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Racconti Erotici Etero

Slot-Machine

By 29 Agosto 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Frequento abitualmente un bar dove sono installate delle slot, quelle macchinette mangiasoldi che tante persone hanno rovinato. Ho visto persone di tutti i tipi su quelle macchinette, dal giocatore occasionale che getta due euro per vedere se la sorte gli &egrave favorevole al giocatore compulsivo che passa pomeriggi, sere, notti, giocandosi stipendio e proprietà nella speranza della ‘botta grossa’.
Raramente ho visto vincere, molto più frequentemente ho visto piangere.
Da una settimana circa vedevo all’ultima slot della fila, quella vicino al bagno, una donna di forse 30 anni. La vedevo giocare e vincere, non forti somme ma quasi sempre. Parlando col proprietario del bar, mio amico, seppi che si chiamava Stefania e che lavorava in un negozio vicino e che avendo iniziato a giocare e vincere ora passava le sue pause dal lavoro su quella macchinetta. Non era raro trovarla lì anche la sera tardi, fino alla chiusura del bar. Insomma il miraggio della vincita l’aveva coinvolta e effettivamente, almeno per i primi giorni, vinceva. Come si sa le macchinette sono bastarde quasi quanto la sorte, prima t’illudono e poi ti fregano, e così capitò anche a Stefania. Le vincite diventarono sempre più rare, i soldi passavano dalla sua borsetta alla cambia-soldi a velocità impressionante per essere poi divorati dalla slot.
Un paio di volte la vidi andar via gli occhi quasi gonfi e il mio amico mi diceva:
– Oggi ha perso 100 euro”. Oggi sono 200′ –
Affari suoi, la notavo perché era carina e perché per me era strano vedere una donna intenta a un’attività che solitamente vedevo praticata da uomini, tutto qui.
Una sera, staccato dal lavoro, mi ritrovai in quel bar per caso. Ero passato per un bicchierino prima di tornare a casa e parlando con Marco, il titolare, non mi ero reso conto del tempo che passava. Non c’era nessuno, si avvicinava l’ora di chiusura quando arrivò Stefania che salutò e si mise subito a giocare. La vedevo inserire monete e premere, imprecare e inserire monete. Non so quanto ma doveva già essere sotto di parecchio. Marco mi sussurrò che la sera prima aveva perso seicento euro e che era in difficoltà perché già doveva piccole somme a svariati clienti a cui chiedeva prestiti per quel vizio maledetto.
Per far arrivare l’ora della chiusura io e Marco decidemmo di giocare cinque euro a testa in società, lo facevamo ogni tanto, difficile giocassimo di più. La sorte volle che fosse il nostro momento. Eravamo alla prima macchinetta, quindi a due metri da Stefania; lei vedeva noi e noi lei. Noi vincevamo, pur giocando a poco la dea bendata era con noi. Combinazioni vincenti, bonus, jolly, tutto quello che poteva farci vincere usciva due volte su tre. Il rumore dei soldi che cadevano nella cassetta di riscossione era una costante. A un certo punto Marco dovette ricaricare perché erano finite le monete. Alla fine forse vincevamo 800 euro mentre Stefania aveva costantemente perso, anche rigiocando ciò che raramente aveva incassato, lanciando occhiate nervose verso di noi che certo non facevamo nulla per non farci notare tra battute allegre e commenti sulla nostra ‘fortuna’.
Era ora di chiudere, io e Marco iniziammo a raccogliere le monete per contarle quando udimmo Stefania imprecare. Aveva perso anche la sua ultima moneta; diede un pugno sui pulsanti e Marco intervenne:
– Ehy, calma, romperla non serve a niente –
– Scusa, &egrave che”’ ho perso tutto –
– Lo so, ti vedo ogni giorno. Ragazza, dovresti lasciar perdere, rischi di rovinarti e non ne vale la pena –
Marco a volte &egrave paternalistico, anche se io e gli amici sapevamo che sa essere un gran bastardo quando vuole. Cinquantenne, corpulento, pancia da bevitore, capelli radi. Tutto meno che un adone, suppliva con la simpatia e il modo di fare.
La ragazza lo guardò speranzosa:
– Senti, visto che avete vinto, non potresti prestarmi cento euro? Ora vinco, lo sento che sto per vincere, e ti ridò tutto –
Faceva quasi pena a sentirla implorare per qualche moneta da farsi fottere dalla macchinetta diabolica. Avrebbe avuto bisogno di aiuto psicologico.
Marco rifiutò e lei si rivolse a me. Rifiutai anche io adducendo che non avrei incoraggiato il suo vizio, e nel contempo offrendole da bere per la nostra vittoria. Quella sera la guardai con occhi diversi, con più attenzione. Era carina e l’avevo notato subito, ma ora notavo la maglietta ben gonfiata da un seno sodo, i capelli scuri che come onda morbida le cadevano sulle spalle, i jeans ben riempiti e torniti dalle sue forme. Era veramente carina’..e ora sembrava a pezzi. Accettò il drink a testa bassa bofonchiando qualcosa sul fatto che il giorno dopo avrebbe dovuto pagare l’affitto, che era a terra, che contava sulla vincita per rifarsi, insistendo perché le dessimo dei soldi da giocare o almeno per l’affitto, giurando su ciò che aveva di più sacro che li avrebbe restituiti.
La vena bastarda di Marco venne fuori, s’era abbondantemente rotto le scatole della situazione, e anche io del resto. Mi strizzò un occhio e zittì la ragazza:
– Basta, stai zitta. Dovremmo darti dei soldi per farteli subito perdere alla slot? E per cosa poi, per il tuo bel faccino? Qui nessuno fa niente per niente. Se vuoi i soldi devi guadagnarteli –
– Cosa intendi”. Cosa devo fare? – Stefania forse intuiva dove voleva andare a parare Marco.
– Intendo che io e il mio amico ti possiamo dare metà della nostra vincita, se tu”’.. –
– Se io”..? –
– Se tu””.. fai qualcosa per noi –
– Che cosa? –
– Devo proprio spiegartelo? –
La faccia di Stefania passò dalla speranza al disgusto. Aveva capito bene. Io tacevo aspettando gli sviluppi della situazione e le guardavo apertamente il petto.
– Vai a farti fottere – Stefania prese la borsetta e sembrava quasi volerla usare per colpire Marco. Questi fece un passo indietro senza scomporsi.
– Nessun problema, la scelta &egrave tua. Vieni Nico, andiamo a dividerci la vincita –
Lo seguii verso la conta-soldi e cominciammo a metter dentro le monete e farla girare. Stefania s’era avvicinata alle nostre spalle e guardava fissa il display che avanzava. Alla fine il responso fu di 900 euro.
Marco mise le monete in una borsa, ne trasse l’equivalente in banconote e tenendole ostentatamente in mano si girò a fissare Stefania.
– Che dovrei fare? – La frase fu solo un sussurro ma rappresentava la resa definitiva.
– Vai di là col mio amico mentre io chiudo e fai come dice lui, quando avete finito &egrave il mio turno, e tu prendi 450 euro, e guai a te se li metti dentro la slot. Domani fai quel che vuoi, paghi l’affitto, li giochi o li bruci, affari tuoi –
Il patto era sancito e mentre Marco chiudeva i battenti e abbassava le luci del bar io andai nello stanzino dietro il bancone usato come magazzino. Stefania mi venne dietro come un cagnolino, a testa bassa.
Non c’era molto spazio, tutto era ingombro di casse. Mi appoggiai al bordo del tavolo e attesi. Stefania arrivò davanti a me e si fermò, la testa ancora bassa. Le presi il mento e gliela feci alzare, ora la guardavo negli occhi da pochi centimetri.
– Cosa vuoi che faccia? – Ancora un sussurro, tono stanco, rassegnato. Avevo le idee ben chiare.
– Inginocchiati, il resto lo sai –
Stefania mi s’inginocchiò davanti, io scesi la zip e lo tirai fuori dai boxer, ancora non completamente eretto. La vidi storcere il naso, ero stato al bagno e non mi ero potuto lavare, non dovevo avere un buon odore.
Ciononostante Stefania aprì la bocca e mi accolse quasi completamente. Trasalii al contatto dei suoi denti ma il calore della sua bocca mi eccitò subito portandomi alla massima erezione. Ora non poteva più tenermi tutto dentro, era fuori per metà, ma la parte all’interno sembrava dentro un forno incandescente. Avvertivo il contatto della sua lingua, vedevo le gote incavate nel risucchio, lo sperma iniziò a gorgogliarmi nei testicoli come lava nella camera magmatica, pronta a eruttare.
Per allontanare il pericolo la presi per i capelli allontanandola da me. Alzò gli occhi con aria interrogativa ma capì subito, le tenevo la testa a un centimetro dalla cappella, cosa volessi. La sua lingua uscì rapida a lambirmi. Prima la punta, poi intorno. Aveva esperienza la ragazza, e la mia eccitazione salì. La tirai a me sprofondando ancora nella sua bocca, poi la spinsi lontano e ancor ala tirai a me quasi scopandole il cavo orale, poi la lasciai fare. Mi succhiò a lungo, carezzandomi l’asta con la mano mentre lo faceva e il mio orgasmo montò veloce. Non l’avvertii e la mia esplosione fu una sorpresa per lei. Le fiottai dentro la bocca trattenendo la testa con forza. Uno, due schizzi e poi la lasciai. S’affrettò a toglierselo dalla bocca ricevendo il terzo schizzo in faccia, sul naso, e poi un quarto, sulle labbra che teneva chiuse a contatto con la cappella. Le lordai tutto il viso e lei accettò tutto a occhi chiusi, tenendomelo in mano, senza muoverla.
Finito di eiaculare allungai la mano verso una bobina di carta, ne strappai due pezzi tendendogliene uno per pulirsi mentre usavo l’altro per me. Non disse una parola Stefania mentre uscivo dallo stanzino. Marco era lì fuori sogghignante, ricambiai vedendolo impaziente. Lo salutai mentre entrava nello stanzino, le banconote in mano. Uscii dal bar e tornai a casa, ero soddisfatto. Sì, 225 euro erano cari come tariffa per un pompino ma ne avevo altrettanti in tasca, senza fatica.
Non ho più visto Stefania nel bar, né ho chiesto a Marco se l’ha scopata quella sera o s’&egrave accontentato anche lui. Spero abbia perso il viso del gioco. Io continuo a giocare cinque euro ogni tanto, e quando faccio società con Marco sorridiamo tutti e due ammiccando.

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