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Racconti Erotici Etero

Straordinari in ufficio

By 19 Ottobre 2023One Comment

Avevo fatto tardi in ufficio. In tutto il piano eravamo rimasti solo io e Licia. Io ero fidanzato, lei pure. Io la desideravo, penso anche lei desiderava me. Era stata una giornata stressante per tutti e due. Almeno ogni paio d’ore cercavamo la compagnia reciproca con uno di quei caffè tossici alle macchinette.
Sentii bussare alla mia porta accostata. Ero sicuro fosse lei. Chi altro poteva essere?
“Avanti”, dissi subito. Si affacciò il suo bellissimo viso dagli occhi stanchi.
Avevamo finito tutte le pratiche della giornata, non era rimasto da fare nulla di importante, ma indulgevamo in quel postaccio che ci rubava tempo prezioso alla vita e all’amore, a un amore impossibile.
Chiacchierammo per una mezz’ora, dimenticandoci di tutto il resto.
All’improvviso la luce si spense.
Il portinaio doveva aver pesato che fossero andati via tutti e doveva aver staccato le luci e chiuso il portone.
Ci avevano chiuso dentro.
Appena realizzato questo, scoppiammo a ridere.
Poi, esaurite le nostre risate, scese il silenzio.
Sentivamo solo il suono dei nostri respiri.
Silenzio, sospiri ed oscurità.
Entrava dalle finestre solo la luce dei lampioni giù in strada, schermata dalle fronde degli alberi.
La baciai.
Non sembrò sorpresa. Lei rispose al mio bacio.
Ci baciammo così, in piedi nella stanza buia. Poi iniziai a sbottonarle la camicetta. Le slacciai il reggiseno e liberai i suoi piccoli ma meravigliosi seni.
Lei si dedicò alla mia camicia.
Sempre baciandomi passò poi alla cintura e mi abbassò i pantaloni. La mia erezione, pur nell’oscurità della stanza, era ben visibile sotto i boxer.
Le slacciai la gonna, che cadde ai suoi piedi. Lei si sfilò le scarpe, si liberò della gonna e rimase in calze e mutandine.
Gliele abbassai, mi inginocchia di fronte a lei e baciai il suo rado cespuglio, mentre lei mi accarezzava i capelli.
Mi fece alzare e mi abbassò i boxer, liberando il pene eretto. Lo accarezzò, sorridendomi. La baciai.
Poi mi prese per mano e mi portò in giro per gli uffici. Come due bambini, esploravamo un posto che nell’oscurità della notte sembrava sconosciuto ed eccitante. Le uniche luci erano quelle delle uscite di emergenza. Ci baciavamo nei corridoi, nelle stanze dei colleghi. La penetrai su diverse scrivanie, lei mi chiese di possederla su questa o quella postazione, io la accontentai sempre, perché lo volevo anche io, volevo prenderla dovunque lo volesse lei e dove lo volessi io.
La penetravo dolcemente, lei era eccitatissima, bagnata e calda, i suoi orgasmi numerosi, io mi tenevo per non concludere troppo presto questo sogno erotico diventato realtà. Si lasciava fare tutto, mi diceva “non ti preoccupare, domani prendo la pillola”, e questo accresceva la mia eccitazione.
A volte si scioglieva dal mio abbraccio, e correva nuda per i corridoi, ridendo, volendo che la inseguissi e riacchiappassi, un nascondino erotico in un ufficio buio e deserto.
Quando la riprendevo, o si lasciava riprendere, ci riunivamo, facevamo l’amore in piedi, o poggiati su una fotocopiatrice, o una scrivania.
Salivamo di piano, entravamo in stanze dove non eravamo mai stati prima, in bagni mai usati prima. Quando avevamo sete bevevamo dai rubinetti, quando ci scappava la pipì la facevamo, lei nel bagno degli uomini, io in quello delle donne, l’uno sotto gli occhi dell’altra, ridendo come bambini innocenti, anche se quello che stavamo facendo era molto da adulti, in un posto da adulti.
Mi sedetti sulla poltrona del direttore, e lei mi si sedette sopra, a cavalcioni. Guidò il mio pene dentro di lei, e lì non potei resistere ai suoi baci, e le venni dentro, e venne anche lei.
Ci assopimmo per qualche minuto. Ci svegliammo mezzi intorpiditi, ci stiracchiammo un po’ e poi riprendemmo il nostro gioco proibito.
Andò avanti finché ce lo permisero le forze. Poco prima dell’alba, concordammo che era meglio darsi una rinfrescata, una sistemata, e rimetterci alle nostre postazioni, in attesa dei colleghi mattinieri, e fare finta che non fosse successo niente.
Ci lavavamo a pezzi con l’acqua di un rubinetto in un bagno, un po’ di sapone per le mani, e i fazzoletti di carta, ridendo per quanto era fredda l’acqua e scomodo il lavarsi a pezzi così, ma ormai eravamo complici in tutto.
Una volta rivestiti, lei disse:” abbiamo ancora un po’ di tempo. Riposiamoci sul divanetto”. Ci sdraiammo e dormimmo un’oretta, abbracciati.
Ci svegliò la luce che si accendeva. Dovevano essere le 6. Il portinaio era rientrato e aveva attaccato la corrente. La guardai in viso. Aveva i capelli in ordine, il viso disteso per gli orgasmi della notte, ma due vistose occhiaie. Le avrebbe sistemate con un po’ di trucco. Io dovevo apparire come lei, probabilmente più disordinato.
“Meglio andare ai nostri posti”, dissi.
Lei annuì, sorrise e mi diede un ultimo bacio.
Io le presi la mano e la baciai.
È stato bellissimo fare gli straordinari con te” dissi.
Lei mi sorrise dolcemente, si alzò e andò nella sua stanza.

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