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Racconti Erotici Etero

Soccorso stradale

By 21 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

La decisione di uscire dall’autostrada mi sorge improvvisa, la noia, gli autoarticolati, la voglia di qualcosa di meno banale, metto la freccia ed esco, molto meglio fare la strada normale, più varia e romantica, visto che sono in Liguria ed i panorami sono stupendi. Appena posso accosto ed abbasso la capote, voglio godermi davvero questo breve viaggio di rientro, respirare l’aria, annusare i profumi della natura di questa strada di montagna a picco sul mare, malgrado sia estate e faccia molto caldo, &egrave sempre meglio dell’aria artefatta e filtrata che sbuffa dal climatizzatore.
Guido a velocità ridotta, un occhio alla strada ed uno al panorama, la vista del mare, fra i pini quasi bruciati dal salmastro, mi riempie il cuore, i riflessi dorati del sole, le barche che lo solcano numerose, la noia passa in fretta e la vista, mi mette il buon umore. Sto respirando a pieni polmoni il profumo dei pini marittimi, quando la mia auto comincia a borbottare, da un paio di forti strattoni ed appena accosto e freno, il motore si spegne e muore. Metto il cambio in ‘P’ e premo il freno, giro la chiave, il motore tossisce, la macchina si scuote, ma oltre quello, non succede nulla. Naturalmente sono socia Aci, apro il cruscotto e faccio il numero verde, do le generalità, spiego il mio problema alla signorina cortese che risponde e ricevo la mazzata, il tempo di attesa si aggira sulle due ore, ma &egrave più probabile che ne passino almeno tre. Concludo la comunicazione salutando disperata, appellandomi al suo buon senso, sono sola, lungo una strada di montagna ed &egrave già pomeriggio inoltrato, per contro, la signorina mi invita ad attendere il carro attrezzi al bar del paese qui vicino, un chilometro e mezzo a piedi.
Scendo dall’auto angosciata, un chilometro e mezzo non &egrave molto, &egrave moltissimo, con ai piedi questi sandalini, fini e belli, tacco dodici e due sottili strisce di cuoio plissettato sulle dita, uno sulla caviglia, li avevo addirittura tolti per guidare, adesso li ho indossati per scendere, ma il solo pensiero di doverci camminare, mi fa venire la pelle d’oca. Mi trovo davanti ad un dilemma, tenerli in mano e farsi una camminata scalza sul asfalto, o martoriarmi i piedi? Decido per la seconda, so per esperienza quanto diventino neri i piedi a camminare scalza sul asfalto, senza contare che non oso nemmeno pensare a cosa possa averlo sporcato, l’immagine di qualcuno che sputa dal finestrino &egrave poco edificante e cerco di cancellarla immediatamente. Prendo il coraggio a quattro mani, chiudo la macchina dopo aver raccolto la borsetta e mi incammino a passo lento verso il paese, l’ultimo cartello che avevo incrociato diceva che dista due chilometri, ma &egrave da un po’ che l’ho superato, fortunatamente, appena percorso la prima curva, vedo già le case, stimo che al massimo ne dovrò fare solo uno a piedi.
Arrivo alle prime case, una signora anziana &egrave seduta su una sdraio in un piccolo giardino, sotto un albero, mi squadra attentamente, come se fossi un entità aliena appena atterrata sul pianeta, ho sempre detestato ed allo stesso tempo apprezzato, il comportamento della gente di paese, ti guardano come se cercassero di riconoscerti, scrutandoti attentamente e con diffidenza, ma la cosa positiva, &egrave che un malintenzionato non passerebbe inosservato e qualcuno, avrebbe di sicuro un’ottima descrizione mnemonica, da fornire agli inquirenti.
‘Buon giorno!’, esclamo gioviale, salutando cortesemente la signora, il viso scuro ed indagatore, si rilassa in un sorriso di cortesia.
‘Buon giorno?!?’, risponde in modo interrogativo, come se averla salutata, lasciasse sottointeso che la conosca, forse crede che sia parente di qualche abitante e pensa a chi possa somigliare.
‘Mi si &egrave fermata la macchina dietro la curva… aspetto il carro attrezzi per farla rimorchiare… la signorina mi ha consigliato di attendere al bar in paese…’, spiego alla signora, adesso contenta di sapere la mia storia, probabilmente sono una digressione al pomeriggio solitario e noioso che sta passando, proprio come lo &egrave stato per me la strada panoramica, almeno finché &egrave andata bene.
‘Signorina bella… il bar &egrave un posto da uomini!’, mi ammonisce, lasciandomi subito intendere che non &egrave altro di più che un bar di paese, ma questo lo avevo immaginato, non mi aspettavo davvero un locale da centro cittadino.
‘Lo immagino… ma anzi che stare in macchina da sola, su una strada di montagna… non si sa mai chi si potrebbe incontrare…’, replico. In effetti &egrave proprio questo il motivo che mi ha spinta a camminare con questi trampoli ai piedi, ultimamente, stare sola in luoghi isolati mi rende un po’ inquieta. La signora sorride e mi indica una sedia sulla piccola veranda di casa sua. Le sorrido di rimando, molto ospitale.
‘Non vorrei disturbarla… mi hanno detto che devo aspettare almeno tre ore…’, esclamo, anche se in effetti, malgrado non abbia camminato molto, i miei piedi vorrebbero accettare il suo invito molto volentieri.
‘Nessun disturbo… anzi… magari mi fa un po’ di compagnia… come le ho detto poi, il bar del paese non &egrave per le belle signorine come lei, venga… entri pure, il cancello &egrave aperto…’, mi invita cortesemente, la voce diventa un pochino roca mentre lo dice, accetto ed entro, ignorando il leggero disagio che provo sulle prime, come se fossi al cospetto della strega cattiva del bosco, ‘Tanto sono sempre sola dopo che il mio povero marito se n’&egrave andato… mio figlio poi… &egrave sempre di sopra al computer…’, aggiunge la vecchina, mi do della stupida, mentre i tacchi affondano nel terreno morbido, ricoperto da una tenera e curata erbetta. Mi prendo la sedia in veranda e siedo davanti alla signora, facendolo in modo composto, sistemando la minigonna a balze all’interno delle cosce. La signora si complimenta per l’eleganza, anche se io mi sento vestita abbastanza normale, mi chiede se voglio qualcosa di fresco da bere, o magari un thé, o un caff&egrave. Vista la temperatura, anche se siamo all’ombra e tira una leggera brezza rinfrescante, propendo per qualcosa di fresco. La signora si alza a fatica, entra in casa e torna con un piccolo vassoio, sopra ci sono due bottigliette, una di coca ed una di aranciata, nessuna mela rossa avvelenata, ‘Che scema sono!’, penso senza lasciarmi andare al sorriso che mi nasce sulle labbra, propendo per la coca e me ne verso un goccio, stappando la bottiglia ancora sigillata, la cosa mi rinfranca, evidentemente il piccolo disagio iniziale, mi ha influenzata parecchio. La signora &egrave curiosa sul motivo per cui stavo passando da quelle parti, le racconto il mio appuntamento di lavoro a Genova, della noia in autostrada e lei sorride, noi giovani siamo tutti uguali, sempre alla ricerca di stimoli diversi, mai a badare alla concretezza, ma il mio &egrave un peccato veniale, non &egrave da scapestrata, c’&egrave chi fa di peggio.
La signora &egrave contenta di avere compagnia, anche se sono una perfetta sconosciuta e, dietro le mie maniere educate, potrei essere anche una malintenzionata, lei che ne sa, con tutto quello che si sente in giro. Mi racconta un po’ la sua vita, mostra con orgoglio il piccolo orticello che coltiva in fondo al giardino, mi mette a parte della propria angoscia per il figlio, quarantenne ed ancora senza famiglia, un buon lavoro e nessuna intenzione di uscire dalla casa materna. Sorrido, io mi sono sposata a ventidue anni, no, non ho ancora figli, si li voglio, sono proprietaria del azienda fondata da mio padre, mio marito lavora per me, una specie di rappresentate al estero. Alla signora piaccio, vorrebbe una ragazza come me per il figlio, ma &egrave sempre al computer ed esce pochissimo, non devo fare complimenti e bere ancora se ho sete, ma prima devo guardare che splendidi pomodori coltiva, proprio mentre un bel uomo, alto e prestante, esce con una borsa da calcio sulla spalla destra.
‘Ciao Ma! Io vado…’, esclama senza degnare la signora di uno sguardo, ma sul cancello si ferma di colpo, gira la testa come se la scena fosse al rallentatore, ci guarda stupito, posa la borsa per terra e viene verso di noi.
‘Ciao…’, esclama stupito, ‘Non avevi detto di avere ospiti… e che ospiti…’, aggiunge con sguardo da marpione, mentre allunga la mano destra verso di me.
‘Ilaria, piacere… ho la macchina in panne dietro la curva… sua madre &egrave stata gentilissima e mi ha proposto di aspettare con lei il soccorso stradale…’, spiego al uomo sorridente, ma un po’ diffidente.
‘Mi chiamo Dario… sicuramente &egrave un buon vento quello che ti ha portata qui… decisamente lo &egrave… credo che gli allenamenti possano attendere…’, esclama entrando in casa ed uscendo subito dopo con una sedia ed un bicchiere vuoto, nel quale versa la coca, dopo essersi seduto. Mi sento un po’ in imbarazzo adesso, con gli occhi di Dario che mi squadrano attentamente, vagando dalle cosce, alla scollatura della camicetta. Devo ripetere come mai sono li e cosa faccio di lavoro, lui &egrave ingegnere informatico, capisco perché esce poco &egrave sta sempre al computer, lavora per una software house famosa e sta sviluppando un automazione per un software, di cui non può parlare, visto che non &egrave ancora uscito. La signora si alza in piedi e mi chiede di scusarla, deve ritirarsi un pochino, capisco che non vuole dichiarare apertamente che ha bisogno del bagno, ne avrei bisogno anche io, ma non voglio approfittarmi troppo del’ospitalità che mi &egrave stata offerta, rimango sola con il figlio.
‘E’ tutto vero? O sei una di quelle malintenzionate che rubano le pensioni alle vecchiette sole?’, mi domanda a bruciapelo, io rido e lui si rilassa un po’, ma rimane comunque abbastanza diffidente. Gli dico che se vuole, possiamo andare dietro la curva ed appurare che la mia macchina &egrave proprio in panne ed &egrave proprio li. Anzi, visto che mi sento un po’ in imbarazzo, ad approfittare oltre della deliziosa ospitalità della madre, propongo di salutarla e di tornare sui miei passi ad attendere i soccorsi. Non intendeva offendermi, ma con tutto quello che si sente in giro, &egrave logico cominciare a diffidare degli sconosciuti, del resto, il diavolo a volte assume anche forme deliziose. Sorrido ed arrossisco al complimento ‘velato’ che mi ha rivolto, lui si incoraggia e mi incalza, vuole sapere quale attività fisica pratico, visto lo stato di forma in cui verso. Pedalo, faccio spinning da sempre e ultimamente mi sono pure comprata la bici da corsa, faccio pilates e difesa personale, rimarco molto sull’ultima, lasciando intendere che saprei difendermi. Sorride, mi rendo conto in quel momento che &egrave proprio un bel uomo, anche lui fa difesa, ma non personale, la fa di squadra, gioca a rugby ed il fisico lo conferma. Chiedo se non gli sto facendo tardi, visto che stava uscendo con la borsa e sicuramente stava andando ad allenarsi, la sua meta era la palestra, c’&egrave la pausa estiva e nessuno gli corre dietro.
Ho voglia di fare una passeggiata? No, grazie, con queste scarpe non mi va proprio, ho già ringraziato il cielo per l’invito della madre, dato che altrimenti avrei dovuto camminare ancora fino al bar. Il bar? Ma no, &egrave sporco e frequentato dai vecchi del paese! C’&egrave un sentiero tutto in erba, che arriva fino al mare, una splendida insenatura che &egrave appannaggio solo dei residenti, o di chi possiede una barca, si può percorrere anche a piedi nudi. Mi spiace lasciare la madre così, entra in casa, &egrave tutto a posto, aspetterà il nostro rientro fra un’oretta, ci penso un po’ su, poi decido di slacciarmi le scarpe e finalmente le tolgo, belle, bellissime, ma quanto sono dolorose dopo averci camminato più di qualche decina di metri.
A piedi nudi gli arrivo alla spalla, ci incamminiamo girando dietro la casa e superando l’orticello dagli splendidi pomodori, per ‘par condicio’ Dario toglie le scarpe da tennis e cammina pure lui scalzo. Parliamo della bellezza naturale del posto, nulla al confronto della mia, mi adula, finché giungiamo sul mare, dove la montagna diventa scogli bagnati dai flutti, un luogo quasi fatato, dall’intenso profumo di salmastro e resina di pino, l’acqua &egrave di un azzurro intenso, un paio di barche stanno alla fonda e dei ragazzi sguazzano al largo, attorno agli scafi. Ci appoggiamo ad uno dei primi scogli che incontriamo, in placida contemplazione della natura dura, ma bellissima della Liguria, ripenso alle opere di Montale, aveva proprio ragione, stimola l’animo poetico.
‘Di la verità… adesso ti andrebbe di fare un bel bagno, vero?’, chiede Dario, guardando oltre la mia testa, verso i ragazzi che nuotano e scherzano in mare.
‘Ad essere sincera… l’idea &egrave piuttosto solleticante… anche se non ci stavo pensando affatto!’, rispondo compita.
‘Io lo faccio ogni volta che scendo fin quaggiù… a volte anche in inverno se il tempo lo permette…’, esclama pensieroso, le sue parole trasmettono tutto l’amore per quel luogo.
‘Davvero? Anche in inverno?’, chiedo dubbiosa.
‘Bh&egrave… se non fa troppo freddo, si!’, risponde sincero, ‘Allora? Ci facciamo questa nuotata?’, propone sorridendo.
‘No, certo che no!’, rispondo risoluta, ‘Non ho il costume, ne tantomeno un telo da mare… la tua proposta &egrave invitante, ma fuori luogo…’, aggiungo e lui mi sorride di nuovo.
‘Sai quanta gente scende fin quaggiù? Io e basta… ormai gli abitanti sono tutti vecchi, i giovani pensano soltanto alla droga, all’alcool e ad allontanarsi il più possibile da questo sputo di paese… questa &egrave diventata una spiaggia per nudisti, con un unico frequentatore, io… e visto che prendo il sole e nuoto nudo, di fatto &egrave un luogo per naturisti…’, ribatte, con lo sguardo che torna ad essere da marpione.
‘Ma io non sono una naturista… anzi, sono piuttosto pudica!’, mento spudoratamente.
‘Ok… fai come vuoi… ma in questo caso, mettiti una mano davanti agli occhi, perché io non ho nessuna intenzione di sobbarcarmi la fatica della salita per tornare, senza cogliere al volo l’occasione e farmi un bel bagno nudo…’, esclama con malizia, sfilando la t-shirt e restando a petto nudo, un torso di tutto rispetto, spalle larghe ed addominali scolpiti, muscoli tonici e guizzanti, sotto un sottile strato di pelle dorata. Sorride di nuovo e slaccia i pantaloni, senza distaccarsi dallo scoglio li abbassa, non indossa mutande e resta subito nudo. Anche la sotto &egrave davvero tonico, muscoloso e, cosa che mi aspettavo, anche ben dotato ed a quanto posso vedere, già piuttosto eccitato.
‘Ma non avevi detto di essere pudica? Dovresti distogliere lo sguardo, non fissarmi!’, mi rimprovera Dario sorridente, si vede che &egrave contento che non mi sia voltata, deve essere un bel esibizionista, sicuramente &egrave molto sicuro di se stesso.
‘Oh, si… scusa…’, balbetto un po’ imbarazzata per il rimprovero, anche se so che &egrave falso.
‘Dai, che aspetti? Spogliati e facciamoci sto bagno… sono proprio curioso di vederti in tutto il tuo splendore… come mamma ti ha fatta… a proposito…’.
‘Complimenti alla mamma, vero?’, lo interrompo, facendolo ridere di gusto.
‘Si esatto, volevo proprio dire quello… dai su, non perdere troppo tempo, scommetto che hai voglia di lasciarti andare e… non sai cosa ti perdi a non farlo…’, mi incalza risoluto, &egrave davvero sicuro di se, ma non credo che il suo tentativo, con una ragazza davvero pudica, o comunque meno disinibita di me, avrebbe riscosso un esito positivo. Sbottono la camicetta e la tolgo, sorride ad appurare che sono senza reggiseno, il suo sesso ha un sussulto, mentre osserva con desiderio la mia terza sfidare la forza di gravità, anche se aiutata dalla chirurgia plastica. Sfilo la minigonna dai piedi, storco un po’ il naso in una smorfia di disgusto, osservando quanto siano sporche le piante, resto con il solo perizoma bianco, semplice, senza fronzoli, o pizzi.
Il suo sguardo adesso &egrave davvero carico di desiderio e malizia, mi osserva attentamente, come se fosse in attesa del ultimo atto, che tarda ad arrivare, gli rivolgo un sorrisetto un po’ imbarazzato, poi mi decido e sfilo anche l’ultimo indumento, restando come lui completamente nuda. Tolgo dai piedi anche il perizoma e poi mi rimetto eretta contro lo scoglio, qualcosa &egrave cambiato, adesso &egrave preda di una maestosa erezione, &egrave davvero ben dotato, non esagerato, ma sicuramente ben messo.
‘Sei depilata!’, la sua &egrave una affermazione formulata con tono piacevolmente stupito, ‘E stupenda… davvero!’, aggiunge guardandomi di sbieco, dato che entrambi siamo appoggiati allo scoglio, assieme ai nostri indumenti. Non rispondo, arrossisco un po’ sulle gote, all’improvviso perdo un po’ della mia sicurezza, incrocio le gambe e mi metto a braccia conserte, per nascondermi parzialmente, sono un po’ imbarazzata, mi sento bruciare la pelle dallo sguardo di Dario. Mi sento come sospesa in una situazione del tutto irreale, nuda in compagnia di uno sconosciuto nudo ed eccitato, molto eccitato, non può nasconderlo. Ciò che mi colpisce &egrave la nitidezza, la ricchezza di particolari, il paesaggio, il sole che si avvia verso il momento in cui tramonterà, la pelle dorata del uomo e l’erezione da cui non riesco a distogliere lo sguardo a lungo, l’imbarazzo e l’eccitazione che mi permeano contemporaneamente. Sto vivendo un momento che si estende come all’infinito, come se fossimo sospesi nel tempo, la sua mano si solleva, tocca la mia spalla, la carezza dolcemente, massaggia la base del collo, la nuca, infilandosi sotto ai capelli, gira la mia testa e mi costringe ad alzare lo sguardo, per trovare le sue labbra, sembrano così morbide, pronte a divorarmi con baci voraci ed ardenti, lo fanno, si uniscono alle mie, mi rilasso, le braccia scendono lungo il fianco e risalgono i suoi.
Mi si staglia davanti, la sua maestosa erezione fra i nostri corpi che si stringono, mani grosse e forti mi accarezzano con delicatezza, baci leggeri mi sfiorano il collo, labbra morbide suggono i miei capezzoli turgidi, il ventre, il pube ed una lingua calda, esplora il mio sesso tumido, donandomi scariche di intenso piacere. Mi assaggia, gusta il mio sapore con ingordigia e si rimette in piedi, adesso sono io che scendo verso il basso, spinta da una forza notevole, ma moderata, bacio il glande paonazzo, ci appoggio la lingua ed assaporo il suo gusto maschio, lascio che mi inebri e assecondo la voglia di ingoiarlo e stringerlo fra le mie labbra fameliche.
Mi riempio la bocca, come se volessi nutrirmi con la sua abbondante e rigida pendice corporea, muovo la testa avanti e indietro, ansima di piacere estatico, tenendomi una grossa mano sulla testa, dettandomi il ritmo del suo piacere. Con la mano accarezzo e soppeso delicatamente lo scroto, reagisce intirizzendosi all’istante, come se la mia mano gli avesse provocato un brivido improvviso, lecco l’asta prima di rimettermi in piedi, i nostri sguardi si incrociano di nuovo, si perdono l’uno dentro l’altro, come se ci studiassimo.
Mani forti stringono le natiche e mi sollevano, facendomi staccare i piedi da terra, le mie gambe si divaricano involontariamente, un movimento automatico per offrire il mio sesso pronto all’erezione del maschio. Carne dura mi apre e mi riempie, lentamente ma con fermezza, la mia intimità si lascia penetrare dal uomo, stringo le braccia al suo collo, diventiamo una cosa sola ed il movimento oscillante, mi fa pensare di essere su una giostra del piacere, un gioco solo per adulti, appagante e piacevolissimo.
Vengo scossa da colpi di maglio che mi squassano il ventre, dal basso verso l’alto, getto la testa all’indietro e lascio che i gemiti fluiscano naturalmente dalla gola, versi gutturali e respiro pesante del maschio mi fanno da eco. Rimango senza respiro, in apnea per il piacere intenso che provo, investita dal orgasmo come un onda di piena, parte dal ventre e spegne il cervello, deforma la mia faccia in una smorfia di intenso piacere, la bocca spalancata in un grido muto, fluidi e caldi fiotti mi riempiono la vagina ed amplificano l’estasi in cui verso, poi lentamente passa ed ansimo sfinita, i miei piedi toccano terra e la schiena il calore della pietra dello scoglio. Mi tremano le gambe, cedono e scivolo in ginocchio. Dario fa altrettanto davanti a me, ansima anche lui, mi appoggio con entrambe le mani al suo petto d’acciaio.
‘Adesso lo facciamo il bagno?’, mi chiede con la voce roca ed il respiro pesante.

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