Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Sharon – Racconto di fantasia

By 18 Dicembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

La sincerità &egrave il rispetto migliore che si possa avere per se stessi. Inutile negarlo: quella Sharon che da qualche settimana frequenta la palestra nei miei stessi orari mi fa sangue. Inutile negarlo! Ed il fatto che con quella incredibile timidezza dietro cui si corazza ancora non abbia accettato di cedere come si deve alle mie lusinghe, beh rende tutto ancor più avvincente. Non so cosa sia successo’ non ha superato i quaranta, anzi, &egrave più giovane di me di qualche anno. Non &egrave sposata ‘ ma a quanto mi ha detto sta attendendo di convolare a giuste nozze entro l’anno venturo. Non ha figli, giusto’ ma questo &egrave un dettaglio che davvero passa in secondo piano in questo momento. Una ragazza semplice, che non veste in modo ricercato ma ai miei occhi riesce ad essere interessante anche con un jeans ed una felpa. Non &egrave detto che sia la gonna cortissima ad attrarre, soprattutto se un bluejeans ben portato e attillato nel punto giusto, anche senza malizia, mette in mostra, in bella mostra, un sedere come il suo, tondo il giusto, grande il giusto, sodo di sicuro. Avrà una terza di seno, una bella terza, per carità. Lo intuisco quando sul tapis roulant comincia a correre. Ha due belle tette, non c’&egrave che dire. Stanno su. Ci starebbero anche senza il reggiseno che di sicuro indossa. Purtroppo, la visione di quel sedere da favola e quella di quel bel seno giovane e pimpante sono troppo spesso celate da delle tute ginniche che lasciano decisamente troppo all’immaginazione. In un mondo come la palestra, fatto di donne che ‘ quando c’&egrave qualcosa da mostrare che non sia ciccia, cellulite e rotoli da buttar giù ‘ ostentano le doti di Madre Natura, lei sceglie di trincerarsi dietro un fastidioso, deludente no comment fatto di tessuti larghi, pochissime fasciature, nulla di aderente.
&egrave un peccato, Sharon. &egrave davvero un peccato’ ma alla fine della fiera &egrave quello che da subito mi ha attratto in te. &egrave la molla che ha fatto scattare quell’interruttore: devo farmela. Anche contravvenendo alle ferree regole che mi sono imposto rispetto alle avventure: ‘Dietro una che non abbia almeno quarant’anni, non sia sposata e non sia mamma’ non perdere più di quindici minuti!’. Non che disdegni qualche fugace contatto con una scopa mica qualsiasi sotto i trenta o sotto i quaranta, sia chiaro. Ma di certo non ci perdo il sonno. Di sicuro non metto in piedi strategie predatorie. Insomma’ se capita non si dice certo di no’ ma non ci si cruccia nemmeno! Quel bel sedere, quel bel seno. Li vorrei sotto la doccia dopo l’allenamento, ancora accaldati e sudati di fatica, scivolosi, palpitanti.
Sì, lo riconosco, come sempre quando mi monta un desiderio, i visi restano semplici sfumati’ comuni facce che rischiano spesso di perdersi nella folla. Anche in questo caso &egrave più o meno così. Lineamenti regolari, viso ordinario. Non la chiameresti, a guardarla per strada, una porca esorbitante. A dire il vero, neppure una ragazzetta sciapita. Intriga, anche nel viso. Brunetta, capelli abbastanza lunghi sempre ordinati e puliti – non &egrave merce comune, fidatevi – occhi scuri da cerbiatta. Carina. Mi piace!
Quando ho deciso che doveva essere mia, che avevo voglia di godere in quel corpo, ho cominciato a tessere la tela. Avevo da poco lasciato alle spalle la frequentazione con una signora conosciuta in palestra, moglie e mamma annoiata. Il marito a casa, stessa città’ con lei non si riusciva quasi mai ad andare oltre un bel pompino ‘ per carità, ripeto, un bel pompino ‘ in macchina dopo la seduta di ginnastica serale. Prima di tornare a casa, prima di prendere la sua auto, saltava nella mia, si lasciava condurre poco fuori la zona frequentata, al limitare di una vasta area artigianale lì nei pressi, deserta a quell’ora, si metteva in ginocchio sul suo sedile e si dedicava al mio piacere con tutta se stessa. Davvero con tutta se stessa. Le piaceva ciucciare. Le piaceva tanto. E adorava che mentre indugiava con le labbra su di me, io la riempissi di porcate, le parlassi in modo volgare, scurrile. ‘Mi devi trattare come una zoccola’ perché mi piace’ perché questo sono!’ e mentre mi producevo in volgarità irripetibili, si faceva più vicina. Avanzava con le ginocchia, perché potessi masturbarla scoprendole volgarmente il sedere, tirando giù la tuta e le mutande, magari con un colpo solo.
Godere da vero maiale, insomma, nei mesi passati, c’avevo goduto. Era stata l’esperienza più volgare, triviale di quelle fino ad allora collezionate. Forse per questo m’era venuta a noia. Forse per questo sentivo il bisogno di ritornare alla sfida, alla raffinata arte della seduzione di una donna che non era mia. Forse anche per questo, oltre che per le indiscutibili doti che quel sedere e quel seno evidenziavano in Sharon, mi era venuto questo prurito.
Doveva essere mia. Dovevo godermi quella bella ragazzetta all’apparenza così timida. Dovevo lanciare i miei ami, farla avvicinare a me, farla affezionare, farla ingolosire. Pian piano dovevo sentir crescere in lei la tentazione di concedersi. Magari far leva sull’ultimo anno di ‘libertà’ che le rimaneva. Magari far leva sul sentirsi crescere troppo in fretta! Ma in quel bel sedere volevo poterci godere liberamente. Volevo liberare quel seno tra le mie mani, sentirlo fremere sotto le dita. Volevo godere di quella boccuccia così ordinaria eppure così intrigante. Sognavo di prenderla forte, sentire le sue gambe strette su di me. Volevo starle dentro e sentirla godere, guardarla venire. Per poi lasciarla andare, una volta avuto tutto quel che volevo. Lasciarla tornare alla sua routine. Immaginarmela nel letto a ripensare, magari anche accanto a suo marito, a quelle godute clandestine che le avevo donato.
Lanciai i miei ami in quei giorni, ormai tre settimane fa. Sulle prime il risultato fu deludentissimo. E non di quella delusione che accentua la sfida. Ci sono ragazzette desiderabilissime che alle prima avance chiudono il portone a quattro mandate. Lasciano sfilare in passerella un campionario di disapprovazione, di sufficienza. Da mandare in bestia. Ed allo stesso tempo da farti rintuzzare, da farti arrabbiare, da farti dire ‘Cazzo! Fai così? Bene’ vedremo!’. Sharon invece no. Chiusa lo era dal principio. Refrattaria no’ che il rossore quando per la prima volta le rivolsi la parola, sfoderando delicatezza ed una certa nota di galanteria, con un compassato: ‘Tu sei diversa ‘ lanciato così, senza nemmeno salutare, semplicemente montando sul tapis roulant di fianco al suo ‘ si vede che ci metti impegno in quel che fai” sorridendole e proseguendo ‘Se continui con questa costanza i risultati saranno eccellenti, vedrai’ in forma e bellissima!’. M’aspettavo fosse una chiave per aprire quella porta blindata dietro cui la tuta e il suo fare taciturno la tenevano chiusa. Invece no. Un grazie, gentile, educato’ arrossito. E alla fine del percorso di corsa un saluto, a mezza voce. Nulla di più. Così c’&egrave il rischio che mi venga il mondo addosso. Le reazioni a bassissima intensità solitamente mi lasciano imbambolato. Interpretarle &egrave complicato. Vanno fuori dagli schemi preconfezionati che finora ho sperimentato. Rischiavo di perdere mordente. Decisi che quella andava colta come sfida. Una nuova sfida.
Nei giorni seguenti non smisi di avere per lei, in modo crescente, una qualche attenzione. Di palestra me ne intendevo. Praticavo stabilmente. Mi piaceva tenermi in forma. E qualche buon consiglio disinteressato ero sempre pronto a darlo. Perché porco, marpione, anche un po’ stronzo’ ma solo se lo volevo realmente. La disponibilità e l’educazione che dimostravo con tutte, oltre che con lei, furono sicuramente una spinta in più a cedere. Sharon vedeva che ero gentile con tutte. Sharon vedeva che non le portavo certo a letto tutte. Sharon, si convinse, evidentemente, che ero solo un ragazzo gentile e disponibile ad aiutare. Sharon cominciò ad aprirsi.
Se c’&egrave una cosa che in palestra cementa la confidenza sono le battutine non troppo lanciate oltre certi confini. Il sesso, in palestra, come diretta emanazione della fisicità, &egrave argomento tollerato, non dico apprezzato, ma comunque comune. E mai così scabroso entro certi limiti. Come lo diventano, anche dopo poco, certe pacche , certi contatti, certi fugaci strusciamenti. L’importante &egrave che si rimanga nel buon gusto, che ci sia non la discrezione ma una certa pubblicità. Menare la mano come un allupato sul sedere altrui, magari guardandosi intorno per essere certi che nessuno veda &egrave ‘sconveniente” fa pensare immediatamente a qualcosa di sordido, alla voglia di tastare un culo. Se la pacca &egrave gentile, en passant e magari scherzosa, evidentemente scherzosa perché data alla luce del sole, non c’&egrave un culo da palpare, ma solo qualcuno da spronare ad impegnarsi di più, oppure un corpo, una parte del corpo, a cui volgere un complimento. Ci sono macchine sulle quali si resta proni per decine di minuti, col sedere esposto agli occhi di tutti, coi glutei che si muovono mentre le gambe spingono indietro. Una pacca sul sedere lì non &egrave depravazione’ &egrave cameratismo.
Misteriosamente Sharon sembrava accettare più di buon grado quei contatti ‘ non dimostravo mai di essere davvero un maiale, sapevo farlo, lo ammetto ‘ piuttosto che le chiacchiere, le battute, le allusioni al sesso come pratica e come gioia della vita. Alle mie gentili provocazioni su quanto il futuro sposo doveva andare orgoglioso dell’impegno che lei ci metteva a farsi bella e tonica per lui solitamente glissava. Forse intimidita dalle risposte di alcune colleghe che piagniculavano su una vita sessuale scialba. Forse intimorita dalle cougar cinquantenni che si producevano in sonore risate decantando l’amante di turno o umiliando il marito addormentato sul divano. Sentii che era meglio cambiare registro. Mentre una porta si socchiude &egrave bene darle tempo di aprirsi spontaneamente, senza forzare troppo le cose. Così passai ad un nuovo copione: quello del complimento, del paragone, dell’adulazione leggera. Non perdevo occasione di farle notare che il suo impegno era encomiabile. Non lesinavo mai complimenti alla passione che ci metteva. Ed ogni volta che le saggiavo il sedere con una pacca o la spronavo ad impegnarsi un po’ di più, aggiungevo sempre un metro di paragone che ogni volta le facevo superare. ‘La vedi Claudia ‘ indicando una sua coetanea bruna, una di quelle che sembra la palestra se la mangino, una ragazza snob e competitiva all’inverosimile ‘ lì sul tappeto? Può impegnarsi quanto vuole ma quel fianco largo che le gonfia il sedere non lo toglierà mai di torno’ tu invece”. E quando Claudia sembrava sfidarla per ingraziarsi non certo me in quanto me, ma me come maschio che ronzava nella palestra in quel momento, fingevo di avere occhi solo per Sharon. La cosa evidentemente le piacque. Ed anche parecchio. Perché dopo un po’ fu lei a propormi dei paragoni, ogni volta scegliendo un bersaglio diverso.
Entrare in confidenza fu certo complicato. E non &egrave stato mai, fino ad oggi, così semplice mantenere quel gradi di intimità e spostarlo ogni giorno più in là. Molto spesso bisognava fermarsi su quel che ritenevo fosse ‘il più bello” perché sentivo qualcosa nell’aria che segnalava un allarme incombente. Spesso arrivati a parlare di sesso, cambiava discorso. Spesso, alla seconda palpatina, impediva la terza cambiando postazione. Spesso, se la felpa della tuta saliva un po’ troppo e sentiva i miei occhi sul sedere, con pudicizia ritirava giù il sipario. Eppure dopo un po’ anche questi comportamenti si erano di molto affievoliti. Avevo voglia di spingere oltre. M’ero anche un po’ stufato di un lungo corteggiamento che prendeva sensibilmente tempi più lunghi di quanto sempre mi ero aspettato. Avevo voglia di provare un all in’ con semplicità. Se fosse andata male’ avrei lasciato stare.
Qualcuno mi adorava quel giorno. Qualcuno mi ha adorato davvero. L’occasione fa l’uomo ladro. E l’occasione &egrave un video musicale che passa in tv mentre Sharon sgobba sui lombari. La cantante ha indosso una tutina di quelle in lycra aderentissima. Forme evidenziate, quasi esibite. ‘Eppure una volta almeno dovresti provare’ a parte la comodità’ daresti una bella lezione a tante qui dentro’ indicando con un cenno del capo lo schermo. ‘Ma tu sei matto!’ sorridendo divertita e tremendamente rossa dall’imbarazzo. ‘Così? Con tutte le mutande che ti segnano dietro?’ con una ingenuità assolutamente disarmante che mi eccitò. ‘Ma che mutande’ lì sotto vanno solo i collant” lasciando andare la cosa così, nemmeno fosse l’affermazione più normale di questo mondo. Silenzio. La bocca semichiusa di lei. La sua posa congelata al termine dell’esercizio. Mi guarda sottilmente imbarazzata, ma in quegli occhi si legge anche una vena di curiosità ‘Solo i collant? Come quella lì?’ e indica una collega di sudate, quasi sulla quarantina, che in palestra ci viene con l’innamoratissimo marito. ‘Sì, esatto’ continuando a parlare di quell’outfit come fosse la più normale tenuta ginnica di questo mondo. ‘Non lo so Gianni’ non so proprio’ ma lo dice calcolando le parole. Un misto di emozioni per lei, credo. Da una parte un sincero sbigottimento. Dall’altra quasi la voglia di non deludermi. ‘Credo dovresti provare” dico prima di cambiare discorso per rilassare una situazione tesissima come i muscoli di lei dopo l’esercizio.
Il sabato alle quindici siamo in pochi ad allenarci in palestra. Quasi tutte signore. L’uomo medio &egrave già entrato nel vortice del pallone e del campo da calcio, delle scommesse e delle mogli spedite fuori a non rompere le scatole. Il sabato &egrave sempre stato il mio giorno fortunato. Quel sabato alle quindici la vedo entrare in sala cardio con una tutina di lycra grigio chiaro. Il colore di chi vuol passare inosservato. Le sorrido. Abbassa lo sguardo. Poi si guarda intorno. Poi sembra volersi muovere verso il tapis roulant. Poi si guarda nello specchio. Si blocca. Si fissa ed arrossisce. Si guarda ancora intorno. Io cerco il suo sguardo e mi faccio vicino: ‘Come siamo belle oggi!’ le dico quando ormai sono a pochi passi da lei. Mi viene incontro rapida, quasi non volesse farsi vedere. Ha la voce di un topolino. Sembra un sibilo. Un po’ incazzata mi fa ‘Gianni cazzo’ mi sento nuda”. Io la guardo. La sta vivendo male come sembra? Temo di sì. Provo a rincuorarla ‘Ma scherzi sati benissimo’ e poi il colore spegne molto i contorni’ davvero!’. Fingo quasi di sentirmi in colpa. Non eccedo con lo sguardo sul suo corpo fantasticamente esposto. Per quello avrò certamente tempo. Ora penso solo a fissare una vittoria, darla per certa nel tempo. ‘Gianni, ma davvero’ mi si vede tutto!’. Sorrido, le accarezzo la testa scompigliandole i capelli: ‘Ma che cazzata’ guarda che non si vede niente’ – sorrido ancora per sottolineare la battuta ‘ dovrei dire purtroppo.’. Non la vedo molto convinta. Non la sento sul punto di scappare, però. Guardo l’orologio, le altre salette a quest’ora sono vuote’ e alla fine qui sono di casa. La butto lì: ‘Ci spostiamo nella sala del’aerobica? Lì ci sono gli stessi attrezzi ma oggi non apre’ ti va? Così stai più libera e meno in imbarazzo? Alla fine saremmo soli’ che vuoi che succeda?’. Mi guarda. Ci pensa un po’ su. ‘Ok dai” e scende dal tapis per seguirmi. La sento sussurrare ‘Ma guarda che m’hai fatto fare maledetto’ con un tono che mi rassicura, scehrzoso, quasi complice. La guardo dietro di me nel riflesso degli specchi. Che bella sgambatura le disegna quella tutina. I collant non sono nemmeno così coprenti. Guardo l’incarnato chiaro delle cosce. Guardo il fianco gentile, solo un po’ accennato, che fa immaginare un sedere da favola. Le tette fasciate stanno su che &egrave una meraviglia. Salgo ancora. &egrave rossissima in viso. Sa che la stavo guardando. Mi eccita, tanto. Nascondere l’erezione che sta per salire &egrave un problema davvero.
La guardo, mentre nella solitudine della saletta cominciamo a dirigerci ognuno ai suoi attrezzi. La guardo salire ancora incerta e rossissima sul tapis roulant. Non c’&egrave che dire, l’ha fatto, ha preso il mio consiglio alla lettera… mi piace pensare che abbia obbedito ad una mia richiesta. Non uso la parola ordine solo perch&egrave quando le ho suggerito questo outfit l’ho fatto con estrema cordialità. Ma l’idea di una bambolina da vestire mi eccita terribilmente. Succede spesso, anche e soprattutto con le donne sposate che frequento. Ma lì quel che scatta in loro &egrave il desiderio morboso di compiacimento. Qui non credo sia venuto fuori quello… penso piuttosto che Sharon abbia accettato perch&egrave crede – ancora – che i miei siano complimenti disinteressati e che il mio desiderio di farle indossare quella splendida tutina in lycra con sotto solo i collant fosse solo lamia voglia di farle vedere quanto la palestra stava dando i suoi frutti, quanto il suo fisico si facesse seduta dopo seduta più tonico e – ancor più – desiderabile.
Già, desiderabile. Mi scoprii a pensare che io cominciavo davvero a bramare quel sedere e quel seno come mai mi era capitato rispetto ad una ragazzina più giovane. Mi scoprii a riflettere sul fatto che un bel sedere così ancora acerbo alle ingiustizie degli anni non m’era ancora capitato di volerlo. Ne avevo visti, ne avevo avuti. Ne avevo goduti… perch&egrave per me il sesso anale &egrave un must irrinunciabile. Non &egrave vera passione se non c’&egrave quella concessione. E spesso mi ritrovo a forzare i tempi. Spesso mi ritrovo a volerlo – ed averlo – prima che siano trascorsi tre rapporti, tre incontri. Ammettiamolo con la solita sincerità che &egrave bene avere: il culo &egrave un’ossessione. Dolce piacevole e struggente!
La guardo sgambettare sul tappeto che scorre. Guardo la sua rotondità invidiosamente carnale. Guardo la curva sostenuta dalla tutina, disegnata dal tessuto e fasciata magistralmente dal collant lì sotto. Non vedo elastici, non vedo ingabbiamenti ulteriori, non vedo segni sotto quella seconda pelle. E posso immaginare la prima, accaldata, tremula. Disegno il solco ra le natiche. Lo immagino umido… quanto vorrei infilarci il viso, mentre corre praticamente nuda su quell’attrezzo. Vorrei infilarci dentro il viso e sentire i suoi odori più intimi, più nascosti. Ed avrei voglia di toccarlo, sentire il tessuto lycra come seconda pelle di quel sedere fantastico. Accetterei anche quel filtro tra la mia pelle e la sua… ma mi basterebbe a studiare, conoscere le rotondità, la morbidezza, le forze che lo tengono bello su… Dio se vorrei toccarlo. Devo farlo, non ho altra scelta. Potrei scoppiare senza sentirlo sotto la mano almeno un istante. Il contattto, anche solo per pochi econdi, di sicuro mi calmerà e rilasserà questa tensione che ora mi sembra insopportabile. Colgo l’occasione per correggerle la postura… il suo splendido sedere sporge troppo perch&egrave l’esercizio sia fatto bene. E le rubi solo la giusta dose di fatica. Mi avvicino, poggio le braccia sul dorso della macchina, sui due corrimano che avvolgono lateralmente la pista del tappeto. Sembra un’eroina dei fumetti, con la sua terza fasciata che saltella ad ogni passo. Che belle tette. Una bella terza ad occhio e croce. Il viso si vlta a cercare i miei occhi… poche parole nel fiatone crescente della corsa: “Che c’&egrave? Qualcosa non va?” Ha visto che la stu guardando. Forse sente che ne sto ammirando le grazie perch&egrave &egrave rossissima. O forse &egrave solo la consapevolezza di essere una bambolina nuda solo per i miei occhi. Non &egrave rilassata, tutt’altro. Palpita. Quasi trema. Si vede che non &egrave ancora assolutamente a suo agio. “Corri male così Sharon… finisci per faticare tanto e realizzare poco…” ed &egrave lei a togliermi d’ogni impaccio chiedendo ingenua: “Perch&egrave? Sbaglio?”. Annuisco. Mi permetto un “posso?” mentre già sto muovendo le mani verso quel corpo. Una, la sinistra, si poggia sul sedere, disinteressata all’apparenza. Panneggia la natica destra senza premere troppo, senza che traspaia la voglia di palparla, di impastare la mano nella sa carne. L’altra, la destra, si poggia poco sotto il seno, con il pollice sul fianco del suo sterno e le quattro dita sotto la coppa. La riaddrizzo. Mentre corre la curva del seno scende a sfiorare la mano. Mentre corre &egrave il suo sedere a modellarsi e lasciarsi saggiare da quella mano che sembra poggiata lì con le migliori intenzioni. “Addrizza il sedere… non sei una paperina…”. E le sorrido continuando “Senò corri male e sudi invano…”. prima di staccarmi. Sussulta al contatto, sembra andare in tilt. Non &egrave la prima volta che la correggo, non &egrave la prima volta che la tocco… ma questa volta di sicuro la leggerezza dei tessuti le ha fatto sentire meglio la mano… e quando una donna, oltretutto, si sente e si percepisce nuda, &egrave come se le mani si poggiassero direttamente sulla pelle. “Tutto bene?” le chiedo guardandola leggermente stravolta. “Sì… &egrave che… insomma… vestita così… le tue mani…” ed abbassa gli occhi ancora più paonazza. Credo la imbarazzi anche dire che quel contatto l’ha fatta trasalire. Vergogna? Paura di fare la figura della ragazzetta che s’inventa un mondo nella testa, un mondo che non c’&egrave? Forse. Forse tutte e due. Forse altro. Io stempero lasciando andare un: “Scusa Sharon, non mi permetterei mai… era solo pe correggerti come ho fatto altre volte… non ti stavo…” – “No, figurati, non &egrave quello… &egrave che &egrave stato molto… intenso… questa volta…”. Le sorrido. “Tranquilla, la prossima volta ti chiedo il permesso… e poi… davvero, non sono il tipo che vuol creare problemi a una ragazza così impegnata come te… la prossima ti chiedo prima se posso…”. Non smetto di guardarla. Non smetto di sorriderle. Uso questa battuta e questo dettaglio per rilassare l’aria che per lei s’era fatta tesa. E’ lei ora a scoppiare in una risatina sfatta dal fiatone: “Il permesso?! Ma smettila.. &egrave che, insomma… non ci sono abituata…”. Ha il tono sereno, usa parole rilassate, sembrerebbe spensierata, se non fosse che una nota d’inquietudine nell’aria si sente. Le scompiglio i capelli con un gesto di tenerezza amichevole. “Io sono di là sulla panca… ho da fare le spalle adesso…” e le indico con un cenno del capo la mia postazione… guardacaso di fronte alla panca per i suoi pettorali ed alla macchina per i suoi adduttori e per l’interno coscia. Ancora unos guardo al suo seno: i capezzoli fanno capolino lì sotto. Sapevo sarebbe successo con l’esercizio, con lo sfregamento del lycra sulla pelle. E’ una visione celestiale. Da succhiare tutti, se solo potessi. E adesso da prendere tra indice e pollice per giocarci, farseli ruotare leggermente tra i polpastrelli fissandola e studiandone il piacere. Mentre le altre dita sfregano sul seno e ne saggiano la consistenza. Non avevo mai provato la sensazione del voyeur, le fantasticherie che l’osservare può regalare. Mi accorgo che li sotto – per fortuna – solo lei non ha visto che sono cresciuto e parecchio. Decido di andare a stemperare la tensione con gli esercizi… lei mi raggiungerà tra poco. Lascio andare un “Paperina, raddrizza il cluetto…” visto che ha ricominciato a farlo sporgere “Altrimenti dovrò correggerti di nuovo…” e sorrido avviandomi. La sento sbuffare. Mi giro guardandola, quasi una minaccia scherzos che trnerò a toccarla. Mi guarda, sorride e scuote la mano per dirmi no, no, no… poi ormai con la voce rotta dall’affanno: “Agli ordini…” e prova a raddrizzarsi.
Mi concentro sulle alzate laterali da seduto. Sudo. Soffro perch&egrave ho maggiorato solo ieri i pesi e non sono ancora abituato. Ma quando arriva ascugandosi la nuca con l’asciugamano mi sembra una visione celestiale. Dimentico la fatica. Quelle cosce mi mandano in visibilio. L’affanno le gonfia il seno, lo spinge fuori, erge ancor meglio i capezzoli. Che le farei, ora, su questa panca, se solo potessi. Sono solo muscoli e testosterone. Sento che se mi dicesse sì, adesso, offrendosi a me, non conoscerei vergogne n&egrave pudori. Non conoscerei strategie. Sarei solo passione, passione e vigore. Sono sincero, la fotterei alla disperata… come non ci fosse un domani, per dirla all’inglese. Abbasso gli occhi per far abbassare l’erezione che prepotente mi sta sorgendo e rischia di palesarsi in tutto il suo vigore. Il glande gonfio e pulsante disegnerebbe un pugnale dritto verso di lei. Per fortuna si siede sulla panca. Per fortuna il linoleum del pavimento non &egrave così eccitante. Senza guardarla le chiedo: “Da che cominci?” – “Faccio le braccia prima… le gambe si riposano un po’…”. Prende i due manubri da un chilo. Si rilassa sulla panca. Poggia i piedi in terra e divarica leggermente le cosce. Inizia l’esercizio mentre io, complice il fatto che nessuno, nemmeno lei, possa vedermi, prendo a studiarle il pube. Conosco bene le passerotte e le passerone sotto quegli abitini. Una mamma si riconosce: &egrave gonfia e leggermente cedevle anche alla vista. Il collant e la tutina non valgono bene a contenerle la gravità e la cedevolezza di un tessuto già andato, che ha person negli anni la tonicità. Una troia si riconosce per la stessa ragione. Quasi le si vedrebbe la fessura tra le labbra, alla dolce Sharon, se fosse una che la da in giro serenamente. No, invece no. La sua micina sembra timida quanto lei. La sua micina &egrave tirata. La sua micina &egrave stretta e tonica. Gliela leccherei dischiudendola con la lingua, lì, costringendola a continuare l’esercizio mentre mi butto a capofitto sul suo piacere. “Smettila, smettila, smettila” lo dico a me? Lo dico al mio amico lì sotto? Non lo so. Ma voglio, devo vederla, ora, nella pausa tra un esercizio e un altro. Incosciente, visto che ancora la mezza cottura mi rende imbarazzante ad un occhio attento, mi sposto dietro di lei, guardandola distesa sulla panca, con le labbra a tiro del mio scroto. “Sharon , devi aprire un po di più la croce con le braccia mentre scendi o lavorerai sempre a metà… dai…”. Mi siedo sui talloni. “Ti guido io da qui, dai…” e metto le mani sotto ai lati della panca. “Poggia i dorsi delle mani sulle mie, solo allora l’eserizio lo avrai fatto bene…”. La mia testa &egrave dietro la sua. Guardo i suoi seni, la distanza tra i due, i due capezzoli svettanti. E più giù, al centro, tra di loro, il gonfiore di quello che deve essere un bel cespuglietto curato. La bella Sharon non si depila, la tiene bene, la cura, ma non la spoglia. Beh, mi piace. I morbidi triagolini stimolano, con tutti i profumini, con il loro solleticare prima gli occhi e poi il naso, il mento, le labbra. Ogni pezzo del suo corpo &egrave una scoperta nuova, eccitante. “Dai Sharon, forza… così…” mentre comincia correttamente l’esercizio. Inspira stringendo i denti, sibila, si vede che lo sforzo lo sente…” Dai, dai… non hai idea di quanto starà più su il seno dopo queste serie…” e lei chiude gli occhi, non per lo sforzo ma per l’imbarazzo di solo sentire quelle parole… poi lascia andare un colpevole: “Ma ti faccio perdere tempo così… non ti stai allenando…”. Con voce tranquilla le rispondo: “Non pensare a me… ci metti così tanto impegno, non mi va che butti tutto… lo sai quanto ti apprezzo per la grinta che hai… sono contento di dedicarmi a te oggi…”. Finisce la seconda serie. La guardo. Mi guarda e mi dice: “Non saprei davvero come ringraziarti, sai?” e io la zittisco con tenerezza: “Sei bella e brava Sharon, meriti questo e tanto di più…”. Resto fermo lì a guardarle il viso piegato su di lei. “Adesso fa da sola, voglio vedere se hai capito…” lei mi fa cenno di sì con la testa. Mi vede lì capovolto. Un bacio sulla sua bocca sarebbe la degna continuazione… e di scuro ci proverei se non fossi certo che ne potrebbe morire di vergogna, o peggio, potrebbe avere una reazione arrabbiata, darmi uno schiaffone, urlare e mollarmi lì come un sasso. La porta non s’&egrave aperta. Di certo si lascia sfiorare, a volte toccare, spesso guardare… ma non credo di potermi spingere troppo oltre. La guardo pompare impegnandosi di brutto. La guardo sbuffare, la sento ansimare. E’ molto discreta. Onestamente non sembra che fotta come capita ad altre. Soffre in silenzio finch&egrave può. Sono io a prenderle i pesi quando arriva alla dodicesima ripetizione. Sono io a spronarla a rimettersi subito in moto: “Ma come senza riposare?” perch&egrave ho deciso di provare a fiaccarla, perch&egrave so che tra poco le sue cosce saranno poggiate su un macchinario che le allarga costringendola a chiuderle. E perch&egrave so che per correggerla, dovrò stare a meno di un metro dalla sua micetta fasciata da quella seconda pelle sintetica. So che guarderò il centro del suo piacere schiudersi… in quel momento solo per i miei occhi. E per la gloria dell’esercizio. “Ma che riposare… le gambe si sono riposate abbastanza… forza paperna devono venire fuori due cosce perfette…”. Mi alzo, la attendo in posizione lasciandole sentire un cmplimento che serve sempre. “Non che non siano già belle atletiche eh…”.
Quando &egrave arrivato il momento di sedersi mi guarda pensierosa. Abbassa ancora lo sguardo, fissa la macchina, poi fugacemente rifissa me e torna con gli occhi sull’attrezzo: “Ma tu devi stare proprio lì?” – “Certo Sharon, se voglio correggerti &egrave qui che devo stare, perch&egrave?”… lei comincia a sedersi, si bagna le labbra, vorrebbe parlare ma una forza la ferma. o già cosa vorrebbe dire. Vinco io il suo imabrazzo e la sua timidezza: “Guarda che non sono qui per fare l’allupato… sta tranquilla… non te ne accorgerai nemmeno.”. Sembra rasserenarsi ma &egrave ancora contrita… “No, scusa, non &egrave quello… &egrave che proprio mi sento nuda e tu sei così vicino e…”. Io le sorrido, la guardo, mi permetto una tenera careza sul viso rialzandomi: “Sharon ,ascolta, tu sei una ragazza davvero bella, ma non mi permetterei mai… scommetti pure quel che vuoi, anche se fossimo nudi, adesso, in sauna, non mi permetterei mai di fare nulla…”. Mi sorride sgranando gli occhi: “Ma che dici? Nudi in sauna io e te?!”. Io annuisco e la invito a prendere posizione tirandole il bastone che avvicina i due bracci e permette una seduta agevole prima di cominciare. “Sì, perch&egrave? Mai fatto la sauna nuda? Non sai che ti sei persa…” inserisco questo dettaglio per distoglierla dal fatto che quasi nuda lo sarà davvero per i miei occhi tra pochi momenti. “La sauna si fa nudi, Sharon… senò che relax &egrave? Tutto il corpo ne trae beneficio, tutto il corpo esplode di rilassatezza e piacere…”. Mi guarda sorridendo e prendendo posizione: “Quante ne sai tu… certe volte mi chiedo se viviamo nello stesso pianeta io e te…”. Io annuisco e fissandola rispondo: “Sono solo esperienze differenti che abbiamo fatto… ma tu puoi sempre recuperare eh? Basta volerlo…”. lascio cadere lì quel mezzo invito a provare, senza chi io sia coinvolto direttamente in quel che dico, che propongo e suggerisco. Lascio andare lì perch&egrave quelle parole si tramutino in una immagine, un pensiero. Ed &egrave quello che succede alla prima schiusa di gambe, mentre Sharon, ancora fresca per l’esercizio appena cominciato mi guarda scuotendo la testa divertita e dice: “In sauna nudi… ma come ti viene in mente?”. La guardo tra le sue cosce, seduto a u mezzo metro dalla sua vulva che si schiude appena e si richiude ad ogni ribattuta dell’esercizio. Mi guarda, trova i miei occhi nei suoi. E’ rossissima, e non &egrave per lo sforzo che i chili caricati sono pochi. “Non ce la faccio a pensare che sei lì e potresti guardarmi tutta… così… credimi mi sembra di essere…”. So cosa sta per dire. La stoppo. “Chiudi gli occhi allora, così sparisco… ma fai bene l’esercizio che questo per una ragazza giovane dev’essere pane quotidiano in palestra…”. Lei obbedisce, quasi rasserenata dall’idea di farmi sparire. E si mostra molto più collaborativa nell’esercizio. Schiude molto meglio, fino in fondo. Se non mi guarda forse sparisco… oppure non guarda un’uomo accucciato tra le sue gambe che si aprono e chiudono. Guardo la sua micetta aprire e chidersi. Mi sento duro, duro all’inverosimile lì sotto. So che la tuta tra poco non maschererà più la punta di quell’uccello che ora mi pulsa sotto, impazzito. Le guardo la vulva. Qualche peletto fa capolino ai bordi della tuta. Nero, ribelle all’imposizione dell’outfit. Spunta fuori. Mi eccita da morire… &egrave la testimonianza, la prova che li sotto c’&egrave lei, che non sto sognando. E’ la prova che se scostasse quel tessuto vedrei la sua figa che sogno bagnata. Vorrei infilarci dentro un dito, per intero. Godermi le contrazioni del suo centro caldo mentre apre e chiude le cosce. Sogno che sia lei a chiedermelo. Se non la smetto quando aprirà gli occhi troverà il mio uccello che prepotente le chiede di farsi strada in lei, arrivarle fin nella pancia, ben premuto tra le carni. Se non la smetto &egrave finita. Alzo gli occhi. Dissimulo un’espressione normale. La trovo con gli occhi aperti. Rossissima. Da quanto mi sta guardando? “Oddio, mi farai morire d’imbarazzo…”. mentre compie l’ultima ripetizione. “Visto? Non &egrave successo nulla… Ti ho guardata per vedere se aprivi bene… ma non &egrave successo nulla..” le dico con la normalità più assoluta. Tira il fiato, cerca di rasserenarsi. “E l’ho fatto bene? Sono stata brava?”. La guado fissa con espressione rilassata. “Brava, sì… andava bene… ma ce ne sono alre due di serie, lo sai…”. Chiude gli occhi. Non &egrave delusa. Non &egrave spaventata. Forse si sta rassegnando all’idea di lasciarsi guardare. O forse sta capendo che tutto questo non &egrave così male. Spero che senta, nella pancia, mentre ripensa al mio sguardo fisso su di lei, che i miei sono complimenti sincere, le mie sono attenzioni vere… sarà più facile sentirla cedere giorno dopo giorno. Più facile e terribilmente più eccitante. E’ la seconda volta che decidi di allenarti solo con me. Non lo nascondo: c’&egrave orgoglio e fierezza mentre penso a questo particolare. Sei diventata un gioco piacevole, una sfida stuzzicante… una preda che mi eccita molto più delle signore sui quaranta che di là si impegnano e si dimenano per apparire agli occhi di tutti “le più belle del reame”. Tu, no! Con lo sguardo spesso basso, con il tuo arrossire ogni volta che ti guardo, tu sei diversa. Non sei la facile scopatella e scappatella del personal trainer. Per nulla! Tu sei non solo impegnata: me l’hai detto, ti sposi l’anno venturo. E sembri – almeno &egrave quel che dici – innamoratissima del tuo lui. Il sesso, se non per brevi battutine, &egrave solo un passaggio sullo sfondo in ogni conversazione.
Eppure… eppure qualcosa mi dice che devo farti mia. Eppure qualcosa mi ha convinto ad osare di più dopo qualche settimana che frequentavi la palestra nei miei orari e ti facevi seguire ed aiutare nel tuo programma di allenamento da me. Mi sono fatto più audace. Ti ho suggerito un outfit più interessante, che ti facesse stare più comoda all’apparenza e che, invece, a me regalasse due importanti dettagli: il poterti vedere quasi nuda, con una tutina che panneggiasse la tua pelle in ogni aderenza… ed il sapere che obbedivi a dei miei stimoli.
Oggi torni in palestra, per me. Torni con la tua tutina di lycra grigio chiaro, i tuoi collant carne… e sotto niente. Oggi entrando mi saluti sorridente. Mi chiedi se possiamo usare la stanzetta invece della sala comune… perch&egrave ancora una volta ti senti più a tuo agio lì, lontana da occhi che ti scruterebbero con quella tenuta indosso, quella tenuta che ti regala comodità, facilità nei movimenti… ma dall’altra parte ti espone praticamente come mamma t’ha fatta agli occhi di ognuno. “Certo Sharon… ti aspetto di là!”, &egrave la mia risposta, semplice, ordinaria… come se non ci fosse mai stato nulla di eccezionale in quel momento quas intimo e privato che, invece, attendo sempre.
Quando entri in sala mi rendo conto che mi piaci davvero. Quando prendi posto sul tapis roulant ti guardo, come sempre, il sedere. Una rotondità che si sta tonificando ancor più. Una sfericità che mi eccita, mi fa esplodere di desiderio. Cominci il programma con una camminata leggera, agile. Io sono lì, dietro di te, a riscaldare i bicipiti con dei manubri da 3 kg. Ripetizioni sostenute e velocissime per definire. Mi carico guardando le mezze sfere di ogni singola natica che si muovono alternativamente. E’ inutile: coi collant e niente sotto quella tutina &egrave semplicemente una mano di vernice sul tuo corpo. Quel sedere si lascia desiderare, reclama il mio interesse, il mio contatto. Sento il bisogno di toccarti. Ti chiedo come hai passato le feste. Inizi a parlarmi dei soliti riti di quelle giornate. Me ne parli con una nota quasi malinconica, ordinaria… come chi alla fine non ha vissuto nulla di speciale. Non so se farmi audace con le parole, chiedendoti qualcosa di più intimo, andando ad indagare il tuo rapporto con l’uomo che sposerai… o farmi più intraprendente con le mani, piantandoti con una scusa i palmi sul sedere per sentirlo bne sotto il mio tocco, asspaorarne il calore, la consistenza. Mi introduco a parole nella tua intimità, gentilmente, con il mio solito chiedere permesso bussando ad una porta: “Ma come sempre tr i parenti e gli amici? Ma scusa… tu e lui soli mai?”. Tu fai spallucce, cominci a descrivermi un rapporto ordinario, ormai quasi di routine. E mi sembra di non leggere nemmeno una nota di rammarico tardo adolescenziale, nemmeno una nota di “vorrei tanto ma…”. Però c’&egrave qualcosa che magneticamente attira i miei occhi. Rilassata o forse troppo concentrata dalla chiacchiera, stai cedendo nel tuo solito errore, magnifico per le occasioni che mi regala. Hai il sederino che comincia a spingersi in fuori. Quasi non ci penso, corro a correggerti senza nemmeno più ascoltarti. Poggio i manubri in terra e con le parole distensive di sempre ti cingo con la sinistra attorno alla vita e con la destra poggiata sotto la rotondità del tuo sederino spingo in avanti: “Occhio paperina… addrizza il culetto!”. Queste parole quasi infantili forse ti fanno vivere quel contatto con assoluta semplicità… come se fosse normale. Mi sorridi, Mi guardi senza malizia, recuperando la posizione. Io indugio, con la scusa di correggerti al meglio. Che bello toccarti il sedere. Sentire le natiche che quasi pedalano in sincrono perfetto. Ormai calde di esercizio, non di sforzo. Belle sode. Lo sento pulsare. Pulsare già al primo contatto. Sento che mi cresce. E nella mente si fa strada una sola, semplcie immagine: Il mio pene, duro, rosso di desiderio, che ti struscia sulla pelle nuda, proprio lì. Che tra le mie mani vibra e va a percuotere ogni natica come una sculacciatina decisa, precisa. Ritmata. Un colpetto su ogni chiappa, come un dolce scudiscio di carne e pelle che ti invita a muoverti, camminare, non fermarti. Dio quanto vorrei adesso tirarlo fuori e fartelo sentire come si deve.
“Così va meglio?” come a chiedermi se non basta quel contatto, se non hai finalmente corretto la postura. “Certo Sharon, così va meglio… non volevo perdessi subito il ritmo” ti sorrido e ti scompiglio i capeli. Ho bisogno di questi gesti di tenerezza o finisco per impazzire dal desiderio. Mi servono a riceraere e riguadagnare un distacco che altrimenti non si colmerebbe e che anzi diminuirebbe di attimo in attimo. Sistemo la mia panca per le croci dei pettorali proprio accanto a te. Mi stendo. Ti guardo correre. Ti guardo rincorrere quel bel seno che ti sobbalza lì davanti. I tuoi capezzoli sono già cresciuti, duri, sensibili al contatto con il tessuto. Sbocciati, letteralmente. Tutti da ciucciare. Non ce la faccio… forse lo hai capito. Non riesco a staccarti gli occhi di dosso. Ti desidero. Ti immagino già sudata, con il petto imperlato di piccole goccioline salate e profumate di te. Se sposto sullo specchio lo sguardo, posso ancora ammirare la rotondità di quel bel culo. L’animale viene fuori ancora una volta. Mi immagino dietro di te, a pisello ritto, che te lo premo tra le natiche mentre ti impasto il seno con le mani, avvolgendoti ra le mie braccia. Mentre tu fai semplicemente andare le gambe, ormai vive di inerzia. Mentre ti sorreggi ai due corrimani laterali, stravolta dall’imbarazzo e dal desiderio. Dio se vorrei un dolce supplizio così per me e per te. Ormai lo so… sono vittima del desiderio che mi muove. Stare lì con te &egrave un inferno di privazioni. Tutte le immagini che la mente mi regala mi procurano scosse sempre più forti. E voglia… e mi cresce l’uccello lì di sotto. Cresce e spesso diventa sempre più difficile nascondere, dissimulare, far passare quell’erezione che dovrei lasciar crescere come omaggio alla tua bellezza… ed al tuo farmi sesso ogni momento e movimento di più.
Quando hai finito di correre suggerisco di continuare a caldo l’esercizio sulle gambe, spostandoti sul quella che mi piace definire “la sedia dell’amore”. Aprirai e chiuderai le gambe, mentre io, inginocchiato, proprio di fronte alle tue cosce che si schiudono, almeno per la prima ripetizione mi sincererò che tutto sia fatto nel modo più corretto… perch&egrave il tuo interno coscia lavori come si deve e perch&egrave davvero io non mi lasci sfuggire nulla. “Oddio mi sento come dal ginecologo ogni volta che m siedo lì sopra…”. Ti sorrido: “Ehi, non vorrai mica giocare al dottore…” lascio cadere nel vuoto mentre tu scuoti la testa e mi rispondi divertita: “Che scemo… e poi guarda che lui &egrave un vecchio…”. Qualcosa mi dice di spingere di più, di osare: “Eh già… fosse invece giovane come me…”. Sorridi, continui a scuotere la testa divertita ma sei arrossita tutta d’un colpo. Ti sistemi. Io tiro fuori un’aria quasi professionale, da dottore in camice: “Forza signorina, si accomodi ed apra bene le gambe…”. La tua risposta &egrave di chi finge di stare al gioco ma si rende conto solo l’attmo dopo di aver fatto una gran fesseria. “Oddio che vergogna…” mentre lasci che la macchina apra per bene le tue gambe spostandole di lato. Vedo la tua micina che si schiude… la vedo cedere. Eppure so che puoi fare di più, che può aprirsi ancora. Poggio entrambi i palmi sulle tue cosce, con i pollici che quasi sfiorano il sedere e i mignoli che si sistemano proprio al lato di quella rosa appena sbocciata. “Così signorina, apra di più… si rilassi…”. Ti guardo. Chiudi gli occhi imbarazzata. Inspiri vigorosamente, quasi a calmarti. Io sono lì. Fossi nuda potrei baciarti proprio sul centro caldo del tuo piacere. Leccare via il sudore, l’imbarazzo, lo sforzo, regalandoti brividi e scosse. “Ancora… allargi ancora, non faccia resistenza…” – “Dio che mi fai fare…” e ti lasci guidare mentre tieni gli occhi chiusi, quasi serrati. Io decido di proseguire quel gioco di parole e frasi in cui recito la parte del tuo ginecologo: “Cosa fa mi da del tu? Bene… entriamo in confidenza…”. E t mi rispondi con un tono quasi divertito… sebbene la tua voce tremi di imbarazzo: “No, no, mi scusi…”. Ti lasci manipolare. Ti lasci sfiorare e toccare. “Chiuda, forza…”. E cominci l’esercizio. Tengo le mani lì. Le lascio muovere assecondando le tue ripetizioni. Ti guardo, poi ti guardo la micina. Torno a guardarti e ti guardo tra le cosce… torno ancora con gli occhi sul tuo viso e quando scendo trovo la tua figa ormai rassegnata a schiudersi per me. E vedo qualcosa di incredibilmente eccitante. Vedo una macchiolina che ti scurisce il tessuto. Sarà sudore? Sarà piacere? Quanto vorrei ficcarci il naso pe scoprirlo! Alla dodicesima ripetizione quasi mi dispiace sapere che il gioco &egrave finito. “Bene, brava, si rilassi… le prossime le farà da sola…”. così non ti venga in mente che chissà cosa mi sono messo in testa. Così anche al mio uccello dovranno passare certi strani pensieri.
Quando esci dallo spogliatoio, dopo l’ora di allenamento, sfioratine, battutine e tanti sogni proibiti che mi vorticano in testa mi dai appuntamento al prossimo giorno dispari. “Mi raccomando… riposati oggi, hai lavorato tanto!” ti sorrido mentre stai per guadagnare l’uscita. Sorridi, ti volti: “Certo dottore!” mi rispondi riprendendo di colpo quel gioco che avevamo iniziato in sala attrezzi. Hai il viso stranamente sereno, Hai una lucina nuova mentre mi rispondi così. Sei l’ultima ragazza a lasciare lo spogliatoio. E all’orario di chiusura, prima di uscire, faccio sempre un giro per verificare che nessuno abbia lasciato nulla. Quando entro nella sala guardaroba delle donne non posso fare a meno di notarle, appese ad uno degli attaccapanni. Sono le tue collant. Ne riconoscerei il colore tra mille… e inoltre sono proprio di fronte al tuo armadietto. Entro. Non so perch&egrave le prendo. So perch&egrave le annuso. So esattamente di che sanno… sanno di piacere. Di carni umide. Di eccitazione. Non era sudore… mentre ti schiudevo le cosce fingendomi un ginecologo giovane e aitante. Non era sudore mentre continuavi a schiuderle con me accucciato tra le tue gambe. Ti eccitava quel gioco. Ti eccitava quel contatto. Le annuso ancora. Le appallottolo e me le caccio in tasca. Sono un trofeo. Il più bello che potessi conquistare!
Sto per chiudere quando mi balena un’idea nella mente. Prendo il tuo numero dallo schedario. Lo appunto sul mio telefonino. Ti chiamerò… per rassicurarti che le tue calze le ho trovate io… per vedere che cosa succede se ti chiamo, all’improvviso… per una comunicazione così ordinaria eppure così intima. Tu sai che eri eccitata. Tu sai, adesso, che io so!
“Ciao Sharon sono Gigi… disturbo?” la tua voce &egrave sorpresa… di certo non ti aspettavi questa telefonata. “Ciao Gigi, no non mi disturbi, dimmi…” Rincaro “Sicuro che non la disturbo signorina? Sento rumore di traffico… non starà guidando vero?” – “No figurati sono in macchina con il mio ragazzo, dimmi…”. Quale sia la ragione per cui senti il bisogno di dirmi che lui &egrave lì con te posso solo intuirla: ti prego Gigi non dire nulla di imbarazzante. Beh, mi dico… la mia &egrave solo una comunicazione ordinaria… nulla di che… “Volevo dirle signorina che ha dimenticato nello spogliatoio le sue collant… stia tranquilla perch&egrave le ho prese io…” – “Oh bene grazie… Nulla amore &egrave l’istruttore della palestra… Bene, quindi dopodomani…” ma ti interrompo. Capisco bene che la cosa ti crei imbarazzo. C’&egrave lui lì che rompe, vuol sapere chi &egrave. C’&egrave quel paio di calze bagnate dal tuo piacere che svolazzano tra noi due che parliamo al telefono. E ci sono io, che rincaro la dose: “Sì tranquilla, troverà le sue calze pulite e piegate in tempo per la prossima lezione… non ne compri un altro paio…”. La tua voce &egrave rotta dall’mbarazzo. Gli ehm, le vocali sospese, ormai si sprecano: “Grazie non devi distrbarti, davvero…” – “Ma che disturbo cara, &egrave un piacere…”. Già, voglio che tu sappia che &egrave un piacere sfiorare, odorare, vedere il tuo piacere tutto stretto in quella macchiolina. “Piuttosto, sia puntuale che c’&egrave tanto da lavorare sulle ribattute…”. e sento che inspiri, inspiri forte “Una scheda lunga? Va bene allora ci vediamo dopodomani…”. Ultimo dettaglio, per rasserenarti e vedere se anche con il tuo lui lì a fianco mi rispondi: “E mi raccomando alla postura, paperina… tenga il culetto dritto…” e lo dico facendoti sentire che c’&egrave un sorriso nelle mie parole. “Certo, Gigi, grazie… a dopodomani” prima di riattaccare.
Quando riaggancio ho il pisello che mi svetta davanti. Ti ho chiamata dal agno di casa. prima di entrare sotto la doccia. Ho le tue calze di fronte a me. Me le premo ancora una volta sul naso. Poi le avvolgo intorno a lui, comese ti stesse penetrando. Me le riporto sul viso, Affondo le narici sulla tua macchiolina. Mi inebrio dei tuoi odori mentre lascio andare la mano, sempre più veloce, sempre più a fondo. Sussurro il tuo nome. Sono così eccitato da venirmene in fretta. Mentre godo inspiro forte… poi lascio uscire l’aria pronunciando il tuo nome un’ultima volta. Che goduta. Che piacere.
Quando domanl’altro ti vedo entrare siamo soli nel corridoio. Mi saluti sorridendo. Ti avvicni. “Che sorpresa sentirti avant’ieri… grazie, credevo di averle perse…” – “Figurati, spero non ci siano stati problemi… mi sembrava che il tuo ragazzo non fosse contento di quella chiamata…”.Mi sorridi, abbassi la voce per discrezione: “Magari, era solo curioso di sapere chi fosse… fa il geloso ma alla fine… quando gli ho detto che era l’istruttore…” – “Meglio così…” ed &egrave una risposta la mia che &egrave tutto un programma: meglio che non sia successo nulla, sì… ma anche meglio che non sia geloso del tuo personal trainer. Mentre ti stai avviando, sicuro che non ci siano orecchie indiscrete, riprendo il gioco: “Guardi troverà le sue collant sulla panca di fronte all’armadietto… gliele ho lavate io… erano un po’… macchiate…” sottolineando quell’ultima parola. Ti giri di colpo, rossissima…” Oddio, come… come macchiate… scusami…”. Mi sento esplodere. Non tieni il gioco solo perch&egrave l’imbarazzo deve essere tantissimo. In testa ti galleggia a caratteri cubitali solo una parola: Beccata! Mi avvicino a te che mi stai fissando immobile: “Tranquilla singorina, capita spesso…” ti accarezzo il viso e continuo “Non lo diremo a nessuno, sarà un segreto! Però mi dia del lei, qualcuno potrebbe pensare male” e ti strizzo l’occhio come in segno di complicità fingendo di guardarmi attorno. “o-ok… vado… vado a cambiarmi e…”. Non ti lascio concludere: “La aspetto di là”, incamminandomi.
Quando mi raggiungi hai indosso una tutina di lycra diversa, più chiara ancora. E’ bianco panna. Il tessuto &egrave certo coprente… ma già immagino che sudata, accaldata… magari sarà più generosa nell’offrire una visione dei tuoi dettagli. “Eccola… tutto bene?” perch&egrave ti vedo vagare con lo sguardo un po’ persa e un po’ imbambolata. “Ehm sì Gigi… &egrave solo che, insomma… scusami, mi sento morire… non avrei voluto che…” Mi avvicno. Ti metto l’indice sulle labbra e con la sinistra ti accarezzo il viso: “Tranquilla Sharon, davvero, può succedere. Non devi fartene un problema… siamo esseri umani… &egrave normale che certe cose ci possano fare effetto… se però devi essere così a disagio…” quasi a sottolineare che se il gioco non piace non serve continuare…” No, non &egrave questo, non c’&egrave nulla di sbagliato in quello che fai… &egrave che, insomma… non vorrei che pensassi che io sono…” – “Una porcella?” ti interrompo sorridendo e guardandoti con fare amichevole. Tu scoppi in una risata che trattiene l’inquietudine: “Ecco appunto…”. “Non lo penso affatto, tesoro… so solo che sei una donna, tutto qui… semplicemente ti ha fatto effetto il contatto lì… tu vivilo semplicemente come un effetto dell’esercizio e vedrai che andrà meglio…” ti cingo la vita e ti accompagno verso il tapis roulant proseguendo: “Alla fine credo che accorgersi che qualcosa fa star bene non deve essere per forza una colpa… se si guarda a tutto senza malizia… – e poi quasi a rincarare la dose con uno scherzo – anch’io se magari ti sfioro qui così… poi…” mettendoti la mano che ti cinge la vita sul sedere con un tocco leggero che ti sembri scherzoso. Mi dai una spinta divertita guardandomi fisso, rossissima e fingendo una certa severità: “Non avevi detto che mi allenavi soltanto?” Io ti sorrido, ti indico il tapis roulant e rispondo con semplicità: “Forza signorina… abbiamo tanto da fare oggi… due ore e non voglio discussioni, ha capito?” con il tono del medico, di chi da ordini. Scuoti il capo: “Va bene dottore… allora mi segue lei anche oggi?”. Sorrido. Hai ceduto. Staimo giocando ancora, oggi con una consapevolezza nuova. Hai dischiuso ancora la porta. Sai che so che ti piace. Sai che mi piace. E non sei fuggita gridando. “Certo, paperina… la seguo io e la correggo io… forza…”.
Ormai quelli in saletta sono i nostri momenti preziosi. Aspetto i novanta minuti con te tre volte a settimana con enorme ingordigia. Li aspetto e pensando a te che varcherai quella soglia con la tua tutina grigia e i tuoi collant sento distintamente un pzzicore proprio sulla testa già dura del mio pisello. I tuoi capezzoli mi hanno stregato, il tuo culetto mi ha lanciato un sortilegio… sei tu con quell’aria da bella e brava ragazzina che mi accendi di passione e voglie lascive in ogni attimo, in ogni pensiero. Devo verti, devo farti mia… ma non c’&egrave fretta!

Oggi, mentre sei sul tappeto, ti guardo. Ormai sono assolutamente convinto che tu sappia esattamente quali sono i momenti in cui i miei occhi finiscono calamitati dal solco delle tue natiche o dal tondeggiare di quel bel sedere. E so bene che quel rossore che prima vedevo comparire deciso sta lasciando il posto ad una sensazione di serenità. Per cui, siccome quel rossore mi eccita da morire… dovrai provarlo ancora ed ancora… e se i miei occhi non sono più capaci di regalarti quel fremito… lo faranno le mie mani mia cara Sharon. E’ per questo che mi avvicino a te, da dietro come sempre… e questa volta senza alcun motivo, senza il bisogno di correggerti, senza che tu stia sbagliando in nulla, ti poggio la destra sul sedere e la sinistra poco sotto il seno: “Paperina… stavi già per sbagliare… guarda che me ne accorgo… io ti guardo sempre”. Mi fissi, cominci forse a chiederti perch&egrave la mia mano oggi indugia un po di più contro il tuo bel culetto. Ti tolgo io questa curiosità, spingendo un po’: “Credo che a lui piaccia essere accompagnato, sai? Non c’&egrave allenamento che non si metta a sporgere in fuori per farsi rispingere…” e accompagno in dentro con una premuta generosa. Soffi fuori dell’aria, mi guardi come a voler replicare ma non te ne do modo: “Forza Sharon, abbiamo da sistemare anche le gambe dopo… non protestare sempre!” e ti strizzo l’occhiolino contnuando: “Forza signorina… la pazienza del dottore ha un limite sai?” facendoti una smorfia giocosa. E’ in quel momento che entra Laura… una ragazza sui 28, 29 anni… nemmeno lo so. So che non dovrei dirlo, ma me la scopo da qualche settimana e penso a te mentre spingo il mio sesso nel suo. So che non &egrave giusto, ma &egrave al tuo bel visino che penso mentre me la godo a casa sua, giovane graphic designer in carriera, con loft apartment indipendente. “Prof stasera non potrò essere alla cena, sa?” mi guarda avvicinandosi, quasi meravigliata del fatto che ti stia così vicino. “Come mai signorina Laura?” – “Abbiamo un convegno domattina a Napoli e partiremo in serata… mi spiace davvero… potrà perdonarmi?”. Mi avvicino a lei, la guardo con fare severo e le dico: “Solo se non mi torna ripiena di ricce e di babbà signorina… altrimenti non potrò perdonarla… dovrò punirla…” e lascio andare un sorriso malizioso. E’ lei che prosegue, abbassando il tono della voce: “… come ieri sera, prof?” ed io di rimando con una faccetta satanica dipinta in volto: “Molto di più… per aver saltato la lezione ed esserti rimpinzata di dolci potrei farti quel culetto rosso come mai, sai?” e intanto mi frego la mano destra, come a far premonire una sculacciata sonora e a piena mano. Laura si gira, esce di scena lasciando andare un semplice: “Quasi quasi allora c’&egrave da tornare come una porcellina…”. sorridendo e facendo ciao ciao con la mano. Me la scopo, sì… la sculaccio come le piace, sì… ma non mi arrapa per nulla. Non &egrave il centro caldo dei miei desideri. Quello &egrave lì, ritto sul tapis roulant. Quello sei tu Sharon… e mi stai fissando.
Decido di forzare la mano… so che ci sarai alla cena di stasera. Voglio provare a spingere il gioco un po’ più in là… voglio tenerti ancora sulla corda, di nuovo, come i primi tempi… perch&egrave tu non smetta di provare quell’imbarazzo che ti fa vibrare… e che ti fa bagnare i collant. Come so che ti si bagnano! Mi avvicino a te e quasi sovra pensiero: “Visto? Con te sono molto più gentile paperina… anzi, con lei sono molto più gentile, signorina… non sono mica un prof severo… con te faccio il dottore quasi complice…” poi ti fisso… cerco di leggere la tua reazione. Mi guardi, quasi senza capire all’inizio, per poi sgranare gli occhi quando ti &egrave chiaro che sto parlando dei nostro giochini in cui ti chiamo signorina e mi fingo il tuo ginecologo. “Meglio no? – proseguo – niente sculacciate…” e ti sorrido. Abbassi lo sguardo terrefatta dall’imbarazzo, poi torni a guardarmi e con un sussurro, quasi col terore che qualcuno ci senta mi chiedi: “Perch&egrave, la sculacci lei?” – “Certo, se sbaglia in palestra certo… ma non qui, signorina… per le punizioni solitamente mi reco a domicilio” e ti sorrido mettendomi vicino a guardarti. Sei piena di imbarazzo. Mi guardi solo pochi istanti, poi riabbassi lo sguardo per tornare a guardarmi solo un attimo dopo… e ristaccare lo sguardo appena i tuoi occhi incrociano i miei. “Cos’&egrave… paura che sculacci anche lei?” e siccome ci metti un po’ a rispondere prendo la palla al balzo e proseguo: “Se le piace e la motiva signorina… posso farlo anche con lei… come con Laura… – ti fisso intensamente prima di proseguire – vengo da lei, la faccio sistemare sulle mie ginocchia, le alzo la gonnellina e le tiro giù gli slip… e poi le faccio il sederino di un babuino” e comincio a ridere. Riso isterico. Si ride per non esplodere in una erezione incontrollata… che l’idea del tuo bel culetto nudo sotto la mia mano mi manda in estasi. Non sono mai violento quando sculaccio… ma quanto mi piace sentire quel rumore… quello schiaff schiaff… mentre lei sussulta e la pelle si arrossa e si riscalda un pochino. “Oddio Gianni ma che vai a pensare…” e mi sorridi di rimando stando allo scherzo. Io ci sto ancor più di te. Lascio partire un buffetto un po’ più forte delle solite pacchette dolci dolci… “Signorina da quando &egrave passata al tu?” ti sorrido. Vedo in te una scossa, un fremito… lasci andare un ahi! che &egrave solo sorpresa e nulla fastidio. Mi sorridi ancora frastornata da quell’attacco a sorpresa: “Mi scusi…” &egrave così che mi rispondi.
E’ il turno delle gambe. Ti aiuto a prendere posizione sul sediolino. Mi sistemo al solito davanti a te. C’&egrave già una macchiolina che fa capolino. Ormai anche la mia presenza tra le tue cosce rischia di diventare scontata per cui rincaro anche qui la dose. Le mie mani si poggiano proprio sul tuo interno coscia, con i pollici potrei sfiorarti ogni peletto che capolina dalla tutina. Non lo faccio solo per non rendere irrecuperabile la tua eccitazione… che sento crescere tra i fremiti che le mie mani lì ti regalano. “Apra signorina, forza, di più… apra… non basta così sa? Di più…” mentre ti aiuto a divaricare completamente le cosce nel modo poco aggraziato che la macchina ti costringe a seguire. La tua tutina lì sotto si fa più scura… la macchia più evidente. Ti fai u po’ più inraprendente… &egrave chiaro che qualche curiosità la storia delle sculacciate te l’ha messa: “Laura fa l’esercizio così bene o la sculacci anche per questo?” – “Laura questo esercizio può sbagliarlo… ma solo Laura… lei no Signorina… ed usi il lei…” e per punizione lascio scorrere i pollici sulla pelle tendendo le calze e carezzandoti poco più in là dei peletti. Poi continuo: “Vede signorina… Laura si dimostra getile con me a casa sua… quando siamo soli… per questo non fa testo…”. Mi guardi interrogativa, rossissima in volto, così io continuo: “Vede, sono parecchio corruttibile… soprattutto quando le mie studentesse sono ragazze della vostra età, magari sole… oppure annoiate… così ci divertiamo assieme… e e ci divertiamo davvero… sono molto meno severo…” e ti faccio un occhiolino d’intesa mentre vedo i tuoi capezzoli ormai durissimi e bene in mostra. “ah, capisco…” mi rispondi chiudendo gli occhi e soffiando fuori l’aria più per calmarti che per respirare giustamente nell’esercizio. Rincaro ancora: “E lei? Ora che si avvicina il matrimonio… il suo fidanzato la gratifica come merita? La fa divertire?”. Diventi bordeaux, viola. Di brutto. “Che domande dottore… insomma… sì….” – “Ok signorina… &egrave abbastanza chiaro che &egrave un no, questo…”. Mi fissi, senza parole che sembra la mia affermazione te le abbia rubate tutte… “Ma che dice, no… lui &egrave…” e sono io ad interromperti con un tono quasi da dottore vero: “Lui &egrave così terribilmente ordinario e banale mentre tu vorresti almeno per una volta qualcosa di sconvolgente… di travolgente… di folle…”. Mi fissi, chiudi gli occhi: “Beh credo che questo lo vogliano comunque tutte ma… ecco… lui…” e io so che vorresti continuare a giustificarlo e magari lodarlo ma io proseguo: “Lui &egrave tutto preso da altro, il lavoro, magari… il calcio, con le partite della squadra di casa… col sogno di diventare calciatore, col suo calcetto il martedì… vero?”. Scuoti la testa ma non sei convinta. Lo dicono i tuoi capezzoli, ormai quasi strappano la tutina. Lo dice quella macchiolina che ti si allarga lì sotto, lo dice il calore del tuo corpo che non &egrave solos forzo. “Niente di speciale, Signorina, non le sto leggendo la mente… &egrave solo che succede a tutte… come succede a Laura, che mi chiama quando il suo ragazzo non c’&egrave… però acqua in bocca, conto sulla sua discrezione”. Mi fissi spalancando gli occhi: “E’ fidanzata?” – “Certo, proprio come lei… io faccio il professore, il personal trainer… il ginecologo, come per lei… qui a guardare i suoi esercizi e le sue macchioline…” e ti sorrido. Diventi paonazza… istintivamente chiudi le gambe smettendo di porre resistenza all’attrezzo. Ho le mani intrappolate tra le tue gambe: “Ehi signorina ha ancora tre ripetizioni…” – “Eh lo so ma… insomma… mi vergogno se…”. Mi alzo, le sfilo tra le tue cosce recuperandole e ti accarezzo il viso: “Guarda che non c’&egrave nulla di male, Sharon, te l’ho detto – torno a parlarti fuori del gioco – credo tu debba vivere queste emozioni con più serenità… alla fine, anche a me capita… anche adesso…” mi alzo, sicuro che non ci saranno problemi se noterai che ho un’erezione: “Vedi… ma non c’&egrave nulla di male… &egrave solo una reazione fisiologica… convivici serenamente…”. Quanto mi eccita vedere che sgrani gli occhi anche solo per pochi secondi prima di fuggire con lo sguardo altrove sussurrando un “dio mio…”. “Non avrai mica paura Sharon?! Mica ti mangia…” ti sorrido mentre torni a voltarti verso di me: “No &egrave che… insomma… se qualcuno entrasse…” – “Non entra nessuno… e poi, ripeto, capita a tutti quelli che si alenano in coppia… e mica scopano tutti sulle macchine…”. Ti sorrido, poi cresco ancora con l0intensità della mia provocazione: “Poi guarda, non &egrave che dalla macchiolina soltanto io debba capire…”. Mi appari quasi rasserenata prima che un altro maglio di imbarazzo ti travolga: “Hai quei bottoncini sotto la tuta proprio lì che sono eloquentissimi… te li sei visti?” Abbassi la testa allarmata, ti guardi, le tue mani corrono a coprire il seno: “Dio santo che figura…”. Scoppio a ridere. Mi piace questo tuo imbarazzo perenne… mi piace anche perch&egrave non ti stai lamentando, non mi sgridi, non cambi nemmeno argomento…” Ma smettila… vuoi che non abbia mai visto dei capezzoli in vita mia, forza…” e ti prendo le mani per portarle di nuovo giù. Nel farlo li sfioro per bene i tuoi capezzoli. Col bordo delle dita. Cavoli se sono duri. Cavolo se sono tesi… quanto vorrei ciucciarteli uno per uno…
Tu sospiri, scuoti la testa come a dire: “Dio che situazione…”. Sono io che ti prendo le mani e ti faccio alzare. “Torniamo dopo qui… adesso passiamo ai glutei vuoi?” sono tornato al tu, voglio che ti ressereni… e nello stesso momento voglio che sia me e te, non un dottore e te adesso. Mi alzo, ti guido verso la macchina standoti vicino, senza più mascherare l’erezione: “Vedi, molto meglio, così adesso che lo sappiamo non dobbiamo più stare a vergognarci no? E’ sempre meglio dire tutto fino in fondo, no?”. Ti vedo titubante, non sai che rispondere… ma mi segui. Lo guardi. Mi piace che tu lo guardi. “Viene il tuo ragazzo oggi, alla festa o vieni da sola?” – “C’&egrave lui, mi accompagna…”. Peccato, mi urlo in testa. Ti faccio adagiare col busto sulla panca e mi metto contro una delle tue gambe: “Pronta a spingere?” prendendoti l’altra. “Sì, pronta…” ma la tua voce trema… perch&egrave lo senti e io non faccio nulla per mascherarlo. Senti il mio pene, abbastanza duro, strusciare proprio sul retro della tua coscia. Riprendo a giocare: “Sa signorina, Laura fa questo esercizio molto bene… senò sa che sono sculaccioni…” e una mano si poggia sul tuo sedere così alto, svettante, servito. Hai un tono gelosastro quando mi chiedi: “Le piace così tanto quella?” – “Non particolarmente, perch&egrave? Gelosa?”. Resti un attimo in silenzio, ripeto la domanda e mi rispondi: “Ma cosa dice?! Gelosa?! e perch&egrave?”… poggio la mano bene, a palmo aperto sul tuo sedere: “Perch&egrave da quando sa di questo rapporto tra me e lei… &egrave troppo curiosa… ed ha un tono un po’ troppo geloso… sbaglio?” – “Sì, sbaglia” ma la scarsissima convinzione della tua voce dice bene che c’ho preso. Così proseguo… “Se vuole, posso sculacciare anche lei per motivarla… le basta sbagliare…”. sorridi, ti sento sirridere. Lasci che tenga la mano sulla tua bella rotondità. E sento la coscia che sfrega piano, discretissimamente sul mio pene. “Ripeto… le basta sbagliare…” – “Cos’&egrave vuol proprio sculacciarmi?” mi fai eco quasi ridendo. “Sì” rispondo secco. Alzi male. Si vede che il movimento innaturale &egrave cercato, voluto, per sbagliare. “Adesso però sia bravo eh… non mi punisca forte…”. Sorrido, inorgoglito… lascio andare uno sculaccione tenero più che fastidioso. “Ahi!” – “Su, andiamo, sono anche stato gentile…” – “Sì, &egrave vero… &egrave stata una punzione gentile…”. Continui a far l’esercizio mentre lascio cadere un semplice: “Mi piacerebbe che stasera tu ti sedessi accanto a me, ok?”. Mi guardi, rossissima. Io ti sorrido… ti faccio un occhiolino complice. Premo leggermente il pene contro la coscia, ma muovendomi, di modo da lasciare più di tanti dubbi nella tua mente. Annuisci “Ok dottore”… e mi sorridi. Siamo seduti vicini, come avevo detto che avrei desiderato. Il tuo lui &egrave accanto a te dall’altro lato. Vorri davvero non fosse lì. Accanto a me c’&egrave altra gente ma &egrave davvero come se non ne vedessi n&egrave i visi n&egrave ne sentissi le voci. E’ come se ci fossimo solo io e te.
Parliamo, in realtà sono costretto a parlare con tutti… ma agli alri, alle altre, do poca importanza. E’ te che voglio a fianco, &egrave con te che voglio stringere un legame più profondo… e voglio farlo proprio ora che il tuo ragazzo &egrave qui vicino a noi. Mi da una sensazione di possesso maggiore, più forte e intensa. Sono discreto, ma di certo non manco di farti rimanere sulla corda, tesa come un cavo d’acciaio. Sei lì vicina… accant a te c’&egrave il tuo promesso sposo… ma io non smetto mai davvero di essere presente tra voi, accanto a te, con la discrezione assoluta sopra il tavolo e con gesti davvero molto eloquenti sotto. Adoro questa situazione di crescente imbarazzo in cui ti metto. La mia gamba non smette nemmeno per un attimo di strusciarsi alla tua. Hai una bella gonnellina e da sotto dei collant scuri. Ci tenevi a prepararti bene ed hai fatto davvero bene a farlo… sei desiderabile. Hai delle belle scarpe, enorme classe, slanciano la tua figura. Il mio ginocchio a contatto col tuo, la mia coscia che ti sfiora in ogni attimo. La tua gonnellina che sale tirata su dal movimento della mia gamba… e i miei occhi che si posano su quelle cosce che conosco davvero bene!
Decido di spingere oltre ogni taboo… e così sollevo il bicchiere colmo e dico: “Ci vuole un brindisi per premiare la migliore tra voi… e la migliore &egrave davvero la ragazza che ho voluto di fianco per questa serata… Sharon!”. Applausi ed anche qualche occhiata di ragazze che si vedono soffiarsi quel posto ambito. “Questa ragazza si impegna, suda e lavora come una matta… e dovreste vedere con quali risultati… – ti guardo – Sharon alzati e fai un giretto su te stessa… fa vedere come ci si scolpisce bene in palestra!”. Tu diventi rossissima, sei paonazza, sembri un peperone. “Oddio… non so…” Insisto e con qualche imbarazzo e più di una risata piena di vergogna ti alzi e fai una piroetta. “Ecco… visto che gambe?! Così si fa!”. Quando ti risiedi lascio cadere la mano senza apparente malizia sulla coscia che ho accanto. “Devi essere orgogliosa di tutto questo lavoro… sei stata bravissima!”. Mi sorridi ma sento che sta fremendo… le mie dita sulla tua coscia, così pubblicamente… c’&egrave imbarazzo e lo capisco. Stacco subito la mano, torno a sorriderti per poi cambiare argomento.
Il cellulare del tuo lui prende a trillare mentre stanno per servire gli antipastini: “Fa che sia qualcosa di serio… fa che se ne debba andare…”. Ed infatti, splendida notizia… c’&egrave un amico da prendere all’aereoporto… dovrà andare via per un po’, non potrà tornare, non avrebbe senso. Tu protesti animatamente… e che cazzo, la prima cena con il tuo ambiente, i tuoi amici, e lui e le sue cose ti costringono ad andar via?! Non sta proprio bene. Lui &egrave rosso di vergogna ed &egrave stizzito. Non può proprio dire di no… e nello stesso momento sa che non può trascinarti con lui. Una ragazza si offre di accompagnarti a fine serata… lui acconsente… non potrebbe davvero fare altrimenti. Ed ecco la fortuna che arride agli audaci. Va via, saluta tutti e prende la porta. E adesso ci siamo noi, io e te… accanto… e siamo di siuro molto più liberi. Di colpo ti vedo rifiorire… sarà che ti senti finalemente più libera senza di lui? Spero proprio sia così mentre ti guardo, mi avvicino al tuo orecchio e in modo molto diretto ti sussurro: “Ti accompagno io, dopo, a casa… ok? Non accetto discussioni?” e ti sorrido. Abbassi gli occhi. Ci pensi su… quindi sicuramente non &egrave un No diretto, il tuo. Mi riguardi: “Sì” e sorridi un po imbarazzata. Questo, decisamente, non te lo aspettavi.
La cena corre via veloce, se non fosse per le mie mani che ormai si sono fatte un po’ più audaci, che si posano sulle tue cosce senza che tu faccia nulla per toglierle di lì. Certo, &egrave un peccato tu non risponda ai quelle strusciate di coscia con altrettanta disponibilità ma… devo farmene una ragione, infondo tra noi non c’&egrave nulla che farebbe pensare a questa disponibilità!
A fine cena chiamo un giro di amari e di digestivi… uno shottino ciascuna. “Oggi potete concedervelo… ve ne do il permesso!”. Vodka per te… credo sarà utile a metterci bene in corda per la serata. Mi guardi indecisa, poi lo butti giù d’un fiato… “Bene…” mi dico… molto bene. Paghiamo e usciamo. L’aria &egrave frescolina. Rassicuri la regazza che si era offerta di accompagnarti, verrai via con me. E io ti apro lo sportello in modo galante facendo accomodare te e altre due ragazze… scelgo di fare il tassista, proprio perch&egrave a nessuna venga in mente che io e te…
Il giro chiaramente ti vede per ultima e quando anche l’altra ragazza &egrave andata via, solo allora ti chiedo di passare avanti. Attendo in silenzio che Giusy sia entrata nel suo portone, poi ripartendo senza guardarti ti sussurro: “Finalmente soli, per davvero…”. Al tuo silenzio imbarazzato segue un “già” a voce bassissima. Poggio la mano sulla tua coscia:” Non mi avevi mai dato la possibilità di toccarle mentre ci alleniamo… devo dire che sono davvero toniche, stai lavorando benissimo…”. Mi guardi sorridendo: “Gianni… ma come? Mi tocchi sempre dove vuoi?” – “Vero, ma mai in pubblico… e non sempre dove voglio… almeno, non dovunque io voglia…”. ti sorrido. Mi guardi quasi divertita da quella che credi sia una battuta: “Non riesco davvero a immaginare cosìaltro vorresti toccarmi, sai?”. Sono io a diventare serio, di colpo: “Se hai voglia… ci mettiamo comodi e ti mostro tutti quanti i dove che ancora non mi hai concesso…”. Sposto lo sguardo su di te, siamo in conda al semaforo. Sei rimasta zitta dopo quella mia proposta. Mi rispondi con un fil di voce: “Gianni… ma io…” – “Lo so, tu sei una ragazza fidanzata… Non ti sto certo chiedendo di farti scopare come fa Laura a casa mia…”. Mi interrompi: “Perch&egrave voi… fate sesso?” e mi eccita il tuo modo di evitare la parola scopare. “Sì, perch&egrave fai finta di non aver capito?” sorrido in modo evidente a quella tua finta ingenuità. Poi continuo: “Ti sto solo dicendo che se vuoi… a me farebbe piacere farti vedere gli altri punti del tuo corpo che vorrei toccare… e ti dico, adesso, che non voglio portarti a casa mia… ce ne andiamo in un posticino tranquillo che conosco… così non cadi in tentazione…” scaricando su di te il peso della scelta. Sei paonaza. Biascichi un “Dio mio Gianni, non lo so… &egrave che…” ed io non ti lascio il tempo di parlare che già torno ad imbarazzarti stuzzicandoti: “E’ che hai già qualche macchiolina lì sotto ed hai ancora paura che chissà come possa interpretarla vero?”. Abbassi gli occhi. E’ un sì. Mi faccio coraggio, prendo la tua mano e porto tutto ad un livello ancor superiore, quasi insostenibile… gioco tutto… se andrà male, pazienza. Prendo il tuo polso di scatto e senza forzare ma contando sulla sorpresa porto la tua mano aperta dritta tra le mie gambe, dove l’erezione preme sui calzoni. “Vedi, anch’io ho quegli inconvenienti… ma non ci do peso…”. Ritrai la mano con un sospiro lasciando uscire un “oddio mio… gianni…” imbarazzatissimo. Io intanto sto facendo rotta verso fuori città, senza che tu mi dica di no. “Sei molto macchiata lì sotto?” – “Gianni… non lo so che domande… non ho mica visto?!”… imbarazzatissima, ormai… ed ormai consapevole che non andrai certo a casa. “Allora che ne dici? Me lo merito questo regalo?”. Sei indecisa.. timori che &egrave giusto provare nella tua situazione. Mi rispondi come una ragazzina: “Sì però…” ti interrompo ancora: “Tranquilla, niente per cui morire di vergogna domani…”. Siamo quasi fuori città. Prendo la via del mare… dove ci sono molte piazzole disponibili all’amore discreto. I vetro oscurati del mio Suv, poi, ci terranno tranquilli da occhi affamati. Parcheggio. Spengo le luci e metto la sicura. Ti guardi intorno. “Cos’&egrave, paura?”… mi sorridi imbarazzata: “Non &egrave paura… &egrave che qui, con te…” – “Con me non avrai nulla da temere, dai… sbottona il giubbino.”. Obbedisci sorridendo e con gli occhi abbassati. Hai un bel golf di lana che aderendo evidenzia le tue belle mele, i tuoi seni bellissimi. “Ecco, vedi… quello &egrave uno dei posti che vorrei tanto toccare, che avrei sempre voluto toccare… ma i pettorali lì fai sempre così bene che non ho potuto correggerti come si deve…”. Mi guardi, abbassi gli occhi, so che stai guardando la mia erezione. “Gianni… se mi guardi, se ti guardo, muoio di imbarazzo…” così ti prendo per mano e ti tiro a me “E tu allora dammi la schiena… siediti di spalle a me… vieni, andiamo dietro…” e ti facio strada perch&egrave tu possa accomodarti scavalcando il sedile. Ti seguo. Mentre ti muovi guardo sotto la gonna… le calze scure non mi fanno dire se hai mutandine coulotte o perizoma… ma mi fanno ribadire una volta di più che hai un gran bel culo. Ti tiro a me sul bel sedile largo… hai il sedere che quasi aderisce al mio pacco gonfio. “Si poggi a me Sharon , tranquilla… voglio solo controllare come stanno i suoi pettorali” sorridendo. Tu ti poggi a me, ancora un po rigida. Io lascio che la sinistra si poggi sotto il tuo seno, come una coppa, poi la lascio salire ad avvolgere tutta la tetta. “Complimenti signorina, tutto così tonico… naturale vero?”. Ti sento sospirare per poi rispondermi: “Sì dottore, naturale…”. Il tuo respiro si fa più rapido, &egrave chiaro che la situazione di prende di sorpresa. Metto anche l’altra mano e soppeso il tuo bel seno: “Che meraviglia Signorina, davvero complimenti… se ne sentono tante di flosce… lei invece le ha belle piene… scoppiano di salute sa?!”. Reclini la testa indietro, ma non sei completamente rilassata, hai la schiena ancora dura che fa resistenza. Sento i capezzoli crescere e premere, li accarezzo con le dita sulla stoffa. “Anche incredibilmente sensibili, Signorina..:”. Ti giri a guardarmi: “Ehm si… ma non le &egrave ancora bastato Dottore?” mi guardi in un modo intensissimo. “Quasi… magari potrei dirle di indossare un push up per valorizzarle la prossima visita in cui saremo soli… che ne dice?”. Mi guardi ancora, hai gli occhi che quasi si socchiudono dal piacere che cerchi di mascherare: “Perch&egrave vuole visitarmi ancora così?!” – “Certo… se lei volesse anche con una certa regolarità”… bypassi questa mia affermazione per poi dire: “Ma con un push up scoppierei, dottore…”. Io ti guardo, avvolgo i due seni a piene mani e continuo: “Guardi, non sarebbero le sole a scoppiare, glielo assicuro…”. Il tuo sospiro la dice tutta su quel che stai pensando… mentre io passo al contrattacco. Stacco la destra dal tuo seno e ti sussurro: “Si alzi un pochino signorina…” mentre la mano si infila sotto le tue chiappe ebne al centro. “Che bel sedere signorina… questo &egrave l’altro pezzo forte, sa? sta venendo su che &egrave una meraviglia…”. E tu senti distintamente la punta del medio sfiorarti quasi sotto la micina. Mi faccio audace: “Se volesse offrirmelo meglio… tanto lo conosco già abbastanza bene non trova?” – “Non so dottore, mi dica lei… perch&egrave io sto morendo di imbarazzo…” e mi sorridi paonazza. “TRanquilla, si metta in ginocchio sul sedile e si abbracci al poggiatesta lì dietro… tenga un po aperte le gambe e il gioco &egrave fatto…”. Vengo vicino a te mentre assumi la posizione. La mano ti palpa gentilmente ma con passione il sedere. Non &egrave più il tocco della palestra ma &egrave un contatto molto più sessuale, più esperto e deciso a far godere. Senti il medio percorrerti il solco tra le natiche ed infilarsi proprio sotto fin quasi a toccarti la fighetta. Sento che indossi un paio di normalissime mutandine. E tu senti il mio cazzo premerti sulla coscia proprio all’attacatura del sedere. “Magari la prossima visita la conduciamo in modo un po’ più libero… senza tutti questi filtri che ne dice?” – “Lei &egrave pazzo…” mentre sospiri ormai senza più alcuna speranza di uscirne… certo, ma senza nemmeno tanta convinzione di volermi scappare. La mano si insinua sempre di più sotto il sedere, ormai ti tocco tranquillamente la micina proprio sotto. Ai primi contatti i tuoi sobbalzi sono evidenti… poi la cosa sembra normalizzarsi e invece di sobbalzare semplicemente acceleri i sospiri che doventano sempre un po’ più evidenti. “Eccoci qua… mi sembra sia rilassata abbastanza ora…” mi fissi: “Gianni… ti prego…”. Ti interrompo e ti sussurro: “Signorina, se qualcosa le darà fastidio smetterò subito… me lo dica lei…”. Poggi la fronte sul poggiatesta, rasegnata al fatto che il tuo corpo ti stia chiedendo quel piacere. Il dito comincia a premere proprio lì. “Sono o non sono il suo ginecologo signorina?” – “Sì” rispondi a mezza voce. “E allora mi lasci fare… – ed avvicinandomi al tuo orecchio – e si rilassi, non capita ogni giorno di godere così senza far nulla di male…” perch&egrave ho già deciso che ti regalerò un orgasmo prima di andare a nanna. Anche la destra si infila tra il tuo corpo ed il sedile… e corre giù, ti alza la gonna e si piazza sulla tua passerina cercando il clitoride da sopra alla stoffa dei collant e delle mutandine. Non sarebbe difficile adesso spogliarti ed averti ma deve essere diverso.. stiamo solo giocando in modo quasi innocente… se la temperatura si alza deve essere una scelta consapevole… e tua. Insitintvamente apri le gambe e premi leggermente verso la mia mano per aiutarmi a trovare la strada corretta. “E’ proprio calda qui sotto singorina… sono contento… le piace?” – “Gianni ti prego non farmelo dire…” – “Niente Gianni signorina… mi dica le piace?” e ti bacio teneramente l’orecchio. E’ il momento i cui ti sciogli e sussurri un “Sì, dottore si mi piace…”. Sfrego… sento l’umido diffondersi sotto il tessuto. Sento che fremi e così ti prendo una mano staccando la mia da dietro e te l’appoggio sulla mia punta che ormai svetta contro i pantaloni in modo osceno e inequivocabile. Torno a toccarti dietro mentre la tua mano, credo mossa ormai da volontà propria, inizia a far roteare la mia punta nel suo palmo teso. Intuisco che acceleri perch&egrave vuoi che anch’io acceleri… così ci do dentro e avvicinandomi al tuo orecchio sussurro “Così, da brava… si lasci andare… forza signorina, da brava…”. Sento crescere il tuo piacere… sei ormai scordinata, ti muovi senza più volerlo… ti scuoti. “Forza signorina mia, goda, forza su… da brava, goda tanto..”. Ti stacchi da me, ti stacchi da lui per stringerti forte al sedile. “Uhhh dio si dottore, si…”. Inzio a premere forte, governo io il tuo piacere. Con delle spinte ti muovi come un’ossessa. La situazione, credo, non certo il contatto così acerbo deve averti spinto in orbita. “Ancora signorina, ancora, forza, non si tenga niente dentro, forza… fuori tutto…”… mentre inizi ad ansimare con gridolini sempre più forti finch&egrave scossa non ti lascio a godere gli ultimi languori dell’orgasmo abbracciata forte al sedile. Ti lascio un bacio sul collo, discreto e dolce. “Ecco qui… brava… &egrave staa bravissima… di sicuro la migliore che io conosca…”. Resti in silenzio. Abbassi la gonnellina. Sono io che proseguo: “Se vuole posso visitarla ancora, di sicuro il prossimo fine settimana, se vorrà… potre tenermi libero…”. Mi guardi slo allora. Hai il viso stravlto e gli occhi lucidi ma hai uno sguaro sereno, direi quasi felice e soddisfatto. “Davvero dottore?” – “Certo che voglio rivederla se vuole…”. Mi guardi ancora, abbassi gli occhi… “No, dicevo, davvero sono stata la migliore?”. E’ sabato. Saranno passate appena 8 ore da quando ti ho fatta godere sui sedili posteriori della mia auto. Saranno passate appena 8 ore da quando, con le dita, ti ho regalat il piacere intenso di un bell’orgasmo goduto clandestinamente, lontano dal tuo uomo. Mi eccita pensare che hai concesso a me quel piacere, sapendo che non sono l’uomo che sposerai, mentendo al tuo lui, godendoti quel momento. E mi eccita pensare ai sensi di colpa che avrai scacciato dicendo che infondo &egrave stato come un gioco infantile, che non c’&egrave stato nulla di grave in quelle carezze e che, anzi, magari ti &egrave piaciuto vedere il tuo corpo desiderato e lodato da altri e non da lui. Sono passate appena otto ore quando ti invio un sms che recita appunto così: “Signorina, può ritirare il suo premio di massaggio e trattamento corpo totale, durata 3 ore, oggi gratuitamente. Richiami per informazioni.”. Sono passate appena otto ore, starai ancora dormendo.
Quando il telefono mi trilla, un paio d’ore dopo, riconosco immediatamente il tuo numero. Rispondo con voce ordinaria e impostata. “Gianni tu sei matto…” cominci sorridendo. Rispondo spostando tutta l’attenzione sul nostro gioco: “Signorina, non sono matto… semplicemente le avevo promesso un premio e la sto mettendo in condizione di ritirarlo… oggi, senza troppe discussioni…”. Resti un attimo in silenzio, poi: “Gianni, forse non riesco a spiegarmi bene… io non sono libera…”. Non mi curo dell’argomento che metti in terra e proseguo: “Se lei non crede di meritarlo o non vuole ritirarlo non ha che da dirlo… destinerò queste attenzioni magari a Laura, che di certo non si farà sfuggire l’occasione e di certo si dimostrerà più meritevo…” – “No, un attimo… &egrave che, Gianni, non vorrei si corresse troppo… cerca di capire io ieri non stavo fingendo quando…” e sono io ad interromperti: “Lo so bene… proprio per questo le sto dicendo che se vuole oggi posso dedicarmi a lei, so bene che le &egrave piaciuto da matti… ed a correre signorina &egrave solo lei, che ha deciso di darmi del tu…”. Silenio, ancora. Potevi mettere giù, potevi declinare l’invito in modo fermo, potevi dirmi anche in modo duro di godermi Laura e lasciarti perdere invece: “Dottore…cerchi di capirmi… io non ho fatto mai di queste cose con…” – “Non deve scusarsi, la situazione &egrave abbastanza chiara… adesso sta a lei dirmi se vuole approfittare di questo regalo oppure no, senza farsi troppi problemi…”. Fai ancora silenzio poi prosegui, rimanendo al gioco: “Io Dottore, mi fido della sua professionalità quindi accetto… so che non mi forzerà a…” – “L’ho ma forzata Signorina?” – “No, assolutamente…”. Bene, ormai ci siamo, Sharon: “E allora l’aspetto oggi pomeriggio al mio studio le do l’indirizzo via sms tra qualche minuto…”. Ti saluto e riagganciamo. Scrivo velocemente l’indirizzo della casa/studio dove vivo, a volte faccio massaggi, a volte semplicemente uso i massaggi come scusa per stare tranquillo con ragazze come te, in cerca di un po’ di serena clandestinità. Ti scrivo che ti attendo per le 16 e che non potrai andare via fino alle 18 almeno. Mi rispondi con un sorrisino e con un “a più tardi dottore”. E non mi resta che aspettare.
Aspettare le 16, quando in orario come un orologetto svizzero sento il campanello trillare. Sono già pronto ad accoglierti. Un paio di boxer, piedi nudi sul parquet ed un asciugamano che mi fascia dalla cintola in giù. Entri con indosso una gonnellina corta poco sopra il ginocchio, scarpette col tacco e delle parigine in pandant con la gonna ed un golfino leggero sotto il giubbino. Hai l’aria serena mentre apri la porta e ti fai strada… sei meno serena quando mi vedi lì così, quasi nudo. Mi osservi, mi fissi… sarà che non t’aspettavi nulla di così?! “Buonasera Signorina…” – “Oddio, Gianni, ma…”. Chiudo la porta alle tue spalle. “Cos’&egrave? Le da noia il mio abbigliamento? Usa di nuovo il tu?”. Abbassi gli occhi, poi trovi il coraggio, mi guardi e dici in modo confuso: “No, &egrave che semplicemente, così, dottore… insomma, mi capisca &egrave un pochino strano…”. Ti prendo per mano: “Non c’&egrave nulla di strano, venga…” e ti conduco nella stanzetta dove faccio i massaggi. C’&egrave una poltroncina reclinabile con davanti una piccola seduta che mi permette di stare davanti a te e massaggiarti le gambe, tra le gambe… e poi un lettino. “Cominceremo con la poltroncina… così non si sentirà troppo in imbarazzo, bene?”. Annuisci guardandoti intorno, guardando il lettino dei massaggi, le candele accese, la bacchetta d’incenso che fuma. “Si sistemi, si spogli e si metta comoda sulla poltroncina.. io intanto le scaldo una bella tisana rilassante”. Mi fermi prendendomi gentilmente dal polso: “Spogliarmi… nuda?” – “Se vuole si, certo… altrimenti può restare con le mutandine non c’&egrave problema…”. Ti prendo il giubbino che hai piegato su un braccio e lo sistemo sull’attaccapanni, poi ti indico un piccolo poggia abiti: “Può sistemae tutto lì se vuole…” e ti guardo sorridendo. Mi giro, decidendo di dedicare alla preparazione della tisana il tempo giusto a rigirarmi e trovarti pronta sulla poltrona. Il fatto che tu abbia indosso le parigine mi eccita da morire. Scoparti con quelle indosso sarebbe davvero eccitantissimo… ma per oggi credo dovranno andare via quasi da subito. Quando mi vlto verso di te sei già pronta. Il seno svetta in alto, i capezzoli sono solo un po’ inturgiditi e non &egrave il clima, che la stanza &egrave climatizzata e umidificata da sembrare una giornata quasi estiva anche se fuori ci sono 5 gradi. E’ che la cosa ti sta già eccitando. Hai indosso un bello slippino rosso bruno, molto velato. E le parigine ancora su. Decido che voglio vedertele addosso quanto più possibile. Decido che ti farò cominciare con dello stretching. Ti porgo la tisana ai frutti di bosco e calendula. “Ecco signorina…” ho abbassato le luci e c’&egrave una atmosfera molto seduttiva nella stanza. Mi siedo di fronte a te: “Per la prima parte del trattamento le calze può tenerle… oi le toglieremo… intanto voglio scioglierle un po le gambe con degli esercizi di distensione… sorseggi pure…”. E prendo i tuoi piedi di fronte a te, li porto verso il mio petto e premo contro per distendere le caviglie in un senso e nell’altro. Socchiudi e poi chiudi gli occhi. Sospiri. Il contatto esperto ti distende, ti rilassa. Sorseggi la tisana e mugoli contenta di quel trattamnto che comunque si mantiene innocente nel contatto. Manipolandoti le gambe tenendole dalle caviglie posso dilatarti la divaricazione quanto più mi piace… e guardare la tua micetta che si muove, si allarga, si stringe, si schiude. Posso bearmi del capolino di qualche peletto… e posso intuire le macchioline allargarsi lì sotto. Quando la tisana comincia a fare effetto ed il suo calore ti rilassa ancor di più comincio ad allargare nello stretching ed a farmi spazio tra le tue gambe, arrivando quasi a sfiorare il tuo sesso col pisello ormai duro che spinge per uscire dai boxer e preme sotto l’asiugamano. Mugoli molto di più. Ogni tanto lasci che un gridolino si senta meglio… &egrave piacere ed anche fatica di reggere uno stretching insistito. Mi guardi, il tuo sguardo cade sul mio pisello a qualche millimetro da lei. Mi rifissi: “Oh dio… oh dio…”. Ti parlo: “Cos’&egrave signorina… &egrave troppo per la sua vista?” – “no, dottore… &egrave che… insomma… un po’ m’imbarazza, ecco…”. Se proprio non puoi fare a meno di guardare, Sharon cara… ecco che ci viene in soccorso una bella sciarpa di seta scura: “Lasci fare a me…” ti bendo…” Tanto signorina.. so che lei sa che può fidarsi…” ti dico sorridendo per metterti a tuo agio. “Non &egrave che non mi fidi dottore &egrave che… come dire… questa cosa della benda… magari… ” – “Peggiora le cose? la eccita?” – “Ecco sì, mi ha sempre eccitata…”. Ti rassicuro carezzandoti il viso: “E lei invece pensi a rilassarsi… lo sa che qui eccitarsi &egrave permesso…”. Annuisci ed a ogni mio tocco, sospiri e acceleri il respiro. Ti sento molto più calda quando comincio a sfilarti le parigine. “E’ un peccato doverle togliere… le donano molto… ecco, se posso essere sincero le trovo molo stimolanti…”. Rispondi lasciando intendere molto più di quel che dici: “Non so perch&egrave ma lo immaginavo dottore… le ho scelte per…” e lasci in sospeso una frase che capisco ma che non completo. Con la giusta dose di olio scorro sulla tua pelle, massaggiando impunemente dalla punta dei piedi all’attaccatura degli slip, concentrandomi sempre molto più sull’interno che sull’esterno. All’inizio i tocchi ti fanno sobbalzare. Poi cominci a sospirare e star ferma, per goderti quel contatto. Dopo pochi minuti muovi la testa in modo impercettibile ma confuso. Mi concentro sull’interno coscia, non scendo più sotto le ginocchia. Per massaggiare dietro ti piego le gambe a contrasto, unisco le tue ginocchia, mi sistemo con il pisello e le palle proprio nell’incavo che si crea tra i tuoi stinchi: “Signorina mi raccomando niente movimenti bruschi o mi gioco la carriera eh?” sorridendo, alludendo al fatto che sono alla tua merc&egrave e che un tuo scossone potrebbe farmi male. Ti ungo e ti massaggio le chiappe in modo deciso, intenso. Presto la stoffa delle mutandine, come una brasiliana, finisce risucchiata dalle tue chiappette. Ti fisso i capezzoli. Sono duri da mordere non solo da succhiare. Sporgono in fuori come due chiodini diritti e fieri. Le tette ti si sono rassodate… non sai quanto vorrei soppesarle a mani piene. E’ passata appena mezz’ora… “Come va Signorina?” – “Dottore… sono in estasi davvero…” ti sento sciolta, scioltissima… e so bene cos’&egrave: la convinzione che tutto si mantiene sotto forma di questi contatti. Mi fermo, reclino la ta poltrona. Ti reggi un po mentre bendata senti lo schienal scendere di non sai quanto. Lo sistemo a 45′, torno davanti a te e mi sistemo tra le tue gambe sedendomi appena. Hai il sedere altissimo. Di sicuro senti per la prima volta e bene la punta del mio pene tra le tue cosce, proprio lì sull’ingresso della tua micina che ormai immagino, quasi sento, fradicia e bollente. Metto le mani sul tuo seno: “Oddio… oddio dottore che fa…” – “Ci dedichiamo alla parte superiore, no?” – “Dio mio… ma così?!” – “Certo Signorina… come senò qui sulla poltrona?”. Resti in silenzio. Sospiri. Bagni le labbra cercando le parole giuste da dire: “No… &egrave che il contatto, insomma, sì… &egrave molto forte…”. Pizzico leggermente i capezzoli. “Tranquilla, io non ne approfitterò…” e prendo a manipolare i tuoi seni in senso orario, partendo dalla base per arrivare all’esterno. Ci godi… adesso ci godi inutile dirlo. “Oh dio dottore… ma io non riesco a star ferma se fa così…” Sorrido, ti rispondo gentilmente: “A me non da problemi Signorina continui…”. Sono io a impastarli in modo continuo, ossessivo, gentile ma passionale. E tu ti muovi, ormai scorrendo la punta del pene sulle labbra della tua micina. Altre donne, più larghe, più esperte, più avezze, vivono già una mezza penetrazione così… tu no, lasci la punta far solo gentilmente capolino dentro di te. Sei ancora inesperta, sei ancora chiusa… si vede che il tuo lui non ti tratta come vorresti. Ma ti muovi e sfreghi… cazzo se sfreghi… fino a sussurrare: “Gianni, io però così lo sento tutto…” con una voce calda e roca che non conoscevo. Continuo col massaggio finch&egrave non sento trillare il telefono. Il tuo. Hai un gesto di quasi stizza. “Lo lasci squillare se vuole… a me non da noia…”. Ma tu nsisti: “No, potrebbe essere lui, lasciami rispondere Gianni, ti prego… scusa davvero…” Sei seccata anche tu di quella interruzione che ci riporta alla realtà. Ti porgo il telefono tenendoti una mano ferma sulla benda e suggerendoti il nome di lui che ti sta chiamando, di modo che tu sappia già, mentre apri la chiamata. Mi fermo, solo per lasciarti il tempo di rispondere. “Lo sapevi che ero al centro massaggi, dai…” quasi a rimproverare quella telefonata…” Sì, sì lo so che sei bloccato con Flavio fino a sera, me lo avevi detto…”. E’ il momento. Sono in piedi accanto a te. Lascio cadere l’asciugamano, rest in boxer con l’erezione evidentissima che preme contro i boxer. Che tu non puoi vedere. Con un movimento fulmineo premo la mano tra le tue cosce. Con il medio comincio a massaggiare l’ingresso. Hai un sussulto. Ti muovi in modo scoordinato come a cercare di capire come uscire da quella situazione. Con l’altra mano mentre ti massaggio la micetta da sopra alle mutandine ti tengo ferma e ti impedisco di togliere la benda. Tra mille difficoltà rispondi al tuo lui: “E non capisco allora che mi hai chiamata a fare per chiedermi e dirmi cose che già sapevamo…”… lo sento, la butti sullo stizzito perch&egrave &egrave l’unico modo per non dar a capire cosa sta succedendo. La mia mano prende ancora lpiniziativa. Con l’indice scosto le mutandine, col medio mi faccio strada. Sospiri: “Oddio… ma che sei geloso? Sto aspettando di entrare a fare un massaggio… e che diavolo…” continui a fingere arrabbiatura per mascherare i sospiri che ti da quel contatto, quell’intrusino per nulla difficile, visto quanto sei umida e scivolosa di piacere nella tua grotticella. Ormai la mano si può poggiare tranquilla. Non fai più resistenza. Le tue gambe si muovono assecondando il piacere non negandolo. Ne fai una colpa al tuo lui, probabilmente… &egrave solo colpa della sua interruzione se siamo finiti così. Forse ti aiuta a lasciarti andare questo vivere la sua telefonata come la rottura di un piacere innocente. Ed allora forzo di nuovo la situazione, perch&egrave non mi accontento di certo. Dentro lascio che anche l’indice si faccia strada, mentre il pollice prende a sfiorarti il clitoride. Vedo dalle tue sopracciglia che di sicuro stai sgranando gli occhi… non ti aspettavi questa perquisizione più nuova e intensa. “Ma sì, ti chiamo quando finisco… così decidiamo… quando fai così proprio…” hai la voce accelerata… sei quasi arrabbiata. Paura e necessità… o solo voglia di godere un momento tuo in santa pace? Non lo so… ma ormai il cazzo mi viene fuori dai pantaloni. Quello co cui parli, con la mia mano che si fa strada el tuo piacere, &egrave l’uomo che sposerai… che eccitazione, che goduria… ormai non serve più tenerti… così con un colpo faccio scattare il pisello fuori dai boxer e ti prendo la mano. Voglio le tue dita piccole e calde lì… voglio sentirle attorno a lui. Guido la tua mano con decisione e rapidità sul mio cazzo in tiro. Lo tocchi. Ti sorprende. Lo stringi. Inspiri forte… &egrave lo stupore? &egrave il piacere? Non so… ma non fermi nulla… anzi, animi la mano di vita propria. Cominci a masturbarmi. E che bello che &egrave sentire la tua mano, inesperta, troppo emozionata, semplicemente cieca, far su e giù con foga. Forse a dettarmi il ritmo che preferisci. Ormai le dita in figa sono tre…. sono cresciute in numero in pochi secondi, che spazio ce n’era. “Tranquillo… a dopo, tranquillo, fammi chiuder ora che chiamano, cazzo… tranquillo… sempre con le tue partite e le tue cose ed oggi rompi… ciao!” riattacchi stiizzita…”Dottore lei &egrave pazzo…” hai la voce impastata, finalmente libera di essere se stessa. “Si rilassi… tranquilla… vedo che le piace….”. Non rispondi a quello stimolo… senti forse il bisogno di proseguire sul tuo lui: “Mi scusi ma ho dovuto rispondere… lo vede? Tutti questi anni sempre calcetto, lavoro, amici… oggi che il giorno libero lo ho io… mille domande…”. Premo dentro le tre dita. Ti inarchi:”Oh dio dottore…” la tua mano continua ma di lei sembra tu non voglia parlare… continui a masturbarmi con foga… non &egrave il massimo del piacere… non mi gusto nulla… ma so che potrò correggerti al momento giusto. Ora devo esagerare con te. “Si rilassi… senta adesso…” e infilo il mignolo anche, lasciando solo il ollice a carezzarti gentile il clitoride. “Dottore… cazzo ma quante sono?” – “Tutte e quattro…”. Purtroppo riesco a farle entrare fino alla seconda falange, non di più… prima che tu esclami ad alta voce: “Dio, mi sento una porca… mi fa sentire una porca…”. Non smetto di pasturarti, continuo a spingere lì dentro e ti fermo la mano… la guido. “Così signorina… lenta e fino in fondo… segua il mio ritmo… non sono un ragazzino come qualcun altro…”. non faccio nomi ma alludo a lui. “Lo so…” rispondi scusandoti di tutta quella foga. Mi chino accanto al tuo orecchio: “Dovrebbe vederesi, così bella, così desiderabile… così tutta libera qui sulla poltroncina… che bella che &egrave con la mia mano denro…” sussurro bollente. Le parole ti eccitano, il movimeno ti eccita, la mia mano ti eccita… stai per esplodere: “Dottore sì, sì dottore così… più dentro dottore, così, senza paura… più dentro…” e mentre la caccio dentro per farmi strada e tu ti torci ti sento quasi esplodere. Provo a trattenerti che anche a me l’orgamso sta salendo… “Così signorina, così che lo si fa assieme… forza…”. Urli ormai: “Dentr dottore… tutto dentro che ci godo… dentro… la prego la prego non ce la faccio più… mi faccia venire…”. Sono io a sussurrarti deciso: “Ora… ancora ancora ancora…” mentre i tuoi colpi stretti stretti mi arrivano quasi sullo scroto, mentre la pelle si tende fin quasi a strapparsi e la cappella, facendo capolino lascia che la bocca di lui si schiuda un po… “Eccoci, eccoci signorina… eccoci…” – “Sì dottore sì…” e ti scuoti come una indemoniata sulla poltrona, con le gambe che corrono in alto e ricadono sulla seduta, il bacino che rincorre la mia mano impazzito. In quel momento spruzzo. Denso, Copioso… tutto su di te. Sul tuo seno che palpita eccitazione. “Brava signorjna, brava… ancora, ancora…” grido trattenendo la goduta, prolungandola. Continui a sgrullarlo mentre lascio il clitoride e ficco infondo per godermi tattlmente le tue contrazioni. Il tuo pancino trepidante &egrave un arcipelago di piccole pozzanghere biancastre, l’ombelico un pozzo di sperma debordante. Hai gocce sul seno, una sul collo. Ti tolgo la sciarpa che ancora ansimo col pisello che sbroldola le ultime gocce sulle tue dita. “Si guardi signorina… che bella che &egrave…” mentre hai ancora la mano tutta dentro. Ti guardi estasiata, attonita. Mi guardi, mentre ancora ho la mano dentro. Guardi il tuo pancino… “Che spettacolo dottore…” poi un po’ più in giù…” Davvero mi c’ha messo dentro una mano…”. Ti rubo un bacio slle labbra: “E’ stata bravissima… davvero… adesso può fare una doccia…” mentre sfilo la mano e la porto alla mia bocca: “Dio che buo sapore che ha…”. Raccolgo una gocciolina di sperma dal tuo seno, te la spalmo sul labbro. Mi guardi… passato l’orgasmo sei rossa di vergogna. Proseguo… “Appena munto, alla fonte, &egrave ancora più buono”… e ti fisso mentre quelle gocce e quei sospiri ti richiamano a quel che &egrave successo con la ragione. Sei paonazza. “Dio mio che cos’abbiamo fatto?!”. Quando la porta di casa si richiude alle nostre spalle in questa sera inoltrata di un venerdì qualsiasi, non &egrave passata troppa acqua sotto i ponti. Eppure il tempo trascorso mi sembra decisamente troppo. Appena sento la serratura che scatta mi volto indietro verso di Sharon e la bacio, intensamente, cercandole le labbra velate dal rossetto. La sento rigida sulle prime, immobile. Credo impaurita. La sento quella sensazione da “lo sapevo che andava a finire così…”. Ricambia, certo, ma con enorme imbarazzo. La guardo: “Lo sai, no, che non ce la facevo più… sei troppo bella stasera… mi fai sangue…”. Mi guarda. Ferma un attimo la giostra: “Dio mi confondi se fai così, lo sai… mi trascuri per tutta la settimana dopo quel pomeriggio, mi fai venire in testa che non ti interessi più nulla di me… poi mille scuse, mille complimenti… e adesso mi porti via dalla serata con le mie amiche, proprio oggi che il mio ragazzo non c’&egrave… e mi riporti qui…”. Finisco io la sua frase cercando di accenderla ancora di più: “E ti voglio tanto… tantissimo… perch&egrave belle come te &egrave tanto che non ne vedo…” e la bacio ancora, con enorme trasporto, ficcandole la lingua in bocca e abbracciandola forte, con una mano che le accarezza gentilmente e sensualmente il sedere. Si tira un attimo indietro ed in men che non si dica, senza che lei se ne accorga, siamo sulla porta. Ha una gonna corta ma non aderente, leggera… e sotto ha dei collant fantastici ad inguainarle un fantastico sedere lasciato libero da un bel perizoma. Lo so perch&egrave la giro di colpo, senza darle il tempo di pensare. Mi inginocchio dietro di lei, le alzo la gonna. E’ fantastico vederla cedere, eccitata da quella sorpresa. “Mamma mia ma che fai?!”. Il mio sshhh vale più di mille parole. Le bacio il sedere, quasi lo mordo da sopra ai collant. Con le mani salde sui fianchi me lo premo sul viso. Sente il calore del fiato, sente l’umido della mia lingua che la percorre, la bagna. “Dio mio che porco che sei…”. Ho il pisello gonfissimo nei pantaloni. Deve sentirlo. Mi alzo e mi premo tutto contro di lei, le cerco l’orecchio, lo bacio, lo lecco: “Sei bella da farmi ammattire, Sharon… spogliati per me, forza…” – “ma io…” prova una timida protesta mentre la tacito cercandole i capezzoli e stimolandoli con una pizzicata gentile: “Bella come sei se balli me lo farai scoppiare, altro che… non me lo merito un regalo dalla mia bellissima amante?” e intanto prendo a premerglielo dietro con foga, con voglia. Resta in silenzio, mi cerca col viso: “Dici sul serio?” – “Sì Sharon sei bella da morire…”. Resta un attimo in silenzio: “No, dicevo… sul serio sono la tua…” – “Se lo vuoi sì, la mia amante, e tanto di più… ma ora spogliati per me ti prego…”. Si gira forzando… mi guarda… mi bacia lei, adesso: “Ma non sono proprio capace di fare uno spogliarello…”. La guardo, la prendo per mano ed in silenzio la porto in camera. “Non ti ho chiesto uno spettacolo… voglio solo vedere come ti spogli…” e mentre le do le spalle, lascio scendere la zip e lo tiro fuori girandomi per mostrarglielo duro e turgido. Così bene alla luce non l’ha mai visto: “Dio che grosso che sei…”. La guardo, inizio a menarlo: “Fidati, se sei brava ora crescerà ancora di più…” e mi accomodo sul letto col cazzo in mano mentre comincio un lentissimo su e giù. Ha ancora il giacchino addosso, lo fa cadere ai suoi piedi mentre prende i lembi del maglione che indossa el li tira su scoprendo il pancino e il seno inguainato in un bel reggiseno nero di lycra. Mi guarda, arrossisce sorridendo, distoglie lo sguardo dal mio cazzo, va al bottone della gonna e lo fa saltare, tira giù la cerniera, lascia scendere la stoffa lungo le cosce, lungo i polpacci, alle caviglie. Poi sfila uno dei piedi inguainati nella scarpa col tacchetto alto, fa lo stesso con l’altra. Goffamente mi sorride ed apre le braccia: “Tadan…” sorridendo imbarazzatissima. “Brava tesoro, vieni qui…” ed indico le mie gambe, invitandola a salirci su a cavalcioni. MI guarda dubbiosa, guarda il cazzo drittissimo. Sbottono il jeans e lo ringuaino nel boxer nero. “Tranquilla, non ti mangio mica…” e le sorrido mentre la vedo avvicinarsi. Quando m’&egrave sopra mi schiaccio a lei, la bacio, la limono per bene, senza lasciarle respiro. Con le mani le cerco il sedere, le accarezzo il solco… poi i seni titillandole i capezzoli. Le slaccio il reggiseno, le succhio le tette, forte. Mugola, sospira… sta già godendo. Si struscia sulla mia punta inguainata nel tessuto.Ci si struscia su e gode di quella stimolazione. Riprendo la situazione in mano. La stringo forte, forzo la posizione e la rigiro sul letto finendole sopra. Mi abbasso, con le labbra sulla sua passione rovente. Ancora una sorpresa, dura, energica. Le mie mani sulle seu calze. Le dita a defomrare il tessuto. Uno strappo. “Oddio che fai sei matto?!” un altro senza che io risponda… mentre famelico uso il mio peso per tenerla ferma e mi fiondo a ciucciarle le labbra grandi e leccarle infilandomici dentro quelle più piccole. Al contatto caccia un urletto. Poi si rilassa. “Dio che m’hai combinato… come trono a casa?” mentre la voce sembra drogarsi di quel piacere che comincio a stimolarle nella sua caverna già umida e grondante. Ti lecco il citoride mentre rispondo con le labbra che descrivono il labiale e ti stimolano: “Vedrai che svegia non ti aspetta nessuno… te ne comprerò un paio nuovo domani stesso…”. La sento tremare mentre lecco il clitoride, capisco dove insistere. Basta poco, poco davvero e già la sento impazzire di piacere, dimenarsi non per liberarsi ma per offrirsi meglio. “Oh si Gianni, sì, così…” la sento fremere, capisco che devo alzare il tiro. Le prendo le gambe e le alzo mettendo le sue piante dei piedi, ancora inguainate nelle scarpe col tacco sulle mie spalle. Mi spingo più forte tra le sue cosce, nello strappo dei collant. Scosto meglio lo slip e con la sinistra infilo dentro senza fatica il medio e l’indice: “Così tesoro mio, così… goditela… e chi te la fa così, eh?”. Ficco forte le dita dentro, la frugo. La sento ansimare da matti, la sento finalmente gridare. In un estremo tentativo di pudicizia afferra un cuscino e se lo pianta sul viso per gridarci dentro. Sento il suo piacere esplodere ovattato, mentre le dita lì dentro diventano tre. Le allargo dentro, poi le ristringo. Penetro forte dentro e sfilo veloce fuori, mentre la lingua continua a premere e girare sul clitoride impazzita. Godo anch’io del piacere che mi da quell’imporre la goduta. Sento i suoi piedi impazzire sotto le caviglie ballerine. Ormai non parla, urla soltanto… e dopo poco viene, esplode il suo piacere. Con un rivolo di goduta che le scende nettamente evidente dalle labbra a bagnare il corpiletto. Mi piazzo su di lei, premendola pube contro pube. Le tolgo il cuscino dal viso e la bacio con la bocca impastata dei suoi umori: “Bello vero?”. Mi guarda ancora estasiata: “Non l’avevo mai provato così forte, così bene… davvero…” Mi bacia, ricambia, si stringe a me. Glielo premo contro e lei si irrigidisce un po’: “Ti prego fermo… mi brucia un pochino, credimi…”. Le sorrido, la guardo, la giro su di me: “Ci sono molti modi per dirmi grazie… sono sicuro che qualcuno già lo conosci…”. Mi guarda arrossisce: “Sì ma non &egrave che sono così brava eh…”. La bacio ancora, quasi con tenerezza, poi la sospingo giù con le mani: “Non dire sciocchezze, baci così bene…” e le faccio l’ochiolino. Scende, lo tira fuori dai boxer con la mano. Inizia soppesarlo, a massaggiarlo, avvicina le labbra e prene a limonarlo con dolcezza. “Ecco, così, brava… cominciamo così…”. Lo guarda poi mi sussurra: “Non &egrave la lunghezza che mi spaventa… &egrave che &egrave largo, un po’ troppo largo…”. La guardo sorridendo, ancora: “Tranquilla, non ti mode mica eh…”. Inizia a prenderlo in bocca. Lo inumidisce, lo lascia entrare per la cappella… arriva quasi alla corona poi desiste e torna su. La sent ancora parecchio sospirante… e se credi di poter respirare e succhiare, finisce che lo fai malissimo. “Fa come ti dico: massaggialo… e con le labbra segui la pelle che va indietro…”. Comincia a seguire le istruzioni. Comincia ad andare meglio: “Che sei grosso, però…” mi dice quasi a rimproverarmi dell’unica dote che renda i miei 16cm interessanti. “Cos’&egrave non sei abituata?” – “Beh così largo no… e sei anche un po’ più… ma che mi fai dire” si interrompe mentre capisco che il suo uomo &egrave dotato un po’ meno di me. “Non conta mica quanto ce lo si ha, tesoro… conta come lo si usa… e mi sa che nemmeno lì, il tuo lui…” lascio cadere così. Lei non risponde, si concentra meglio in quel che fa e ormai me lo sta lucidando a dovere. La sento con l’affanno che scema, con i sospiri che si sono ritrasformati in mugoli di piacere. Mi alzo seduto sul letto, la prendo tra le braccia e la faccio scendere. Siamo di fronte… il cazzo le colpisce con la punta marmorea il pancino. Con una mano sulla spalla la invito a scendere: “Va giù tesoro che te lo insegno meglio…”. La vedo fare un gesto eccitantissimo: legarsi i capelli. Mi arrapa. mentre glielo imbocco accarezzo la nuca: “Così brava, prendilo… rilassa la bocca e prendilo…”. Lascio che si abitui alla nuova posizione, le lascio imboccarsi da sola seguendo la mano che mi sega, con quel tempo lento e cadenzato che mi fa morire: “E così &egrave più piccolo del mio… e lo usa pure peggio… vero?” annuisci senza rispondere e senza staccare le labbra, credo anche con un po’ d’imbarazzo. “Che peccato tesoro… una donna bella e brava come te… brava… impari benissimo… ” dico lodando il pompino che adesso viene decisamente meglio: “Brava e bella… bella da morire…. Si ferma, mi guarda, baciandolo mi chiede: “Davvero sono bella? E brava?” – “Si tesoro mio, per questo meriti un bel cazzo che t’insegni…” – “Questo &egrave bellissimo e tu sei bravissimo…” e lo bci ancora. “Meglio di quello di qualcun’altro?” e tu annuisci rimboccandolo. E’ in quel momento che mi spingo oltre e prendo a tenerti la testa dalla nuca cominciando a muovermi anch’io un po dentro: “Meglio del tuo lui vero?”. Mi fermi: “Meglio ma vacci piano che mi strozzi…” mi sussurri. “Tranquilla, tesoro, lascia fare a me… non si muore mica… tu rispondimi sempre…” e lo rimbcco facendolo entrare solo poco: “Ti piace in bocca?” annuisci mentre inizio a pomparlo dentro… sono gentile all’inizio, mi accorgo che proprio non ci sai fare con la bocca in fondo. “Meglio il mio di quelle palle flosce che hai visto finora eh?” e riprendo a pompare, consapevole che non sarà facile farmi spazio nella tua boccuccia piccina e ancora timida. Ti stacco…” S’ sì gianni ma piano.. ho paura…”. Ti tiro ancora a me e riprendo a fottere con calma e controllo. Fa più paura dei rischi che si corrono… sembra di soffocare, sembra arrivino i conati… ma non &egrave così… “Non ciucciare, abbassa la lingua e stringi le labbra, fai fare a me…”. La saliva ti cola dalla bocca. dal lato, un rivoletto, e gli occhi strabuzzano un po’… li hai lucidi, il trucco cola leggermente mentre pompo di più, ormai pompo forte visto che ogni volta che son sicuro ti sia abituata spingo ancora un po. Peccato fuori ce ne resti ancora mezzo. “Che mezzo frocio il tuo lui… non t’ha mai preso così? E certo… ce l’ha minimo…”. mi sfilo, riprendi fiato… per quanto faccia paura ci hai preso quasi gusto. Col fiatone mi rispondi: “Ma che mezzo… lo vedi che mi fai… &egrave un tutto frocio quello…” per farti riprendere fiato ti guardo e dico… “Menamelo… menamelo se ti piace così tanto… com’&egrave?” e prendi a strusciarti il viso sulla mia punta madida della tua saliva… il trucco s’inzacchera, cola di più: “E’ un animale sto coso… &egrave una bestia enorme… altro che il pisellino di quello lì… questo &egrave una bestia…” La guardo prima di rimboccarglielo: “E tu sei la sua bella, da oggi… eh?”… mi fissa: “Che vuoi fare?” allarmata… “Tranquilla Sharon… stringi bene le labbra su di lui che ci sono quasi…” Trattenermi dalla voglia di ficcarglielo in gola &egrave durissima… prendo a penetrarla con un certo vigore, fermandomi sempre amezza corsa. Lei resiste, ci prova… ha il viso scosso le mani come freno d’emergenza sulle mie cosce.. io premo, premo e continuo per riscaldarla: “Forza bella mia, fai godere la bestia, fa godere la bestia dai che ci sono quasi…”. Che sacrificio intenso il suo, mentre le scarico in bocca senza ritegno tutto il mio piacere, spingendomi con meno decisione ma più profondità perch&egrave tutto si riversi dentro. La tengo forte, serrata, premuta… ci godo da matti. Mugola allarmata, la bocca lascia scendere rivoletti di sperma. Mi preme forte, la lascio staccarsi: manda giù spaventata…” Mamma mia… quanta era…”. La guardo gocciolandole sul seno: “E’ anche meno carico?”. Mi fissa, con quel viso stravolto che &egrave una poesia di passione: “Non lo so.. &egrave la prima volta così…”. Finalmente. Vuoto e goduto. Questo &egrave un piacere irrinunciabile. Far sesso con una donna sfruttando tutto quel che si può tirar fuori dalla sua bocca non &egrave cosa di tutti i giorni. E dire che mi sono anche mantenuto gentile. Dire che non l’ho forzata, non l’ho trattenuta. Certo, quanto avrei voluto affondare in quella bella boccuccia inesperta con una dose sapiente di carne premuta infondo fino al punto giusto… ma mi sono reso conto che l’esperienza l’avrebbe traumatizzata. E non voglio siano così i nostri primi orgasmi. Deve scendere piano piano, consapevolmente e con voglia, nella perdizione. La fisso mentre riprende fiato. E’ bellissima, bellissima davvero. Ha occhi di cerbiatta che prima di prenderla sembrano sempre così maliziosi e vogliosi… adesso fanno tenerezza nella sua espressione intensa di chi cerca di riprendersi dopo uno stravolgente esercizio o dopo una apnea prolungata. Ha un lacrimone scuro di mascara che le riga una guancia, il rossetto sbavato ai lati della bocca. Sarebbe di certo poco attraente. Non per me, che invece l’ho potuta vedere stravolta di piacere prima, intenta a stravolgermi e lasciarmi stravolgere dopo. Mi fa un sesso incredibile, inutile negarlo. Riprendere sarà facile, lo so… che non s’&egrave ancora smollato del tutto come ogni volta che godo intensamente e davvero. Volevo godere di lei, ma l’eccitazione &egrave rimasta spenta a mezz’aria. Perch&egrave &egrave altro che voglio, tanto altro. E lo voglio stasera. Ed il fatto che siano appena le undici di un venerdì sera qualunque di certo aiuterà. Lui non c’&egrave… fuori, con gli amici per una rimpatriata. Mi spiace dirlo, sottolinearlo… ma se una donna così la lasci sempre così insoddisfatta, le corna te le cerchi. E te le meriti.
Le cerco addosso le gocce di sperma che le ho spruzzato alla fine sul petto e sul viso. Le raccolgo contro il dorso dell’indice e gliele passo sulla bocca mentre lei apre gli occhi dopo essersi, forse del tutto, ripresa. “Un delitto sprecarle non trovi?” mi sorride, annuisce, lecca via lo sperma. Mi guarda: “Che strano sapore, non so e dolce o salato…”. Mi fa tenerezza. Le accarezzo il viso, l’aiuto ad alzarsi e le dico gentilmente: “Andiamo a darci una sistemata in bagno, ti va tesoro?”. Fa sì sì con la testa, si lascia aiutare a metersi in piedi, istintivamente si massaggia una delle due ginocchia. Così, sfatta, con le calze strappate e la mutandina di lato, mi eccita da morire. I seni fuori sballonzolano un pochino, ormai smollati dalla fine dell’eccitazione al suo apice. La seguo, accendo la luce del bagno per lei e ci guardo riflessi, ancora in disordine, nel grande specchio di fronte al lavandino. Cerca di ricomporsi alla bell’e meglio, poi inizia a lavarsi il viso, la bocca. L’acqua la strucca parzialmente mentre le dico: “Per il trucco dopo ti porto dell’olio d’oliva… strucca benissimo e reidrata…”. Sorride, mi guarda strano. “Giuro” come se pensassi che la sua incredulità &egrave data dalla mia affermazione. Invece tutto riguarda il mio modo così disinibito di pisciare davanti a lei e poi lavarmi sul bidet ripulendo la cappella ancora sensibile con il detergente intimo. “Non m’era mai capitato di essere così a mio agio…”. Mi alzo, le sorrido avvolgendo l’uccello nella salvietta del bidet. La lascio lì, appesa, che il pisello &egrave ancora duro e turgido. “Di nuovo su?” ha gli occhi increduli di chi vede per la prima volta quel che le sembra un prodigio. “Già perch&egrave? Qualcosa non va?” – “No, &egrave che… insomma… di solito a qualcun’altro va giù subito…”. Sorrido, le carezzo il viso e proseguo: “E scommetto che per rialzarlo ci vuole molto…”. Annuisce quasi sconsolata. Poi continua: “Solitamente qualche giorno… ma non farmi dire queste cose, mi vergogno…”. Le sorrido, lascio cadere sfilandolo l’asciugamano dall’attaccapanni di carne poi la guardo: “Invece lui…” – “Invece lui fa paura per quanto &egrave sempre sveglio…” e mi sorride. Le tocco la micia, lì sotto. La trovo di nuovo umida, certo non bella aperta, ma credo disponibile: “Dio, Gianni che fai?” – “Cenerentola qui non esiste… non sei la sorellastra negletta… e non torni a casa insoddisfatta ed a mezzanotte…” infilando il medio dentro. Vedo le sue mani correre a stringersi al mobile del lavandino. “Non so se ce la faccio Gianni, davvero…” – “io dico di sì…” e le prendo una mano mettendogli il pisello duro e davvero gonfio nel palmo. Il calore la risveglia. Forse il bisogno di sentirsi all’altezza delle mie aspettative. Prendo a baciarle il collo. Me lo offre lasciva cominciando ad aprire gentilmente le cosce. Leccando e ciucciando le sospiro “Ti voglio tutta, ti voglio per bene, ora…”. Lascia l’uccello, si stringe a me: “Gianni… non t’offendere davvero… ma mi fa paura… io uno così largo e così pronto non l’ho mai visto…”. La bacio in bocca per rassicurarla, in modo dolce, menre le rimetto la mano esattamente sulla testa dell’asta: “Non mi dispiace… sarà più bello quando vedrai che non hai nulla da temere…” e la prendo di colpo in braccio come una sposa che viene portata sul talamo. “Aspetta… aspetta… se mi chiama lui devo rispondere, cazzo…”, ma non ascolto e la lascio cadere poco più in là sul letto dicendole: “Ti porto la borsa…”. Eseguo l’operazione e quando torno &egrave seduta sul letto. Ha paura, credo. Le passo la borsa: “Chiamalo, digli che sei a casa, così poi stiamo tranquilli…”. Accetta il suggerimento di buon grado. Non &egrave la paura di tradire, n&egrave l’imbarazzo… &egrave solo il timore di non reggere, forse di non essere all’altezza. Basterà solo sbloccarla, intuisco… e sarà la mia amante più focosa di sicuro. La vedo chiamare. La vedo impaziente aspettare una risposta che non arriva. Riattacca: “Non risponde mai quando serve…” sorride e compone un sms. “Sono a casa, spero vi stiate divertendo, buona serata, ti amo”. Lascia cadere il telefono accanto a noi sul letto mentre già la sovrasto ormai nudo. Mi metto in ginocchio sul letto tra le sue cosce, l’aiuto a spogliarsi con il piello che sballonzola qua e là strusciando sulle sue labbra gonfie e sulle sue cosce calde. Lascio che poggi la testa sul cuscino. Mi guarda. eccitata: “Oh mamma che sensazioni, nemmeno fossi ancora vergine…” quasi a giustifcare quei remori che sente. Premo appena il cazzo al suo ingresso dopo averlo scappellato nella sua interezza. Premo senza entrare, inizio a roteare per inuidirla a dovere. La vedo rilassarsi, cedere al languore ed al piacere senza perdere per un attimo di vista quel che succede: “Mi eccita da pazzi guardare mentre entra ed esce, sai?” si giustifica ancora. Le bacio le labbra, sorrido: “E tu goditi lo spettacolo…”. Mentre roteo la sento distendersi sempre più, ammorbidire gli spigoli, rilassare i muscoli: “Dio che bello Gianni…”. Io giro, rigiro, invertendo il verso e spingendo ogni giro un po di più. La cappella &egrave quasi dentro tutta quando il telefono di lei suona a rompere l’idillio. “Oh cazzo, ti pareva…”. La fisso intensamente: “Tranquilla rispondi…” – “Ma sei pazzo? Smettila allora…” – “Ti dico tranquilla, non esco e faccio il bravo, rispondi…”. Mi fissa, con aria severa. Prende il telefono, apre la chiamata. Ed io riprendo il movimento rotatorio con meno intesità ma senza mai fermarmi. Lei parla a voce bassa e stizzitissima: “Te l’ho detto che sono a casa… ma tu mai che rispondi…” e intanto vortico a destra penetrando un pochino in più. Lei strizza gli occhi, cerca contegno: “E sì certo… poi a te bisogna sempre rispondere…” e mima un bisbiglio risentito prima di proseguire… “Cazzo… – ma questo &egrave di sicuro rivolto a me che ho premuto un po troppo, forse rischiando di farle scappare un gridolino – Cazzo qui dormono tutti e dai!”. Sentirla incazzata col cornuto mentre sto per scoparla mi eccita ancora di più. Sento l’uccello gonfiarsi al limite. Devo essere davvero al topo… la voglia di ficcarmi tutto dentro di lei cresce… sebbene si senta bene che infondo, oltre quel poco scavato dalla cappella, &egrave ancora bella richiusa. “Si si si… ti amo, buonanotte, ci sentiamo domani…”. mi guarda severissima, sto davvero esagerando rischiando di farla scoprire… quando alla fine riattacca. E’ il momento che aspettavo… non voglio attendere un attimo di più. Le piombo dentro spingendo con tutto il peso. “Ooooh… argh cazzo… ahia aha fai piano…”. Non dico una parola, sfilo per mezza lunghezza e riaffondo. Mi faccio strada. La sento fremere, torcersi, credo anche e soprattutto per l’ingombrante fastidio che cerca di farsi strada dentro di lei. “Dio che cazzo che hai Gianni, mi apri…”. Con una mano le strizzo il seno, con l’altra le cerco il culo rinfrescato dal contatto con le lenzuola. Butto le labbra sulle sue, le rubo un bacio impastato, poi mi risolvo a dirle solo: “Shhhhh!” mentre mi alzo con un colpo di reni lento e riaffondo con vigore. “ooooddio… cazzo Gianni piano, mi ammazzi…” e istintivamente si stringe alle mie spalle con le mani e serra i talloni sui miei fianchi. “Così, brava…” mentre le strizzo forte un seno tenendole la gamba serrata sotto il gomito e con l’altra mano le accarezzo a palmo pieno il sedere… “Così, alzati bene che viene meglio…” – “Sì ma tu fai piano ti prego… quella bestia mi fa gridare…”. Riaffondo ancora, portando ogni volta fuori con me un po’ di piacere e di umido in più… ormai si sta abituando, si sta lubrificando. Ormai tutto viene più facile e si può spingere ancora. “Preferisci i cazzetti tesoro?” – “Oddio… no, no, preferisco una bestia come te… ma fa piano, davvero m’ammazzi…”. Stantuffo per un po tenendomi a mezza corsa, oi riaffondo dicendole a denti stretti: “Zitta, altro cheammazzarti, ti faccio godere!”. Resiste, cerca di non cedere alla tentazione di urlare di fastidio, poi ammette, offrendosi ancora più in alto: “Sì cazzo sì, mi fai morire, mi fai morire di piacere… così… scopami… forte…”. Lascio venir fuori la bestia, la fotto forte, succhiandole la tetta e premendo colpi vigorosi con i reni. “Cazzo, così così… mi fai tornare a casa spaccata…” mi dice allarmata ma eccitatissima, incitandomi con le mani che battono sulle scapole e coi piedi che si serrano a fotterla ancora, più forte, più in fondo. “Goditi il cazzo tesoro mio, goditi una scopata finalmente…” – “Sì, sì tesoro sì fottimi, fottimi forte… altro che quei cazzetti… finalmente lo sento un cazzo vero… e che cazzo…”. Prendo a colpirla con vigore: “E’ la bestia tesoro, la bestia che ti piace tanto…”. Si attacca al collo, credo mi stampi un ciucciotto pur di non urlare. Mentre le pompo dentro con vigore mi morde una spalla, poi prende a baciarmi in bocca urlando nella mia gola tutto il suo godere… Quando ormai sento di esserci, la sento godere. Esplode. Si squassa. Si stringe a me. Inarca il bacino, si offre tutta emntre io pompo dentro come un forsennato al fondo della sua grotta. Con una mano mi serro al poggiatesta in ferro battuto. Mi faccio forza. Pompo più forte. Ormai la sento completamente arresa, in una ridda confusa di “sì, cazzo… sì… godo… così…”. Ancora qualche colpo… sento che sto per venire. Mi sfilo da lei rubandole un urletto mentre mi siedo poco sotto il suo seno e uso quelle due mele divine per stimolarmi e riversarle sul collo ed in parte sul mento gli schizzi del mio piacere. Mi abbandono di lato. La guardo stringere le cosce, serrare le mani sulla vulva in fiamme. Sospirare con il pancino che si muove impazzito. Ci sta che non si sia neppure accorta di quel che le ho fatto per liberarmi. Solo una parola: “Oddio…” mentre continua ad abbandonarsi ai postumi dell’orgasmo. Che settimana intensa da quando felicemente, quel venerdì sera, mi sono preso quasi ogni licenza con Sharon. L’ho riaccompagnata a casa dopo aver lasciato che si rassettasse. Era imbarazzata. Vibrava però anche di piacere, ancora. Un piacere intenso e torbido: appagata e traditrice. Nell’ingenuità, forse, del primo tradimento, mi ha chiesto più volte di non farne parola con nessuno. Le ho sorriso rassicurandola, dicendole che non c’&egrave uomo peggiore di chi si vanti di quel che fa chiuso in una stanza con quella donna o quell’altra. Ha convenuto con me che &egrave odioso. Mi ha detto che detesta quel genere di comportamenti. Mi ha salutato con un bacio a labbra chiuse proprio nei pressi del portone di casa sua. L’ho vista sparire nell’androne. Sono tornato a casa e mi sono beato dell’odore di piacere che aveva lasciato in camera da letto. Prima che finissero nel bidone della spazzatura ho tenuto ancora in mano i suoi collant strappati. Mi sono beato di quella visione e di quel ricordo tra le mani. Poi ho preso sonno, sorridendo. Pensando a quello che di lei ancora mancava al mio personale appello del piacere: il suo sedere, splendido, generoso, di sicuro ancora intonso. E così di buzzo buono ho elaborato una strategia mettendola in pratica in questa settimana. Per arrivare a venerdì già pronto, con tutte le carte in tavola per godermi quel trofeo. Non &egrave stato difficile. Spesso si sopravvaluta di molto l’intelligenza e il buon garbo dei maschi della mia età. E se ne sottovaluta tantissimo l’ingenuità. Basta poco, in un locale di movida, per entrare in sintonia con un maschietto come il ragazzo di Sharon. Ed &egrave quello che ho fatto. C’&egrave da essere volgari e pezzi di merda, certo, a comportarsi come me… purtroppo ho già fatto fin troppi compromessi con la mia coscienza per farmene un cruccio. Offrire un drink &egrave la fase uno, la fase due &egrave lodare la sua donna per lasciarlgi intendere che si sta lodando lui – idiota! La fase tre, una volta accalappiato il tipo che già si sente Brad Pitt o Alain Delon, spedire educatamente la sua ragazza con le amiche… di solito questa operatività &egrave bravissimo a gestirla il suo lui, per rimanere quasi sempre solo con quello che crede un perfetto boccalone inferiore e potersi liberamente vantare di questo o quest’altro. Tutto fila liscio e secondo i miei piani. A quel punto, basta fingersi desiderosi di saperne di più per adularlo meglio… per convinere il fesso malcapitato a spostarsi in un luogo più appartato per raccogliere con più discrezione le sue confidenze. E in quei casi basta avere uno smartphone nemmeno di ultima generazione da posare su un divanetto con la funzione registratore attiva e lo schermo rivolto verso il basso perch&egrave il gioco sia fatto. Raccolto tutto il materiale utile… semplicemente salutare e via andare. Salutare anche la sua donna – Sharon – in modo gentile e cortese. “Ci vediamo in palestra cara… mi raccomando non strafare oggi e domani”. Con lei che sorride, promette, saluta.
Mentre Sharon varca la porta della palestra, per la “nostra” lezione da poter condurre finalmente soli in questo pomeriggio primaverile, la raggiungo, le sfioro la mano e le chiedo semplicemente: “Posso parlarti un attimo prima degli esercizi?”. Mi sorride, non sa cosa l’attende. Accetta. Chiudo la porta del mio ufficetto e la chiamo a sedersi accanto a me sulla scrivania. “Guarda, non so se dovrei… ma a parte tutto quel che può essere successo o succedere tra noi, io credo di doverti dire che il tuo uomo non &egrave proprio una persona corretta con te… e credo tu debba sentire quel che mi ha detto… mi sono permesso di registrare dal momento in cui ha iniziato ad essere, come dire(?) sconveniente…”. Lei resta in silenzio. Io premo play e faccio andare la registrazione. Al sentire le sue parole la sua faccia si deforma in una smorfia assoluta di stupore arrabbiato. C’&egrave lui, la sua voce ben riconoscibile, che decanta le arti amatorie che ha imposto alla sua donna. C’&egrave lui che si vanta di come ogni volta che vuole se la sbatta facendola urlare a quel biondo dio. C’&egrave la sua voce che racconta dei anti amplessi in cui lei &egrave lì in ginocchio “adorante” – dice proprio così – davanti al suo cazzo che sta per eruttare. C’&egrave che descrive con oscena dovizia di particolari come le viene imbrattandole il viso e pulendosi tra i suoi capelli. E c’&egrave lui, sempre lui, che nemmeno stesse rivelando il terzo mistero di Fatima, mi racconta di come praticamente ad ogni rapporto, se la prenda furioso e selvaggio da dietro, possendendola analmente, con lei che gli urla di non farsi problemi, di spingere oltre ogni limite, di “spaccarglielo tutto quel culo da troia” – parole testuali – mentre lui le gode dentro, inverecondo, facendo il suo comodo, svuotandosi in lei con colpi furiosi manco fosse l’ultimo dei maiali. La faccia di Sharon &egrave un misto di delusione e incazzatura. E’ furiosa quando si arriva al punto in cui lei lo definisce “un fantastico scopatore”. Poi scoppia in una amara risata nel momento in cui lui le mette in bocca parole del tipo “Hai il cazzo di un Dio, mamma che fortuna con un uomo così…”. Scoppia a ridere e non si ferma. Poi riprendendosi, infuriata, mi fa: “Sai qual’&egrave la verità? Che si scopa davvero ogni tanto, che nemeno a venire &egrave così generoso visto che credo s’ammazzi di seghe per durare un pochino di più… che di solito le più focose delle scopate prendono il tempo di dieci minuti, solitamente tra il primo e il secondo tempo delle partite in tv… e che a parlare di misure &egrave lui, che mi chiede se non ce l’ha mica troppo piccino…”. Resta un attimo zitta, mi guarda e mi fa: “Questa &egrave la verità… ma che odio ‘sto stronzo!”. La guardo, le metto una mano sulla spalla con fare complice e amichevole. Guarda anche me severa: “Gianni, siamo seri, tu non &egrave che lo stai facendo per amicizia, eh… sei un bel po’ stronzo pure tu… che la sai lunga l’ho capito…”. E come darle torto, cazzo?! Abbasso gli occhi, non annuisco ma &egrave chiaro, &egrave come se lo facessi. Ha ragione. E’ lei però a togliermi da ogni impiccio: “Sì, ma sai che c’&egrave? C’&egrave che fino a prova contraria questo stronzo io me lo devo anche sposare… c’&egrave che mica posso andare da lui e dirgli che io e te, insomma, affrontiamo certi temi… sarebbe come dire Caro mio lui mi sbatte e mi viene a dire quel che gli dici…”. La lettura del fatto &egrave chiarissima. Spero solo che la conclusione sia quella che sogno. “Però ti dico una cosa: siccome il culo non l’ha mai nemmeno visto o chiesto, e da quel che dice dovrei averlo bello sfondato… quasi quasi per rabbia e ripicca, val la pena di farmelo sfondare una buona volta, no?” Di colpo s’&egrave fatta volgare… ma si vede che non &egrave completamente a suo agio mentre dice quel che dice. Io però a quelle parole parto per la tangente. Mi eccita vederla così, con la sua bella tutina che quel culo lo esalta a meraviglia. Lascio andare solo un : “Interessante, sai?”. Lei mi fissa, ha il viso ancora severo e incazzato: “T’ho capito, non credere… a che ora ci vediamo?” con un sorriso che si accende alla fine leggero e malizioso sul viso. “Quano vuole signorina…” – “Qui?!” mi guarda con il viso incredulo. “No, a casa mia… ma anche adesso: il sesso &egrave la migliore palestra che io conosca, sa?”. Non mi chiede se sono sicuro, non mi chiede nulla avviandosi verso la porta e aprendola. “Prendo le cose, aspettami in macchina…”. Non deve ripetermelo due volte.
E così, quando entriamo in casa mia, lei lascia il giubbino su una sedia e poggia in terra la borsa. Mi sorride… adesso non più arrabbiata ma nervosa, imbarazzata, spaventata. “La strada la conosce, signorina…”. Si avvia verso la porta della mia stanza da letto, ci si ferma sull’uscio: “Ho paura, però… ho un po’ paura…”. Non dico nulla, sospingo un po’ il suo corpo e la faccio entrare. Tengo accesa solo la plafoniera a muro che fa una luce dolce e soffusa. “Tranquilla… se accetti e ti fidi, dopo un po’ sarà bellissimo, vedrai…”. Mi sorride, si stringe un attimo a me maliziosa, annuisce. “Spogliati tesoro, dai…”. Non si spoglia ancora in modo caldo e seducente E’ ancora parecchio imbarazzata quando lo fa, ma il panorama che mi si apre di fronte mi eccita da morire, ed anche la sua timidezza, i suoi piccoli blocchi. Quando &egrave nuda io ci metto pochi attimi a seguirla, nudo anch’io. Apro il letto e la faccio sistemae sotto il piumone… tutto per rilassarla. Le sono accanto, ci ricopro. Inizio a baciarla: “E così non &egrave vero che ci godi come una matta con lui…” e sulle prime resta zita. “Temevo di dover scoprire che le tue con me erano solo bugie…” – “Shhhh ma che dici” la bacio, le palpo le tette… poi mi stacco un attimo, apro il comodino di sotto, tiro fuori un flacone di olio essenziale per massaggi. La bacio ancora. “Guarda, ce l’avrà piccolo così… ” e fa la msura sul mio pisello come asta di confronto. Indica una misura più contenuta, parecchio… ma credo sia una scusa per prendere una iniziativa, per cominciare a toccarmi anche lei mentre già la sto baciando in bocca e menre piano sta schiudendo le labbra lasciandosi baciare e lasciandosi scaldare. Apro il flacone con una mano, verso qualche goccia sul suo seno, inizio a frizionare e massaggiare. Inizio a mungerla, cercamdole i capezzoli, mentre la bacio furioso e mentre lei si sta già dedicando ad una intensa masturbazione. “Oh che bello, già godo…” sospira mentre le massaggio le tette… “Dio che bello, mica sei lì a dirmi piano, pianoc he mi fai venire come quel rapido del mio lui…”. La fisso, la bacio: “Ti piace se duro?” – “Da matti, tu duri e io godo, godo godo…”. Scendo senza smettere di mungerla, comincio a leccarle tra le cosce. La trovo già bell’e bagnata. “Uh mamma che bello… dio quanto sei bravo…”. Le prendo i piedi, me li porto sulle spalle: “Si metta comoda, mia cara maiala…”. Non fa caso alla parola che ho lasciato andare, anzi: “Sono davvero una maiala dottore?” – “Una gran maiala… una porca, ma lei lo ha sempre saputo vero?”. La sento stringere con la mano il lenzuolo, si sta eccitando fortemente. “Sì, sì che lo so che sono una maiala dottore… &egrave che non posso esprimermi di solito… sa, con il mio uomo… lui chiacchiera e dice bugie, no scopa…”. Prendo ancora dell’olio dal flacone, me ne bagno bene due dita e così, col suo sedere bello alto, le cerco il buchetto magico inumidendole e oleando il solco delle sue chiappe. “E così ha deciso di venire da me… e oggi cosa desidera la mia bella porca?”. Quando sente indice e medio che le accarezzano e le umettano l’ano, Sharon sussurra: “Cerco lì, cerco piacere lì… “. Le dita premono gentilmente rendendo l’ingresso esterno scivoloso “E vuole che la svergini io, qui…”. Lei inarca ancor di più la schiena, alza il sedere: “Oh sì dottore, mi faccia donna lei lì dietro, che qualcun altro non sa nemmeno da dove si comincia…” – “Ah sì signorina? ma lei lo sa che &egrave una gran porca, sì… se mi dice così porca lo &egrave davvero…” e intanto premo l’indice dentro, lasciandole scappare un urletto soffocato: “Uh gesù, sì, si dottore lo so, in fondo in fondo sono proprio una puttana…” e la parola puttana la sussurra, quasi vergognandosene mentre sente di doverlo dire. Altro olio sulle dita e continuo: “Eh già, m’ha tolto le parole di bocca… ma lei &egrave una splendida puttana, la mia adorata puttana… e per lei oggi farò una eccezione, un trattamento speciale…” e quando sento ormai che tra i suoi “oh si… si dottore” il fastidio non c’&egrave più per il dito ed ha preso il suo posto il piacere, tanto che col sederino cerca di seguire i miei movimenti, forzo e dentro lascio scivolare anche il medio: “Uddiiiio dottore… dio che mi fa? Mi apre….” – “Se lo gusti da brava puttana, signorina… se lo gusti, dopo le piacerà molto di più…”. Le lecco il clitoride e le labbra per caricarla al meglio… e mi stupisce sentirla dire: “Che fa dopo? Ci mette dentro la Bestia?” – “Sì mia bella puttana, la Bestia che oggi &egrave animalesca come mai…”. La penetrazione ormai non &egrave più fastidiosa tanto che la sento anche dire: “Mamma che puttana che sono, ci godo da matti…” e poi lasciarsi andare ad una confessione che arriva mentre prendo a rigirare piano dentro indice e medio premuti su fino alla seconda falange: “Quanto m’&egrave mancata la Bestia dottore… altro che quel cazzettino che ho preso appena dieci minuti domenica sera…” – “Solo deici minuti? Così poco?!” – “Eh già… gliel’ho detto che quello lì &egrave rapido… e poi &egrave piccoletto, le giuro, nemmeno il tempo di sentirlo, mi creda…” e il sedere di Sharon ormai si muove di vita propria rincorrendo le dita. “Mi sa ch’&egrave pronta la mia puttana…”. Alzandomi e ivnitandola a mettersi bene in posizione, stesa a pancia in giù. “Oddio, ma la bestia lì &egrave enorme… ed &egrave asciutta…” fa lei quasi impaurita. “E allora signorina, invece di fare la puttana, faccia la troia, la bagni lei, la Bestia…”. Sono in ginocchio, lei si avvicina carponi: ” Dottore, davvero mi fa diventare una troia così…” annuisco, lo indico con lo sguardo: “Forza, da brava, lo bagni bene… lo prenda bene tutto e lo insalivi…”. Mi fissa intensamente mentre proseguo: “A sentire il suo li lei lo prende fino in fondo che &egrave una meraviglia no?” – “Sì dottore ma quello &egrave un cricetino, altro che la sua Bestia… che ci vuole a prendere quel cazzetto?!”. E si abbassa per cominciare un pompino magistrale, secco all’inizio che il piacere le ha tagliato di bocca la saliva… dopo succoso e denso, mentre il nettare della sua bocca cresceva attorno a lui. In silenzio mi godo la pompata, apro il flacone e verso direttamente sul suo culo dilatato dalla posizione una lunga stilla che le si posta gentilmente tra le natiche bagnandole l’incavo e rubandole, per quanto &egrave fredda, un sosprio strozzato dalla Bestia che ha in bocca. La stacco con dolcezza. “Si stenda troia e se la goda… adesso proverà l’ultimo dei piaceri…”Ci siamo, il momento &egrave arrivato. La tensione cresce e me lo dice quanto &egrave rigida. Si stende pancia a letto, allarga le gambe. “Si apra il sedere signorina, tenga le chiappe belle larghe così tutto &egrave più facile eh…”. Lei inizia ad aprire, io inizio a poggiarmi su di lei. La cappella dura da culo &egrave già sul suo sfintere quando le dico: “Forza, troia, da brava, mi faccia meglio strada…” mentre lei aprendole al massimo mi sussurra: “Dottore si accomodi ma faccia piano… non faccia fare tutto alla Bestia, ho paura…”. Premo gentilmente poi lascio andare un “Se vuole chiamiamo il proprietario del cazzetto e faccio fare a lui, gli indico la strada eh?”. Mi guarda tremante: “Per nulla al mondo, dottore, voglio la Bestia… sono la sua troia, voglio avere solo lei…”. Mentre parla affondo. Sharon soffoca l’urlo sul cuscino. Ben oleata com’&egrave e duro come sono mi ci pianto dentro per una buona metà. “TRanquilla signorina, tranquillla…. adesso passa tutto…”. “Dio, Gianni… cazzo fa male…”. Mi stendo su di lei forzandola al materasso: “Tranquilla troia, adesso passa…” e comincio a muovermi piano, strappandole qualche urlo ma comicniando a sentirla cedere: “Brava, brava signorina, così, collabori… faccia finta di fare la cacca… spinga u po’…”. “Oddio dottore, mi sta rovinando così… mi manderà all’ospedale, mi sento scoppiare lì dentro…” – “Se vuole mi fermo, signorina…” – “No, che troia sarei senò… continui, altrimenti sarà stato solo dolore…”. Brava, Sharon, stai tirado fuori lo spirito giusto. E riprendo a pompare con esrema cura e gentilezza. Solo gentili colpi di reni a farmi strada… so che se la pompassi come si deve sarei una bestia davvero, ma ne uscirebbe traumatizzata la poverina. Così sono dolce con la piccola Sharon, continuo gentilmente ‘l’avanti e indietro finch&egrave non la sento più rilassata. Le infilo piano una mano sotto il pube di lato, le cerco il clitoride, lo accarezzo: “Così ci gode anche davanti la mia troia… eh?” – “Uh sì dottore… così… com’&egrave bravo fa già meno male sa?”. Mi spalmo s di lei affondando ormai tranquillamente ancora un po’: “Le piace vero Signorina?” – “Oh sì… io la amo la bestia, altro che quell’affarino piccolo e molle…”. Inorgoglito continuo: “Allora vuol rivederla ancora la Bestia?” – “Dio sì, non mi prenda per una puttana ma sì… ogni volta che si può…”. Comincio a spingere con più foga accelerando con le dita perch&egrave la sento fremere ormai: “Ma lei non &egrave una pttana signorina, lei &egrave una vera troia, la migliore che io abbia conosciuto da tanto, tanto tempo…” – Oh si dottore si non smetta di drlo, sono la sua troia… vado a sposarmi con la sua Bestia in testa…”. Continuo a pompare per regalarle una frase ad effetto mentre verrà: “E la bestia verrà a pomparla anche al pranzo di nozze, nel bagno, e la riempirà…”. Sharon esplode, godendo comemai: “Oh si dottore si… la bestia, tra primo e secondo, mentre quel frocio &egrave in sala a vantarsi di quel che non &egrave capace di fare… dio mio godo, godo dottore, godo come non ho mai goduto…” ed esplode per davvero, squassandomi con conrazioni che non avevo mai provato prima. Viene intensamente e col culo mi chiama a venire: “Vengo anch’io troia mia, vengo…” – “Sborri dottore, faccia quel che deve, lo svuoti tutto dentro… tutto dentro…” ed &egrave lì che esplodo. Le riverso tutto dentro. M0accascio su di lei, la bacio. Trema, strnge i pugni sul lenzuolo. “Esci Gianni esci…. adesso brucia un po cazzo… dio che cos’&egrave stato…”. Esco, le sorrido, la bacio ancora: “Vada a farsi un bel bidet signorina… o colerà tutto il giorno…” sorridendo irriverente. Ormai ci vedevamo spesso io e Sharon. Da quando praticamente eravamo andati oltre i limiti che lei e il suo ragazzo, futuro sposo, avevano sperimentato, la signorina non s’era più staccata da me. Era evidente che il ruolo di amante disponibile e decisamente disinibita la eccitasse da morire. Fui io, ancora una volta, a spingere oltre quel rapporto con una idea che avevo messo in pratica con un certo successo altre due volte: quella del servizio fotografico.
Ogni sei mesi la nostra palestra pubblicava annunci e materiale promozionale. Ogni volta sceglievamo un paio di facce nuove, di bei corpi, da mostrare intabardati nelle tute ginniche. Dovevano essere immagini promoionali, servivano belle ragazze con il fisico a posto. Serviva a far scattare nella mente di chi guardava l’idea: “Cavoli, guarda che strafighe si diventa andando in palestra lì!”. Solitamente convincere la ragazza non era molto difficile E non lo fu nemmeno con Sharon che inorgoglita dalla mia proposta mi chiese solo di poter organizzare la cosa in modo discreto, magari approfittando di una delle imminenti assenze del fidanzato fuori per tutto un giorno. Avevo per questo tipo di lavori un paio di amici con i quali condividevo la passione per le belle donne e per il tentativo, quasi sempre riuscito, di aprire alla ragazza gli occhi u nuovi orizzonti del piacere. Con Sharon non fu diverso. Appena ebbi la certezza che il set si poteva fare, mi accordai con lei su ora e giorni e passai a prenderla dicendole di tenersi libera in tutto per un tre ore, di modo da poter lavorare con calma. Arrivò all’appuntamento con il borsone della palestra. “Ho messo denro le due tutine che ti piacciono tanto… ma davvero vuoi che le faccia così le foto? Cio&egrave… Gianni mi si vede tutto!” mi disse arrossendo debolmente mentre ripartivo alla volta dello studio. La rassicurai: “Non temere, cara… co i flash e le luci di scena quell’inconveniente &egrave scongiurato. Nessuno si accorgerà che sei nuda lì sotto.”. Sembrò tranquillizzarsi. Certo, non fu la stessa cosa quando entrammo in studio. Giacomo, il fotografo professionista da cui ci servivamo – e che con me praticava anche altri servizi meno professionali e di certo meno di classe – era un tipo che comunicava immediatamente a pelle la sensazione di “qualcosa non va…”. Glielo si leggeva in faccia che era un mezzo laido, sui 55, leggermente trasandato, l’occhio un pochino vitreo e spento che però si riaccendeva ogni volta che si posava su un pezzo di corpo di donna. Assieme a Giacomo c’era Elio, poco più giovane di me, dall’aria molto più rassicurante e professionae, il classico ragazzo di bottega che sta bono e si mette a imparare più che curarsi di altro. “Forza signorina, vada nel camerino di là a prepararsi che intanto sistemiamo le luci…”. Ma gli occhi di Giacomo avevano già fatto distintamente breccia tra gli abiti di Sharon. Mentre si dirigeva verso il “camerino” un semplice separ&egrave semitrasparente all’angolo opposto della stanza, Giacomo mi sussurrò “Bella femmina questa qui… da quanto te la sbatti?” – “Quasi un mese…” sussurrai più basso per non farmi sentire. Poi, rivolgendomi a Elio: “E a te piace?”. Lui sorrise, mi fissò: “Cazzo se mi piace…”.Gli sorrisi di rimando sapendo che se tutto fosse andato come doveva ci saremm divertiti. Mi rivolsi a Giacomo: “Non partire in quarta, però… questa non &egrave facilissima come quella della volta scorsa… e non &egrave che sia così esperta… facciamo con calma…”. Sì, come se Giacomo avesse qualche speranza di capire un concetto del genere, abituato dalla crisi e poi dalla voglia e dall’abitudine, ormai, a scattare e girare sui set porno peggiori del sud Italia. quadno Sharon uscì la baciai complimentandomi per quanto stava bene. La misi a suo agio offrendole un po di spriz che avevo preparato, brindammo al set con un prosecchino e cominciammo il lavoro. I primi scatti di ordinanza furono piuttsoto complessi. Sharon faticava a sbloccarsi. Mettemmo su un po’ di musica, la incoraggiai a bere un altro flute di prosecco per sbloccarsi. Le suggerii di ballare un po’ seguendo il ritmo della musica. Vinsi le resistenze dicendo che se si fosse predisposta bene, di sicuro ci saremmo eccitati così tanto che la serata sarebbe stata decisamente hot.
Di sicuro le mie promesse sortirono un certo effetto perch&egrave anche davanti all’obbiettivo ed alo sguardo maiale di Giacomo, Sharon non senza qualche difficoltà divenne pian piano più disinibita. Il primo cambio d’abito lo fece ancora una volta dietro il separ&egrave… con Giacomo che smadonnava frasi del tipo: “Ma andiamo, signorina, faccio set porno da anni, guardi che lo so come siete fatte lì sotto…” ed Elio che, perso nel sedere di Sharon, perfettamente esaltato dalla tutina, non si fece attendere con un commento del tipo: “Mamma che culo… bravo te che te la fai!”. Presi in mano la situazione: “Tesoro, Sharon, al prossimo che dobbiamo fare in costume per il volantino piscina, cambiati pure qui, senza paura… Giacomo ed Elio sono parecchio professionali, dai… – poi abbassando la voce e porgendole un altro flute – e poi vedrai sarà una cosa che ci ecciterà da morire per dopo…” e le feci l’occhiolino. Titubante per una parte ma di sicuro più sciolta dall’alcool, Sharon accettò, cambiandosi di fronte allo sguardo di quei due uomini ed ai miei occhi. “Sarei già morta se non ci fossi tu…” mi sorrise. Mi accorsi che denudarsi l’aveva imbarazzata sulle prime ma che dopo poco si era già riscaldata. Era stata sicuramente colpa dello sguardo di Giacomo, fisso sul suo sedere, e di quella sua bocca semichiusa. Mentre si rivestiva le indicai con un cenno il mio pacco ormai gonfio: “Lo vedi che effetto mi fai tesoro?”. Fu la mossa azzeccata. La cosa la inorgoglì ed eccitò parecchio. Ballava adesso molto più disinibita e serena. Ballava eccitandomi. Ballava sapendo di eccitare anche gli altri. Le dissi: “Sei divina, brava… &egrave la migliore che abbiamo avuto, vero Giacomo?” mentre il vecchio maiale annuiva con la testa ed Elio si avvicinava per scattare, senza dirlo, qualche bel dettaglio della mutandina e di come si muoveva sul suo sedere. Lei mi sorrideva e dopo poco si ritrovò a dire: “Quanto mi piace eccitarti così… sei tutto preso…” tronfia della sua bravura nel farmi impazzire. “Completamente tesoro…”. Fu allora che Giacomo c interruppe dicendo: “Vabb&egrave li ho capiti i piccioncini… se vi va vi faccio qualche scatto assieme…”. Io non mi feci pregare e mi posizionai dietro Sharon facendole sentire il peso e la consistenza del mio piacere sul sedere. “Oddio… ma che fai?!” mi chiese lei ridendo. “Niente – risposi – qualche scatto innocente lo facciamo?”. Lei mi fissò protestando divertita: “Innocente? Ma se ti sento tutto!”. Per tutta risposta le cercai le labbra baciandola. “Ma guarda quanta passione…” mentre ci baciavamo strusciandosi e Giacomo scattava tutto. Le mie mani presero a viaggiare sotto il suo costumino succinto, con la bocca le stuzzicavo il seno lecando la parte che era nuda dal costume. “Oddio Gianni, calma… ci vedono….” e Giacomo si lasciò scappare un “Signorina, io faccio anche set parecchio più espliciti… quel che sto vedendo ora &egrave roba proprio facile facile…”. Intanto io presi le mani di Sharon portandomele sul pacco: “Che ci posso afre se mi prendi così?!”. Lei sorrise: “Dio, sai che divertimento dopo?”. Fu allora chemi feci audace: “Magari mi dai l’aperitivo ora, no?” mentre le premevo la mano sul pacco e con l’altra scivolavo a toccarle l’incavo del piacere da sopra – ma non troppo sopra – lo slippino del costume, già parecchio caldo. “Sei pazzo…. quelli ci guardano… fanno le foto…”. La baciai ancora, sul cllo, continuando a farle strusciare il pisello sul palmo della mano: “Tranquilla, quelle le regalano a noi, mica finiscono in giro…” e con il dito andai a premere e frugare sulla sua apertura. “Cazzo che maiale che sei… qui, con quel vecchio porco che ci guarda?”. L’alcool aveva anche un po’ fatto effetto perch&egrave la voce fu un po troppo alta per le esigenze. Giacomo più che prendersela sorrise. Io la leccai sul collo e le dissi: “Se non ti andasse per davvero… lei qui giù non starebbe mica a pensarci così tanto… e poi ci sono io, di che hai paura? Proviamola sta novità, dai…”. Ero sicuro la sua mano sarebbe rimasta lì, così mentre la masturbavo ormai da sopra al costumino, l’altra mano salì astuzzicarle i capezzoli. Reclinò il capo sulla mia spalla: “Oh dio… sai sempre come fare… però, Gianni, stiamo tranquilli…”. Fu Giacomo ad essere un o rude per forzare la cosa: “Tranquilla signorina, non si preoccupi che noi sappiamo stare al posto nostro… ma così me lo fa morire Gianni eh!”. Mentre un dito, da sopra al costume si infilava nella sua micina le sussurrai all’orecchio: “Tiralo fuori che stra un po’ mi saltano i bottoni.”. La situazione la eccitava. Non se lo fece ripetere due volte. Sarà stato il contatto col mio sesso durissimo, sarà stata quella masturbazione che le stavo concedendo, seppur “sopra-sopra” comunque davanti ad occhi indiscreti… fatto sta che cominciò a masturbarmi con enorme trasporto e passione. Lo scappellava che era una meraviglia, scoprendolo tutto per poi ricoprirlo e ritornare giù. Dallo specchio di fronte vedevo i suoi occhi chiusi e l’espressione estasiata. Infilai le dita sotto lo slippino, le misi parzialmente a nudo la passerotta, presi a stantuffarla col medio proprio lì, mentre Elio scattava i dettagli e Giacomo scattava da lontano tenendosi sul generale. Con la sua aria professionale Elio le fece: “Tolga il di sopra signorjna… verranno meglio le foto…”. Lei come in trance, forse vinta anche dal giovane che non si dimostrava altro che professionale, fece scattare verso l’alto il reggiseno facendo fuoriuscire da sotto i ferretti le due tette. Presi a giocare coi suoi capezzoli, a strizzarli. Lei era ormai quasi in trance, si muoveva col sedere a stimolrmi la cappella menre continuava la lenta e inesorabile opera di masturbazione. Io da un dito ero passato a due: “Cazzo e ora come facciamo a fermarci?” mi disse lei girandosi e fissandomi prima di baciarmi. “Facciamo sul divano lì?” le suggerii. “Oddio… ” chiuse gli occhi buttando indietro la testa: “Sei un maiale però… mi vuoi prendere davanti a loro?” Con un colpo le strusciai con la cappella sull’ingresso della figa, da dietro: “Perch&egrave tu riesci a resistere?”. Si girò di botto: “Dio scopami, scopami forte, adesso… prima che cambi idea!”. Sapevo che era questione di pochi attimi e la cosa sarebbe potuta scemare. La sollevai di botto, le presi le cosce mennetdomele attorno alla vita. Lo stronfinio del glande sulle sue labbra la portava a muoversi ricercando piacee. Riuscivo a gestirla mentre la adagiavo tenendomi attaccato a lei sul divano. Le fui dentr con due pompate poco gentili. La senitti fare un paio d’urletti. Era sorpresa più che infastidita: “Dio santo che porca che sono… qui davanti a quei due… oh cazzo…” mentre affondavo ancora con un colpo di reni deciso. “Alza la musica Elio, senò qui mandano i carabinieri…” disse sorridendo Giacomo menre i due si avvicinavano con tutto l’armamentario e io continuavo a pomparla. Per me non era la prima volta, credo lo avesse capito anche lei, ma la cosa evidentemente la spaventava eccitandola mortalmente. “Oh ma opure qui le foto?” – “Tranquilla signorina, la ficcata non si vede, soprattutto se state così… ti faccio qualche bel ritratto che c’hai una bellissima faccia goduta, eh!”. Lei ci capiva ormai poco… mi guardava quasi a chiedermi consenso. Io la stimolavo: “E’ vero tesoro sei bellissima… e vedrai come sei bella quando godi…” nel frattempo la prendevo con decisione, come avevo capito che le piaceva, uscendo poco e riaffondando un po di più. “E’ bella vero?” facevo io agli altri. “Bella sì…” diceva Giacomo, mentre Elio più gentile: “Bella, bellissima… siete uno spettacolo…”. Sul divano grane e largo la presi in braccio, portandomela sopra. “Psegnimi le candeline Sharon, facciamo quell’esercizio che ti piace tanto…”. Era fradicia, non se lo fece ripetere due volte. Fu allora che si accorse degli evidenti rigonfiamenti sotto il jeans di Elio e molto più evidente sotto la tuta del buon Giacomo. “Ma voi… Gianni questi sono tutti arrapati…”. Il più anziano quasi fosse una offesa quella appena sentita: “E che si aspettava signorina, lei ci sta dando dentro come una furia…”. Io in modo più subdolo replicai: “E scommetto che ti piace eh?”. Serrò gli occhi affondando di più su di me e lasciando andare un “Dio che mi fai dire…”. La fissai intensamente: “Li facciamo accomodare? Magari un po’ più liberi? Secondo me muoiono dalla voglia di toccarsi guardandoci…” e le strizzai il sedere muovendola forte su di me per aumentare il suo piacere e sperare che cedesse. “Uddio… solo toccare però eh…”. Mentre la baciavo e la fottevo e lei ripeteva… “Promettimi Gianni, solo toccare… i due se l’erano già tirati fuori e si erano accomodati coi piselli svettanti seduti sulla spalliera del divano. Sharon divenne bordeaux di colpo. Li fissava ripetendosi: “Mi fai diventare una troia tu… – e poi giù frasi confuse come – tutti a cazzo duro? tutti così eccitati?” e io proseguii martellandola infondo e strappandole sincere urla stupite: “Dai falli divertire… fa vedere come ci piace…”. Giacomo se lo stava menando ritmicamente con forza, umido e arrossato, mentre Elio, alla prima esperienza così a fondo, incredulo, se lo uccideva con un ritmo incredibile. “Andiamo Sharon, aiutalo… o questo se ne viene in due secondi…” – “Ma.. come Gianni…” continuai a fottere forte e le ciucciai le tette lasciandola urlare prima di dirle: “Solo toccare, su, l’hai detto tu, no?” lei sgranò gli occhi e fui io a proseguire: Dai chemuori dalla voglia di averne uno in mano e uno dentro… sono tranquilli questi, quando ci ricapita?!”. Lei si abbassò su di me, eccitatissima ma morta dalla vergogna. Calò il viso sul mio collo: “Mi fai fare la troia, tu…” e prese a toccarlo, sringendo l’asta e andando su e giù più lentamente ma con più passione. Giacomo si fece vicino: “E a me nulla?” prendendole la mano e portandola anch’egli sul suo cazzo. o la incoraggiavo: “Dai tesoro dai, sei fantastica… visto che non c’&egrave mica nulla di male?”. Mentre Sharon aveva gli occhi serrati e se la godeva impalandosi e muovendo il piacere di altri due uomini con le mani, io feci cenno a Elio che non ce la faceva più di avvicinarsi. Tnendole sollevato il culo presi a martellarla forte per eccitarla all’inverosimile, poi le dissi: “Va che Elio &egrave statp proprio bravo… dagi un baciono lì che mi sa che se ne sta venendo, sai?”. Lei sgranò gli occhi, mentre con una mano le poggiavo il palmo sulla nuca e la indirizzavo: “Fidati di me, vedrai quanto ti piacerà… fallo godere…” e mentre la martellavo rubandole qualche urletto, Elio si imboccò tra le sue labbra in piedi sul divano. Sharon si muoveva scomposta. Giacomo protestò: “Vieni fa presto che a me non sta pensando più sta bella maiala…”. A sentire quelle parole Sharon riprese a smanettare il vecchio con qualche colpo disordinato, mentre Elio inarcava il busto e le rilasciava in bocca e poi sul viso schizzi densi e lunghi. “Oh cazzo, dio m’ha sporcata tutta… mamma mia…”. Elio ricadde sul divano lasciando solo un “Mamma che bocca… Gianni complimenti cazzo…”. Presi a ciucciare il seno, poi mentre sentivo che stava er godere eaumentai il ritmo. Venne in pochi colpi mentre lodavo il suo viso sporco: “Dio che bella che sei… così ti ci voleva una fot, dovresti vederti porca mia sei divina…”. Mentre ancora godeva l’alzai a pecorina, offrendola con la bocca al sesso turgido e duro di Giacomo: “Dai tesoro, fa la brava… ti faccioc ontinuare a godere…” e presi a colpirla da tergo con decisione, mai violenza, ma sempre decisione, premendomi fino in fondo con perizia. A me non chiese nulla, annuì solo con la testa, prima di chiedere all’uomo: “Sicuro? Sono tutta sporca?” con il suo tono ingenuo e goduto, strozzato dalle pompate. “Va a che pensi… vieni qua che sto proprio pieno…”. L’uomo prese letteralmente a scoparle la bocca. Era esperto, sapeva come fare… stavo tranquillo che non l’avrebbe strozzata. “Che dici Giacomo… com’&egrave?” – “Bravo, ottima scelta, cazzo… si vede che &egrave acerba ma si vede pure che le piace tanto…” poi rivolgendosi a lei: “Dai maialina dai, fammi svuotare… forza…”. Io intanto la fottevo, beandomi delle contrazioni della sua vagina che non aveva smesso di godere. Quando la sentii contrarsi l’alra volta capii che il getto di sperma che Giacomo le stava riversando sulle labbra, in bocca e sul viso l’aveva squassata di piacere. Lei si lasciò andare inerme al secondo orgasmo poggiando il viso sul bracciolo che Giacomo aveva liberato alzandosi e sgrullando in terra. Sicuro che avesse goduto, a tradimento, mi sfilai affondando poi brutalmente nel suo sfintere che si offriva alto a me. Soffocò le due tre urla di piacere e dolore sul bracciolo di pelle mentre io mi svuotavo liberato nel suo culo. Affondavo. Godevo, Mi liberavo. Quando ebbi finito la guardai, le scattai una foto. “Credimi, sei la quintessenza della passione…” mi fissò, distrutta, non particolarmente arrabbiata: “Questa me la paghi tesoro…”

Leave a Reply