Iniziò tutto da una battuta di mio padre:
-Allora Dottor Galli si è laureata poi la sua bella figliuola?-.
Domanda lecita da un amico di vecchia data, magari anche un po’ banale, come tutti quegli interminabili summit di divulgazione medico-scientifica che obbligano schiere di professori a corsi, presentazioni, buffet e ovviamente chiacchere tra colleghi.
A domanda scontata non sempre però corrisponde una risposta scontata:
-Non me ne parlare Claudio, siamo disperati-
-Suvvia Filippo che succederà mai, o maremma? Cos’è fuori corso in università? No perchè conosco il rettore della…-
-No no no, magari fosse quello il problema. Sei mesi fa è partita per Londra con le amiche e non è più tornata.- e scoppiando in lacrime uscì dalla sala ristorazione del Grand Hotel Principe di Viareggio.
Raggiunto e calmato da mio padre, vicino al bar iniziò la confessione:
-Durante il soggiorno in Inghilterra mia figlia Virginia, ha conosciuto degli attivisti di Greenpeace che l’hanno convinta a partire per l’Islanda e presidiare un merdoso scoglio in mezzo all’oceano Atlantico.-
Lo scoglio merdoso, non era altro che la famosissima “isola” di Rockall: 27mq ricchi di petrolio, al centro di una guerra diplomatica da parte di Irlanda, Danimarca, Regno Unito e Islanda per aggiudicarselo.
Greenpeace sorveglia lo scoglio per evitare trivellazioni ed analisi che aumenterebbero la febbre per l’oro nero.
-Ma Filippo lo sai come sono i ragazzi, si buttano capo e cuore nelle cose, si stancherà presto e tornerà a casa sua nella bambagia-
-Claudio: fra un mese si sposa. Ce l’ha confidato una sua amica, sposerà un fottuto rasta ambientalista fuma erba; per di più inglese, sai quanto non sopporto gli inglesi-.
-Ah, sono allibito. E cosa avete intenzione di fare?-
-Non lo so ancora, sai che non posso assentarmi dal lavoro e mia moglie non viaggia sola. Se avessi qualcuno di fidato lo incaricherei ma non ho la persona giusta-.
-Mio figlio Luca è un gran viaggiatore, potrebbe farti lui questo piacere. E poi in Islanda ci arrivi con quattro ore di aereo che vuoi che sia!-
-Ma se non conosce mia figlia come farà? Bisogna anche convincerla, non portarla via con la forza-
-Potrebbe accompagnare tua moglie Mara, aiutarla con i biglietti e con il noleggio auto. Che ne dici?-
-Beh potrebbe funzionare, parliamone a cena giovedì a casa mia. Porta anche Luca mi raccomando-.
Mi trovai così invischiato in una situazione scomoda e controvoglia, ogni mio tentativo di svincolarmi però fu stroncato sul nascere:
-Lo sai di quanto papà ha bisogno dell’amicizia del Dottor Galli. Ci passa il 70% dei pazienti, per non parlare delle sovvenzioni sui macchinari etc etc.-
-Si mamma però, ho 22 anni e preferirei esser interpellato prima di accettare lavori così alla leggera.-
-Luca fallo per noi, si tratta di un paio di giorni; non desideravi mica l’appartamentino vicino alla facoltà? E’ vicino alla tua amica Vittoria, no? Beh magari dopo l’Islanda un pensiero ce lo facciamo-.
“Libertà! Indipendenza! Sesso sfrenato!” ecco le parole che mi risuonavano nella testa dopo la promessa dei miei genitori; quell’appartamento distava solo un viaggio Firenze-Reykjavik andata e ritorno poi più nulla mi avrebbe fermato.
Arrivati dai Galli per cena e parcheggiata l’auto prendemmo l’ascensore per raggiungere l’attico.
-Ma quanto sono ricchi? L’ascensore che arriva dritto nel salotto?-
-Non farci fare figure- sgomitò mia madre.
Il salone era immenso ed una vetrata gigante permetteva una vista panoramica di 180 gradi; l’arredo classico e raffinato sbatteva in faccia a chiunque entrasse in quella casa, quanto i proprietari amassero il lusso.
Ci accose il Dottore con particolare calore baciando mia madre, prendendo a braccietto mio padre e sfortunatamente anche me; mi presentò sua moglie Mara, una giunonica donna poco più anziana di mia madre, che porse la mano ad un’altezza da baciamano ma io la presi in una stretta sottolineando la mia poca galanteria; stranita o forse indispettita sorrise a mezza bocca e ci condusse alla tavola.
Dopo l’ottima cena preparata da uno di quei cuochi a domicilio, iniziammo armati di tablet, cartina geografica dell’Islanda, evidenziatori e block notes il brain-storming:
-Il volo diretto non c’è però potremmo prendere il treno fino Malpensa ed imbarcarci li per Reykjavik-
-Si ottima idea ragazzo- esclamò il padrone di casa.
-Poi una volta arrivati noleggiamo una jeep e raggiungiamo il campo base, sperando non siano in ricognizione-.
-Ok siamo d’accordo, tra 15 giorni partirete. Ci penserò io stesso per i biglietti e per il pernottamento, ovviamente il tutto sarà a mie spese e viaggerete con la mia American Express.
Figliolo so che è volgare parlarne ma 3000€ per il disturbo penso siano sufficienti no?-
-Dottor Galli certo, ma si ricordi che il mio è un dovuto atto d’amicizia visti i forti legami che uniscono le nostre famiglie-
-Claudio va fiero di tuo figlio-.
-Lo so Filippo, è un gran bravo ragazzo-.
Passarono le settimane e a tre giorni dalla partenza tutto sembrò andare in fumo. Una fumata alta kilometri e kilometri, densa e dal nome impronunciabile.
-Eyjafjöll, si signor Galli! Tutti i voli europei cancellati per l’eruzione del vulcano; dicono che il fumo arriverà anche in Italia-
-Annulliamo tutto basta, la mia unica figlia è perduta-
Sarei perso anch’io: addio gratifica, addio appartamento, addio libertà, addio indipendenza, addio sesso sfrenato.
-Senta Dottore, ho una proposta-
-Dimmi giovanotto, ti ascolto-
-Se mi sostiene finanziariamente porterò sua moglie fino in Islanda. In ogni modo, niente mi ostacolerà, neppure Eyjafjöll, resta solo da convincere sua moglie.-
-Se tu prometti di aiutarla e di sorreggerla nelle difficoltà accetterò, non so come avrei fatto senza te caro Luca-.
La mattina prestabilita mi presentai dai Galli in orario munito del mio zaino da escursionista con tutto organizzato nei dettagli per quest’avventura; scese anche la coppia e con mia sorpresa la Signora Mara era vestita come se dovesse andare a fare una passeggiata a Piazza della Signoria in centro Firenze: tallieur e scarpa col tacco non erano di certo adatti all’impresa che ci aspettava, il trolley Louis Vuitton completava poi il look fuoriluogo.
Il Dottore ci accompagnò in auto fino alla stazione di Santa Maria Novella e posteggiando l’auto con le quattro freccie ci segui dentro alla biglietteria; prese i nostri biglietti e mi consegnò la carta di credito:
-Mi fido ciecamente di te Luca, grazie ancora per quello che fai! Riportami le mie donne sane e salve-
-Non si preoccupi Dottore, appena arrivati ci faremo sentire-
Poi si rivolse alla moglie cupa in viso:
-Mara mi raccomando, tieni duro, stai sempre con Luca, sii garbata ed accomodante; andrà tutto bene-
-Dovevi esserci tu al posto di quel ragazzo, non puoi sempre delegare tutti i tuoi doveri-
-Ma lo sai che ci sono troppi problemi qui per partire-
-Hai sempre la scusa pronta, come farò questi giorni…-
Vedendo che stava scoppiando la lite mi defilai giusto in tempo per vedere la vigilessa multare il suv dei Galli, sfacciatamente in divieto di sosta; l’avvisai e frettolosamente ci salutò ed uscì dalla stazione per contrattare con la militare una soluzione diversa dalla contravvenzione.
La Signora Mara depressa e segnata dalle lacrime restava ferma ed impotente aspettando una guida:
-Coraggio signora, mi dia il trolley e cerchiamo il binario- come un lampo il suo sguardo tornò sulla terra e sorridendo mi segui verso i vagoni.
-Attenzione attenzione prego, è in partenza sul binario 5 l’interregionale Firenze Santa Maria Novella destinazione Milano Centrale-
-Coraggio signora è il nostro- salimmo giusto tre minuti prima della chiusura delle porte e ci sedemmo in un posto a 4, quelli con i tavolini, una di fronte all’altro.
-Ha fatto colazione, vuole un Oreo?- chiesi gentilmente.
-Sono a posto grazie, voglio solo riposare un po- e prendendo l’ipod indossò le cuffie e chiuse gli occhi.
La svegliai poggiando delicatamente la mano sulla spalla e appena apri gli occhi le ci volle qualche secondo per mettere a fuoco la situazione.
Scesi dal treno, attraversammo la stazione, comprai i biglietti e visto che avevamo un ora e mezza per la coincidenza le proposi di pranzare:
-Signora Mara le va uno spuntino? Conosco un ristorante Vegan qui vicino.-
-Non sarai anche tu un fissato con sta storia degli animali- glissò superficialmente -l’uomo mangia carne dalla preistoria, non sarò io a smettere questa tradizione. Guarda la c’è un sushi bar, andiamo.-
La seguii nonostante una leggera irritazione ed ordinammo; lei sushi e maki, io spaghetti vegetarani alla piastra.
-Ma allora sei veramente di coccio, mangiati un po’ di pesce che fa bene al cervello-
-Non mi fido molto a mangiare pesce crudo qui- effettivamente pretendere del pesce fresco in un ristorante di fronte alla stazione era un bell’azzardo, perciò non rischiai.
Nonostante l’imbarazzo per la totale mancanza di comunicazione, tornati in stazione prendemmo il treno per Zurigo e si ripetè il rituale del viaggio:
tentativo di far due parole, rifiuto, musica e pisolino.
Fortunatamente avevo fatto scorta di ebook per tenermi compagnia cosicchè, partendo da “Le Città Invisibili” di Italo Calvino, le 5 ore di viaggio passarono velocemente; alle 21.30 eravamo a Zurigo. Avevo deciso precedentemente con il Dottore che non avremmo viaggiato di notte così prenotai due stanze all’Hotel X-tra vicino alla stazione, lo step successivo prevedeva lo spostamento in Germania facendo scalo prima a Francoforte e poi Amburgo.
L’hotel era moderno e pulito, accompagnai la signora Mara nella sua stanza la 107 portando la solita valigia:
-Se ha bisogno sono a 3 stanze da lei, camera 110, se va tutto bene invece buona notte-
-Si si grazie di tutto notte- e richiuse sbattendo la porta dietro di me.
Anche se avevo passato tutta la giornata seduto mi sentivo stanco, perciò dopo una bella doccia e una rigenerante masturbazione mi addormentai di gusto nel grande letto king-size.
-driiin..driiin..driiin.. pro..pronto?-
-Mi scusi ora ma signora Galli, camera 107 chiede di lei- erano le 02.00 di notte; cos’aveva gli incubi? Indossai l’accappatoio dell’hotel e la raggiunsi.
Mi aprì con una faccia da funerale, il viso struccato e i capelli raccolti erano indizi chiari sull’età della mia compagna di viaggio: tutta in tiro dimostrava 50/55 anni, così invece passava tranquillamente i 60.
-Signora che succede? Non si sente bene? Non riesce a dormire?-
-Entrambi, quel sushi mi ha provocato dissenteria; non avresti qualcosa?-
-Vado a prendere l’imodium-
Tornai dopo 2 minuti ma non la trovai sulla porta; bussai senza trovar risposta e chiedendo a granvoce “permesso” entrai.
-Signora Mara? Ho preso la bustina-
-Ahhhhahhh Luca sono in bagno; uhhhuhhh ho avuto un’altro attacco-
-Le lascio la medicina sul comodino-
-No ti prego portamela con un bicchiere d’acqua-
“Maremma maiala, in che situazione mi trovo” pensai; capii in quel momento che le mie ricompense me le sarei dovute sudare.
Preparai la medicina e aprii la porta del bagno giusto per far passare il mio braccio e senza guardare l’allungai all’interno.
-Ma cosa fai? Entra, non posso alzarmi ora-
-Ok si entro- imprecando contro me stesso e contro la mia avidità di denaro.
Appena aprii la porta un forte odore di deodorante misto all’inconfondibile aroma di merda mi penetrò le narici, l’acqua del bidet scorreva veloce e lei era seduta sulla tazza con le gambe nude e con le mutande arrotolate alle caviglie; nonostante la situazione imbarazzante lei mi guardava sempre con altezzosità:
-Forza, dammi il bicchiere ragazzo-
-Si eccolo- dissi riprendendomi dall’empasse iniziale
-Ora esco se ha bisogno sono qui vicino-
-No no aspetta resta qui- e così dicendo sentii che si stava ancora liberando, perciò mi girai di schiena aspettando che il medicinale facesse effetto.
Dopo 20 minuti di tortura si lavò e finalmente si mise a letto:
-Buonanotte signora, spero che il peggio sia passato-
-Anche a te buonanotte Luca, purtroppo dovrai prendere gli oneri di mio marito in questi giorni ma verrai ricompensato alla fine-
-Ora pensi a riposare che domani sera dobbiamo essere ad Amburgo-.
Scosso ed irritato tornai in camera per riposare almeno tre ore; ma la vista della donna in quelle condizioni mi aveva turbato: i suoni gli odori e l’immagine di quella signora seminuda in difficoltà mi aveva cambiato. Pensare a lei che, nonostante l’età avanzata, avesse bisogno del mio totale aiuto mi disturbava a tal punto che non riuscii più a prendere sonno e così si fece mattino. Pronto e puntuale in sala colazioni mi riempii lo stomaco e anche lo zaino per il viaggio. Con quaranta minuti di ritardo Mara arrivò, mangiò il suo yogurt e muesli e poi mi seguì sul taxì che ci lasciò a Basilea; da li prendemmo il treno che, facendo scambio a Francoforte, ci portò ad Amburgo. Ovviamente il copione durante il viaggio fu lo stesso: lei addormentata ed io immerso nella lettura, anche se ogni tanto mi veniva automatico fissarla nel suo immobilismo dormiente; mi chiedevo se quei canotti rossi che aveva sulla bocca fossero autentici, stesso ragionamento per il grosso seno che le ingobbiva quasi la schiena, infine anche i lunghi biondi capelli dovevano essere merito di qualche tinta:
-Senza trucchi sarebbe una vecchietta orribile- scherzai tra me e me.
Arrivammo alla stazione Hauptbahnhof Nord di Amburgo la sera, distrutti dopo 11 ore di viaggio; con grossa difficoltà trovai un hotel in zona stazione perchè proprio quella settimana era in programma l’Hamburg Comix Festival, ossia la fiera dei fumetti e tutti gli alberghi erano strapieni.
Fortunatamente il Novum Hotel Graf Moltke aveva due stanze adiacenti con un bagno in comune che si erano liberate grazie ad una disdetta last minute, l’accettai nonostante Mara non gradisse la sistemazione; l’hotel era un viavai di nerd con le t-shirt della Marvel e ragazze vestite da eroine manga.
Ovvio che la mia compagna di viaggio era sconvolta ed infastidita da tutta la confusione ma una volta in camera si calmò; le stanze erano abbastanza spaziose e una volta organizzati i turni doccia ci salutammo. Mara non volle cenare
mentre io morivo di fame perciò le diedi la buonanotte e scesi nella hall.
La mia maglietta viola della Curva Fiesole fece colpo su una Tomb Raider nostrana che cenava di fronte a me con un gruppo composto da Harry Potter, Wonder Woman, Spiderman, Catwoman e Joker:
-O Fiorentina, combatti ovunque ardita e con valor!- esordì la ragazza
-Sempre- risposi sorpreso
-Ma che ci fa qui uno come te? Mica siamo in Champions!-
-Viaggio di lavoro…Tu sei…Lara Croft?-
-Solo il weekend… Piacere Serena, ma chiamami Nena-
-Luca piacere mio, beh visto che ho finito di cenare, il mio datore di lavoro mi ha dato “l’open bar”. Che ne dici?- dissi sventolando l’American Express del Dottor Galli
-Mai rifiutare l’invito a bere da uno della Fiesole- e mi segui al bar.
Per dovere di cronaca la mia Lara Croft girava per l’albergo in shorts con fondine e pistole giocattolo, scarponcini da montagna e canottierina attillata azzurra, i capelli legati in una treccia alta ed una faccia da maiala: eccitante.
Seguendo i consigli di un amico-guru, presi da bere per me poco alcool e tanto ghiaccio mentre offrii alla ragazza tanto alcool e poco ghiaccio: il risultato fu che dopo 40 minuti eravamo in camera mia a limonare.
Iniziò a denudarmi e la feci fare, poi partì con uno spogliarello che la lasciò solo con gli stivaletti ed il cinturone con le pistole; quest’ultime le usò come oggetti erotici andandosi a massaggiare clitoride e ano contemporaneamente. Fu un richiamo troppo forte per essere solo spettatore e mi ci fiondai sopra, leccando il seno, forse una quarta misura, prosperoso e sodo con due capezzoli rigidi e rossicci; ero in preda ad un’erezione portentosa e per evitare di sparare troppo presto mi feci fare uno svuta-palle; la sua calda bocca accolse il mio pene e cercò di ingoiarlo tutto, ma si fermò prima di vomitare; grazie anche al massaggio ai testicoli le schizzai dritto in gola una grande quantità di seme caldo che, senza esitare, inghiottì.
Ora però voleva essere soddisfatta e prima di essere trapanata mi disse:
-Fiesole metti il cappuccio però-
Grazie al cielo avevo previsto la possibilità di trombare, in bagno nella busta dello spazzolino avevo un preservativo:
-Baby torno subito- corsi in toilette e presi il condom.
Mentre lo indossavo, vidi nello specchio che la porta della signora Mara era socchiusa e lei era li che mi spiava, anzi era focalizzata sul mio cazzo svettante:
-Hai capito la ficcanaso?- pensai -Ora le faccio assistere allo spettacolo in prima fila-
Tornai dalla calda ragazza senza chiudere la porta del bagno e sicuro che ci vedesse iniziai a scopare Nena; messa a pecorina più aumentavo la forza dei colpi, più lei ansimava, più la donna nella stanza a fianco era sconvolta.
-Si…si…si..Fiesole mi stai aprendo.. sto venendo Luca continua… aahhhhhh…- nonostante i liquidi colavano io continuavo a stantuffare;
-Sverginami il culo Fiesole ti prego- passai le dita sulla sua vagina che eruttava liquidi e le posai sul buchetto che ora era bello lubrificato; un po di attrito iniziale e poi il mio pene vinse la resistenza dei muscoli anali.
-Aaaaaaaaaaaaaaaahaaaaah- non aveva più freni ed io ero al limite, lei venne altre due volte, poi sentii un -Tac!- prima di svuotarmi le palle dentro lo sfintere dell’eroina del videogioco.
Appena estrassi il cazzo vidi il serbatoio del preservativo vuoto perchè rotto perciò, presi un po dal panico, ci lavammo e l’aiutai a farsi un clistere anale senza che lo sperma che fuoriusciva andasse a contatto con la sua fighetta depilata.
-Fiesole stai sereno, non succede nulla! Piuttosto ora devo andare, il mio ragazzo mi starà cercando-
-Come il tuo ragazzo?!-
-Si ma tranquillo non ci ha visti-
-E chi era tra quelli al tuo tavolo? Joker?-
-No no Joker è gay, il mio ragazzo è Harry Potter-
-Che dialogo inquietante non trovi?- e scoppiammo a ridere.
Si rivestì e ci scambiammo i numeri di telefono:
-Stai attento in Islanda, proteggi la nonna!- aggiunse -E se quando torni a Firenze, mi trovi sotto casa tua, beh vuol dire che diventerai papà!!-
-Scema!! Divertiti al Comix- e ci scambiammo un ultimo bacio.
La mattina scesi nella hall per la colazione ed incredibilmente trovai la Signora Galli già all’opera con muesli e yogurt:
-Buongiorno signora, dormito bene?-
-Si si grazie “Fiesole”, un sonno tranquillo-
-Ah mi sa che ho fatto troppo rumore ieri sera, mi scusi- mentivo, in realtà era il mio obbiettivo farmi sentire;
-Tranquillo, sono stata giovane anch’io- e con un sorrisetto malizioso bevve una sorsata di spremuta.
Alle 10 prendemmo l’ennesimo treno che dalla Germania ci avrebbe portato in Danimarca.
-Hirtshals, Denmark. Two ticket please. Ok Signora siamo a posto, possiamo salire-.
Una volta accomodati in carrozza, pronto per l’ennesimo viaggio in silenzio decisi che anch’io avrei approfittato per dormire e recuperare dalla notte di sesso appena passata.
Appena chiusi gli occhi però la mia compagna di viaggio disse:
-Allora caro Luca, come procedono gli studi? Che facoltà hai scelto? Medicina come tuo padre? Beh sarebbe una scelta ponderata e lungimirante, ti ritroveresti a capo di un impero fra qualche anno- penso che abbia detto più parole in questa frase che in tutti i tre giorni di viaggio;
-No no, diciamo che la vita da medico non fa per me. Ho scelto giurisprudenza e sembra quasi un paradosso visto il nostro viaggio ma ho sempre sognato di diventare un avvocato ambientalista, lottare contro le multinazionali che stanno distruggendo il nostro bel pianeta-.
-Oh mamma, non è che una volta in Islanda devo convincere anche te a tornare a Firenze?-
-Non si preoccupi ho ancora tante cose da imparare prima di iniziare la lotta- e pensando di aver finito la chiaccherata appoggiai la testa al sedile e chiusi gli occhi:
-Aaaaah mi ricordo il primo giorno di università, avevo il mondo nelle mie mani… poi ho conosciuto mio marito e… quando è nata Virginia poi ci siamo trasferiti… e quell’anno sono andata in pensione…- in 9 ore di treno fece quattro pause per andare in bagno; poi solo parole su parole su parole su parole.
Ringraziai gli Dei quando arrivammo al porto di Hirtshals, uno dei maggiori scali navali della Danimarca; finalmente stava zitta, mi promisi di non chiedere più nulla, nemmeno l’ora a quella donna.
La ricerca della nave che ci portasse in Islanda fu più complicato del previsto visto che tutti i viaggi della giornata erano pieni ed anche quelli diretti a Reykjavik per il giorno dopo erano affollati. Accompagnai la signora Mara al Montra Skaga Hotel con l’unico e semplice compito di prenotare due stanze mentre io tornato al porto avrei provveduto a trovare il traghetto.
Dopo un’ora di ricerca riuscii a trovare anche se con costi elevati due cabine sul Fjordline Express che ci avrebbe portato a Seyðisfjörður, proprio il lato opposto dell’isola; il viaggio ci avrebbe tenuti occupati un giorno in più rispetto ai piani.
Tornai in Hotel alle 22 e chiesi il numero di stanza alla reception:
-Yes Mrs. Galli room number 102-
Salii le scale del modesto hotel e bussai alla porta; mi aprii la donna già struccata e pronta per mettersi a letto:
-Scusi il disturbo, in che camera sono?-
-Guarda Luca c’è stato un disguido con la ragazza della reception: non accettano prenotazioni multiple dalla stessa carta di credito. Poi mi ha spiegato le motivazioni ma il mio inglese è arrugginito, però nel frattempo ho trovato un negozio Prada ed ho comprato un vestitino-
-Mi dia la carta che scendo a risolvere tutto-
-Ma non c’è bisogno- disse mentre mi faceva accomodare dentro la stanza e mi sfilava lo zaino -Guarda ho fatto mettere un materasso per terra, ormai sei di famiglia, e poi domani mattina ce ne andiamo, che sara mai?!-
-Va beh pazienza- ero troppo stremato per litigarci.
Presi le infradito ed andai in bagno per una doccia calda:
-Che minchione, i panni puliti sono in camera- dovendo uscire mi legai l’asciugamani alla vita -Ho dimenticato il cambio, che testa- mi giustificai; lei squadrandomi da sopra gli occhiali da lettura rispose:
-Se mi chiamavi te li avrei portati io, non mi farebbe nessun effetto vederti nudo, potresti essere mio figlio- aggiunse.
Non capivo la sua evoluzione di atteggiamenti, più ci alzavamo di latitudine e più diventava cordiale e disinibita. Iniziò a balenarmi in testa l’idea di giocare con lei, di provocarla e di vedere fin dove si sarebbe spinta.
Spegnemmo le luci a mezzanotte ma io avevo bisogno di scaricarmi, perciò una volta che sentii che la moglie del Dottore stava russando presi un po di carta, il mio iPhone e grazie ad un video porno iniziai una lenta e silenziosa sega.
Aumentando il ritmo per eiaculare non mi accorsi che il piumone con lo sfregamento faceva rumore e finii per svegliare la Signora Mara che, proprio mentre stavo per raggiungere l’orgasmo, mi urlò:
-Maiale vai in bagno a farti le pugnette, fare queste cose davanti a una donna per di più molto più grande di te-
-Scusi Signora pensavo dormisse-
-Neanche quando dormo voglio assistere ad una cosa del genere-
-Scusi ora vado in bagno- e mestamente mi ritirai nell’unica stanza dove la privacy mi era garantita.
Il tempo di far ripartire il video con soggetto madre e figlia che si dividono un cazzo e riprendere concentrazione che finalmente eiaculai dentro il lavandino stando attento a non sporcare i rubinetti. Un secondo dopo bussarono alla porta del bagno:
-Masturbatore hai finito? Devo usare il bagno!-
-Si si Signora esco subito- mi pulii con un po di carta che buttai nel water e con le orecchie basse come un cane bastonato uscii dal bagno senza incrociare lo sguardo della donna.
Il tempo di mettermi sotto le coperte che un urlo squarciò il silenzio:
-Che schifooooo! Maiale vieni subito qua!- e prendendomi per il colletto della maglietta mi tirò in bagno -Con chi credi di avere a che fare? Hai lasciato tutto il tuo sperma nel lavandino senza pulire e la carta nel water senza tirare lo sciacquone-
-Signora Mara, lei mi ha messo fretta e mi sono dimenticato, tutto qua, non era un affronto il mio-
-Ragazzino ringrazia il cielo che mi occorri per arrivare da mia figlia, se no saresti in guai seri-.
Ma vaffanculo vecchia acida del cazzo, pensi che mi sia piaciuto assisterti mentre cagavi l’anima? Pensi che mi faccia piacere trascorrere queste interminabili giornate con te? Ringrazia tu il cielo che ho le mie motivazioni per portare a termine questo viaggio se no ti avrei già abbandonato in questo hotel di merda. Ecco, così avrei dovuto risponderle.
Fortunatamente questa difficile notte passò e dopo una colazione senza aprire bocca ci imbarcammo sul Fjordline Express per un’attraversata lunga 72 ore. Le cabine non erano una vicina all’altra, infatti la mia compagna ne fu felice:
-Finalmente privacy- esclamò.
La sistemazione era minimal: un letto, un tavolino, due sedie, una doccia a gettoni e il gabinetto, nient’altro; pensavo e godevo per quanto la Signora Mara potesse essere irritata dalla poca classe della sistemazione.
Alle 11 un colpo di sirena sancì la partenza verso l’isola dal cuore caldo e verso quel vulcano che si rivelò un evento di portata storica, che dimostrò come le attività umane fossero vulnerabili e fragili anche nel XXI secolo di fronte ai fenomeni naturali. L’immissione nell’atmosfera di enormi quantità di cenere, dovute al parziale scioglimento del ghiacciaio Eyjafjallajökull che ricopriva l’area del cratere, obbligò le autorità alla sospensione dei voli per intere settimane in tutto il continente europeo per il rischio di danneggiamento ai velivoli; Vennero cancellati decine di migliaia di voli, e milioni di passeggeri restarono a terra.
Dopo un pomeriggio passato tra lettura e qualche sonnellino, arrivò l’ora della cena; un buffet riuniva tutti i 50 passeggeri che, infreddoliti dal clima rigido del Mare del Nord, cercavano ristoro in una zuppa calda. Vidi la Signora Mara che, solitaria e pensierosa, guardava fuori dalle vetrate il cielo plumbeo ed il mare grosso; mi fece quasi compassione ma il sentimento crescente fu interrotto dall’arrivo di una chiassosa compagnia di tre ragazze danesi e due ragazzi finlandesi.
Ovviamente si fiondarono sul cibo e sugli alcolici finchè una di loro urtò la mia sedia e per scusarsi mi abbracciò:
-Sorry man! I’m just a little drunk-
-Non ti preoccupare- dissi in italiano
-Oh are you italian? I love it!! Where you come from? Venice? Rome? Florence?-
-Florence-
-Ohhhh I love it-
Ed ancora grazie alla mia bella città attaccai bottone con una ragazza molto disponibile; mi guardai intorno per vedere se la mia compagna di viaggio stesse guardandomi ma la intravidi mentre usciva e si dirigeva verso le cabine. Doveva essere proprio arrabbiata dal mio totale fregarmene di lei ma mi trovavo di fronte la bella Eva da Viborg, una biondina abbastanza in carne con due occhi azzurro ghiaccio, che non la smetteva un secondo di elencarmi quanto fossimo fantastici noi italiani; dopo cena mi unii alla compagnia e sul ponte coperto della nave giocammo al classico gioco della bottiglia. Mi limonai prima le amiche per ben due volte, poi al quinto tentativo tocco all’arrabbiata Eva che si prese la sua razione di Italian Stallion. I due finlandesi ebbero più sfortuna di me perchè dovettero baciarsi un paio di volte tra di loro in mezzo alle risate di noi altri; quando dissi che sarei andato a dormire Eva mi segui lungo il corridoio delle cabine che a quell’ora era deserto.
Mi supplico di scendere con loro alle Isole Far Oer dove sarei stato suo ospite ma le spiegai la situazione e, nonostante qualche lacrima, riuscii a calmarla; prima di salutarla mi disse -questo è il mio numero, e questo è solo l’antipasto- così dicendo mi sbottonò i pantaloni e inginocchiandosi prese a leccarmi il pene a riposo e le palle che con due lappate presero subito forza e vigore. Non era la miglior pompa della mia vita ma sopperiva alla mancanza di tecnica con forza ed entusiasmo; quando stavo per venire le dissi:
-I’m cumming baby- e lei abilmente si fece sborrare sulla lingua larga e protesa a raccogliere il mio seme e che in parte era già nella sua gola.
Quando riaprì incrociammo gli sguardi e con quelle pupille di iceberg mi mostrò prima la lingua piena di sbora e subito dopo la bocca vuota. Prese una sorsata d’acqua, ci scattammo una foto insieme e mi baciò profondamente promettendomi che sarebbe venuta a Firenze.
Verso mezzogiorno del secondo giorno attraccammo a Tórshavn nelle Far Oer per lasciare dei passeggieri tra cui il simpatico gruppo finlo-danese; Eva mi salutò sbracciandosi fino all’ultimo causando l’ennesima smorfia di disgusto da parte della moglie del Dottore che scomparve ancora in cabina.
Durante l’attracco salirono nuovi passeggeri tra cui una band musicale con tanto di strumenti: vedendo la chitarrista, una ragazza mulatta bassetta ma con un culetto da Oscar, iniziai a fantasticarci e sperai che la cena mi regalasse ancora un momento di gloria. L’ora del buffet arrivo in fretta, mi riempii il piatto e mi misi in un tavolo aspettando il momento giusto; tardarono ma alla fine arrivò.
Mi arrovellavo la mente per cercare il modo di abbordarla e proprio mentre stavo per agire durante un rifornimento al buffet, un componente della band l’afferrò dai fianchi e la baciò.
Nel gruppo c’era anche un’altra ragazza, non bellissima ma chiavabile insomma, per evitare quindi di perdere tempo mi alzai per raggiungerla in balconata dove stava fumando una sigaretta; nei pochi metri che ci separavano però fui intercettato da Mrs. Galli che con un sorrisone mi disse:
-Allora caro come va la crociera? Ti stai divertendo con i tuoi coetanei?-
-Si, diciamo che sto trovando dei diversivi per passare la giornata. Lei? Ha trovato qualcuno con cui far due chiacchiere?- porgendole questa domanda vidi come il suo volto, prima sorridente, si era incupito.
-A dir la verità no. Nessuno profilo interessante, poi te l’ho detto che il mio inglese è arrugginito. Volevo infatti invitarti dopo cena in cabina per farci una partita a carte, che ne dici?-
Guardai il balcone dove prima sostava la ragazza e vedendolo vuoto fui costretto ad accettare l’invito; come uno stupido mi ero fatto scappare quella ragazza ed in più ero incastrato con la Signora ed una noiosa partita di carte.
Alle 21.30 come da appuntamento bussai alla porta della cabina ma non rispose. Girando la maniglia si aprì la porta ma la donna non c’era; pensai subito che mi avesse tirato un bidone perciò mi girai per uscire quando sentii una voce dal bagnetto:
-Luca sei tu vero?-
-Si Signora Galli, tutto ok?-
-No per niente! Mi stavo insaponando sotto la doccia ed è finita l’acqua, solo che ora non trovo più le monete perchè non riesco a tenere gli occhi aperti per lo shampoo; devono esser cadute. Puoi aiutarmi?-
Avvicinandomi al bagno chiesi:
-Posso entrare? Sicura?-
-Ovvio, come puoi aiutarmi da li fuori?-
Appena aprii la porta a soffietto la vidi nel box doccia completamente nuda e ricoperta di sapone; i grossi seni erano tenuti in parte dal braccio che copriva a malapena i capezzoli, l’altra mano era proprio sopra il monte di Venere proprio per coprirne la vista. Gli occhi e la faccia erano pieni di schiuma perciò lei non poteva vedere quanto la stavo squadrando.
-Le hai trovate quelle dannate monete?-
-Si eccole, erano finite nelle sue ciabatte- e porgendole mi disse di uscire che avrebbe fatto in fretta;
-Magari torno dopo-
-No no davvero 5 minuti e sono da te-.
Quei cinque famosi minuti si trasformarono in 45 minuti di attesa e di rumore di phon; ingannai il tempo disteso sul letto a centrare un piatto fondo lanciandoci dentro le carte da gioco.
Quando finalmente uscì dal bagno una vampata di profumo e lacca anticipò la Signora Mara; lei era raggiante con la lunga e vaporosa chioma bionda lasciata sciolta, il viso truccato metteva in risalto le sue labbra rosse e carnose ed i suoi occhi verde acqua.
-Eccomi, allora iniziamo?- erano già le 22.30 e l’attesa mi aveva fatto calare giusto un po’ la palpebra; ciò nonostante iniziammo la partita a Scala 40.
Le prime tre mani furono un’umiliazione, praticamente ero già sull’orlo della sconfitta quando pronunciai la fatidica frase:
-Si ma io sono molto più bravo a poker-
-Texas Hold o classico?-
-Classico!- la donna si alzò, prese una valigetta di alluminio e l’aprì.
-Lo sapevo che le mie fish sarebbero venute buone anche in viaggio!!-
Divise i gettoni e preparò le carte con abilità, poi decidemmo che il montepremi era di 300€ totale, non di più perchè avremmo finito per svenarci.
Iniziò così la partita e subito ci divertimmo; le prime giocate furono molto caute poi iniziai ad inanellare una serie di vittorie che le ridussero il budget del 50% e già pregustavo la sua resa e successiva umiliazione, ma poi il vento non soffiò più nella mia direzione.
Fuori era scoppiato da qualche ora un forte temporale che faceva oscillare di non poco il modernissimo traghetto danese; dentro la cabina invece cresceva a dismisura l’abilità della mia rivale che in poco tempo ribaltò completamente il punteggio costringendomi sulla difensiva; ogni mano riusciva a rosicchiarmi sempre più fish finchè, per poter proseguire nella partita e pagare il banco, le proposi un accordo:
-Mi gioco l’orologio, che ne dice?-
-Ma non ci eravamo posti un limite massimo? -Si ma è solo per pagare questa mano, è un Tissot, varrà almeno 180€-
-Ok dai, però io te lo valuto 40€, giusto il valore della giocata. O così oppure niente-
-Ok ci stò- ero così sicuro del mio Full composto da tris di Donne e coppia di 9 che accettai la svalutazione e decisi di vedere la sua giocata.
Quando lei calò una alla volta le sue carte vidi questa sequenza
-7 di picche-
-7 di cuori-
-7 di fiori-
-Re di cuori- con quella carta pensai che si trattava di un Full inferiore al mio perciò il cuore iniziò a martellare di gioia ma la quinta carta mi gelò:
-7 di quadri- Poker!
Quella stronza mi aveva fatto soffrire carta per carta appositamente così gettai le carte sul tavolo come per sancire la mia disfatta e le feci i complimenti; ero incazzato nero per i soldi ma soprattutto per il mio bel cronografo perso per sempre. Mi alzai.
-Non vorrai mica finire così? Potresti ribaltare la situazione con la giocata giusta. O forse sei troppo codardo per sfidarmi di nuovo?-
Nella vita non ho mai avuto bisogno di difendere il mio onore ed il mio orgoglio, ma come Martin McFly nel film “Ritorno al Futuro”, nessuno può darmi del codardo.
-Mi dia il tempo di andare in cabina a prendere il portafoglio e torno-
-No no, niente crediti o prelievi, se esci dalla porta la partita è finita-
-E allora come faccio a rientrare in partita?- domandai sconsolato.
Mi squadrò dalla testa ai piedi poi aggiunse:
-Scarpe Nike:10€, maglione Napapijiri:15€, jeans Diesel:10€, fammi vedere la maglia? Ok Le Coq Sportif:5€. Tieni 40€ di fish: togliti i vestiti e gioca!-
-No adesso mi sembra esagerato, non crede?-
-Allora non lamentarti se ti chiamo codardo-
Non finì nemmeno quella parola che ero già in mutande:
-Le regalo anche i calzini!- provai con l’atteggiamento da duro.
Il suo sorriso da Scroodge davanti a tutte quelle monete si modificò in uno sguardo interessato al mio giovane ed allenato corpo; appena lo notai, la partita si fece ancora più interessante.
Come se non fosse cambiato niente, persi in pochissimo tempo tutti i soldi, provai perciò disperato a giocarmi anche le mutande:
-Li accetta questi boxer D&G come pagamento?-
-Però devi metterli sul tavolo figliolo!-
Vecchia sadica voleva allora vedermi il cazzo; mi alzai e pian piano me li sfilai scoprendo poco a poco il pene che si stava gonfiando sempre più. Alla vista la faccia da poker della donna scomparve per lasciare spazio ad un evidente arrossamento.
L’ultima mano mi vedeva ben servito e dopo il cambio carte decisi di giocarmi anche quello che non avevo:
-Non posso più rilanciare niente di materiale ma le regalo un’ora del mio tempo. Potrà farmi fare tutto, sarò il suo maggiordomo personale-
-Tutto? Interessante… allora ci sto, però questa è l’ultima mano, nessuna proroga-
Tutto dipendeva da queste cinque carte: mi appellai a tutti gli Dei, Spiriti e Divinità perchè mi aiutassero a non soccombere sotto la mia aguzzina sessantenne. Doppia coppia di Jack e 10 erano il mio scudo.
Calai le carte e sperai di veder sul suo volto una smorfia di sorpresa; scoppiò invece in una fragorosa e fastidiosa risata seguita da un Full di 10 e K.
In due ore mi aveva portato via tutto, persino la libertà temporanea, perciò, in attesa del mio destino iniziai a sistemare le fish e le carte.
-Aspettami qui, vado in bagno- disse lei e festeggiando si chiuse nel piccolo lavatoio; non sapevo cosa aspettarmi in quell’ora, li nudo come un verme ed in balia delle onde e degli eventi.
Dopo 2 minuti ed un inconfondibile rumore di sciacquone tornò in camera ma questa volta senza le calze nere che le fasciavano prima le gambe:
-Le vedi queste meravigliose scarpe Prada?- annuii -Mi piacciono da impazzire ma mi distruggono i piedi. Mi aspetto un massaggio rigenerante, chiaro schiavetto?-
-Chiaro Signora Mara, prima vado a prendermi dei vestiti, no?-
-Padrona Mara, chiamami Padrona e poi no, resta così che ti dona-
-Si Padrona Mara e si stese sul letto con aria soddisfatta continuando a lanciare occhiate al mio pene che era a riposo.
Mi posizionai in ginocchio in fondo al letto e presi i suoi piedi numero 39 tra le mani le tolsi delicatamente le scarpe col tacco e liberai le sue estremità che risultavano morbidi e ben curati, persino le unghie erano limate e smaltate di bianco perla. Un brivido mi scosse la schiena pensando a come avrei sopportato questo se la donna avesse avuto dei piedi rugosi o callosi.
Iniziai il massaggio plantare da quello destro mentre il sinistro poggiava la pianta inevitabilmente sulla mia asta che dava segni di risveglio; quando dovetti alzarle il piede fino alla mia faccia per massaggiarle la caviglia lei ordinò:
-Ora leccameli- e senza disubbidire presi ad insalivare prima le dita e poi la pianta.
Mentre passai al piede sinistro sentimmo uno bip provenire dal mio iPhone:
-Schiavetto portamelo subito- lo presi -Fammi vedere il video che usavi per masturbarti l’altra notte- e dopo averlo selezionato ricominciai il massaggio.
-Sei proprio un maiale! “Madre e figlia condividono un pene” ti sembra un titolo avvincente?-
-No Padrona-
-E poi guarda queste troie! Non sembrano nemmeno madre e figlia! Ti ecciti con poco figlio mio, dovresti darti una calmata-
Senza volerlo però la situazione mi stava eccitando e la Signora Mara se ne accorse dalla mia erezione completa.
-Ma guardati, non riesci nemmeno a fare un semplice massaggio che sei già infoiato. Basta, se i miei piedi sono per te così eccitanti vieni a massaggiarmi il cranio, ho bisogno di relax-
e mi posizionai dietro di lei prendendole la testa con le dita e effettuai dei movimenti circolatori. Dopo dieci minuti l’erezione si placò ma subentrò forte il bisogno di urinare:
-Padrona posso usare il bagno?- chiesi mestamente
-Mmmmm ok andiamo-.
Come andiamo? Effettivamente mi seguì e si posizionò dietro di me:
-Non vorrei che ti masturbassi nel mio bagno, te l’ho detto che mi da fastidio- però con lei vicino non riuscivo a concentrarmi, così sorprendendomi totalmente arrivò con la sua mano ad afferrarmi il pene:
-Ti aiuto io adesso- e avvicinandosi all’orecchio disse -psshhhhsshhh- che come una parola magica mi sbloccò facendomi urinare.
-Wow sembra di innaffiare le rose- diceva mentre maneggiava la mia asta -Adesso te lo scrollo bene così non ti restano le goccioline- e con abilità iniziò un lento srotolare e tirar di scroto che mi causò una reazione istantanea, tant’è che la sua mano che prima riusciva a chiudere il pugno, dovette allargarsi e adattarsi alla dimensione. La sua testa era proprio a fianco della mia e la guardavo mentre fissava la cappella violacea del mio pene e continuava questa lenta sega; senza dire niente iniziò a menarmelo sempre meglio e quando fui vicino all’orgasmo la stronza si fermò di colpo, mi girò verso di se e con l’altra mano mi strizzò i testicoli tanto da farmi male:
-Con chi cazzo credi di aver a che fare eh? Lurido maiale! Sono una donna di classe io, ora apri questa cazzo di bocca!- la stretta ai testicoli era troppo dolorosa per rifiutarmi perciò obbedii e non appena aprii la bocca mi sputò una grossa quantità di saliva che mi costrinse ad ingoiare.
Si era trasformata in una sadica maniaca che meritava una lezione, ma prima dovevo uscirne indenne da quella situazione.
Mi trascinò verso la porta e buttandomi fuori mi urlò:
-Portami rispetto ragazzino o te ne pentirai-.
Nudo come mamma mi ha fatto corsi in cabina fortunatamente senza incrociare nessuno; nella tranquillità della mia stanza pensando a quello che era successo, mi tornò inspiegabilmente duro, ma mi risparmiai dal masturbarmi solo per il dolore ai coglioni.
Passata la notte, la mattina seguente la Signora Mara riportò i miei panni:
-Scusa per ieri sera, forse ho esagerato, sarà la stanchezza o la tensione o magari la lontananza da casa. Sotterriamo l’ascia di guerra, pace?-
-Pace- dissi sempre più convinto di aver di fronte Dott. Jekyll e Mr. Hyde.
Alle 18 del terzo giorno di navigazione raggiungemmo la tanto agognata Islanda; scendendo presi per il braccio la Signora Mara e con tutta fretta mi fiondai verso il piccolo Car-Rent della minuscola cittadina di Seyðisfjörður; superando tre famiglie arrivai primo per noleggiare l’unica Jeep in dotazione e partimmo per l’ultimo tratto prima di raggiungere la figlia dei Galli.
-Ma cos’è tutta questa fretta?- chiese la Signora
-Ci aspetta un affittacamere a 100km da qui, ma ci aspetta fino alle 20- e partii facendo stridere le ruote della Jeep.
Fortunatamente non trovammo difficoltà a raggiungere Skútustaðahreppur, una comunità di 50 anime nel mezzo di una verdissima vallata e sulle rive di un meraviglioso laghetto.
La casa che affittammo era piccola e color rosso intenso: era su un piano rialzato e sarà stata non più di 40 metri quadrati.
Le descrizioni che c’erano su internet parlavano di tutt’altra sistemazione ma vista l’ora dovemmo accontentarci. Ricevute qualche istruzioni in un inglese base sistemammo i bagagli:
-Maledizione, avevo chiesto due letti e invece c’è un matrimoniale! Pazienza, dormirò per terra-
-Ma non essere sciocco Luca, ieri ti ho visto far pipì e oggi facciamo gli schizzinosi?-
-Ma che c’entra Signora, è giusto rispettare gli spazi vitali-
-Insisto Luca, discorso chiuso. E chiamami Mara, mi sento già abbastanza vecchia senza esser chiamata Signora-
-D’accordo Mara, accendo il riscaldamento-.
Faceva un freddo terribile fuori e anche dentro la casetta non si raggiungeva no i 10 gradi:
-Ma i caloriferi sono già accesi? Moriremo di freddo- disse Mara terrorizzata
-No che non moriremo, esco a spaccare la legna e accendiamo il camino, resti coperta per ora- avevo notato una riserva di legna sotto la casa e con l’accetta iniziai a dividere in due i grossi ceppi mentre la donna mi osservava compiaciuta dalla finestra. Dopo mezz’ora tornai in casa ricoperto di brina e nevischio ma con le ceste piene e accesi finalmente il fuoco:
-Brrrr stavo congelando la fuori, ora si scaldi vicino al camino-
-Bravissimo caro, ma da quando sai fare tutte queste cose? Non finisci mai di stupirmi- e sorridendo mi aiutò a togliermi di dosso i panni bagnati restando così in mutande con il calore del fuoco che mi accarezzava tutto il corpo.
Ormai non riuscivo più a capire che persona avevo di fronte; uno psicologo si sarebbe arreso già da tempo perciò lasciai fare al caso; ci sedemmo su una panca davanti al camino.
Anche lei si era tolta i panni resi umidi dal tempo rigido di questa valle e si era avvolta nel grande piumone del letto matrimoniale, certo pensavo che sotto indossasse una tuta o un pigiama ma quando mi avvolse con la coperta vicino a lei scoprii che era solo con le mutandine, canottiera e reggiseno. Il contatto tra le nostre pelli risvegliò subito il mio cazzo che già iniziava a gonfiarsi ma il ricordo della strizzata di testicoli della sera prima mi suggeriva di non farglielo notare perciò accavallai la gamba per nascondere l’imbarazzo.
La sua testa si posò sulla mia spalla e tirò forte un sospiro:
-Immagino quanto le manchi suo marito, sarebbe stato un posto perfetto per una fuga romantica, non pensa?-
-Con chi, mio marito? Ahahaha, quello non si muove mai; ti ricordi la convention a Viareggio? Ha confermato e disdetto l’ìnvito 12 volte prima di convincersi, è un brav’uomo e questo non lo discuto, ma non è una persona che si gode la vita-
-Si ma sarà anche per tutti gli impegni lavorativi che ha- provai a giustificare
-Luca capirai con l’esperienza che in una coppia l’amore va dimunuendo sempre più con gli anni, bisogna far di tutto per tener vivo il sentimento e questo il Dottore non l’ha mai capito-
-Ma lei lo ama ancora?-
-Gli sono affezionata, mi garantisce un alto tenore di vita, ma ormai sono anni che non ci amiamo più-
-Mi dispiace- dissi mestamente -non era mia intenzione farla intristire-
-No caro ragazzo, in questi giorni mi hai regalato delle scariche di adrenalina che non sentivo da anni, piuttosto scusami tu per esser stata così perfida e sempre maldisposta nei tuoi confronti-
-Mara ormai è tutto dimenticato-
-No che non lo è, erano quarant’anni che non mi sentivo gelosa, in più sapevo che su di te non facevo il minimo effetto, non sono ne bella, ne sexy e nemmeno provocante; come potevo pensare di avere tutte le tue attenzioni solo per me?-
-Ma Mara io non avevo capito che avesse bisogno delle mie attenzioni-
-E come biasimarti, lo so sono complicata; sono lunatica, complessata, possessiva ed invidiosa. Sono stata invidiosa di quella ragazza ad Amburgo, invidiosa della ragazza sul battello e sarei stata invidiosa anche di quella che stavi per abbordare-.
Allungò la mano verso l’interno della mia coscia nuda e vi trovò il mio cazzo che non aveva smesso un attimo di fremere:
-Ecco, la tua erezione è il motivo della mia gelosia, da quando ti ho spiata in bagno è il mio chiodo fisso, ma anche il mio terrore. Non ho mai tradito mio marito e mai ho avuto il desiderio di un’altro uomo, ma tu, piccolo bastardo mi hai fatto scoprire un nuovo lato del mio essere donna- e prendendomi il viso con la mano libera mi baciò facendomi sentire il morbido contatto con le sue labbra rifatte.
Non esitai e dopo pochi secondi mi feci strada con la lingua dentro la sua bocca che sapeva di burro cacao e vi trovai la sua lingua che come in un tango si intrecciava con la mia. Lei nel frattempo mi liberò il cazzo dalle mutande e iniziò a segarmelo lentamente, godendosi tutta la lunghezza della mia asta.
Quando fu il momento di toccarle il seno però lei rinsavì ed alzandosi di scatto si fermò davanti al fuoco vestita solo con l’intimo e disse:
-Oddio ma cosa sto facendo? Sono sposata, tu sei anche più giovane di mia figlia, e poi ho sessantadue anni! Basta è tutto un errore Luca, non possiamo farlo-.
Mi alzai facendo scivolare la coperta per terra creando così un morbido strato da calpestare, poi la guardai, illuminata com’era dallo scoppiettante fuoco: i suoi lunghi e lisci capelli biondi cadevano sulla schiena, tranne per una ciocca che restava in bilico sulla spalla. Il suo viso era in quel momento preoccupato ma molto dolce e le labbra erano arricciate come un cuore rosso. Li ferma e statuaria mi dava visione del suo corpo alto e slanciato su due coscie piene ma sode e la leggera canottiera bianca nascondeva il suo seno pieno imbarazzante e prosperoso; infine le mutandine rese semitrasparenti dalla luce del fuoco mostravano le forme della peluria che copriva in parte la coppa della sua femminilità.
Era finalmente meravigliosa ai miei occhi e decisi in quel momento che nulla mi avrebbe impedito di possederla.
-Mara ora basta con questi dubbi; tu sei una donna ed io sono un uomo e cosa più importante è che io ti desidero come non mai- feci due passi in avanti e raggiungendola le sfilai la canottiera e le sganciai il ferretto del grosso reggiseno che finalmente fece, grazie alla gravità, cadere i due meloni sul ventre. Ero estasiato da tanta abbondanza ed appena vidi i capezzoli color rosa scuro grandi e piatti mi fiondai a leccarli. Iniziò a godere per il trattamento e accarezzandomi testa e schiena mi tirò verso di se per un bacio lungo ed appassionato; il mio membro ormai granitico poggiava sulla sua pancia pronunciata e quando capì che dovevo sfogarmi si inginocchiò per tirarmi un grandioso bocchino.
Le ci vollè qualchè momento per iniziare:
-Assurdo, saranno passati vent’anni dal mio ultimo pompino- sorrise, poi vincendo la paura iniziò leccando la punta, poi l’intera cappella, poi l’asta ed infine lo prese tutto in bocca usando le labbra come se stesse mangiando un calippo. Io le accarezzavo i capelli e mi godevo lo spettacolo, non era certo da tutti essere spompinato da una vecchia troia con due poppe giganti, ero quasi al culmine perciò l’avvisai:
-Mara sto venendo- non mi rispose affatto, anzi aumentando il ritmo mi fece schizzare bordate di densa sbora dentro la sua calda bocca da pompinara; avida di seme risucchiò fino all’ultima goccia: proprio un lavoro pulito.
-E’ stato la fine del mondo Mara, sei meravigliosa, eccezionale- ma lei non volle sentire e senza darmi tregua ricominciò a baciarmi cercando con la mano di riavviarmi l’erezione; massaggiava abilmente anche la sacca dei testicoli, che la sera prima erano stati maltrattati, e ci riuscì. Prima di stenderci sopra il morbido piumino si sfilò le mutandine e mi mostrò la sua folta peluria, nera a dispetto dei capelli tinti di biondo. Non ero abituato ad una vagina così, del resto le avevo viste solo nelle foto porno-vintage però quando si mise a 69 porgendomela vicino alla bocca non esitai e leccandole sopra i peletti riuscii ad aprirle le grandi labbra vaginali che già erano pregne di umori. Il contatto della mia lingua con il suo clitoride le fece immediatamente raggiungere l’orgasmo che finì in parte per dissetarmi; il sapore era forte e pungente, le labbra vaginali erano larghe e molli forse per il parto o forse per l’età.
Rappresentavano in quel momento il mio unico obbiettivo perciò la feci girare verso me e una volta in posizione per lo smorza-candela provai a penetrarla; appena appoggiata la cappella sentii il forte calore che emanava, era troppo bagnata per creare attrito per cui superai il primo ostacolo. Centimetro dopo centimetro affondavo in quel morbido e caldo vortice di carne che mi inghiottiva fino le palle; Mara era tutto un fremito e per calmarla l’abbracciai tirandola verso me, ma ottenni il risultato opposto aumentando l’attrito e la pressione della scopata. Urlava dal piacere, dalla sua vagina uscivano i suoi umori che mi bagnavano il pube e i nostri peli pelvici, inoltre dalla bocca oscenamente aperta colava un rivolo continuo di saliva che colava sulla mia spalla.
-Fottimi a pecorina- furono le uniche parole che riuscì a dire.
Senza farlo uscire dal suo corpo riuscimmo a metterci nella posizione tanto desiderata e ripresi a stantuffarle la figa ormai fradicia e arrossata; poi quando focalizzai l’attenzione sul suo culone sessantenne sentii come un’attrazione magnetica verso il suo piccolo e roseo ano. Pensavo eccitato a quanto mi sarebbe piaciuto sverginarle il culo e dopo averci sputato sopra presi a massaggiarlo in superficie notandone subito l’integrità e la durezza dei bordi ma il servizietto dava i suoi frutti e riuscii quindi ad allentarne la tensione. Appena puntai il dito medio nella fessura, Mara si girò di scatto facendo uscire il cazzo da lei e sfatta e sudata in viso mi tirò uno schiaffone dicendomi:
-Ma che cazzo ti salta in testa! Perchè mi tocchi l’ano? Ci cago con quello, fa schifo- poi vedendomi scosso dalla sberla si mise a piangere ed abbracciandomi provò a rincuorarmi -Scusami Luca ma ho sempre avuto una soglia di sopportazione del dolore molto bassa e poi mi ha sempre fatto senso la cosa-
-Tranquilla Mara, non avevo intenzione di farti male, ma solo di darti ancor più piacere-
-Non mi farà male?-
-No fidati, ora prendi la tua crema per le mani e rilassati- cosi fece poi si riposizionò davanti mettendosi a 90 gradi e mi permise di penetrarla ancora a fondo riprendendo da dove c’eravamo fermati. Appena ricominciò a bagnarsi e ad orgasmare con due dita presi dal barattolo una noce di densa crema bianca e profumata e con delicatezza iniziai a spalmarla sul suo piccolo e grinzoso ano; appena sentì il freddo della sostanza a contatto con la sua pelle fu attraversata da un brivido lungo tutta la schiena:
-Vedrai che ne vale la pena Mara- e sorridendomi nervosamente si concentrò sulla scopata.
Il solco si riempì facilmente azzerando ogni attrito ed iniziai ad affondar il dito per tutta la lunghezza; inoltre con il pollice premevo la parte di pelle tra vagina e ano aumentandole così il piacere. Appena sentivo che raggiungeva l’orgasmo aggiungevo nel suo culone le dita: prima indice, poi indice e medio ed infine, dopo un aggiunta di crema, indice medio ed anulare. Era in mio possesso e sarei riuscito a scoparle il culo ma lei era arrivata al limite di resistenza; lo capii quando lei iniziò a gridare per la doppia penetrazione ed in preda ad un rantolo venne scaricando dalla vagina umori misti a piscio che ci lavarono le gambe.
Quando si calmò tolsi il pene pulsante e glielo ficcai in bocca: prima ripulì l’asta dai suoi liquidi poi, aiutata dalle mani, mi fece una sega/pompino che mi fece esplodere, spruzzandole tanta sbora sul viso e sul grosso seno.
Esausta si stese a terra senza nemmeno ricomporsi e dopo qualche istante di smarrimento ritrovò la lucidità per far mente locale:
-Non mi sento più la figa talmente me l’hai distrutta-
-Mara sei divina-
-Sono vecchia Luca, non mi reggo in piedi ed immagino che tu ne avresti ancora giusto?-
-Per te andrei avanti tutta la notte- in realtà sarei andato avanti con qualsiasi donna talmente ero ancora in estasi.
Ci ricomponemmo e ci lavammo in seguito, poi entrammo nudi nel letto matrimoniale addormentandoci abbracciati.
La mattina seguente mi alzai presto per ravvivare il fuoco e uscii per comprare la colazione ovvero pane dolce, marmellata di rabarbaro e latte; Mara si svegliò al mio rientro:
-Buongiorno Signora mia-
-Buongiorno Luca- e alzandosi tutta scapigliata e struccata coprì la sua casta nudità con il piumone -Hai comprato la colazione? Sei proprio un bravo ragazzo!-
-Non dicevi così mentre stanotte ti sfondavo la tua bella passera!- e ridemmo anche se lei glissò l’argomento.
Alle 9 in punto prendemmo la jeep per l’ultima e fondamentale tappa della nostra missione; le 7 ore di viaggio passarono veloci, dovemmo evitare la zona del vulcano perciò fu un po’ meno semplice arrivare ma nel tardo pomeriggio giungemmo al campo base di Greenpeace a 25km da Reykjavik.
Erano in realtà cinque grosse tende da campeggio posizionate in un insenatura con un piccolissimo molo ed un motoscafo battente bandiera verde; un generatore a pannelli solari alimentava il tutto e scaldava l’acqua nelle tinozze di raccolta.
Appena mi avvicinai con la jeep mi venirono incontro tre ragazzi con fare minaccioso:
-Alt, se siete giornalisti non siete i benvenuti- intimarono in inglese
-Non siamo giornalisti, lei è la madre di Virginia e vorrebbe parlarle- replicai
-Allora venite, ma lasciate qui quel mostro mangia petrolio- indicando il fuoristrada.
Arrivati al centro dell’accampamento la figlia di Mara uscì dalla tenda accompagnata dal fidanzato Kevin che la seguì non lasciandole la mano:
-Virginia amore, come stai? Ci hai fatto morire di paura-
-Mamma! Ma che ci fai qui? Come hai fatto ad arrivare con il finimondo che c’è a causa del vulcano?-
Virginia, nonostante fosse solo trentenne, si mostrava con un aspetto trasandato e per nulla femminile. Solo i capelli biondi a caschetto e gli occhi cerulei facevano intravedere la sua bellezza, contrastando con gli abiti pesanti e maschili e gli scarponi da neve che indossava.
-Entrate a bere qualcosa così ci scaldiamo- e li seguimmo dentro la grande tenda griffata “GREENPEACE”.
Appena ci servirono una tisana caldissima e per nulla zuccherata Mara chiese a sua figlia rassicurazioni sulla sua salute:
-Mamma, sto bene, qui mi trattano bene, anche con Kevin sto bene- oltre che essere grammaticalmente sbagliata la sua frase mi risuonò quasi come una richiesta di aiuto.
Intanto il fidanzato Kevin mi guardava in cagnesco finchè la legittima domanda di Virginia diradò i dubbi del ragazzo:
-E tu chi saresti?-
-Sono Luca, il figlio del Dottor Mura, un collega di tuo padre. A tua madre serviva, diciamo, un navigatore per raggiungerti-.
Dopo mezz’ora di chiacchiere i tre ragazzi che ci avevano accolti al campo entrarono in tenda rivolgendosi a Kevin; da quello che riuscii a captare era giunta l’ora di partire per la ricognizione sull’isola di Rockall perciò si alzò insieme a Virginia ed uscimmo dalla struttura.
-Allora non vuoi venire oggi? Aspetterai il mio ritorno, vero? Ti amo Virginia, torno presto-
-Ti aspetterò qui amore mio- rispose la donna e baciandosi si salutarono prima che Kevin e altri due uomini si allontanarono dall’accampamento con il potente motoscafo.
Quando l’imbarcazione scomparve dal piccolo golfo, Virginia corse nella sua tenda seguita a breve distanza da sua madre e iniziò furiosamente a fare i bagagli:
-Virginia amore ma cosa fai?-
-Basta! Ne ho i coglioni pieni di questa vita! Non mi faccio una doccia da tre settimane, non uso shampoo e profumo da due mesi!
-Ma non dovevate sposarvi?-
-Certo, ne ero innamoratissima, ma dopo una settimana di tenda ho capito che l’avrei ucciso se fossi restata-
-E perchè non ci hai avvisato? Saremmo arrivati prima!-
-Mamma l’unico telefono lo tiene lui, ed è estremamente geloso e possessivo; ne ero quasi intimorita. Ma ora andiamocene subito prima che si accorgano della mia fuga-.
Dopo aver sbirciato che nessun altro attivista fosse in zona mi caricai il pesante zaino da escursione e feci strada alle due donne che mi seguirono fino alla Jeep.
-Non dobbiamo trovare Klaus, il braccio destro di Kevin, è un bastardo spione- non fece nemmeno in tempo a dirlo che lo incrociammo alla sbarra del campo base.
-Non fermarti!!- e non me lo feci ripetere, sfondando la povera asta di legno che delimitava la zona protetta.
Mi sentivo lo Steve McQueen su quattro ruote, il Colin McRae d’Islanda, ero gasatissimo e Virginia lo sottolineò:
-Dove l’hai trovato mamma? Nei Marines?-.
Scampato il pericolo ci fermammo vicino ad una palestra per permettere alla ragazza di lavarsi e sistemarsi; ci vollero quaranta minuti per tornare di nuovo in strada ma finalmente la bellezza di Virginia si mostrò a me.
-Tra 10 ore dobbiamo essere a Seyðisfjörður con biglietti fatti e jeep consegnata. Non perdiamo tempo- Dissi con un tono talmente deciso che quasi mi sorprese. Le due donne, quasi in balia degli eventi mi presero come leader e obbedirono ciecamente alle mie imposizioni.
Guidai per quasi nove ore fermandomi solo per la benzina e quando vidi il cartello che indicava il porto fui quasi sollevato. Esausto, pagai l’autonoleggio, presi i biglietti per la Danimarca e con i bagagli delle donne ci imbarcammo sul Fjordline Express.
Appena entrammo nella cabina doppia, senza nemmeno togliermi gli scarponi mi addormentai sulla brandina fuori dalla stanza matrimoniale.
Non eravamo riusciti a prendere due stanze separate visto che il traghetto era praticamente esaurito perciò ci sistemammo così.
Dopo 5 ore di sonno iniziai a sentir qualcosa cadere sopra la mia coperta: le brochure che stavano nella mensola sopra la branda stavano scivolando sotto il ritmo delle forti onde che si infrangevano sulla prua del traghetto. Non feci a tempo ad alzarmi che un onda più violenta delle precedenti mi fece perdere equilibrio e finii con il sedere a terra. Non vedendo le due compagne di viaggio in cabina le cercai nelle aree comuni dell’imbarcazione trovandole, insieme a tutti gli altri passeggeri, nella sala da pranzo attente a seguire le istruzioni dell’equipaggio. Mi riassunsero che non si poteva continuare la navigazione per il maltempo e che tra meno di due ore avremmo attraccato in un porto delle Far Oer dove comunque ci avrebbero garantito a bordo acqua cibo e riscaldamento.
Raggiunto il porticciolo andammo a cena e parlando di argomenti comuni scoprii che tra madre e figlia non scorreva proprio buon sangue. Anzi prima della fuga verso l’Islanda c’era stato un’accesa discussione che aveva portato le donne a non rivolgersi più la parola. Motivo scatenante era il troppo egocentrismo della madre ed ovviamente la totale dedizione a lei del Dottor Galli, Virginia dal canto suo non digerì mai la questione e dopo la laurea partì in direzione Londra e poi Reykjavik.
L’idillio della riconciliazione infatti non durò molto e dopo l’ennesimo diverbio la ragazza si alzò furente dal tavolo e si dirigendosi in cabina.
La madre, imbarazzata e desolata per la situazione, mi disse:
-non riesco proprio a far la madre con lei, mi comporto come se fossimo coetanee e lei ne soffre.-
-Mara, penso che tu sia una madre fantastica, hai sopportato un viaggio faticoso e pericoloso per garantire la sua libertà, non crucciarti-
-Forse hai ragione Luca, però è così difficile andar d’accordo con lei. Dai facciamo una passeggiata sul ponte coperto.-
La notte tempestosa aveva immerso tutto il piccolo porto. Si vedevano solo le fioche luci delle casette sparse nel golfo e il vento faceva sbattere le onde contro le vetrate del traghetto.
Mara si strinse a me afferrandomi il braccio, forse per scaldarsi o forse per cercare di eccitarmi. Sentivo i grossi seni strofinarsi contro il mio braccio e appena voltai il viso verso di lei mi baciò appassionatamente infilandomi quasi subito la lingua. Visto che il ponte era deserto si prese altre libertà e iniziò a frugare sotto la mia giacca verso la patta arrivando hai testicoli e al pene massaggiandoli abilmente.
Vicino alla prua c’era un piccolo magazzino socchiuso e appena lo vidi entrammo richiudendoci la porta alle spalle: era il deposito della biancheria pulita.
Mi spinse contro una pila di asciugamani e si inginocchiò di fronte a me. Abbassai i pantaloni e lei inizio una veloce sega mentre leccava e succhiava lo scroto. Poi lentamente inizio a lappare la cappella e a bagnarla di saliva, avanzando centimetro dopo centimetro e finendo per riempirsi la bocca.
Dopo un paio di minuti la sentii irrigidirsi e quasi mordendomi il pene con i denti capii che orgasmò accompagnando la sensazione con un verso soffocato dall’asta.
Pochi secondi di pausa e riprese con foga a pompare e massaggiare facendomi sborrare abbondantemente dentro alla sua bocca. Mi ripulì l’asta e capii che ora voleva essere posseduta; mentre le stavo abbassando i jeans però sentimmo delle risate provenire dal ponte. Mara arrossì istantaneamente, si sistemò i vestiti ed uscì dal magazzino, non prima di essersi messa il cappuccio del giubbotto, dirigendosi in fretta e furia verso la cabina.
Rimasi per l’ennesima volta allibito dal suo comportamento e dopo essermi rivestito uscii anch’io, ma senza il minimo imbarazzo, sfidando lo sguardo sgamato dei tre ragazzi che avevano assistito alla fuga della mia amante.
Passeggiai fino al ponte soddisfatto in parte del servizietto e arrivai alla cabina; le luci erano spente e in silenzio mi misi in branda. Il lento ondeggiare del mare mi cullò ed in poco tempo mi lasciai andare tra le braccia di Morfeo.
Era forse l’una di notte quando sentii sgusciare qualcuno sotto le coperte: provai a cercare l’interruttore della lampada ma un dito si posizionò sulle mie labbra ed un dolce “shhhhh” placò la mia curiosità. Sentii l’intrusa sdraiarsi sopra di me e iniziò a baciarmi. Il fresco sapore di menta della sua bocca rese piacevole il bacio e con le mani iniziai a tastare un bel culetto sodo e snello ed inverosimilmente nudo. Capii in quel momento che non si trattava di Mara, infatti le sue giunoniche forme non avrebbero lasciato spazio a dubbi e perciò capii che quel corpo apparteneva alla figlia Virginia. Il solo pensierò mi fece scattare una possente erezione che la ragazza indirizzò abilmente, mettendosi a cavalcioni, dentro la sua passerina stretta ma piena di umori. Iniziai a scoparla lentamente e quando riuscii ad impalarla completamente aumentai la velocità dei colpi. Lei soffocava i gemiti cercando la mia lingua ma qualche gridolino comunque usciva, finchè uno di questi non fu più forte degli altri e la luce si accese di colpo:
-Ma che diavolo succede? Virginia cosa fai?- nonostante Mara ci avesse scoperti, Virginia non parve disturbata e continuando a farsi montare, distolse lo sguardo dalla mamma.
-Luca porco bastardo! Giù le mani da mia figlia!- e con uno strattone tolse la coperta che ancora celava le nostre azioni peccaminose. La vista dei nostri corpi nudi ed incastrati tra loro causò un mancamento a Mara, che barcollando, si diresse verso la sedia per poi svenire.
Subito corremmo in aiuto della donna e la portammo sul suo letto facendola riprendere con un bicchiere d’acqua. Una volta rinsavita notò che eravamo ancora nudi e si imbarazzò vistosamente.
Virginia però non sembrava destabilizzata ed abbracciando Mara le sussurrò:
-Ora che ti sei ripresa noi andiamo ancora a divertirci. Sei la benvenuta se vuoi.-
La madre guardò prima la figlia e poi me con occhi sbigottiti e increduli, poi Virginia mi trascino per mano nella stanzina adiacente. Guardai Mara che impotente ci vedeva allontanare; sola in quel lettone e con quello sguardo perso mi sembrò piccola ed indifesa, bisognosa di attenzioni.
Forse le stesse sensazioni che suscitava nel marito e che causavano litigi con la figlia. Fatto stà che domandai a Virginia:
-In che senso è la benvenuta?-
-Ma si è tanto per dire. Mia madre è troppo pudica, figuriamoci se prende parte ad un orgia!- e si mise a sghignazzare.
Nella mia mente però scorrevano le immagini di tutti i suoi pompini, delle scopate e dell’atteggiamento da mitress che quella donna definita “pudica” da sua figlia, mi aveva regalato.
Fui interrotto dalla mano di Virginia che abilmente iniziò a massaggiarmi il pene per ridarmi vigore e in pochi gesti riuscì. Ricominciai a baciarla e a toccarle il sedere, poi con un abile salto la presi in braccio e la penetrai tenendola appesa a me.
Ora non conteneva più le urla e dalla porticina socchiusa vedemmo spuntare Mara che mestamente si sedette sulla sedia.
-Mamma non ci scocciare- provò a dirle Virginia -torna a letto e lasciaci scopare-.
-Beh ma poco fa mi hai detto che ero la benvenuta, no?- e con uno sguardo da vera troia ci squadrò entrambi.
La figlia non riuscì a ribattere scioccata com’era dall’atteggiamento della donna e quando la vidi allibita aumentai la forza della penetrazione facendola urlare ed orgasmare finchè lei dovette togliersi per riprendere forze. Le feci poggiare i piedi a terra ma non si reggeva, cosi si sedette sul letto fissando il mio cazzo svettante impregnato dai suoi liquidi.
Mara non perse l’occasione di intromettersi e incurante dell’incredulità della figlia si inginocchiò davanti a me togliendosi il pigiama e restando nuda e con i grossi seni al vento.
Guardandomi dal basso verso l’alto mi fece l’occhiolino ed estraendo oscenamente la lingua inizio ad asciugarmi il pene dagli umori della giovane; iniziato il pompino guardò intensamente Virginia che sbigottita assisteva alla scena.
Le ci vollero 5 minuti di abili colpi per farmi venire nuovamente ma questa volta le sbrodolai il seme sulle tette. Si alzò e mi baciò lascivamente poi sempre fradicia di sborra si diresse, tenendosi i seni sollevati con un braccio, verso la figlia che ancora frastornata sedeva sulla branda.
-Lecca!- ordinò indicando i seni.
-No mamma- replicò.
-Lecca ti ho detto!- e con la mano libera vibrò uno schiaffo sulla guancia di Virginia.
-No mamma, ti prego non voglio- supplicò con il viso arrossato e segnato dalle lacrime.
-Lecca troia è un ordine!- ed il secondo schiaffone centrò la ragazza che piangendo obbedì alla genitrice.
-Brava la mia piccola- aggiunse Mara accarezzandole la testa mentre le ripuliva con la lingua i pesanti meloni dal mio seme.
Assistere alla scena mi fece restar granitico il pene e dopo un cenno di Mara mi avvicinai alla coppia; mi misi dietro a Virginia che, a pecorina, leccava i seni e la penetrai ancora facendola tremare dal piacere. Quando la sentimmo raggiungere l’orgasmo Mara alzò dolcemente il viso ancora paonazzo della figlia e baciandola la fece alzare. Si fece abbracciare da dietro e sempre limonando si fece massaggiare i grossi seni; seduta a terra e con la figlia alle spalle apri le gambe mostrandomi tra la folta peluria nera la vagina bagnata e pregna di umori che rapidamente penetrai facendola inarcare e urlare di piacere. Si volle mettere anche lei a 90 e mostrandomi il suo grosso culo la impalai ancora; Virginia nel frattempo mise la sua glabra fichetta proprio in bocca a sua madre che abilmente lavorò la prima figa della sua vita. La doppia eiaculazione della serata mi aveva garantito una resistenza ultra, perciò quando Mara esausta mi disse di uscire da lei mi concentrai sul suo ano già precedentemente ammorbidito giorni prima.
-Signora mia che ne dici se continuiamo con quel discorsetto?- le dissi sfiorandole l’orifizio.
-Va bene tesoro! Usa la crema però!-
-Ma voi avete già fatto cose prima d’oggi?- chiese incredula Virginia.
-Tua madre è una bomba erotica, altro che pudica!- l’apostrofai.
Presa ed applicata la crema mi posizionai sul bordo dell’ano e con una piccola spinta affondai il cazzo nelle carni della matura Mara che si mise ad urlare dal piacere causato dallo sfintere sfondato; la inculai fino a fondo arrivando a batter le palle sui suoi glutei. Virginia dal canto suo ci prese gusto e con le mani massaggiava abilmente il clitoride di Mara che puntualmente eruttava piscio ed umori. Ogni volta che prendevo la rincorsa per sfondarle il culo la figlia leccava l’asta semi penetrata e inumidiva il tutto con abbondante saliva. Quando Mara si gettò in avanti senza più forze la vedemmo tremare dalla fatica ma soddisfatta e appagata.
-Luca sfonda il culo a mia figlia- e non mi feci pregare prendendo con forza le belle chiappette di Virginia.
Appena puntai la cappella lubrificata notai che la “porta” era già stata aperta da qualcun altro.
-Mara, tua figlia è porca quanto te!- e con decisione penetrai il buchetto navigato.
Al limite dell’eiaculazione lo misi in faccia a Virginia e le esplosi tutto il seme e lasciando che si accasciasse distrutta a fianco della madre.
Aiutandole ad alzarsi si lavarono insieme nella famosa doccia a gettoni e dopo essermi anch’io lavato crollammo addormentati nel letto matrimoniale della cabina.
Dopo ogni tempesta la mattina seguente splendeva il sole, il traghetto era ripartito e le due donne si svegliarono senza che io fossi nel letto con loro.
Avevo provveduto però a portar loro la colazione in camera così da permettere un chiarimento su tutti i problemi che avevano in passato minato il loro rapporto.
Restarono in camera tutto il giorno a parlare e a ridere poi la sera quando rientrai in stanza mi accolsero nude e pronte a una nuova notte di sesso.
Il viaggio di ritorno durò meno del previsto perchè una volta arrivati in Danimarca fummo contattati dal dottor Galli. Aveva trovato un volo privato che ci avrebbe riportato a casa e così facemmo.
Giunti a Firenze fui accolto come eroe trionfatore da parte dei miei genitori e soprattutto da parte del Dottor Galli:
-Per te ci sarà sempre una porta aperta figliolo-
-Siamo fieri di te Luca- recitarono in coro i miei famigliari.
Quando salutai Virginia e poi Mara capii all’istante che era tornata ad essere la fredda ed altezzosa snob che la settimana prima era partita con talleur e Luis Vuitton.
Un saluto distaccato e falsamente cordiale fu la sola risposta che mi arrivò.
Le settimane seguenti trascorsero pigre e senza particolari novità poi, il giorno del mio ventitreesimo compleanno mio padre si presentò in camera mia con faldone di carte ed un sorriso che quasi gli usciva dalla faccia:
-Luca guarda il profitto dell’ultimo mese!-
-45% in più? Com’è possibile?-
-Dottor Galli! E guarda il tuo estratto conto!!-
-E chi mi ha fatto il bonifico da 30’000€?-
-Sempre il Dottor Galli! E ora vestiti che ti porto a fare un giro!-.
Saltai in auto e iniziò a prendere strade secondarie, senza logica per non farmi capire dove voleva arrivare; dopo un quarto d’ora arrivammo nei pressi dell’università e dopo aver parcheggiato entrammo nell’androne di un condominio.
-Perchè hai le chiavi di questo palazzo?-
-Dobbiamo annaffiare le piante di un amico- rispose sghignazzando mio padre.
Entrati in ascensore premette il piano 6 ovvero l’attico:
-Però, si tratta bene il tuo amico!-
Entrammo nell’appartamento di sinistra e
-Sorpresa!- tutti gli amici, colleghi, parenti e anche la famiglia Galli al completo erano li per festeggiar il mio compleanno e capii poco dopo anche l’inaugurazione della mia nuova casa.
La festa andò avanti fino a tarda notte; uno alla volta gli invitati tornarono a casa. Salutai Mara e Virginia amichevolmente ma nulla più finchè restai solo con Vittoria. Lei era diventata da un paio d’anni la donna dei miei sogni, l’amore della mia giovinezza. Disinibiti dalla festa e dall’atmosfera romantica di quell’attico con vista Firenze centro iniziammo ad abbracciarci, a darci dolci bacetti sulle guance e qualche bacetto a stampo. Mi sentivo esplodere nei pantaloni ma non potevo esagerare perciò arrivammo solo a una limonata e un leggero tastar di tette, ovviamente senza spogliarsi.
A notte fonda la riaccompagnai a casa e sulla via del ritorno sfogliando la rubrica del telefono trovai i numeri di Eva Denmark e Nena Comix.
La prima era a 5000km di distanza mentre la seconda viveva vicino Firenze:
Dopo una notte ed il giorno successivo senza risposta e con i testicoli pieni suonò finalmente il telefono:
-Fiesole a che piano?-
-Sesto, porta a sinistra-
Appena aprii la porta era li, meravigliosa e sexy da morire con 6 bottigliette di birra Corona in mano.
I capelli erano tinti di un nero corvino e un piercing ad anello le brillava su una narice. La camicetta bianca la fasciava quasi stringendola ma era abbottonata fino ala gola mentre un leggins a trama scozzese sfilava sulle gambe fino a nascondersi dentro a degli anfibietti col tacco; era sempre originale nel conciarsi.
L’accolsi con un bacio a stampo e ordinammo cinese, poi dopo piacevoli chiacchierate decidemmo di guardarci un film.
Quando ci rendemmo conto che la trama non ci stuzzicava Serena andò in bagno.
Tornò, passando dietro il divano, completamente nuda e con agilità salto in piedi sopra di esso finendo con la sua vagina a pochi millimetri dalla mia faccia. Non feci in tempo a dire -a- che mi prese la testa e se la strusciò contro facendomi leccare e bere tutti i suoi umori; insistette fino a quando non orgasmo colando liquido viscoso dalla bella fighetta rasata solo ai lati.
-Direi che il film è una cagata pazzesca!- e scoppiammo a ridere insieme.
Mi abbracciò e iniziammo a limonare finchè sentì che dentro ai jeans c’era un toro incatenato. Mi liberai finalmente dai vestiti e con l’uccello svettante la misi alla pecorina:
-Aspetta, metto il preservativo-
-No fiesole, basta che non vieni dentro. Ormai ci conosciamo!- e con il via libera la penetrai facendole sentire tutta l’asta centimetro dopo centimetro fino a toccarle il fondo.
La scopai con tanta energia che mi venne automatico schiaffeggiarle quel bel culo sodo che mi trovavo davanti:
-Si Fiesole siii… Mi stai sfondando la figaaa..-.
Visto che stavo per venire, con l’uccello bagnato fradicio dai suoi umori, provai a metterlo nel culo; lei non si oppose minimamente e con grande soddisfazione scaricai, prima tutta la mia forza martoriando il suo povero buchetto, poi 2 forti getti di sperma caldo e super denso che le riempirono l’orifizio.
Quando mi staccai esausto sul divano lei rimase piegata a 90 gradi con lo sperma che colava dall’ano lungo le gambe; prese poi la bottiglietta di birra vuota e dopo averne insalivato il collo se la mise nel culo che era abbondantemente allargato. Come se fosse un biscotto inzuppato nel thè bagnava la bottiglia e se la portava alla bocca per gustar appieno il sapore di sborra.
Poco dopo propose una doccia insieme e anche li non potei resistere alla vista delle sue meravigliose tette che insaponate danzavano di fronte a me. Ne approfittai per una spagnola con pompino finale prima di asciugarci e rivestirci.
-Resta qui a dormire Nena!-
-Sei matto Fiesole! E chi lo spiega a mio marito?-
-Marito? Nena mi son perso qualche passaggio?-
-Forse, mi son dimenticata di dirti che 20 giorni fa mi son sposata. Sono rientrata ieri dalla luna di miele a San Pietroburgo e quando siamo atterrati ho ricevuto il tuo sms-
-Forse? E questa serata fuori casa come l’hai giustificata?-
-Gli ho detto che andavo a trovare gli amici del comix; sai Cat Woman, Joker, Harry Potter-
-Come Harry Potter? Non è lui tuo marito? Insomma, ad Amburgo era il tuo ragazzo, no?-
-Ad Amburgo si, quando siamo tra Cosplay lui è il mio ragazzo! Ma nella vita vera ero fidanzatissima e ora sposata felicemente con Fabrizio-
-E perciò cosa significa per te questa notte, insomma cosa c’è tra noi?-
-Tra noi c’è attrazione fisica, istinto passione e la stessa voglia di sesso senza freni. Ma la chimica c’è solo con Fabrizio-
-Capisco, anzi mi sforzo di capire. Perciò questo è un addio?-
-E chi l’ha mai detto? Non rinuncerò tanto facilmente al mio nuovo stallone!- e baciandomi uscì dalla porta di casa ondeggiando quel culo perfetto fasciato dai leggins scozzesi.
Nei giorni seguenti Vittoria fu sempre più presente e ci comportavamo ormai come una coppia di fidanzati. Baci, abbracci coccole, carezze, passeggiate mano nella mano erano all’ordine del giorno. Ma non si batteva chiodo. E nemmeno ci si avvicinava.
Dopo l’ennesimo rifiuto e l’ennesima discussione mi confidò che voleva arrivare al matrimonio vergine; certo prima doveva ancora laurearsi e fare un anno di interscambio all’estero. Ma poi, una volta trovato un lavoro appagante e soddisfacente, allora si che si sarebbe concessa.
Tre anni per la laurea, uno per lo scambio, uno per la ricerca del lavoro. Cinque anni di astinenza? No grazie!
Ci lasciammo senza rimpianti dopo solo tre settimane.
Alla vigilia dell’esame di Diritto Costituzionale, dopo settimane di studio senza distrazioni, una telefonata stravolse l’ordine che la mia mente aveva faticosamente creato.
-Luca è successa una tragedia. Il dottor Galli é stato ricoverato d’urgenza stanotte per un infarto. E’ morto stamattina. Papà è già all’ospedale, Giovedì mattina c’è il funerale-.
Quando elaborai la notizia la mia mente si fiondò subito verso Mara. Tutti i discorsi che mi aveva fatto sulle garanzie e sulla tranquillità che il Dottore le dava ora sembravano come l’elogio funebre scritto anticipatamente. Le liti con la figlia, perchè lei sentiva il bisogno di esser messa al centro del mondo da suo marito, di non esser lasciata sola in un mare vasto com’è la vita.
Già me la immaginavo straziata dal dolore, incapace di reggersi sulle proprie gambe, sorretta da parenti e amici veri o presunti; mi sentivo in dovere di correre ancora una volta, come nel viaggio in Islanda, in suo aiuto. Di farla sentire al sicuro, protetta e curata da un uomo.
Il giorno del funerale però, tutto quello che avevo idealizzato si dissolse come il fumo dell’incenso sparso attorno alla bara, quando la vidi dritta e fiera vestita di nero e coperta da grossi occhiali da sole e un foulard sul capo; capace di reggere la tristezza e confortare amici e parenti che si prostravano distrutti vicino al feretro.
Una processione silenziosa, avanzava verso Mara e Virginia per rendere le dovute condoglianze.
Quest’ultima era completamente trasformata dall’ultima volta che l’avevo vista.
Smunta e scolorita nei toni, si era rasata i bei capelli biondi, ed indossando un sari indiano sostava inebetita di fianco alla giunonica madre. I sussurri degli amici sottolineavano malignamente che: “si è fatta abbindolare da una setta, le hanno fatto il lavaggio del cervello, vuol partire per l’India e vivere senza soldi”.
Non ho mai creduto fino in fondo hai pettegolezzi, ma avevo la certezza di quanto debole fosse quella ragazza. Un piccolo sorriso mi comparve sulle labbra immaginandomi ancora in missione verso l’India per riportar ancora a casa Virginia,
Dopo pochi minuti arrivò per la mia famiglia il turno di rendere omaggio alla salma e alle donne; i miei genitori si congedarono tra le lacrime poi toccò a me.
-Per qualsiasi cosa io ci sono- dissi abbracciando Virginia che, in un istante di lucidità, mi focalizzò e mi sorrise tiepidamente.
Quando mi avvicinai a Mara provai ad abbracciarla, ma con rigidità lei si mantenne con il corpo a distanza, accettando solo tre baci sulle guance. Quando però
orecchio e bocca di entrambi furono allineati mi sentii sussurrare:
-Ho bisogno di te. Domattina alle 09.00 fatti trovare sotto casa mia e dì a tutti che sarai impegnato fino a tardi-.
-Ok- fu l’unica sillaba che uscì dalle mie labbra incredule e spaesate.
Proseguii per la navata della chiesa lasciando lo spazio per le condoglianze e con i miei genitori tornai a casa.
Tutta notte mi arrovellai cercando di interpretare quel “ho bisogno di te” ma non trovavo altre spiegazioni che escludevano il sesso. Certo, mi eccitava l’idea di possedere ancora quel corpo maturo e pieno ma lo stato di vedova che aveva assunto forse mi disturbava più di quanto volessi ammettere.
Puntuale mi recai alla residenza Galli e citofonai:
-Sono Luca, c’è la signora Galli?-
-Signola Galli dolme- rispose la colf filippina -Plego accomodale che c’è lavolo pel lei-.
Salii con il lussuoso ascensore direttamente nell’appartamento e fui accolto dalla domestica piccola e minuta che mi fece sedere al grande tavolo dove mesi prima avevamo progettato il viaggio per l’Islanda.
All’improvviso Virginia uscì dalla sua stanza con un pesante zaino da escursionista:
-Ehi Luca- disse mestamente la ragazza
-Ciao Virgi, ma dove te ne vai?-
-Verso oriente. Siamo in sei amici e ci muoveremo in pullman. Proviamo ad arrivare in India-
-Non ti sembra un azzardo?- provai a dissuaderla
-E’ più rischioso rimanere in questa casa Luca- e baciandomi di sfuggita sulla guancia aggiunse:
-Divertiti- e se ne andò da casa.
Poco dopo Cindy, la domestica, mi portò 4 faldoni piene di carte con un biglietto sopra:
Mi aveva chiamato solo per aiutarla a sbrigare tutte le pratiche per il decesso e per l’eredità, gestendo i beni e gli investimenti della potente famiglia Galli. Il lavoro non fu semplice, ma nemmeno troppo complesso e in tre ore avevo già trovato il bandolo della matassa.
Quando distribuii le pratiche compilate ed ordinate negli appositi faldoni vidi Mara, struccata, spettinata e vestita con una camicia da notte nera lunga fin sotto le ginocchia con sopra una vestaglia lunga e colorata come il capo precedente, che silenziosa stava pranzando nella stanza adiacente. Apparendo così dimostrava tutti gli anni che indicava la carta d’identità, avevo a che fare con una vedova ormai sessantatreenne che era la lontana parente di quella panterona posseduta sul traghetto.
-Buongiorno Mara, ho appena terminato. Come ti senti?-
-Come vuoi che mi senta?- glissò freddamente -E poi dammi del lei, non sopporto tutta questa confidenza!-
-Mi scusi allora signora Galli- risposi con una punta di acidità -I moduli son tutti pronti e compilati. Ora posso andare?-
Non aspettandosi il mio contrattacco mi guardo intensamente con i grandi occhi cerulei arrossati e prontamente scoppiò in lacrime. Mi sentii un verme e corsi ad abbracciarla ma respingendomi si diresse in salotto dove Cindy stava passando l’aspirapolvere:
-Cindy via, giornata libera- e in men che non si dica la domestica si volatilizzò lasciando la padrona di casa in un fiume di lacrime buttata sul divano.
Restai al suo fianco consolandola e ascoltandola per quasi due ore; mi raccontò dei gravi problemi di salute che affliggevano suo marito, del rapporto naufragato con sua figlia dopo pochi giorni dal rientro dall’Islanda e della falsità degli amici di suo marito. Quando le dissi che noi non l’avremmo lasciata sola mi guardò intensamente e con uno scatto mi baciò gettandosi tra le mie braccia:
-No Mara, non possiamo- provai prendendo fiato tra una pomiciata e un altra
-Zitto e fammi tua-.
Non riuscivo a liberarmi senza farle male anche perché si era buttata con tutto il peso su di me e visto che non era una donna minuta ma anzi, era alta ed abbondante, ero costretto a contraccambiare il bacio.
Presa dall’enfasi mi strappò i bottoni della camicia leccandomi il petto, gli addominali e più in giù; iniziò a mordere la patta dei jeans dove inevitabilmente faceva capolino una potente erezione.
Mi spogliò jeans e boxer facendo svettare il mio pene ormai giunto al massimo della turgidità e soddisfatta lo prese in bocca quasi completamente mentre con le unghie mi graffiava leggermente il petto. Poche magistrali pompate mi bastarono per esploderle una scarica di denso sperma direttamente in gola.
Ero allibito per come mi avesse maneggiato, per come mi ero eccitato e per come facilmente fossi venuto nonostante la poca bellezza rimasta in lei.
Prese dal mobiletto una bottiglia di scotch e ne tracannò un sorso ingoiando alcool e seme rimasto poi tornò verso di me che ripresomi dall’eiaculazione provai a dirle:
-Mara evidentemente sei sotto shock e non mi sembra corretto nei confronti..- uno schiaffo, come quello dato verso sua figlia, mi schioccò in viso e senza dire una parola si inginocchiò prendendo interamente in bocca le palle.
Facendole roteare con la lingua mi rinvigorì istantanemente e soprattutto involontariamente, facendomi tornare il cazzo durò come il marmo. Trascinandomi per il braccio mi portò in camera da letto proprio come se fossi una marionetta e spingendomi mi sdraiai supino sul talamo.
Si spogliò la vestaglia e si sollevò la gonna della camicia da notte denudando la sua passera pelosa che, visibilmente bagnata, era pronta per essere stantuffata. Si precipitò sul letto e mettendosi a cavalcioni la impalai fino a farla sedere completamente su di me. Affondava sempre più le unghie nel mio petto e come un’indiavolata saliva e scendeva con la vagina lungo tutta la mia verga.
Fece colare un rivolo di saliva che lento ma inesorabile fui costretto ad ingoiare poi mi baciò focosamente.
Sentivo che, comprensibilmente vista l’età e il poco allenamento, stava rallentando la cavalcata:
-Dai bastardo vienimi dentro. Inonda la tua padrona, dai cazzo dai!!- e battendo i pugni contro il mio petto provò a tornare sui ritmi iniziali ma dopo 30 secondi si fermò esausta e col fiatone.
-Brutto stronzo, maiale che non sei altro! quanto ti ci vuole per sborrare? Ora te lo succhio fino a consumartelo-
-Dammi il culo allora padrona- e nei suoi occhi si accese quella lucentezza che le ridonò subito forza.
Si lubrificò l’ano con del gel e brandendo lei stessa la mia verga si impalò a me senza seguire le contrazioni del retto; il risultato fu che urlò dal dolore piangendo ma non curante iniziò a muoversi nella mia direzione.
Presi a sfondarle il culo con tutta la forza e la rabbia che avevo addosso, mentre una sorta di pisciata le colava dalla vagina sulle gambe, mi levai solo pochi istanti prima di eiaculare.
Le girai attorno e posizionandomi di fronte a lei mi segai fino a schizzarle abbondantemente in faccia, sulla camicia da notte e sulla vagina ancora arrossata.
Esausto mi diressi verso il frigorifero e tracannai un litro di succo di frutta; poi mi rivestii e andai vicino Mara che, ammutolita ed ancora sporca, seguiva tutti i miei movimenti.
La baciai dolcemente sulla guancia e le sussurrai:
-Tutti i documenti sono compilati e corretti. Se hai ancora bisogno di me sai dove trovarmi. Arrivederci signora mia- ed uscii senza concederle risposta.
Non la rividi più per diversi mesi fino al giorno della mia laurea quando la notai nella platea con al braccetto un rispettabile settantenne. Scoprii dopo che era il rettore dell’università medica dove il defunto Dottor Galli faceva da docente.
Quando i nostri sguardi si incrociarono le sorrisi ma di risposta ebbi solo quel enigmatico sorriso che mi aveva stranito quando la conobbi.
Prima di proseguire il percorso di specializzazione decisi di prendermi due mesi di vacanza e mi feci ospitare da Eva, la ragazza danese conosciuta sul traghetto.
Ci trasferimmo, grazie al mitico Fjordline Express nella sua casetta a Kirkjubøur nelle Far Oer, dedicandoci completamente al sesso e al divertimento; facendomi coccolare e viziare dalle sue morbide rotondità finimmo per affezionarci ed infine innamorarci. I due mesi volarono e la malinconia la convinse a trasferirsi a Firenze.
Nonostante l’altalena di emozioni che avevano segnato quest’ultimo anno non dimenticai mai del tutto quell’amore maturo che mi aveva catturato il cuore.
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…
Grazie davvero, sono racconti di pura fantasia. Da quando ho scoperto la scrittura come valore terapeutico, la utilizzo per mettere…