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Erotici Racconti

Sfregamenti felpati

By 5 Novembre 2018Febbraio 12th, 2023No Comments

Mi trovavo sul convoglio del treno in partenza da Fossato di Vico-Gubbio verso Roma Termini, perché dovevo recarmi all’aeroporto di Fiumicino per andare a prendere mia zia in arrivo da Anversa. Accomodata dinanzi a me c’era lei, per il fatto che ci squadravamo negli occhi esaminandoci di continuo senza proclamare niente. Dopo la sosta presso la stazione di Nocera Umbra, restammo finalmente da soli e intavolammo a dialogare.

Lei, invero, possedeva qualcosa d’astratto e di magnetico nel suo sguardo, quando mi riferì che studiava lingue straniere presso l’università di Perugia, in tal modo divenne maggiormente avvincente e intrigante la mia adorazione per lei, nei riguardi di questa dottrina talmente attraente e invitante. Parlottammo per tutta la durata del tragitto e quando giungemmo a Roma Tiburtina ci salutammo dispensandoci un impreciso quanto voglioso modo di rivederci, senza peraltro indicarci né luogo né modalità. Il giorno seguente, di tarda mattina, bighellonavo per la piccola piazzetta rammentando quello che mi era deliziosamente accaduto in quel viaggio in treno con quella forestiera, finché in maniera insperata la rincontrai. Dopo le consuete formalità l’invitai sperando che lei accettasse di fare un giro pomeridiano a Ladispoli e lei tranquillamente approvò, così dopo pranzo ci vedemmo e con la mia piccola Renault Clio partimmo spediti.

La spiaggia era mediamente affollata e il cielo era debolmente nuvoloso, in quell’occasione ci collocammo sugli asciugamani distendendoci interamente sul quel manto naturale di rena. Iniziavo a conoscere meglio quella ragazza dalla faccia amabile, che viva carnalità diffondeva dai suoi occhi arcani ed enigmatici. Facevamo finta di godere il bagno di quel pomeriggio e di tanto in tanto ci scambiavamo vocaboli. Il tempo trascorreva e nel contempo la calca di persone iniziava ad allontanarsi. Io notavo che lei non dimostrava enorme interesse nelle conversazioni e si comportava con modestia e con un innato riserbo, io catturato da quella lieve insofferenza ponderavo già d’andarmene. Feci un ultimo tentativo per comprendere meglio il suo coinvolgimento nei miei confronti, in tal modo accostai in maggior misura il mio canovaccio al suo.

Lei per la circostanza non palesò nulla, al presente eravamo più vicini e ci sfioravamo con le braccia. Mi guardai attorno, ma intravidi solamente poche persone, dopo m’avvicinai verso di lei osservandola negli occhi, lei mi venne incontro e incominciammo deliziosamente a baciarci, ci tenevamo profondamente incollati in un crescendo continuo di pura e di naturale eccitazione. Stavamo ambedue attendendo proprio che quest’intesa si concretizzasse, finalmente l’avevamo trovata, ebbene sì, un affiatamento tutto da espandere e da incrementare. La presenza delle persone rimaste sulla riva rallentava il nostro istinto incoercibile e travolgente, in quanto non potevamo continuare smisuratamente in quella maniera. La smettemmo per un attimo, eppure l’attrazione fra di noi era forte, poiché prevalse esageratamente. Replicammo ancora con baci lascivi e scostumati, dal momento che io mi sentivo sciogliere nelle viscere per l’esaltazione e per la spinta di quel momento.

Rammentai in quel frangente dell’abitazione estiva di mia cugina Rachele distante soltanto qualche chilometro da quel luogo. Senz’indugio alcuno le proposi d’andarci insieme, per seguitare inosservati il nostro appassionato e prorompente colloquio carnale dei sensi. Lei s’adattò uniformandosi all’istante senza compiere questioni inutili, cosicché ci avviammo celermente con la mia Renault Clio. Riprendemmo prestissimo il nostro discorso spogliandoci velocemente di quel poco che avevamo addosso e dopo svariati e armoniosi sfregamenti, sopraggiunse il tempo d’introdurgli il mio cazzo nella sua favolosa e tra l’altro pelosissima madida fica, ma lei ancora una volta mi sorprese con un’inattesa destrezza, agguantandomelo per mano e conficcandoselo all’istante ingordamente in bocca, lasciandomi totalmente sbigottito. 

Io percepivo distintamente la sua abile e competente lingua sfregarsi sotto il glande picchiettandomi di tanto in tanto con la lingua il frenulo con esperta dovizia e con ferrata tenacia. Io frattanto le palpeggiavo la fica che sentivo pulsare, le infilavo il dito strofinandole leggermente il clitoride cercando di farla godere. Lei era alquanto deliziata ed eccitata, bramava farmi sborrare, giacché in pochi istanti, a seguito della sua preparata e sapiente manipolazione, non tardai molto, giacché ebbi un orgasmo improvviso e trascinante. Subito dopo lei mi riferì che evitava d’agguantare il cazzo nella fica, perché aveva un gran timore di rimanere incinta e che il padre in quel caso l’avrebbe rinnegata. Sostenne addirittura, che non permetteva a nessuno d’accedere dentro di lei da quel tratto, ma in alternativa le piaceva farsi agevolmente inculare. Lei m’invitò con occhi desiderosi a entrare nella sua porta posteriore per un secondo atto. Io non mi feci implorare e dopo aver assaporato i suoi capezzoli ci disponemmo su d’un vecchio canapè per gustarci vicendevolmente i nostri sessi. Sentii ancora la sua bocca accogliente e capiente, il suo elevato e splendido rugiadoso benessere, la mia bocca e il mio sguardo fra le sue cosce. 

Lei mi contagiava con quella sua innata bramosia, in tal modo iniziai a giocherellare addentandole la fica e insistendo sul clitoride ben compatto. Quando eravamo spossati ampiamente arrivò il momento di cambiare, io le introdussi il mio cazzo senza fretta nel suo pertugio, m’addentravo adagio riscontrando un inedito e smisurato piacere che mi scompaginava, avvertivo la sua muscolatura che si stringeva accogliendo il cazzo al suo passaggio alla base della cappella. Io spingevo fino ad arrivare in fondo, la sentivo che lei s’affannava, malgrado ciò lo riceveva con piacere donandomi un estremo portento di gioia, fino a farmi sborrare nuovamente dentro di lei.

Eravamo felici di questa nostra avventura appena iniziata e ci piaceva scopare insieme. Successivamente la scoprii anche dilettevole e persino rallegrante nei dialoghi, sebbene fossimo a ben vedere ambedue di poche parole. Da quel momento iniziammo a frequentarci il più possibile, ma era lei che innegabilmente, lascivamente e voluttuosamente conduceva il gioco.

Sono trascorsi dal quel periodo più di vent’anni. Attualmente lei e la mia ardimentosa, costante e fedele premurosa moglie, abbiamo tre splendidi figli, e ancora oggigiorno mi ritornano in mente le frasi della celebre canzone ‘Azzurro’ di Adriano Celentano dove nel ritornello del brano si sente cantare:

‘Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te e allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va’.

Questa canzone, mi riguarda invero da vicino, perché finora mi ha accostato e appoggiato in pieno nelle mie ininterrotte peripezie e nelle mie costanti vicende quotidiane, essendo stato il mio insperato portafortuna, conducendomi in ultimo per quello che ora siamo tutti e due diventati.

{Idraulico anno 1999}  

 

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