa in bagno, portandoti dentro tutti i vestiti e gli accessori scelti per questa serata. Da poche parole dette prima, ho la certezza che vuoi farmi una sorpresa e non rischiare che ti salti addosso mentre tu ti stai asciugando e preparando per la cena con me. In televisione i soliti programmi per decerebrati. Cerco un canale con video musicali. Sento la tua voce provenire dal bagno, nonostante lo scroscio dell’acqua. Stai canticchiando. Non posso trattenere un sorriso al pensiero della mia splendida musa. Non mi alzo per cercare di spiarti dal buco della serratura, sarebbe inutile. Il box doccia è defilato rispetto alla porta. Prendo il libro sul comodino vicino e mi metto a leggerlo, per cercare di non pensare troppo a te e farmi venire una voglia che comunque non potrei togliermi. Non fino a sera tarda. Le parole si susseguono veloci, si ferma lo scorrere dell’acqua ma non il suono della tua splendida voce. Un Phon va a coprirla per lunghi minuti. Qualche gridolino ed imprecazione ti sfuggono di tanto in tanto. La causa? Quei capelli che tanto cerchi di stirare e che io tanto adoro, talmente mossi da sembrare boccolosi in alcuni punti. Fortunatamente per me basta un po’ di umidità a farli ritornare ribelli. Come piacciono a me. Rispecchiano di più il tuo io nascosto, focoso. Quello che solo io ho potuto vedere appieno. Chi mi ha preceduto non ha avuto nè la pazienza nè la sensibilità di capire come approcciarsi a te. Meglio per me. Così posso essere l’uomo più fortunato al mondo, anche se senza un soldo.
Mezz’ora passa veloce, grazie alla lettura. Il rumore di una chiave girata nella toppa mi interrompe. La tua figura, così femminile, esce dal bagno, portando con sè i profumi del docciaschiuma con cui ti sei lavata e delle essenze che ti sei spruzzata addosso. Sulla tua pelle diventano uno degli stimoli più forti per il mio olfatto. Che donna! Mi guardi accigliata ‘Ancora così?! Ma ti pare…’. Chiudo di scatto il libro e lo riappoggio sul comodino. Mi alzo di scatto. Ti guardo bene da capo a piedi. Un’improvvisa erezione fa scostare i lembi dell’accappatoio. Sorridi, notando il palese effetto che mi fai. Camicetta leggera, gonna appena sopra il ginocchio (non proprio attillata) che sottoline bene le tue forme. Calze e scarpe col tacco. Tu, con un mezzo sorriso, ti avvicini, sensuale. Ti inginocchi davanti a me solo il tempo necessario a dargli un’occhiata e ad accennare una leccatina. In un attimo sei di nuovo in piedi. Un’aria furba, alzi la mano e lo indichi ‘No belllo mio…non è proprio il momento…mi avevi promesso una pizza e…quella avremo. Su…’, ridacchi al dire l’ultima parola. Ti allontani, ritornando verso la porta del bagno. ‘Non ti vesti? Dai…io sono già pronta.’. Lievemente imbarazzato ed infastidito per essere stato illuso, anche se solo per un attimo, mi tolgo l’accappatoio di dosso ed inizio a verstirmi, con una certa fretta. ‘Prima andiamo, prima ceniamo, prima torniamo, prima me la faccio’ un pensiero che mi passa per la testa, veloce. Scuoto il capo, come se bastasse questo a scacciare il pensiero. ‘Spero che non ti secchi se rimango qui a guardare…’ la tua voce tradisce un tono malizioso.
Mentre finisco di vestirmi, mi lascio sfuggire un sussurro con la mia voce profonda, ‘Che ci troverete di bello nel corpo di un uomo voi…ancora non lo capisco.’. Mi avvicino e ti bacio, teneramente, a lungo.
Mi allontani con le mani, sorridendomi ‘Dai…andiamo…prima che il tuo amichetto riprenda vita…’. Una pacca a mano aperta, sul sedere. Reciproca. Uno scambio di sorrisi innamorati.
Un attimo dopo stiamo entrambi uscendo di casa, giacconi indosso. Un breve viaggio in macchina fino alla pizzeria. Ancora nessuno nel parcheggio. A macchina spenta, tento un approccio baciandoti il collo ed appoggiandoti la destra sulle cosce. Mi sorridi. Accompagnando il ‘Non ora…’ con un occhiolino, scendi e ti chiudi la portiera alle spalle. Ti imito.
Ci dirigiamo, a braccetto, verso l’entrata del locale. Pare proprio che siamo gli unici clienti per ora. ‘Beh…speriamo che almeno abbiano il forno già caldo’, solo un sussurro al tuo orecchio. In tutta risposta ti avvicini e mi rispondi: ‘Il mio lo è già…’. Rimango imbambolato per le tue parole, mentre si avvicina la giovane cameriera ‘Buonasera signori! Tavolo per due?’.
Le annuisci, con un sorrisone. Ci fa strada verso la sala con i tavoli apparecchiati, quindi si rivolge a noi, servizievole :’Prego, scegliete pure il tavolo che preferite. Come vedete siete i primi. Vi porto subito i menù’. Detto questo si allontana e noi ci scambiamo uno sguardo divertito. ‘Stasera abbiamo anche la cameriera tutta per noi…’ mi dici con aria dispettosa. ‘Manco avessi pagato per avere sala vuota e personale dedicato…’. La mia reazione ti strappa una risatina. ‘Sai bene che avrei voluto…ma di certo non ho potuto.’. Ti indico i tavoli ‘Scegli mia regina…quello che preferisci…’, ed accenno un inchino. Dopo aver dato un rapido sguardo ai tavoli indichi quello nell’angolino opposto alla posizione del televisore, in modo che ci sia una fonte di distrazione per eventuali altri clienti. Ti aiuto a togliere il giaccone e lo appendo su una delle due sedie vuote del nostro tavolino. Faccio lo stesso con la mia ed accompagno la sedia mentre ti accomodi. La tela della gonna si tende e si alza leggermente. Le gambe purtroppo sono nascoste dalla lunga tovaglia. Mi siedo accanto a te. ‘Hai visto che bel sedere ha la cameriera?’ dici, nemmeno a voce tanto bassa, col tono più stuzzicante che ti è possibile. Faccio segno di no. ‘Peggio per te. Fa caldo qui…non trovi?’. Liberi i primi due bottoni della camicetta e ti sporgi leggermente verso di me, lasciandomi intravedere di proposito il seno, strizzato nell’intimo bordeaux. Sai già che sta facendo effetto. Senti il mio ginocchio urtare il tuo, mentre divarico le mie gambe. E’ la tipica reazione di quando mi si gonfia il membro. Ti diverte però poter controllare. La cameriera ancora non si vede quindi mi lasci intendere che mi vuoi dare un bacio sulla guancia. Appoggi la mano sinistra alla mia coscia e le labbra al mio viso. Una serie di piccoli baci mi distrae, mentre le tue dita scivolano lungo la coscia ed arrivano al pacco. Dai una strizzatina, proprio mentre mi baci dietro l’orecchio. I miei occhi si socchiudono, per gustarmi meglio le sensazioni che mi dai. Un attimo dopo sento che ti raddrizzi sulla sedia. Di colpo. Apro gli occhi e vedo la cameriera avvicinarsi, con un sorriso divertito. Ci porge i menù. Li lascia sul tavolo. ‘Vi lascio soli, per decidere che fare…ritorno in 10 minuti’e si riallontana.
Ringrazio, lievemente imbarazzato. Tu continui a sorridere, e ti metti a scorrere le liste. Per un istante ti guardo il viso, la scollatura non eccessiva. L’impulso di saltarti addosso è forte. Ma non incontenibile. Un sonoro ‘TOK’, da sotto il tavolo, mi fa capire che ti sei tolta una scarpa. Faccio finta di nulla. Nemmeno un attimo dopo sento il tuo piedino strusciarsi su una delle gambe. Sai che mi piace. Sale. Divarico ancora di più le gambe. Fingendo assoluta noncuranza vai avanti con la ricerca della tua pizza di stasera. La cameriera ritorna, sembra quasi impaziente ed annoiata. Tu fai con naturalezza la tua ordinazione. Non appena lei mi guarda, sento il tuo piede andare dritto in mezzo alle mie cosce e far pressione. La voce mi si strozza in gola. La schiarisco, frettolosamente. Spero di non essere arrossito, o almeno che la mia corta barba stia nascondendo il cambio di colore. Ordino una birra scura ed una quattro formaggi. Totalmente dimentico che la scelta fatta nei minuti precedenti fosse un’altra. La ragazza ringrazia, gira su sè stessa e si riallontana. Le fissi il sedere, spudorata. Tanto non ti può vedere. Ti senti addosso uno sguardo di fuoco, il mio. ‘Perchè proprio quando stavo per parlare?’. Il più disarmante dei sorrisi mi spiazza ‘Non immagini? Sai che sono la tua micina dispettosa…’. Riprendi a far pressione in mezzo alle mie cosce, a massaggiare col tuo piedino. La cameriera ritorna nuovamente, con un vassoio e le nostre bibite. Tu non ti fermi un attimo, imperterrita. Sai che se non ci fosse la tovaglia si accorgerebbe anche lei della mia erezione. Sai che arrossirei. ‘Mi prendi il telefonino nella borsetta per favore?’. Sai che dovrei alzarmi per raggiungerla…l’hai messa apposta sulla sedia di fronte alla tua, ma dal fianco più lontano dal mio posto. La ragazza nel frattempo si ferma vicino a te ed appoggia la tua fanta di fronte al tuo piatto. Io tentenno. Cerco di aspettare almeno che lei si sia girata o allontanata. Ma ha ancora la birra sul vassoio. Fa il giro del tavolo e mi si avvicina. Appoggia la birra, ci sorride e ci dà la schiena. Fraintendendo il suo gesto, mi alzo per prenderti il cellulare in borsetta. Purtroppo per me lei stava solo recuperando, dal tavolo vicino, l’oliera. Senza farlo apposta, il suo sguardo va a finire proprio sul bozzo dei miei pantaloni. Cercando di non farci notare la reazione di apprezzamento lascia l’olio sul tavolo e si allontana. Recupero il tuo cellulare e te lo porgo, risedendomi. Riprendi il massaggio all’istante e ti metti ad armeggiare col telefonino. ‘Pare abbia apprezzato il tuo giocattolo…’ ridacchi nel dirlo. Infili una mano sotto la tovaglia. Il piacevole giochino si interrompe. Solo un istante dopo sento lo scattare di una fotocamera ed intravedo un lieve lampo per terra. Riporti la mano sopra il tavolo e controlli lo schermo. Un istante dopo mi stai mostrando quello che vedrei se mi nascondessi sotto. L’inquadratura non è perfetta ma si intravedono le tue gambe, divaricate, ed un paio di autoreggenti. ‘Guarda bene Amore mio’ aggiungi quindi con la tua voce suadente ‘…osserva meglio…’. La mia espressione cambia all’istante. La bocca si apre, gli occhi si spalancano di stupore. ‘Stellina…ma sei senza…’. Appoggi il cellulare con lo schermo nascosto. Afferri la mia mano e la tiri verso di te. Verso le tue cosce. Ti alzi la gonna quel tanto che basta perchè la mia mano si possa infilare abbastanza a fondo da sentire che non ci sono le mutandine. Riporti la mia mano sul piano del tavolo e ti ricomponi. L’erezione inizia a diventare quasi dolorosa. Il sangue al cervello è palesemente sempre meno.
Chiacchieriamo, sorseggiando le nostre bevande, per qualche minuto. Arrivano le pizze. Altri clienti inizano ad entrare e a sistemarsi qui e lì. La televisione viene accesa su una partita di calcio. Poco dopo il solito chiasso da pizzeria riempie il locale. Posate, risa, i commenti dei tifosi, la telecronaca.
Noi due siamo nel nostro angolino, quasi fossimo separati, in un mondo nostro. Io non riesco a trattenermi dal guardarti desideroso, tu ti gusti la pizza, divertita e felice. Il tuo piede a stuzzicarmi, accarezzandomi una gamba di tanto in tanto. Inizio a desiderare che tu vada sotto, per darmi un pò di sollievo. Anche solo liberandolo da boxer e pantaloni. Per un attimo penso quasi di farlo. Tra una chiacchiera, un boccone ed una risata il tempo passa. Le pizze e le bibite si esauriscono. Mi sporgo verso di te, ti sussurro all’orecchio tutto quello che vorrei farti. Ti alzi di scatto, aggiustandoti la gonna. Rimango impietrito, convinto di aver detto qualcosa che ti abbia infastidita. Mi fai l’occhiolino e inizi a metterti la giacca. ‘Cosa aspetti? Alzati…vediamo di rendere reali quelle cose…’. Completamente dimentico della vistosa erezione mi alzo e faccio per mettermi la giacca, girandomi su me stesso nel tentativo di fare prima. Noti una coppia di signori sulla cinquantina che mi osserva per un attimo,lei si rivolge al marito e sospira dicendogli ‘eh…quando anche tu eri così…’. Preso dalla foga di andarmene io non mi accorgo di nulla. Tu invece cogli tutto della scena e ridacchi divertita, seguendomi verso la cassa.
Mentre pago tu ti avvicini e mi abbracci. Il proprietario fa il conto e ci offre un amaro. Lo accettiamo volentieri, ringraziando.
Pochi minuti dopo siamo fuori dal locale, ti fumi la classica sigaretta del dopocena mentre passeggiamo per aiutare la digestione. In nemmeno una decina di minuti siamo persi nel buoio della notte, camminando per vie e vicoletti decisamente poco frequentati. Improvvisamente ti blocco, facendoti appoggiare la schiena contro il muro di una casa. Ti bacio, un incontro di labbra e lingue. Si intrecciano appassionate. Le zip delle giacche scendono, lasciandoci liberi di avvicinare i nostri corpi, desiderosi di qualcosa di più. Le mani esplorano il corpo dell’altro, ingorde. Tra una strizzatina di seno, palpeggiamenti di sedere e infiniti baci, ti ritrovi con una mano tra le cosce. Calda. Ti carezza sapiente, salendo fino ad arrivare al tuo sesso, ormai grondante per la voglia. Un dito percorre le pieghe della carne, passando sulle labbra e stuzzicandole. Si struscia, come fosse un piccolo pene. Movimenti lenti, misurati. Si bagna, scivola fino a giungere al clitoride e lo stuzzica, disegnando lentamente alcuni cerchietti, per poi muoversi con estrema velocità per un solo istante. La mano si ritira ed il dito viene portato tra le mie labbra. Ripulito, scende a riprendere gli stessi movimenti fatti prima, mentre ti senti sussurrare all’orecchio ‘…il più dolce dei desserts…’. Dopo solo pochi minuti di gioco le tue mani mi hanno aperto la zip dei pantaloni ed hanno abbassato i boxer quel tanto da permettere, finalmente, all’asta di liberarsi. Ti divincoli quel tanto che basta a poterti chinare e trovare con il mio attrezzo, gonfio e rigido, davanti al viso. Non puoi vederlo, per il buio presente nel vicoletto. Ma ne senti la presenza, lo senti pulsare. L’aria fresca tra le tue cosce inzuppate e spalancate non è sufficiente a spegnere il fuoco che arde tra di esse. Non servono parole in certe occasioni. Sappiamo entrambi cosa stiamo per fare. Lo prendi in bocca. Il contrasto tra la temperatura esterna e quella nella tua bocca mi fa avere un brivido. Una sensazione di piacere inizia a pervadermi. Mano, lingua e bocca lavorano in perfetta sincronia. Dopo solo pochi minuti ti fermo, ansimante: ‘Noh…Ahmore ti pregoh…ferma…’. Mi ascolti. Lo togli dalla bocca ma non lasci la presa. Porti la mano alla base dell’asta ed inizi a mungerlo, lentamente. Sai che tra poco una gocciolina farà capolino dal membro…e sai bene che a vedertela leccare impazzirei di piacere. Non che possa vedertelo fare. Ma lo sento. Un profondo sospiro mi sfugge dalle labbra. Mi sposti i boxer in modo che non lo coprano e rimetti il mio attrezzo nei pantaloni, avendo cura di non pizzicarlo nella zip. Ti rialzi ed aggiusti la gonna. ‘Il resto in un posto più caldo ed accogliente. Io son senza mutandine…mi pare giusto che anche tu non abbia coperture eccetto quella data dai pantaloni…’ Camminiamo veloci ed infreddoliti verso la macchina, stringendoci la mano come fidanzatini, ma senza proferire parola. Saliamo e la accendo. Senza aspettare che si riscaldi, partiamo a razzo verso casa. ‘Ho le mani ghiacciate…ti secca se le scaldo?’, sorridendoti ti rispondo con un laconico ‘Fai pure…’. Nemmeno finita la frase sento una tua mano che si infila tra le mie cosce e l’altra che mi abbassa la zip. L’erezione non è ancora andata via. Afferri il membro. Le dita ghiacciate si avvinghiano su di esso. Un sorriso si apre sul tuo faccino ‘Mh…molto meglio…’. Annuisco, attento alla strada. Le tue dita iniziano a salire e scendere, mentre tu parli di quanto fosse buona la pizza. Un rettilineo. Ti sfili per metà la cintura di sicurezza e di sporgi verso le mie gambe. Io accosto. Inizi a farmi un meraviglioso pompino. Ti interrompi poco prima che venga, sentendolo pulsare tra le dita ed in bocca. Lo riponi con cura ‘Grazie, non ho più le dita fredde.’ Un sorriso angelico a contrasto. Prima di ripartire mi giro per baciarti avidamente. Una mia mano scivola sul tuo viso, finendo dietro il collo. L’altra si appoggia al tuo petto e palpa una tetta, soffermandosi in special modo sul capezzolo. Scende quindi tra le cosce e si infila sotto la gonna mezza alzata. Indice e medio si strusciano sulle labbra, scostandole lievemente e vanno ad inzupparsi per bene, prima di infilarsi dentro di te. Entrano ed escono, lentamente, mentre il pollice gioca sul clitoride, premendolo dolcemente e stuzzicandolo di tanto in tanto, alternando brevi e veloci movimenti. Il tuo respiro si fa più profondo. I miei baci si spostano lungo la guancia, poi sul collo e dietro l’orecchio. La mano tra le gambe si muove ora impetuosa, mentre il tuo bacino si muove a cercare una penetrazione più profonda. Il pollice sembra impazzito, stimolandoti ad una frequenza alla quale non sei ancora abituata. Tutto si interrompe all’improvviso, non appena noto un lieve rossore sulle gote. Ti sorrido. Ripulisco con la lingua le due dita e rimetto in moto. ‘STRONZO’. Nella voce non c’è rabbia…solo una vaga delusione mista però a divertimento.

Sai cosa ti aspetterà una volta a casa. Ci berremo qualcosa che ci faccia dimenticare il freddo sentito durante la passeggiatina…un bel punch o un bicchiere di vino speziato caldo. Riprenderemo il gioco, sai che farò tutto lentamente. Ti porterò ancora un paio di volte vicina all’orgasmo. Con le dita. Con la bocca. Prima di concederti di venire. Ma sai anche che quando arriverà perderai il controllo, sarà forte…ti toglierà le forze. Ti addormenterai, abbracciata a me, ancora prima di poter pensare ‘Mi devo ripulire…’. Soddisfatta. Freddo. Gelo, che ci entra nelle ossa. Non solo per la passeggiata appena fatta ma anche per la temperatura che ha la mia macchina.

Dopo essere partiti con l’auto appoggio una mano sulle cosce della mia donna. Accarezzo la sinistra, salendo e scendendo un paio di volte dal ginocchio al bordo della stoffa, con l’intento di infilarmi sempre più sotto il vestitino. Le dita scorrono più volte sulle autoreggenti, ma non appena sfiorano la pelle nuda le allontani, con un gesto stizzito. “Ma sei matto?! Sono congelate!”. Riporto la mano sul pomolo del cambio e faccio finta di niente. Chiacchieriamo del più e del meno, della pizza, del tempo. Fortunatamente la macchina si scalda presto e un certo tepore inizia a diffondersi dai bocchettoni dell’aria. La tua mano sinistra si poggia sulla mia destra, la afferra e l’accompagna su uno dei bocchettoni, per poi lasciarla andare. La tengo immobile, a scaldarsi, per accumulare calore da poter donare poi alla tua pelle.
Dopo pochi minuti posso scostarla e riavvicinarla all’obbiettivo iniziale. Questa volta non ci sono ostacoli per la mia mano. Posso accarezzare quanto voglio. La mano, scaldata a sufficienza, preme per un istante sulla coscia destra, per allontanarla. Pronta ad eseguire, scosti le gambe, facendo risalire ulteriormente la parte inferiore del vestitino.
Le dita premono sulle mutandine, zuppe dei tuoi umori. Indice e medio si irrigidiscono leggermente, iniziando a scorrere in verticale. Il respiro si fa sempre più profondo, man mano che ti lasci avvolgere dalle sensazioni che la tua parte bassa lancia dritte al cervello.
Colpito dalla disponibilità mostrata e profondamente divertito, decido di cambiare strada, facendo un giro assurdamente lungo pur di capire fin dove saresti arrivata nel gioco. Scelgo un paio di stradine, una di campo ed una in mezzo alla boscaglia, per poter guidare estremamente piano e senza il rischio di incrociare qualcuno.
Il gioco continua per una decina di minuti, interrotto di tanto in tanto. Un dito scosta un lembo delle mutandine, infilandosi tra gli umori e le labbra. Un secondo lo segue ed iniziano a penetrarti, intervallando movimenti rapidi e poco profondi a lunghe ed interminabili affondi. Soste fatte ogni volta che il tuo respiro si fa tanto corto da farmi sapere che stai per raggiungere l’orgasmo, ci permettono di portare avanti il nostro gioco a lungo.
Durante il passaggio nella stradina di campagna ti rivolgo una sola parola, senza distogliere lo sguardo dalla strada:”Toglile!”. Una risposta confusa, “Come?”, mi lascia indendere che fossi completamente immersa nel turbine di sensazioni che le mie dita stavano dandoti. “Ho detto toglile…e dammele.”. Come un automa ti inarchi, te le sfili e me le porgi. Mentre già assaporo il piacere di inspirare profondamente il tuo piacere e sta per nascere in me l’idea di farne un trofeo, ti rendi conto di quel che stai facendo e ti ribelli, infilandole in borsa.
La punizione arriva subito.
Senza nemmeno rendercene conto passano decine di minuti. Sento i polpastrelli raggrinzirsi, come quando da piccolo stavo nella vasca da bagno per ore. Non riesco a trattenermi dal portarle alla bocca, un paio di volte, per assaporare la tua voglia. Un gusto ed un profumo che a te non piaccionno per nulla, ma per cui io impazzisco.
Non interrompo completamente il gioco nemmeno quel paio di volte che rientriamo in paese. L’ora tarda ed il buio favoriscono la nostra privacy. Se di privacy si può parlare nel fare una cosa simile in auto. Gli unici momenti in cui blocchiamo tutto sono quelli in cui attraversiamo la piazza dei due paesini. Non si sa mai.

Nell’ultimo paio di chilometri il gioco si fa più intenso. Aumenta il ritmo delle dita sul clitoride. Aumentano le brusche interruzioni date dal sentirti troppo vicina all’orgasmo. Aumenta la pressione delle dita. Uno stop improvviso. Giusto il tempo dii far manovra per entrare in retro nel vialetto di casa. L’ultima occasione per stuzzicarti, prima di scendere. Una decina di secondi di frenetici movimenti di una sola delle falangi del medio, dritta sul clitoride. Preme il polpastrello. Preme forte più di quanto non abbia fatto finora. Ansimi, boccheggi come a cercare di aggrapparti, sentendo l’orgasmo arrivare. L’ultima interruzione, improvvisa. Giusto in tempo per non farti venire. “No piccola mia…questo è giusto l’inizio” Ti sussurro dolcemente, ritirando la mano e dandoti un bacio sulla guancia.

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