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Racconti Erotici Etero

Troppa voglia per arrivare a casa

By 25 Settembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano in un bar, uno di quelli con le luci soffuse, la musica lounge che creava un’atmosfera intima, i tavoli con una piccola candela accesa al centro, i divanetti di pelle nera come sedute. Sorseggiavano i loro cocktail e chiacchieravano a bassa voce, ogni tanto cercando l’uno la mano dell’altra e stringendola sul tavolo.
Gli occhi negli occhi si parlavano, sorridevano, si scambiavano baci leggeri e dolci, a fior di labbra.
‘Vado un attimo in bagno’, disse lei ad un certo punto.
Si alzò e si diresse verso la parte opposta del locale, offrendo a lui la possibilità di ammirare la sua camminata decisa e un po’ mascolina, nonostante i tacchi. Si era vestita in maniera diversa dal solito, quella sera: una maglia un po’ scollata che lasciava intravedere il reggiseno dello stesso colore, una gonna poco più corta del ginocchio, leggermente ampia, che le lasciava scoperte le lunghe gambe, solitamente fasciate dai jeans, e scarpe col tacco, non molto alto, ma abbastanza per slanciare la sua figura ben proporzionata, allacciate sul polpaccio, nello stile definito ‘alla schiava’.
Lui era rimasto piacevolmente sorpreso quando l’aveva vista tirare fuori dalla valigia gonna e scarpe col tacco: lui adorava l’aspetto della ragazza, sia che avesse addosso una tuta, piuttosto che i soliti jeans, ma certo gli sarebbe piaciuto che lei fosse stata un po’ più femminile nel suo abbigliamento, ogni tanto. Non le aveva mai detto niente perché sapeva che amava stare comoda e a suo agio nei suoi vestiti, e di sicuro non lo sarebbe stata in quelli che lui a volte le immaginava addosso.
Lei tornò presto al loro tavolo, con un sorriso nuovo, che non aveva quando si era allontanata. Si sedette e gli mise un braccio sulla spalla, come a volerlo abbracciare; con l’altra mano gli accarezzò una guancia e nello stesso momento avvicinò la bocca all’orecchio di lui. ‘Non ho più le mutandine, amore’, gli disse in un soffio.
Lui rimase un attimo immobile, come se non avesse afferrato bene il senso di quelle parole, poi deglutì, mentre un senso di calore si diffuse in tutto il corpo, a testimonianza del fatto che stava apprezzando la svolta che stava assumendo quella serata. Cercò le labbra di lei e cominciò a baciarla: non erano più i baci teneri di poco prima; ora infilava la lingua nella bocca di lei, a cercare la sua, ma cercando di non essere troppo insistente e non dare troppo nell’occhio. Dopotutto, erano in un locale pubblico’ ma ormai il gioco era iniziato, e lui avrebbe continuato a giocare: voleva scoprire se quello che lei gli aveva appena confidato corrispondeva a verità, ma non osava spingersi oltre.
Mentre continuavano a baciarsi in questo modo sensuale ma nello stesso tempo controllato, lei allargò leggermente le gambe, sentendo la gonna che si spostava di un millimetro e la pelle delle cosce che veniva a contatto con la pelle dei divanetti. Questo le provocò un brivido e sentì i capezzoli rizzarsi sotto il reggiseno. Prese una mano di lui e se la infilò sotto la gonna. La presenza del tavolino tra loro li metteva al sicuro da sguardi indiscreti.
Lui si lasciò guidare fino a toccarle la pelle morbida delle cosce e poi più su’ un’espressione esterrefatta si disegnò immediatamente sul suo volto: non solo la ragazza aveva detto assolutamente la verità, ma lo stupore fu raddoppiato nel trovare la patatina completamente depilata: non aveva avuto occasione di vederla nuda da che era arrivata in città a trovarlo e questa rivelazione lo folgorò, facendolo eccitare ed indurire all’istante’ le aveva sempre chiesto di depilarsi la micetta totalmente, diceva che così avrebbe potuto leccarla con ancora più gusto e piacere, ma lei aveva sempre preferito glissare, per un residuo di pudore che non riusciva a scrollarsi di dosso. Si staccò un attimo da lei e la guardò: lei sorrideva, aveva capito che la cosa lo aveva sorpreso ed eccitato allo stesso tempo, ed era proprio lo scopo che lei voleva raggiungere: ora era contenta di aver ceduto alle voglie del ragazzo.
Lui continuò a guardarla con un’espressione trasognata, incapace di esprimerle in qualunque altro modo la miriade di sensazioni che lo sconvolgevano in quel momento. Le era grato per quell’istante, e per tutti gli altri che avevano passato insieme.
Lei approfittò del fatto che ora si erano leggermente staccati per prendere tra le mani il bicchiere del suo cocktail e con fare quasi lascivo, si infilò la cannuccia in bocca, iniziando a succhiare in modo sexy, guardandolo negli occhi.
Lui era come rapito dal suo sguardo, ma ben presto si riscosse e cominciò a toccare il sesso di lei, scoprendola leggermente bagnata. Anche a lei stava piacendo quel sottile gioco fatto di sguardi e movimenti leggeri e discreti, in modo da non farsi scoprire. Iniziò a stuzzicarle il clitoride, piano, facendo scorrere un dito su quel bottoncino voglioso, fino a farselo sfuggire a causa delle contrazioni date dal piacere, per poi ritrovarlo sotto il suo polpastrello.
Lei chiudeva gli occhi e tratteneva il respiro, la bocca leggermente dischiusa e la punta della lingua a toccare la punta della cannuccia accolta tra le sue labbra.
D’improvviso lui le infilò due dita nella micetta calda e umida, godendo del contatto della sua pelle con quell’antro accogliente.
Lei gemette sommessamente per la penetrazione inaspettata, ma ritrovò subito il controllo vedendo delle persone avvicinarsi per raggiungere il tavolo accanto al loro.
‘Andiamo via’, le parole di lei espressero il pensiero di entrambi.
Mentre si alzavano, lui sentì il suo pene gonfio tendergli i jeans e pensò che era una fortuna che il locale avesse le luci così basse.
Pagarono la consumazione e uscirono quasi correndo, tanta era la voglia l’uno dell’altra. Nemmeno l’aria fresca di quella sera di metà ottobre sembrò attutirla.
Camminavano tenendosi per mano, eccitati, lui dall’idea di poterla prendere in qualsiasi momento volesse, anche lì, per strada, lei dal fatto che di lì a poco, avrebbe approfittato dell’erezione incredibile che gli aveva provocato.
Passarono davanti ad un parco semideserto, i cui lampioni sparsi in modo irregolare riuscivano ad illuminare solo pochi metri, lasciando ampi spazi quasi completamente bui.
Si guardarono un secondo negli occhi; il secondo dopo stavano già attraversando quella alternanza di luce-buio alla ricerca di un posto che permettesse loro di avere una certa intimità.
Raggiunsero una panchina isolata, a metà strada tra due zone di luce. Lui vi si sedette, mentre lei rimase in piedi davanti a lui, una gamba tra quelle di lui.
Lui si slacciò la cintura, sbottonò i jeans e li aprì quel tanto che bastava per essere comodo e che gli era permesso dalla eccitazione ancora in corso. Abbassò gli slip e scoprì l’uccello grosso e duro, così teso da stare in piedi da solo.
Lei lo vide e desiderò averlo dentro di sé. Si mise a cavalcioni su di lui, reggendosi sulle ginocchia e scendendo col bacino lentamente, mentre lo guardava negli occhi e vi leggeva il desiderio salire sempre di più. Quando sentì la punta del pene a contatto con la sua passerina glabra si fermò, e iniziò a muoversi su di lui, strofinandogliela contro per fargli sentire quanto l’avesse fatta bagnare.
Lui era al culmine dell’eccitazione, gli piaceva quel contatto delicato e sensuale, ma desiderava di più, il membro sussultava dall’eccitazione e non era più disposto ad aspettare i giochetti a cui lei lo sottoponeva: la afferrò per i fianchi e la fece scendere ancora, trovando la strada per il suo antro segreto.
Quando lei lo sentì tutto dentro di sé, grande e duro e forte e bello, gemette piano, poi iniziò a cavalcarlo freneticamente. Si muoveva su e giù sulla sua asta, contraendo i muscoli delle cosce e quelle dei glutei, ansimando per il piacere.
Lui dirigeva i suoi movimenti tenendola per i fianchi e per le natiche, e ogni tanto sollevava il bacino, in modo da penetrarla ancora più a fondo. Ad un tratto, vide con la coda dell’occhio le mutandine di lei nella borsetta appoggiata accanto a loro sulla panchina: le prese e se le portò alle narici, inspirando profondamente e percependo il profumo dell’intimità di lei, un odore che avrebbe definito selvaggio e delicato, dolce e prepotente insieme. Un odore che lo faceva impazzire’
‘Così vengo subito, non resisto quasi più’ disse con voce roca. In quella situazione, col rischio di venire scoperti da un momento all’altro, l’eccitazione era quasi incontenibile.
‘Sto venendo anche io, ci sono, sì, fammi godere’ Sei il mio stallone’.
Facendo ricorso a tutta la forza di volontà che possedeva, lui riuscì a resistere quel tanto che bastava per attendere l’imminente orgasmo della sua compagna.
Poi, quando sentì le contrazioni della micetta che sembravano quasi voler risucchiare il suo membro, si lasciò andare e arrivò all’orgasmo insieme a lei, il respiro affannato, il seme del suo piacere che sembrava non finire mai e riempiva il sesso della ragazza.
Rimasero abbracciati per qualche secondo, il pene che si faceva piccolo dentro di lei, aspettando che i loro respiri diventassero regolari.
Si risistemarono i vestiti ridendo e scambiandosi qualche bacio veloce, quasi stampato sulle labbra.
Tornarono a casa allacciati, sempre ridendo e con in bocca il sapore di una esperienza proibita ed eccitante che li aveva resi protagonisti e che non avrebbero dimenticato mai.

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