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Racconti Erotici Etero

Ultimo atto

By 30 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

I precedenti sono stati pubblicati con questi titoli:
o Il ricercatore.
o In Ungheria.
o Spy story.

Quel pomeriggio non immaginavo certo quale nuova bufera stava per scatenarsi su di me mentre ero nella mia stanza alla facoltà, intenta a correggere la prova di esame dei miei studenti.
Il pacco di lettere che come tutti i giorni il bidello ha scaricato sulla sua scrivania, giace ormai da più di un’ora in attesa che io trovi il tempo per darvi un’occhiata.
Quando riesco ad alzare la testa e mi ricordo della posta, comincio ad aprire qualche busta, scartando regolarmente quelle pubblicitarie o il cui contenuto è facilmente immaginabile.
La busta che ad un certo punto prendo in mano mi sembra subito strana, sicuramente diversa dalle altre, per cui incuriosita la apro.
Quello che vedo mi fa gelare il sangue: la busta contiene delle foto.
Le foto non sono molto nitide, ma non ho bisogno di guardarle bene per riconoscermi come protagonista di quegli scatti.
Sono io completamente nuda quella che sta al centro delle attenzioni di più ragazzi ed è sicuramente Marie quella che al mio fianco sta subendo le stesse attenzioni.
Ricordo subito e perfettamente la circostanza in cui quelle foto dovevano essere state scattate: era stato qualche anno prima quando una banda di bastardi ragazzini mi avevano costretta a scopare sotto ricatto e, contrariamente a quanto avevano giurato allora, dovevano aver fotografato tutta la scena ed ora si sono rifatti vivi: ma perché farlo ora dopo tutto questo tempo, perché non farlo subito?
La faccenda era successa appunto circa tre anni fa, quando un mio collega professore universitario ungherese, Lucas, conosciuto durante un seminario a Budapest, era venuto per un analogo seminario in Italia ed io, dopo aver chiesto il permesso a mio marito Gabriele, ho deciso di ospitarlo a casa nostra.
Non c’era stato mai nulla di serio tra di noi sino a quel momento, anche se sicuramente ad entrambi non ci sarebbe dispiaciuto approfondire la conoscenza.
Proprio per quello Lucas aveva portato con sé Marie, una spettacolare e bionda entreneuse di Budapest sua amica, spacciandola per la propria moglie, in modo da poterla buttare tra le braccia di Gabriele ed avere, così, via libera con me.
E difatti successo proprio quello: era stato una mattina al mare, quando, approfittando del fatto che non c’era nessuno, tutti e quattro avevamo scopato liberamente facendo uno scambio di coppie.
Sfortunatamente nascosti tra i cespugli, c’erano due ragazzi che avevano assistito alla scena e fotografato tutto.
Alla fine io e Marie eravamo state ricattate dai quei due studenti che ci avevano costrette a scopare con loro e con altri due amici a casa di uno dei ragazzi, in cambio del rullino; io e Marie, senza dire nulla ai nostri uomini avevamo accettato il ricatto.
Dopo la consegna del rullino tutto sembrava essersi risolto e quell’episodio solo un brutto ricordo.
Ora, dopo così tanto tempo, vengono fuori le foto di quell’incontro.
Nella busta ci sono solo le foto, nessun biglietto, nessuna indicazione.
Su quello che, a cause di quelle foto, mi riserverà il futuro, non mi faccio troppe illusioni, sono certa che sarò stata vittima di qualche altro ricatto: ma perché aspettare così tanto tempo?
Anche la busta è assolutamente anonima, solo il mio nome, Giuliana e l’indirizzo della facoltà.
Ma il mio cervello torna sempre alo stessa domanda: perché quelle foto e soprattutto perché proprio adesso dopo così tanto tempo?
Certo ora non ho più la voglia di proseguire il lavoro, la mia testa vola altrove, sono ovviamente preoccupata, oltre che molto arrabbiata, per cui decido di uscire per prendere una boccata d’aria.
Una volta fuori penso sia meglio andare via, ma ho voglia di camminare, così lascio l’auto lì in facoltà e torno a casa a piedi, approfittando anche della giornata mite e di un venticello leggero che mi serve proprio in quel momento così particolare.
A casa per fortuna sono da sola, visto che Gabriele è via per lavoro e rientrerà non prima di una settimana; avevo voglia di non avere nessuno tra i piedi per poter raccogliere le idee e pensare.
Dopo un po’ sento monare una grande voglia di sfogarmi con qualcuno, ho voglia anche di piangere, ma non mi riesce.
Di colpo mi viene un’idea, mi lzo e vado al telefono: se ho voglia di sfogarmi, con chi potrei farlo se non con l’altra protagonista di quelle foto, Marie?
La mia amica ora vive in Italia; ha sposato, infatti un ricco industriale di Milano che l’aveva conosciuta per strada a Budapest, se ne era follemente innamorato, ignorando la sua vera professione, e le aveva chiesto di andare in Italia con lui.
Lei, innamorata da sempre del nostro Paese, aveva accettato, andando a Milano dapprima come amante ufficiale, poi come legittima moglie di quel ricco industriale lombardo.
Da quando è venuta a vivere in Italia ci siamo sentite solo poche volte, e ogni volta ci siamo lasciate con la promessa di vederci, promessa, tuttavia, sino a quel momento mai mantenuta.
Mi risponde, meno male, e anche tramite il telefono, intuisco che, l’iniziale piacere nell’ascoltare la mia voce, ha lasciato in lei subito spazio alla preoccupazione per quanto le sto raccontando.
Conosco bene Marie e so che, anche per via della sua esperienza di vita, non è donna che si perde facilmente d’animo, per cui anche stavolta cerca subito di consolarmi ed io, finalmente, al telefono con la mia amica riesco a lasciarmi andare ad un pianto irrefrenabile e liberatorio.
La lunga telefonata si conclude con l’impegno di risentirci presto, non appena ci saranno ulteriori sviluppi.
Mi sento davvero rinfrancata sia dal pianto che ha scaricato in parte la mia rabbia, sia dalle parole di Marie e mai avrei potuto immaginare, invece, che, chiusa la telefonata, Marie aveva smesso la maschera di persona sicura ed era estremamente preoccupata, com’era giusto, per la faccenda che le avevo raccontato l’amica.
Qualche anno prima, quando era successo l’episodio del ricatto, ero solo io a rischiare qualcosa, poiché lei che di mestiere faceva l’entreneuse, non aveva da temere alcunché per la sua reputazione già così tanto compromessa, oltre tutto era anche straniera.
Ora, invece, lei è la rispettabile moglie di un personaggio ricco ed influente a Milano, per cui questa vicenda che torna a galla dopo tanto tempo, potrebbe procurare più di un fastidio anche a lei.
Marie è agitata, così d’impulso decide che non può rimanere a Milano attendendo notizie, mentre a Roma, forse si sta decidendo anche il suo destino.
Senza perdere tempo telefona immediatamente al marito, gli dice che la sua amica Giuliana (te ne ho già parlato, non ti ricordi?), ha bisogno di lei, per cui il domani partirà per Roma, prenoti lui l’aereo.
Quando sento squillare il telefono non immagino assolutamente possa essere lei, quindi la mia sorpresa è massima quando sento la voce di Marie che mi annuncia che domani verrà a Roma, perché in una situazione come questa, dice, non se la sente di lasciarmi da sola.
Mi chiede anche di prenotarle un albergo, visto che, dopo tutte le bugie dette a mio marito, non se la sente di vederlo, sapendo che lui la immagina ancora moglie di Lucas; certo potrebbe dire che hanno divorziato e che lei si è risposata, ma non le va di dire ancora bugie a Gabriele che è stato così ‘carino’ con lei.
Io dentro di me esulto sentendo la decisione di Marie di scendere a Roma e le dico subito che non c’è bisogno di albergo dal momento che Gabriele è fuori per affari e casa mia è tutta per noi, a nostra completa disposizione.
Marie sembra davvero felice di non dover dormire da sola in un albergo, per cui ci diamo appuntamento per l’indomani in aeroporto dove sarei andata a prenderla.
Tra di noi c’è stata anche una storia nel passato, quando io fui iniziata all’amore saffico da una serie di circostanze, oltre che dalle avances di Marie; ma tutto ciò appartiene al passato, da allora non è successo mai più. Il giorno successivo, dopo aver recuperato l’auto, corro in aeroporto.
L’incontro tra di noi è davvero molto bello, ci abbracciamo in modo intenso e caloroso, anche se la gioia di rivederci è velata da quella incognita che ha portato Marie fin qui.
A parte l’abbraccio iniziale, sincero e fatto con passione, non c’è altro tra di noi, come se mai noi avessimo avuto i rapporti particolari che invece con reciproco piacere abbiamo avuto nel passato.
Devo confessare che sono rimasta davvero sorpresa nel trovare la mia amica ancora più bella di quando l’avevo lasciata: è una donna spettacolare nel pieno della sua maturazione fisica.
In realtà, forse sono anche inconsciamente un po’ invidiosa: Maria è quasi dieci anni più giovane di me e, anche se so di essere sempre una bella donna (me lo dicono gli sguardi e i complimenti che ricevo), probabilmente vorrei avere i suoi 25 anni.
Tornando a casa, in auto parliamo del più e del meno, senza mai toccare l’argomento scottante che preoccupa entrambe.
Incidentalmente, le chiedo anche se ha notizie recenti di Lucas, se sa se ha smesso con il gioco, ma da quando ha lasciato l’Ungheria Marie ha tagliato tutti i ponti col passato, per cui mi dice che non ha assolutamente idea di dove sia finito il suo amico.
Arrivati a casa le mostro la stanza degli ospiti, poi, finalmente ci lasciamo andare e affrontiamo l’argomento delle foto.
Marie chiede di vederle quelle benedette foto.
Si riconosce subito ed è chiaro che quelle foto oggi rappresentano pericolo anche per lei.
Il marito non solo non avrebbe apprezzato, ma l’avrebbe lasciata immediatamente e quello stormo di avvocati che gli girano sempre intorno avrebbero fatto in modo che a lei non restasse proprio niente di quell’impero di cui oggi si sente padrona.
Le foto, però, non sono chiarissime, certamente si tratta di fotogrammi tratti da un video, però non ci sono proprio dubbi sul fatto che sia lei quella che in una foto bacia con trasporto la mia figa, così come è sempre lei che in un’altra ciuccia due cazzi contemporaneamente con grande impegno.
Ancora lei, senza dubbio, quella che sembra quasi godere mentre viene penetrata da due uccelli uno nella figa e un altro nel culo.
No, suo marito non avrebbe gradito uno scandalo come quello e, d’altra parte, come dargli torto.
Marie guarda e riguarda quelle foto senza dire una parola, mentre io che oramai le conosco a memoria, sto seduta accanto a lei.
Nessuna delle due ha la forza di dire nulla, entrambe riandiamo indietro a quei giorni in cui la nostra amicizia si è cementificata, forse anche grazie a quanto successo in quella brutta serata.
Come ho detto, con Marie, per la prima volta in vita mia (e unica, se si eccettua la violenza che ho subito anche da parte della cameriera del principe Assadi, quando fui data in pasto al personale di servizio) mi sono lasciata andare ad un rapporto lesbico che ancora oggi, al solo ricordo, tanto piacere mi procurava.
Sono certa di non essere né lesbica, né bisex, a me piacciono gli uomini e solo quelli; però quell’episodio mi ha segnato decisamente e coccolo il ricordo di quella esperienza con grande tenerezza.
Marie a un certo punto rompe il silenzio dicendo che, secondo lei, non ci sono dubbi sulle intenzioni di quei maniaci: hanno avuto il dolce una volta, ora probabilmente lo rivogliono, quindi è più che sicura che quanto prima si rifaranno vivi e pretenderanno ripetute prestazioni sessuali; ripetute, sì, è certa che questa volta non si accontenteranno di una sola scopata.
Intuisco che cerca di non allarmarmi, visto che sono già preoccupata abbastanza di mio, però leggo sul suo volto tutta la preoccupazione per una situazione non le sembra per niente bella.
E’ strano, Marie è più giovane di me, ma è così cara e si comporta sempre in modo assai protettivo verso di me, specie quando ci sono in ballo questioni di sesso, forse per via delle sue esperienze di vita vissuta.
Non che io sia una santarellina, tutt’altro, però Marie era stata di fatto una prostituta e poi certamente ha avuto diverse volte (traendone sicuramente grande piacere) rapporti lesbici.
La serata continua stancamente con questa cappa di preoccupazione sulle nostre teste, così decidiamo di andare a letto senza altro commento, ognuno nelle nostre stanze, scambiandoci solo un bacio della buonanotte sulle guance.
Come sempre mi tolgo i vestiti e mi infilo, come d’abitudine, completamente nuda in quel letto che ora mi sembra così freddo.
Non riesco a fare a meno di pensare alle foto e alle conseguenze che queste potrebbero avere nella mia vita.
So per certo che sarò ricattata per sempre da quei farabutti; e, quando il gioco li avrà stancati, probabilmente potrebbero chiedermi dei soldi, o, chissà, passarmi ad altri loro amici in un giro senza fine.
Ma non sono solo le foto il mio pensiero: sono stranamente agitata sapendo che la mia amica dorme nella stanza accanto, non riesco a non pensare ai rapporti avuti con lei.
Tante volte avevo ripensato a Marie e avevo immaginato un incontro dove mi sarebbe piaciuto lasciarmi andare ancora una volta alla pienezza di quel contatto che al solo pensiero mi procura ancora oggi i brividi.
L’ ho detto, non mi piacciono le donne, ma con Marie è diverso.
Lentamente, quasi inconsapevolmente, la mia mano è scesa a toccare il mio piacere, immaginando che le mani siano quelle della mia amica.
I tocchi si fanno sempre più audaci, il mio respiro sempre più ansimante.
Butto via il lenzuolo e mi lascio trascinare dal vortice del piacere.
Quando l’orgasmo è ormai alle porte e sento un calore benefico salire, mi blocco, sembro quasi risvegliarmi, fermo la mano ad un passo dal piacere e rimango imbambolata.
Poi porto la mano intrisa dei miei odori verso la faccia, sento il profumo del mio sesso, quindi infilo le dita in bocca leccando i miei umori.
Questo mi fa pensare ancora di più a Marie.
Sì, ne ho voglia, è inutile che menta a me stessa.
Allora prendo la decisione, scendo dal letto nuda come sono e, senza neanche infilarmi le pantofole, entro nella stanza della mia amica.
Marie non dorme, sta leggendo un libro e quando mi vede entrare in quelle condizioni, un sorriso dolcissimo le si allarga sul volto; quindi aprendo le braccia mi invita ad andare verso di lei.
Mi muovo lentamente verso il letto, quasi intimidita ora dalla mia decisione e dalla mia audacia, Marie fa volare via le lenzuola scoprendo così il suo meraviglioso corpo nudo anch’esso.
Mi siedo sul bordo del letto e Marie mi si avvicina regalandomi un bacio lungo e dolcissimo.
Quindi scende verso i miei capezzoli già turgidi e vogliosi, baciandoli e mordicchiandoli tutti.
Le mani, intanto sono scese verso il mio basso ventre, trovando la figa già completamente bagnata per la masturbazione precedente.
Io la lascio fare, rapita da quei tocchi, abbandonandomi al piacere e infatti, già eccitata a lungo, mi lascio avvolgere da un orgasmo che mi fa tremare tutta.
Senza smettere, Marie, scende ora con la bocca verso la mia figa e inizia a penetrarmi con la lingua, mordicchiandomi ogni tanto il clitoride.
E’ un piacere assoluto.
Mi piacerebbe restare ferma godere di quelle attenzioni, ma so quello che Marie vorrebbe che io facessi, quindi inizio a toccare il suo seno, poi provo a far scendere anch’io la mano, arrivando ad infilare le dita nella sua figa.
Anche a Marie, a questo punto, inizia a mancare il respiro per il piacere, quindi, senza smettere di leccarmi la figa, si posiziona sopra di me in modo che io possa ricambiarle i baci.
Io l’ho fatto solo una volta in vita mia, con lei, naturalmente, e dopo di allora mai più, però non ho alcun dubbio in questo momento e allungando il collo avvicino la lingua al suo sesso che reagisce come ad una scarica elettrica.
Marie si dimena tutta non riuscendo a stare ferma sotto l’azione della mia lingua che presto comincia a ricevere gli umori che scolano dalla sua figa aperta.
Ci diamo reciproco piacere a lungo, poi esauste crolliamo sul letto abbracciate.
Di tanto in tanto ci baciamo incrociando le nostre lingue ancora piene dei reciproci umori, quindi ci addormentiamo respirando l’una il respiro dell’altra. La mattina dopo, esco di casa lasciando la mia amica che dorme ancora.
Mi sento decisamente meglio rispetto agli ultimi due giorni, avere Marie al mio fianco mi dà una forza che da quando ho ricevuto la lettera con le foto pensavo di avere ormai perso per sempre, non a caso oggi mi sono vestita anche in modo leggero, con una bella gonna a fiori e la camicia bianca con un cardigan sotto il braccio nell’eventualità che nel pomeriggio la temperatura si abbassi.
La mattina in facoltà trascorre frenetica come sempre, con l’impegno delle lezioni, gli incontri con gli studenti all’Istituto e con le riunione pallose a cui non posso fare a meno di partecipare.
Ci siamo sentite un paio di volte per telefono con Marie e siamo rimaste d’accordo che ceneremo insieme stasera in un ristorante davvero grazioso, un po’fuori mano che ho scoperto qualche tempo fa, dove a volte mi rifugio quando ho voglia di una cena speciale, o quando sono in compagnia di ‘amici particolari’ e non ho voglia di essere vista; nel frattempo Marie, invece, trascorre la giornata in giro per negozi.
Quando nel tardo pomeriggio mi avvio verso la mia auto, mi sento un po’ stanca, però sono rinfrancata anche dal pensiero che presto rivedrò la mia amica.
Dopo aver messo in moto l’auto ed essermi avviata, per poco non mi venne un colpo quando sento una voce che proviene da dietro.
‘Era ora che arrivassi”
Mi sento il sangue gelare e solo per un miracolo non vado a sbattere contro un’auto che viene in senso contrario e che mi maledice fino alla dodicesima generazione.
Dai sedili posteriori si materializza una figura che non riconosco subito, ma che riesco a piano a piano a mettere a fuoco: ‘Alfredo!’ dico con un filo di voce.
Ho riconosciuto, infatti, il più timido, quasi il più educato tra i ragazzi che mi avevano violentata assieme a Marie quella volta del ricatto.
‘Ciao professoressa, sono contento che tu mi abbia riconosciuto: è quasi un’ora che ti stavo aspettando’.
‘Cosa ci fai qui dentro, come sei entrato?’ chiedo fermando l’auto quasi in mezzo alla strada.
‘La macchina era aperta”
Sì può essere, anzi niente di più facile: ho questo maledetto vizio di dimenticarmi l’auto aperta, non a caso me ne avevano già rubate tre.
‘Sbaglio o l’ultima volta che ci siamo incontrati ti avevo detto di non farti più vedere, te e i tuoi amici, altrimenti vi avrei denunciati?’ attacco cercando di mettere in soggezione quello che si era dimostrato il più fragile tra i ragazzi.
‘Infatti sino ad ora non avevi visto più nessuno di noi”
‘E allora perché sei entrato in questa macchina ora?’ continuo con la voce molto altera, ma temendo di conoscere la risposta.
‘Non le hai trovate interessanti le foto? Eppure a me pare che tu sia venuta molto bene”.
Avuta la conferma che temevo, chiudo gli occhi ripiombando nel baratro delle paure che mi avevano angosciata in quei due giorni.
‘Aspetta che vengo sul sedile davanti,dai, riprendi a camminare’.
Appena seduto, Alfredo non perde tempo e mentre io sono intenta a manovrare con i pedali della frizione e dell’acceleratore, sento sulla gamba la sua mano che scostando rapidamente la gonna e tocca direttamente la mia pelle nuda.
Reagisco in modo violento, afferrando quella mano e spostandola con decisione: ‘Non ti permettere mai più!’ urlo con voce tagliente.
‘Allora non hai ancora capito niente? Allora le foto che ti ho mandato non sono servite a niente?’ chiede con un sorriso beffardo mentre con noncuranza rimette la mano sulla mia coscia.
Dov’è finito il ragazzo timido e quasi introverso che avevo conosciuto qualche anno prima?
Dov’è quel ragazzetto che allora era intervenuto un paio di volte in ma difesa quando i giochi si facevano più pesanti?
‘Dimmi cosa vuoi’.
‘Bene, questo si chiama ragionare. Che tu ci creda o no, io ero, e sono tutt’ora, impazzito per te. Da quando ti ho visto fare quelle cose sulla spiaggia ho vissuto solo per poterle fare anch’io con te. Già sapevo, però che se anche le avessi fatte una volta sola non mi sarebbe bastato, per cui ho escogitato il sistema per continuare il gioco anche in seguito, nascondendo una videocamera dietro uno specchio. Roba da film di spionaggio, credimi. Da quel filmato ho ricavato le foto che hai visto. Per cui ora sai cosa voglio: voglio te, per sempre, fin quando lo vorrò. E’ un ricatto, lo so, ma se attraverso questo ricatto posso averti ancora e sapere che sarai mia, completamente mia ogni qualvolta lo vorrò, ben venga questo ricatto è a fin di bene’.
Resto a lungo senza parlare, trattenendo a stento le lacrime mentre non contrasto neanche più la mano che sta risalendo le mie cosce verso le mutandine.
‘Non voglio vederti triste, non so se l’hai capito, la mia è una dichiarazione d’amore; una dichiarazione un po’ forte, forse, ma pur sempre d’amore credimi. Non voglio entrare prepotentemente nella tua vita, ma voglio solo che di tanto in tanto, quando te lo chiedo, presti un po’ di attenzione anche a me, come hai fatto quella volta”.
‘Ma perché proprio ora, perché hai aspettato tre anni per farti vivo con quelle foto?’.
‘E’ successo un mezzo pasticcio: ho fatto tutto senza dire niente a nessuno, ho messo la telecamera di nascosto, non volevo più dividerti con quei mascalzoni dei miei amici, volevo averti solo per me, completamente per me, alla mia sola e piena mercé. Per cui quando è tutto finito, ho nascosto la videocassetta per evitare che il mio compagno di appartamento la trovasse, in attesa di poterla mettere al sicuro fuori da quella casa. Senonché dopo qualche giorno, prima che potessi farlo, è venuta la madre del mio amico a trovarci e, mentre noi eravamo a lezione si è messa a fare le grandi pulizie e così non ho più trovato la cassetta. Ho messo sottosopra tutta casa, ma della cassetta neanche l’ombra. Mi ero rassegnato ad averla persa, maledicendo il mondo per avermi fatto avvicinare a te per poi farti volare via proprio quando ormai pensavo di averti in pugno’.
‘E allora quelle foto come hai fatto a farle?’
‘Aspetta, non è finita. Sono passati tre anni duranti i quali, credimi ho sempre pensato a te e a come poterti avvicinare. Ho anche pensato di fermarti per strada per dichiararti il mio amore,ma temevo che mi avresti denunciato davvero,come hai detto prima. Poi un mese fa ho cambiato casa, così ho fatto pulizia di tutte le cose vecchie e in fondo alla cantina, tra le scatole di libri vecchi e dimenticati, ho trovato una cassetta. All’inizio non ho pensato che potesse essere quella, così l’ho messa in mezzo ad altre, ma la sera a letto, ci ho ripensato ed ho avuto come un’illuminazione, mi sono alzato di corsa e l’ho cercata e, quando l’ho inserita nel videoregistratore, tremavo come un bambino. Puoi immaginare cosa ho pensato quando ti ho vista sin dalle prime immagini: un tuffo al cuore; credimi, mi sono messo a piangere come un bambino’.
‘Se speri di commuovermi con questa storia zuccherosa, ti sbagli. Perché quella donna non l’ha buttata quella maledetta cassetta?’.
‘Perché era scritto nel destino che tu dovessi essere ancora mia, per sempre mia. No, non voglio commuoverti, però adesso so che non mi potrai negare ciò che ti chiederò” dice Alfredo scostando le mutandine e toccandomi il sesso.
Sobbalzo, ma non lo fermo.
‘Prendi la seconda strada a destra e vai sempre dritta, ti dirò io come arrivare a casa mia”.
‘No senti, dobbiamo parlarne, quello che vuoi è senza senso, non posso essere un giocattolo a tua disposizione; e poi stasera non posso proprio ho un appuntamento importante’.
‘Non mi sono proprio spiegato, allora, da questa sera tu sarai proprio il giocattolo che ho sempre voluto e che ora posso permettermi di avere e ti assicuro che non ci rinuncio per niente al mondo. Quindi disdici pure l’appuntamento, perché stasera tu ce l’hai già un appuntamento ed è con me!’.
‘Ma ti rendi conto che non è possibile ricattarmi a vita? Facciamo così, domani sera verrò con te, farò tutto ciò che vuoi, poi mi consegni la cassetta; per il futuro, quando vorrai cercherò di stare ancora con te, ma senza questa arma meschina del ricatto. Devi credermi, in fondo anche l’altra volta ti ho dimostrato riconoscenza per come mi trattavi a differenza dei tuoi amici. Poi sei un bel ragazzo, potevi provarci con me anche senza questa stupida cassetta; puoi provarci, anzi, se butterai la cassetta sarò tua volontariamente, farò ciò che vuoi senza l’obbligo di doverlo fare, ma con il piacere di farlo con te”.
Cerco, facendo ricorso alle mie armi di donna, di fare breccia nel cuore tenero del ragazzo, è decisamente ovvio che senza la minaccia del ricatto non avrei mai e poi mai assecondato più i suoi desideri, ma adesso mi interessa cerare di sedurlo nella speranza di rabbonirlo.
‘Sei stata proprio sfortunata, sai. Tre anni fa il discorso che mi hai fatto forse mi avrebbe convinto, ma per tua sfortuna tre anni fa la cassetta non l’ho trovata, l’ho trovata oggi ed oggi sono cresciuto, per cui le tue belle parole mi fanno piacere, ma non mi fanno cambiare idea: andiamo a casa mia, ora!’.
‘Ma stasera non posso, te l’ho detto, vediamoci domani, almeno’.
‘Non ci pensare proprio, ho aspettato tre anni per cui non aspetto un minuto di più. Ora vai a sinistra’.
La mano di Alfredo, intanto continua a torturarmi la figa che ora, mio malgrado, è completamente bagnata.
‘Ferma la macchina, ora. E’ meglio che guidi io è più facile che spiegarti la strada’.
Cambiamo di posto, ma dopo poche centinaia di metri accosta vicino ad un bar, mi dice di scendere anch’io mentre lui prende una piccola borsa che aveva lasciato sul sedile dietro.
‘Entra nella toilette, ma lascia la porta aperta, che io ti raggiungo subito”.
‘Che vuoi fare? Qui siamo in un bar, mi potrebbe riconoscere qualcuno”.
‘Non preoccuparti, non faremo niente di così clamoroso. Fai come ti ho detto!’.
Non so cosa fare, mi sento svuotata, così entro nel bagno e aspetto un paio di minuti prima di sentire la maniglia girare e la porta aprirsi.
Rapido Alfredo entra chiudendo la porta a chiave dietro di sé.
‘Togliti le mutandine e dalle a me’
‘Ma sei impazzito, che vuoi fare, lo vuoi capire o no che non posso permettermi scandali?’, gli dico quasi bisbigliando.
‘Togliti le mutande, è questione di un minuto, andiamo via subito’.
Rassegnata obbedisco consegnandogli le mutandine che lui infila nella tasca della giacca.
‘Bene ora infilati questo’ mi dice prendendo dalla sua borsa un aggeggio che sembra una mutanda di plastica con un piccolo fallo allegato.
‘Cosa vuoi che te lo metta nel culo io?’ chiedo ironica.
‘No, non ho quei gusti, sarò io a mettertelo nel culo,vedrai: questo qui si indossa anche alla rovescia e così devi metterlo, con quel coso dritto nella tua figa!’ risponde secco Alfredo.
‘Tu sei tutto matto”.
‘Non voglio storie, infilalo subito!’.
‘Ma non è possibile, come vuoi che faccia queste porcherie”.
Incrocio il suo sguardo duro e capisco che non ho speranza.
Faccio alcuni tentativi e alla fine riesco ad indossarlo riuscendo anche a far entrare il fallo dentro di me.
‘Ma è fastidiosissimo, non posso quasi camminare”.
‘Non preoccuparti, vai benissimo’.
Devo essere stata ridicola attraversando il bar sotto gli occhi di quei vecchietti bavosi che quasi ridevano vedendomi camminare in quel modo buffo, a gambe larghe.
Risaliamo in macchina dove sono costretta a stare con le gambe aperte per via dell’intrusione in mezzo.
‘Non fare quella faccia, vedrai che piacerà anche a te in fondo. Bene, finalmente è buio e qui la strada è davvero poco frequentata: visto che è tre anni che ti aspetta, non pensi di dovergli dare il benvenuto?’ mi dice tirando fuori il suo uccello ancora moscio.
Quindi, continuando a guidare, prende la mia mano e la poggia sul suo uccello, invitandomi ad andare su e giù, cosa che faccio, ovviamente senza grandi entusiasmi.
‘Bene, dopo esservi stretti la mano, credo che sia ora di scambiarvi anche i baci’ mi dice spingendomi la testa verso il suo cazzo che inizia a dare segni di risveglio.
‘Ahia, fai piano, con quel coso dentro mi faccio male!’
‘Poche storie, abbassa la testa e bacialo!’.
Non ho ancora idea di come uscire da quella situazione, per cui penso che sia meglio assecondarlo.
Con fatica riesco ad abbassarmi senza che quel coso in mezzo alle gambe mi strappi tutta la figa e appoggio le mie labbra sul suo affare, poi prendo a succhiare quell’uccello assai voglioso, che rapidamente raggiunge il suo massimo fulgore.
‘Dio quanto l’ho aspettato questo momento’ dice con un filo di voce, mentre l’auto continua lentamente ad andare.
‘Ferma, ferma, ferma, se continui così vengo subito” mi fa all’improvviso Alfredo scostandomi.
‘Questa sera voglio godermela il più a lungo possibile: se hai un appuntamento disdicilo, non ti mollo mica così presto, sai?’
Solo allora mi ricordo della mia amica, prendo il telefonino e la chiamo.
‘Pronto Marie, senti c’è un contrattempo, poi ti spiego; non posso venire a cena con te. Tu organizzati, ci vediamo a casa appena posso”.
‘Ma è successo qualcosa?’.
‘No, niente, non posso dirti adesso, devo andare in un posto, ‘ poi ti spiegherò”
‘Quei bastardi si sono fatti vivi, è così?’ mi chiede Marie capendo tutto.
‘Sì, ti spiegherò tutto stasera a casa. Scusami”.
Dopo aver chiuso il telefono faccio un lungo respiro, mi sento come svuotata.
‘Marie, questo nome non mi è nuovo; non si chiamava così anche quella ragazza straniera che era con te quel giorno a casa mia? Non dirmi che era lei?’ chiede Alfredo eccitato.
‘Sì era lei’ confermo e un attimo dopo mi mordo le labbra.
‘Bene,bene, così è qui a Roma anche lei, anzi è a casa tua”
Mi maledico per la mia stupidaggine: perché ho risposto di sì, perché ho coinvolto anche Marie in quella storia, in fondo ad Alfredo interesso solo io non la mia amica.
‘La faccenda si fa ancora più interessante”
‘Che vuoi dire?’
‘Niente, niente, adesso pensiamo solo a divertirci:siamo arrivati questa è casa mia’.
Mi sistemo in mezzo alle gambe, scendo in modo goffo e mi aggiusto la gonna; ho una sensazione strana, quel coso lì mi da indubbiamente un enorme fastidio, però mi sento anche tutta bagnata, segno che la cosa mi sta eccitando.

Già nell’ascensore Alfredo inizia a palpeggiarmi violentemente lasciandomi capire quale sarà il seguito una volta entrati dentro: mi sembra di rivivere una scena già accaduta alcuni anni prima e l’ombra di quel ricordo mi oscura di nuovo il volto.
Almeno questa volta è uno solo ‘ mi trovo a pensare ‘ l’altra volta invece erano in quattro e mi hanno quasi distrutta.
Entrati dentro Alfredo non perde tempo:
‘Dai spogliati, togliti tutto voglio vederti subito nuda’.
A questo punto so di non avere alcuna possibilità di evitare tutto ciò, quindi decido che è meglio ‘togliersi il dente’, per cui inizio a levarmi i vestiti restando rapidamente nuda con quella specie di mutande.
Lui mi fa avvicinare a sé, mi slaccia quell’affare e mi sfila il fallo di gomma dal sesso: ho una sensazione di liberazione.
Quindi mi accorgo che mi sta squadrando, guardando attentamente tutto il mio corpo e si soffermai proprio sul mio sesso che, quasi fosse un’ispezione, apre con due dita;
Mi sento in grande imbarazzo, ma non riesco ad opporre resistenza, allora mi fa girare e si mette ad ammirare anche l’altro buchetto, che fa decisamente più resistenza quando lui prova ad aprirlo: ancora una volta subisco senza oppormi.
‘Ecco, dai sbrigati, fai quello che vuoi’ dico ad un certo punto secca e decisa.
‘Calma, calma Giuliana, non avere così fretta. Mi piace vederti girare per casa nuda e visto che oramai la tua cena è saltata, ho deciso che ceneremo insieme, qui a casa mia. Voglio proprio vedere come te le cavi con i fornelli: cucina per me, sesso e cibo che binomio favoloso, cosa mai poteri volere di più dalla vita”.
Resto un po’ sconcertata, ma, sempre di più rassegnata, chiedo cosa vuole che gli cucini, quindi vado di là, seguita dal padrone di casa e comincio a preparare qualcosa.
Mi accorgo che Alfredo segue con gli occhi voluttuosi il ballonzolare del seno e a volte credo che cerchi di cogliere quei momenti in cui la mia fessura si apre tra le mie gambe.
Ogni qualvolta passo vicino a lui poi, Alfredo mi blocca infilandomi repentino le dita dentro quella fessura e stringendomi quasi fino a farmi male quel seno che lo fa impazzire.
Continuiamo così anche a cena, lui vestito, io completamente nuda; mi fa sedere accanto a sé e, aperta la zip dei pantaloni, mi fa tirare fuori il suo uccello, dicendomi di toccarglielo per tutta la cena e costringendomi così a mangiare con una mano sola.
Vi giuro che non è facile, né piacevole, ma continuo a fare ciò che mi ordina.
Poi, verso la fine della cena, mi chiede di spogliarlo e io docilmente come sempre, ubbidisco, togliendogli la maglietta, poi slacciandogli i jeans e levandogli le mutande.
Allora Alfredo prende del dolce che aveva nel frigo e lo spalma sul suo uccello, infine secco mi ordina:
‘Adesso c’è il dolce, quindi vieni a mangiarlo, accomodati e leccami il cazzo!’.
Sempre più rassegnata mi inginocchio e iniziò a leccare il dolce direttamente dal suo uccello che rapidamente torna a svettare; ogni volta che il dolce sta per finire, Alfredo ne sistema dell’altro, che essendo gelato, produce l’effetto di frenare l’erezione che poi sotto i colpi della mia lingua riprende, prolungando così quel gioco per lui assai eccitante.
‘Sdraiati sul letto, ché adesso voglio mangiare io’ mi dice ad un certo punto.
Quindi fa lo stesso gioco con me, spalmandomi sul sesso e a volte anche dentro, quel dolce gelato che mi fa subito rabbrividire.
Quindi inizia a mangiare quel succulento pasto, provvedendo a leccare ogni briciola e a raccogliere anche quello che era finito dentro.
E’ incredibile, mi sta eccitando questo gioco perverso, per cui rapidamente mi eccito al punto da iniziare a contorcermi davanti a lui che imperterrito continua a gustare quel cibo prelibato.
Alla fine non riesco proprio più a controllarmi ed ho un orgasmo liberatorio che mi scuote tutta.
‘Hai visto che in fondo è piacevole anche per te ubbidirmi come una schiava? Ora girati!’ ordina secco senza darmi neanche il tempo di godermi quel momento di piacere.
Anche questa volta ubbidisco senza fiatare.
Quindi mi sento prendere una mano e un secco quanto rapido scatto mi fa capire di essere stata ammanettata.
L’altro scatto che segue subito dopo assicura la mia mano contro la spalliera del letto.
‘Perché?’ faccio appena in tempo a chiedere prima che anche l’altra mano subisca la stessa sorte.
Ecco ora sono inginocchiata ammanettata al letto senza potermi muovere.
‘Ma perché mi hai ammanettato, sto facendo tutto quello che mi hai chiesto!’
‘Perché così mi sento davvero padrone di te, del tuo corpo, perché così non ti devo chiedere, prendo!’.
Detto ciò sento che si avvicina dietro di me si piazza dietro il mio culo e inizia a spingere con il suo uccello, che incurante delle mie deboli opposizioni, in breve trova il varco per infilarsi dentro.
Mi fa male essere pesa così ma lui senza darsi pensiero prende a spingere con tutte le sue forze, riuscendo abilmente a fermarsi sempre un attimo prima di venire, per poi ricominciare con rinnovato vigore.
Il gioco dura un bel po’ fino a quando non decide che era giunto il momento di lasciarsi andare e, uscendo fuori dal mio culo, mi piazza l’uccello direttamente in bocca, schizzandomi su tutta la faccia e pretendendo che poi che io ripulisca con la lingua il suo uccello badando bene a non lasciarne neanche una goccia, quindi crolla sul letto esausto.
Ho il culo dolorante, sono nauseata per aver dovuto leccargli l’uccello pieno di sperma appena tolto dal mio culo e sto da un bel po’ di tempo in una posizione decisamente scomoda.
Dopo qualche minuto lui si alza incurante delle mie proteste.
Quando torna, sono tutta indolenzita e allo stremo delle forze, allora lui mi libera offrendomi dei fazzolettini umidi per pulirmi, quindi mi ordina di non scendere dal letto, infine mi dice: ‘Ho voglia di scoparti di nuovo, lo so che sono appena venuto e che è difficile, però tu sei brava, quindi cerca di farmi raddrizzare subito il cazzo. Dai prendimelo in bocca e sappi che non puoi smettere fino a quando non lo avrai convinto’.
‘Dopo mi lasci andare a casa ‘?’ chiedo timidamente, ‘per questa sera” aggiungo poi supplichevole.
‘Vedremo, dipende da come ti comporti: dai datti da fare!’.
Ci metto davvero tutto l’impegno che posso, ma quell’uccello che è appena venuto non sembra volermi accontentare.
Cominciano quasi a farmi male le mandibole e la lingua, quando come per un miracolo, l’uccello ha un sussulto e sembra smuoversi dalla sua apatia.
Allora rinfrancata continuo con rinnovato vigore e questa volta sento l’uccello crescere dentro la mia bocca, gonfiarsi smisuratamente, tornando baldanzoso come era stato alcuni minuti prima.
‘Brava, così non smettere, continua, lo sapevo che ce l’avresti fatta: sei davvero una splendida puttana!’
Mi dice di continuare per un po’, poi mi dà una spinta violenta che mi fa cadere sul letto gambe all’aria; quindi si avvicina con l’uccello ben teso e mi apre le gambe.
‘Sei stata brava, meriti un premio: dopo averti inculato, voglio scoparti la figa’.
Così inizia a scoparmi ritmicamente .
‘Che donna eccezionale sei, Giuliana, sembri nata proprio per scopare, sei una puttana, una grandissima puttana. Dimmi che sei una puttana, dimmelo!!!’.
‘Sono una puttana’, provo a dire poco convinta, giusto per accontentarlo.
‘Sei una puttana, sei la mia puttana, gridalo!’
‘Sì, sono la tua puttana, SONO UNA GRANDE PUTTANA!!!’
‘Sìììììììììì!’ urla scaricando il suo seme nel mio ventre.
Quando mi riprendo provo a dire timidamente: ‘Si è fatto tardi, perché non mi lasci andare ora?’.
‘Voglio che dormi con me!’
‘Ho una famiglia, lo sai, se comincio a dormire fuori casa mio marito si insospettirà e quindi se lui scopre tutto a che ti serviranno le foto? E poi stasera a casa ho un’ospite, lo sai’.
‘Forse hai ragione, però domani voglio che ritorni qui e che porti con te la tua amica, nelle foto c’è anche lei e mi ricordo che era parecchio carina’ Mai quanto te, ovviamente, ma credo che potrei dare una ripassata anche a lei. Vi aspetto domani sera alle sette. Puntuali, mi raccomando.’.
‘Ma no, cosa c’entra la mia amica, hai detto che è me che vuoi, quindi se proprio vuoi tornerò io’ Cos’è non ti piaccio più?’ chiedo provocatoria cercando di lasciare fuori da quella storia la mia amica.
‘Su di te ho detto tutto e dopo quello che abbiamo fatto stasera, penso che ci divertiremo parecchio insieme; però la tua amica straniera è qua di passaggio visto che è ospite a casa tua, così ne voglio approfittare e fare il padrone di due belle schiave. Falla venire e dille che, come te, anche lei dovrà esaudire ogni mio desiderio; a proposito trova una scusa con tuo marito, perché domani tu e la tua amica dormirete qui da me’.
‘Ma come faccio a convincerla, a lei forse non interessa niente delle foto’guarda se la lasci stare domani proverò a restare con te tutta la notte”
‘Brava Giuliana, vedo che cominci a capire, ma domani vi voglio tutte e due, mi voglio divertire come non mi è mai successo in vita mia, poi la lascerò stare e mi occuperò solo di te, ma domani voglio anche lei. Convincila tu, dille che è per fare un piacere a te e che se non viene qui a fare la cagnetta ubbidiente, tu passerai dei guai. Avanti, fa’ la brava e ubbidiscimi e andrà tutto bene: mi piaci, lo sai, ti giuro che anche adesso ho voglia di scopare con te ancora e poi di nuovo ancora, ma temo che per questa sera il mio uccello non darà più segni di vita. Adesso vestiti e vai pure, ci vediamo domani’.
Rientrata a casa, entro direttamente in bagno togliendomi gli abiti per infilarmi sotto la doccia.
Non ho ancora iniziato, quando nel bagno entra anche Marie.
‘Mi dispiace,ho fatto rumore e ti ho svegliata, non volevo”
‘Stai scherzando ero di là che ti aspettavo tutta trepidante. Allora Giuliana, com’è andata?’
‘Come vuoi che sia andata, sono incastrata a vita e non vedo alcuna soluzione a portata di mano’, rispondo infilandomi sotto l’acqua
‘Ti avranno massacrata,in quanti erano stavolta, tutti contro di te, immagino’.
‘No era uno solo, ma ti assicuro che stasera era ‘ ben ispirato”.
‘Meno male, almeno era uno: come mai era solo?’
‘E’ una storia lunga, adesso ti racconto, comunque il ricattatore questa volta è solo Alfredo, uno dei quattro e pare che voglia tenersi il giocattolo tutto per sé. Purtroppo non ho buone notizie per te: quando ti ho telefonato, ha capito chi eri e mi ha detto di portare anche te domani, altrimenti”.
‘E ti pareva, brutto porco!’
‘Non solo, ma vuole che andiamo lì a fare le sue schiave’
‘Beh non sarà una scopata in più, per quanto particolare, che mi creerà qualche problema, solo che dobbiamo trovare una soluzione per te: non puoi rimanere esposta a questo ricatto a vita’.
‘Una soluzione, certo, sì, ma quale?’ chiedo con un tono amareggiato mentre mi asciugo.
‘Non lo so, ancora non lo so. Andiamo a dormire, ci penseremo domani’.
Entriamo entrambe nella mia stanza dove ci accucciamo vicine addormentandoci quasi l’una nelle braccia dell’altra.
La mattina l’umore non è dei migliori e ne fanno le spese alcuni miei studenti, molti se lo meritano a dire il vero, ma io ci metto del mio, per cui vengono strapazzati a dovere dalla integerrima professoressa Giuliana.
Col passare del tempo, avvicinandosi l’ora dell’appuntamento, il nervosismo cresce: sarà questa, dunque la mia vita d’ora in avanti? sempre soggetta alle isterica voglie di un ragazzetto bavoso.
Quanto sarebbe durato, poi: un paio d’anni, forse di più, ma alla fine si sarebbe pure stancato e forse mi avrebbe lasciata libera; e se invece dopo essersi stancato di me vendesse la cassetta a qualche altro depravato?
Il gioco potrebbe durare in eterno, fino a quando col passare degli anni non sarò più un oggetto sessuale desiderabile e forse allora pretenderà altro, probabilmente soldi, ma fino ad allora chissà quanti cazzi avrei dovuto accontentare: sarei dunque diventata la puttana di tutti!
Meglio non pensarci, già era dura immaginare di dover ripetere stasera stessa l’esperienza del giorno precedente.
Meno male che questa sera ci sarà Marie con me.
So che è una cattiveria nei confronti della mia amica, ma in fondo sono davvero contenta di dover dividere con lei questa esperienza, mi dà più forza dover affronate ciò che mi aspetta.
Alle sei e mezza puntuale, Marie arriva all’Università per andare insieme all’appuntamento.
Per strada, in mezzo al traffico non sono molte le parole che ci scambiamo, la tensione è molto alta e anche Marie sembra davvero preoccupata per me.
Credo che lei sappia perfettamente che da parte sua corre pochi pericoli: è davvero difficile che quel ragazzo possa scoprire che lei è la rispettabile moglie di un ricco industriale milanese, per cui credo che lei non debba temere nulla, ma immagino che sia fortemente preoccupata per me.
Infatti Marie, per la verità pensava con grande sgomento alla vita futura di Giuliana che sarebbe rimasta in balia di quel porco senza via di scampo; avrebbe voluto davvero aiutarla, ma non sapeva davvero come fare.
Giunte a casa di Alfredo, indugiamo qualche attimo davanti al portone, poi faccio un gran sospiro e suono.
Quando l’ascensore giunge al piano, troviamo Alfredo davanti alla porta che ci attende.
Entriamo e noto che stranamente chiude la porta dando più mandate e tirando via la chiave.
La cosa ci sorprende entrambe, ma tutto diventa più chiaro quando con sgomento ci accorgiamo che nell’appartamento ci sono altri due uomini piuttosto tracagnotti e neanche giovani, uno con la barba lunga di qualche giorno, l’altro completamente pelato.
‘Che scherzi sono questi?’ chiede sbigottita Marie.
‘Non preoccupatevi, sono dei miei amici che mi terranno compagnia’.
‘Ma cosa dici, non erano questi i patti”
‘Volete aspettarmi di là, per favore’ dice rivolgendosi ai due uomini.
‘Ti chiedo scusa Giuliana, non avrei mai voluto farlo. Quei due siciliani là dentro mi hanno dato della ‘roba’ buona qualche tempo fa, di prima qualità. Non gliel’ho ancora pagata, non c’ho soldi in questo periodo è da una settimana che mi stanno tallonando. Stamattina mi hanno messo in mezzo e volevano farmi passare un brutto quarto d’ora. Mi siete venute in mente voi e gli ho detto che se mi lasciavano ancora un po’ di tempo, stasera gli avrei fatto scopare due fighe stratosferiche. Hanno accettato e ora sono qui. Non sanno niente della cassetta, pensano che siate due che ho rimorchiato. Mi dispiace, davvero non avrei mai voluto farlo, ma ora o vi fate scopare anche da quei due, oppure io sarò rovinato e allora sarai rovinata anche tu, cara professoressa’.
Non posso fare a meno di accasciarmi lasciandomi cadere quasi su una poltrona, lo sguardo perso, con gli occhi fissi sul vuoto.
I brutti pensieri della giornata si stanno drammaticamente concretizzando subito e nel peggiore dei modi.
So che se cedo anche a questo ricatto, poi lui potrà pretendere qualsiasi cosa da me e a quel punto dovrò fare qualsiasi cosa mi chieda, cadendo sempre di più nel baratro; se dico di sì adesso non sarò mai più padrona di se stessa.
‘No ‘ dico di slancio ‘ questo non posso farlo. Porta pure la cassetta dove vuoi, falla vedere a chi vuoi, vuol dire che sarò costretta a cambiare città, lavoro, probabilmente anche uomo, però tornerò ad essere una donna libera’.
Alfredo rimane sorpreso dalla mia risposta secca, non c’era preparato, era convinto che alla fine avrei detto di sì, come era successo ieri, come era successo quell’altra volta.
Noto con piacere che per la prima volta, sentendo il terreno scivolargli sotto i piedi, torna quel ragazzetto spaurito che ricordavo.
Quei due non scherzano affatto, lui lo sapeva con certezza, anche perché ad un suo conoscente, per un problema analogo al suo, avevano ridotto un braccio in modo da fare schifo e a distanza di anni ancora non lo muoveva bene.
Alfredo non voleva fare la stessa fine.
‘Vi do la cassetta, non voglio finire male: se fate quello che vi ho chiesto vi do la cassetta’.
La proposta ci sorprende; io e Marie ci guardiamo per un lungo istante, poi, quasi senza pensare, intravedendo per la prima volta la fine del mio calvario e di slancio dico che accetto.
‘Però la cassetta ce la dai prima’.
‘Aspetta” dice Marie, ma non fa in tempo a dirmi altro perché in quel momento si apre la porta e quei due individui entrano.
‘Allora è finita l’assemblea?’.
Un rapido cenno tra me e Alfredo, poi lui va nell’altra stanza, torna con la cassetta me la dà discretamente e io rapida la infilo in borsa.
Mi sento sollevata, è finita!
Ho anche un rapido pensiero: adesso io e Marie potremmo anche scappare via da quell’appartamento saremmo salve e con la preziosa cassetta in mano.
Ma è giusto un istante perché al di là del fatto che la porta è serrata, chi mi dà poi la certezza che quella è proprio la cassetta giusta.
‘Allora, il nostro giovanotto qui ci aveva parlato di voi, ma non immaginavamo che foste due gnocche così. Minchia ah, e bravo il nostro Alfredo, se le sa scegliere bene lui le sue puttane. La prossima volta, però invece di perdere soldi con puttane di questo calibro che ti costeranno certamente un occhio della testa, vedi di darceli a noi i soldi che è meglio per tutti: sono stato chiaro?’.
‘Come vi permettete, noi non siamo chi credete” provo a intervenire, ma vengo subito tacitata.
‘Zitte voi, stiamo parlando con il nostro amico, saremo da voi tra un attimo e parleremo di altri argomenti” mi interrompe infatti quello con la barba, portandosi la mano sull’uccello in un esplicito gesto volgare.
Sto per replicare, ma poi realizzo che se proprio dobbiamo scopare con loro è meglio che ci credano puttane, piuttosto che sappiano chi sono io, con tipi come quelli meno cose si dicono, meglio è: immagina se sapessero che sono una professoressa, capaci che verrebbero all’Università a chiedere chissà che tipi di favore.
Sistemate le cose con Alfredo che per il momento rimane in disparte, intimorito da quei due loschi personaggi, i due si avvicinano a noi.
‘Tu biondina sei uno schianto, come ti chiami?’
‘Marie’.
”Straniera sei? Dell’est? Minchia, le puttane dell’est siete tutte delle strafighe. E tu invece da come ti ho sentito parlare sembri nostrana: non è così?’
‘Sì, mi chiamo ‘ana’.
‘Eh?’
‘Silvana, ecco mi chiamo Silvana’.
‘In verità non me ne strafotte niente di come ti chiami: minchia se sei bona pure tu. Mettetevi pure comode, toglietevi gli abiti e mettevi completamente nude’.
Chissà perché le ho detto di chiamarmi Silvana anziché Giuliana: ho scelto il nome d’arte come le puttane.
In fondo, puttane lo siamo davvero: quelle vere usano il corpo per avere dei soldi, noi invece usiamo il nostro corpo per porre fine ad un ricatto; però la sostanza è la stessa, tutte scopiamo con degli sconosciuti per un interesse.
Lentamente ci togliamo tutti i vestiti restando nude.
‘Minchia che minne che hai!’ dice il pelato toccandomi le tette.
‘ E tu invece c’hai un culo che è una favola, girati e fammi vedere le tue di tette. Minchia la figa rasata c’hai! Vieni qua e fammela odorare’ aggiunge l’altro avvicinando la faccia al sesso di Marie.
‘Dopo ci date il numero di telefono: non so quanto vi ha dato lui, ma noi le paghiamo bene le donne e se sarete brave la prossima volta che andiamo a Montecarlo vi portiamo con noi e vi daremo pure un mucchio di soldi’.
Ecco, non mi mancava altro che diventare la puttana del boss, penso tra me e me.
Subito però mi sento prendere per un braccio dal tipo pelato: ‘Vieni qua, inginocchiati e toglimi i pantaloni’.
Non potendo fare altro mi abbasso e inizio a slacciare la cintura, poi lentamente i pantaloni si afflosciano come un sacco vuoto ai piedi dell’uomo.
‘Vai avanti, non ti fermare’ continua il pelato.
Allora gli levo anche le mutande e resto senza parole vedendo davanti a me, a pochi centimetri dalla mia faccia un affare che lì per lì mi sembra enorme.
‘Hai visto che minchia che c’ho? E adesso è moscia, figurati quando si arritta che è! Avanti prendimelo in bocca e fammelo diventare duro’.
Resto per un attimo perplessa, al di là delle dimensioni, l’odore che emana quell’affare non è dei più invitanti: prendere in bocca l’uccello di quel tipo mi fa davvero un po’ senso e poi chissà se si lava, da quanto tempo non fa un bidet.
‘E allora signorina Silvana, vuoi continuare a guardarmi la minchia o vuoi cominciare a darti da fare? Guarda un po’ la tua amica che senza perdere tempo sta già facendo un bel pompino al mio amico Beppe. Su, se apri la bocca bene bene, capace che ci entra tutto” aggiunge ridendo della sua battuta.
Giro un attimo la testa e vedo Marie che ha iniziato un pompino di quelli che sa fare lei a quel Beppe.
Mi faccio coraggio, vinco il disgusto e tirando fuori la lingua inizio a leccarlo, come per assaggiarne il sapore.
In verità non è dissimile dai tanti che ho ciucciato in vita mia, così apro la bocca e provo a fargli un pompino come vuole.
L’uccello sotto i colpi della mia lingua comincia a gonfiarsi ed è incredibile davvero l’attrezzo che ha questo tipo qui, sul serio quasi non mi sta in bocca.
Quando gli è diventato duro, mi mette le mani sulla nuca e inizia a spingermi la testa verso di sé, mentre con il movimento del bacino inizia a scoparmi la bocca.
Lì per lì mi sento quasi soffocare, provo a svicolarmi, ma lui mi tiene stretta la testa, così allora cerco di coordinare meglio i movimenti, aiutandomi anche con le mani per evitare di sentirmelo davvero fino in gola.
Ho qualche conato di vomito, ma resisto fino a quando lui non si stacca, mi fa girare e senza badare se fosse lubrificata (per fortuna lo è), mi infila l’uccello nella figa.
E’ davvero grosso, poi lui ci sa fare e non mi vergogno a dire che mi sta proprio piacendo: devo essere proprio una puttana, vengo scopata in questo modo brutale e sto lasciandomi andare ad un orgasmo.
Lui dietro continua a darmi colpi violenti, mi fa quasi male, ma il piacere è più volte, così non riesco più a trattenermi e vengo gridando.
‘Hai visto come si fa a far godere una puttana? dì la verità, una cosa così non ti era mai successa, eh; e abbiamo solo cominciato, vedrai dopo’, mi dice sfilando il suo cazzo senza essere venuto.
Davanti a me c’è Marie seduta sul cazzo di Beppe che si alza e si abbassa a ritmo, mentre timidamente, in un angolo Alfredo guarda senza avere il coraggio di partecipare.
Quindi Felice (così si chiama il pelato) mi fa stendere, mi alza le gambe quasi fin sopra la testa e me lo infila di nuovo dentro.
Comincia a menare colpi sempre più forti e mi sconquassa tutta: sembra davvero instancabile, non viene mai.
Poi si ferma ancora una volta: ‘Aspetta Beppe, facciamo cambio, fammi scopare con la bionda e questa troia scopatela tu”.
Poi guardando Alfredo: ” e tu minchione che fa?, stai imparando come si scopa per davvero? Avvicinati va’, lo sai che siamo generosi noi, fatti fare un pompino da quella troia di Silvana, mentre Beppe se la scopa”.
Così, mentre Beppe mi fa girare, Alfredo si avvicina piazzandomi il cazzo vicino alla bocca.
Cerco di fulminarlo con lo sguardo: dopo quello che ci ha combinato adesso vorrebbe anche che glielo prendessi in bocca.
Poi considero che è l’ultima volta che mi toccherà farlo, per cui lo accontento e apro la bocca.
Beppe, intanto sta armeggiando dietro di me e dopo qualche istante, sento che avvicina il suo uccello al buchetto del mio culo: cerco di fargli capire che non voglio, ma sembra che non c’è verso, continua a spingere finché non riesce a farmelo entrare dentro.
Mi sbatte dapprima con circospezione, poi in modo sempre più violento, aumentando il ritmo, finché emettendo un urlo strozzato, non mi scarica tutto nelle viscere.
Si sfila ed è questione di un attimo, Alfredo mi toglie il suo uccello dalla bocca, gira dietro di me e, prima che io possa rendermene conto, me lo infila anche lui nel culo.
Non trova alcuna resistenza, il buchetto è già abbastanza allargato, per cui mi scivola dentro senza alcun problema.
Pure Alfredo riesce a resistere solo pochi minuti, quindi viene anche lui.
‘Che minchia c’hai il miele dentro quel culo che tutti vogliono venire dentro di te?’ chiede allora Felice che continua imperterrito a scopare Marie.
Quindi si sfila dalla figa di Marie e con quel cazzone bello grosso e ritto che si ritrova viene verso di me.
‘Voglio proprio vedere che c’ha di particolare questo culo’.
‘No ‘ gli dico ‘ tu no, ferma’.
‘E che c’ho la rogna io che gli altri possono e io no?’.
‘Non c’hai la rogna, ce l’hai troppo grosso e mi faresti male’.
‘Ma che minchia dici, che c’hai un buco che sembra una galleria’.
Provo a svicolarmi, ma Beppe mi blocca mentre Felice, appostatosi dietro di me, comincia a spingere il suo grosso cazzo dentro il mio culo.
Non ce la fa, ne fa entrare un pezzo appena appena e si deve fermare; poi riprende a spingere e, piano piano, lo fa entrare sempre più dentro.
Io mi sento spaccare tutta, piango, ma non serve a nulla, implacabile Felice continua a infilarmelo sempre più dentro, quindi comincia ad andare su e giù e per me ogni volta è un gran dolore.
Via via che prende il ritmo forza sempre di più i colpi e spinge con sempre maggior vigore, per cui ogni volta mi sento proprio spaccare tutta.
Non viene mai, ha una resistenza mostruosa è quasi dieci minuti che mi sta inculando e non accenna a smettere, ormai credo di avere il culo tutto una piaga, anche se, da grande puttana quale devo proprio essere, mi sta piacendo da matti essere presa così.
Marie nel frattempo sta provando a far risvegliare i cazzi mosci di Beppe e Alfredo, ma non sembra avere un grande risultato.
Questa bestia dietro di me continua ad avere il cazzo duro più che mai e a spingere come un matto.
‘Senti fermati un po’, a parte il dolore terribile che mi stai facendo, poi sono in questa posizione in ginocchio da più di mezz’ora, prima i tuoi amici ed ora tu, sono davvero esausta, credimi’.
‘E che già stanca sei? Non ti preoccupare, cambiamo posizione’.
Ciò detto, mi fa stendere sulla schiena (finalmente!), mi alza le gambe come prima e torna a infilarmi il cazzo nel culo.
‘No, di nuovo lì no” dico quasi supplichevole.
‘C’avevano ragione, sai, c’hai un culo che è una meraviglia. Mi sa che tra un po’ ti faccio un clistere di sborra’ dice ridendo anche per questa ‘battuta’.
Beppe, lasciata la bocca di Marie, si avvicina alla mia e mi infila quel coso ancora mezzo moscio in bocca.
In questa posizione lo sento di più quell’affare enorme nel culo, ma lui imperterrito continua a spingere, finché mi rendo conto che il ritmo diventa frenetico, disordinato e capisco che finalmente sta per venire, così è infatti e mi scarica dentro un’enorme quantità di sperma.
Nel frattempo il cazzo di Beppe ha cominciato a risvegliarsi, per cui mi rendo conto che la serata sarà lunga, davvero lunga.
Alla fine, quando i maschietti finiscono di usarci me e Marie più volte per i loro comodi (i due siciliani per la verità, perché Alfredo dopo essermi venuto nel culo non è più riuscito a far drizzare il suo uccello che è rimasto moscio per tutta la serata), i due giovanotti cominciano a rivestirsi per lasciare la casa di Alfredo e si offrono di darci un passaggio.
‘Grazie, ma abbiamo la macchina nostra, sarà per un’altra volta” non vogliamo assolutamente uscire da quella casa con loro, né che sappiano che macchina ho e, quando ci chiedono i nostri numeri di telefono, inventiamo allegramente dei numeri a caso.
‘Allora giovanotto, per ringraziarti di questa bella serata, ti diamo ancora quindici giorni di tempo: trova i soldi che è meglio per tutti. Con voi due, invece ci vediamo presto: forse tra un paio di settimane andiamo davvero a Montecarlo per affari e vi portiamo con noi: va bene?’.
Ringraziamo e andiamo in bagno per prepararci.
Quando torniamo il campo è libero i due energumeni se ne sono andati e Alfredo è lì da solo.
‘Bene quello che hai combinato stasera ha passato ogni limite: abbiamo avuto pietà di te, però ora tu con me hai chiuso per davvero’.
‘Ma che stai dicendo?’
‘Sto dicendo che sei davvero un porco, ma per fortuna da stasera con te ho chiuso, per sempre!!!’
‘Ma allora non l’hai capito allora che a te non ci rinuncio più’ dice Alfredo con ritrovato vigore: passata la paura che aveva dei due giovanotti, ora provava a tornare il ragazzo sicuro di sé che avevo conosciuto ieri.
Sono io adesso che ricomincio ad avere paura.
‘Ma allora la cassetta che mi hai dato non è quella nostra?’ chiedo timidamente con il cuore che batte all’impazzata.
‘Certa che è quella vostra, potete prenderla e guardarvela quante volte volete, come ho fatto io in questi ultimi giorni’.
‘E allora?’.
‘Ma pensi sul serio che ne abbia una copia sola? Ne ho fatte almeno tre o quattro, questa volta non volevo assolutamente correre il rischio che qualcuno per sbaglio me la buttasse”
‘Tu’tu ‘ sei un bastardo, sei un” non riesco a finire perché scoppio a piangere a dirotto: la notizia è sconvolgente: pensavo fosse tutto finito e adesso scopro che avevamo scherzato e che continuerò ad essere ricattata da questo essere abietto.
Inizia una lunga discussione nella quale Marie perora la mia causa, arrivando a minacciarlo, a volte lusingarlo, ma senza alcun risultato.
Durante questo periodo io sono quasi assente, la testa è vuota, sono adagiata sul divano senza avere la forza di fare alcunché, sento intorno a me le voci, a volte le urla di Marie, ma è come se la cosa non mi riguardasse: è come se in sottofondo fosse acceso un televisore che neanche sto guardando: dio che brutto colpo per me, che grande disillusione.
A notte fonda, dopo quasi un’ora di discussioni inutili, Marie mi prende per un braccio e usciamo da quell’appartamento.
Il mio stato catatonico continua fino a quando arriviamo a casa, lì sembro come risvegliarmi e con Marie affrontiamo la situazione: non mi nasconde la sua grande preoccupazione per la vicenda.
‘Parliamoci chiaro non puoi davvero stare dietro a quello là, stasera ci ha chiesto di fare questo perché era disperato, ma domani potrà chiederti di fare chissà cosa con chi, magari ti mette in vendita all’asta: ‘chi si vuole scopare la professoressa faccia un’offerta, la più alta vince!’ Oppure ti chiederà raccomandazioni, oppure si venderà il tuo esame a qualche studente disperato. No, la cosa non può continuare a lungo”
‘E secondo te cosa potremmo fare?’ chiedo con un tono disperato.
‘Beh possiamo sempre chiedere a quei due siciliani di entrare a casa sua e di distruggere tutte le video cassette che trovano; in cambio ci facciamo un’altra bella scopata con loro: ti confesso che mi sono proprio divertita’ dice sorridendo tra il serio e lo scherzo.
Finalmente sorrido anch’io.
‘T’immagini così magari le cassette le trovano loro e cadiamo dalla padella nella brace. E poi dove li rintracciamo, gli abbiamo dati dei numeri di telefono della Groenlandia’!’
‘Beh, per adesso non possiamo fare niente, dobbiamo continuare ad assecondarlo, però qualcosa inventeremo. Per ora andiamo a fare ninna che è quasi l’alba e tra un po’ tu dovrai andare a lavorare’.
In quel momento, alzandomi dal divano dove ero sprofondata appena arrivata a casa, mi ricordo di avere la cassetta in borsa.
‘Maledetta, se non era per te…’ la prendo e faccio per scaraventarla con forza, ma Marie mi ferma.
‘Aspetta, visto che ce l’abbiamo non la rompere, fammela almeno vedere questa cassetta, teniamocela per adesso”.
‘Sì, così quando poi rientra Gabriele la trova e vede che porcherie abbiamo fatto’.
‘No prima che io vada via, la distruggiamo, ma almeno una volta voglio guardarla’.
‘Io non ci tengo’.
‘Allora la guarderò mentre tu sei al lavoro’.
Il giorno dopo al lavoro ci vado davvero mal volentieri, ma come dio vuole quella giornata finisce e di Alfredo nessuna traccia.
La serata trascorre tranquilla, per quanto ci consente il nostro stato d’animo, in un ristorante non molto lontano da casa, senza mai parlare del nostro problema.
Tornate a casa, le chiedo, quasi incidentalmente, se ha visto la cassetta.
‘No, mi sono svegliata molto tardi, poi sono uscita e al ritorno mi è passata di mente. Vuoi vederla adesso?’
‘Non ci penso nemmeno, te l’ho detto che quella cassetta non ho alcuna intenzione di vederla!’
‘Va bene, vuol dire che la vedrò domani da sola’.
La mattina successiva, come al solito esco di casa che Marie dorme ancora, la lascio con un bacio appena accennato e vado in Facoltà.
Poco prima di pranzo, le mie angosce tornano a materializzarsi.
‘Dottoressa, c’è un ragazzo che insiste per vederla a tutti i costi’.
‘Chi è?’
‘Non lo so, mi ha detto solo di dirle che si chiama Alfredo”
Resto sbigottita, non immaginavo arrivasse a presentarsi lì in Facoltà; non so cosa dire alla bidella che diligentemente aspetta davanti alla porta che io le dia disposizioni.
‘Va bene, fallo entrare e per favore non voglio essere disturbata da nessuno per un quarto d’ora’.
‘Mia dolce Giuliana’ o adesso devo chiamarti Silvana?’.
‘Cosa vuoi, cosa sei venuto a fare qua dentro: non voglio che tu ci metta più piede in Facoltà, sono stata chiara?’
‘Perbacco che carattere, li tratti tutti così i tuoi studenti? Poveri loro. Niente, passavo da queste parti e allora sono salito da te. Voglio solo ricordarti che tutto questo che hai intorno, ti può crollare addosso da un momento all’altro: dipende solo da te. Mi dispiace per l’altra sera e ti assicuro che non succederà più, almeno spero Io voglio che tu sia solo mia, non ho nessuna intenzione di doverti dividere con nessuno. Guarda, ieri sono riuscito a fare altre foto da quel video, ho lavorato tutto il giorno col computer: sono venute molto meglio delle altre, vero?’
Così dicendo, lascia scivolare sul mio tavolo una busta con delle foto che si sparpagliano su tutta la scrivania.
Sono foto in cui io ho delle pose indecenti e sono molto più chiare e nitide dell’altra volta.
Le raccolgo in fretta badando bene a non lasciarne neanche una sul tavolo, le rimetto nella buste e gliele porgo.
‘Che vuoi?’
‘Nulla, sono solo venuto a dirti che, dopo la pausa di ieri ho di nuovo voglia di te, quindi ti aspetto stasera a casa mia: stavolta cucino io, ti faccio trovare qualcosa di pronto, sei contenta?’
Non rispondo, non riesco a parlare.
‘Bene, ora togliti le mutandine e dammele: stasera vieni senza, per il ritorno utilizzerai queste’.
‘Ma ho la gonna ed è pure corta, quando sono seduta basta che accavalli le gambe e qualcuno può vedere tutto; subito dopo pranzo ho pure la riunione del Dipartimento e quei maniaci malati non fanno altro che guardarmi le gambe: stasera verrò senza, ma ora lasciamele’.
‘No, le voglio ora, per la riunione cerca di stare attenta, in caso contrario quei porci dei tuoi colleghi avranno una visione che non dimenticheranno facilmente’.
Mi sfilo controvoglia le mutandine e gliele consegno, lui si avvicina a me, mi mette una mano in mezzo alle gambe e cerca di raggiungere il mio sesso.
‘Ora basta, smettila, può entrare qualcuno. Vai via e ricordati che non voglio più vederti qua. Intesi?’
‘Ehi Giuliana, non puoi trattarmi così, lo sai vero? Potrebbe succedere che per la rabbia questa busta con le foto distrattamente mi scivoli proprio davanti alla scrivania della tua segretaria. Tu non vuoi questo, vero?’
Senza dire niente allargo le gambe di quel tanto che lui possa arrivare prima a toccare i peli, poi a infilarmi un dito dentro.
Lo tira fuori e lo annusa estasiato, poi va verso la sua borsa, prende la mutanda con il fallo dell’altra volta e me la porge.
‘Stasera, prima di venire da me, infilati questo; se vuoi ti fermi in un bar come l’altra volta, ma quando vieni da me ti voglio trovare con questo coso già infilato nella figa, capito?’
Lo guardo senza parole lui mi da una carezza sulla guancia.
‘Così va bene, ora mi dispiace, ma devo proprio andare. A stasera”
Rimasta sola provo a telefonare a Marie, ma non è in casa ed ha pure il cellulare spento, maledizione.
La mattinata ha termine ed io vado a pranzo con i colleghi in una rosticceria sotto la facoltà.
Prima, però, come sempre, una puntata al bar per l’aperitivo; è una vecchia abitudine che dura da anni, per cui come sempre, appena entrati nel bar, essendo l’unica donna di quel gruppo, mi siedo sullo sgabellone al banco e ordino l’aperitivo.
Solo in quel momento mi ricordo che sotto non ho biancheria e subito mi rendo conto che la gonna è salita paurosamente al limite.
Cerco di coprirmi con la borsetta, ma ho la sensazione di essere completamente nuda in quel bar così affollato e poi sono terrorizzata che la borsetta mi cada rivelando quell’osceno contenuto.
Al ristorante, grazie alla tovaglia va meglio, ma il vero dramma è alla riunione: la saletta riunioni del Dipartimento è strutturata in modo che le poltroncine siano disposte in circolo, una specie di ‘Cavalieri della Tavola Rotonda’ però senza il tavolo in mezzo!.
Siamo in dieci, di cui solo due donne, sempre che la professoressa Gambetti possa essere considerata una donna, brutta com’è, poveraccia; per cui, come accade ormai da tempo, durante queste riunioni, gli sguardi dei maschietti sono tutti rivolti a me.
O meglio dipende da come sono vestita: sono rivolti alle mie tette se ho una camicetta o un vestito con scollatura generosa, o sono rivolti alle mie gambe se ho la gonna come oggi.
Sto per tutto il tempo con cartellina poggiata sulle gambe in posizione dritta, ma quando di tanto in tanto accavallo le gambe, si rivivono scene tipo ‘Basic Instinct’ o almeno così immagino io nella mia fantasia; figurarsi poi, quando presa dalla discussione assumo pose poco eleganti che, quando poi me ne accorgo, mi fanno morire dalla vergogna.
In realtà tutto ciò è frutto più della fantasia che della realtà, perché la riunione (breve, per fortuna) si svolge senza grandi clamori e solo un collega, che mi corteggia discretamente da mesi, mi fa un sorrisetto ambiguo: chissà se ha capito qualcosa.
Appena in stanza telefono a Marie e finalmente la trovo.
Mi sfogo con lei raccontando la venuta di Alfredo e le mie rinnovate paure.
‘Bene stasera quando andremo cambieremo tattica, cercheremo di minacciarlo, oppure gli offriremo dei soldi, ma così non può continuare’.
‘Veramente a te non ti ha nominata: o se ne è dimenticato oppure può darsi che voglia vedere me da sola; forse ti teme un po’, hai un carattere più forte del mio’.
Restiamo d’accordo che andrò da sola e che, comunque, ci risentiremo più tardi prima che io vada all’appuntamento.
Proprio mentre stavo andando via a casa di Alfredo, mi arriva una telefonata da Marie.
‘Giuliana, ce l’hai il numero di telefono di quello stronzo?’
‘Sì me lo ha lasciato, ma che è successo’ chiedo assai preoccupata.
‘No, niente, chiamalo e digli che vengo anch’io all’appuntamento’.
‘Cos’è ti scocci di restare da sola a casa?’
‘No, gli faremo una bella sorpresa’
‘Ma che vuol dire?’
‘Niente, ti spiego dopo, adesso devo prepararmi altrimenti arriverò tardi: ci vediamo direttamente a casa di quel porco’.
Rimango allibita, non capisco questo atteggiamento di Marie, sono così perplessa che esco dimenticandomi di telefonare ad Alfredo per avvertirlo della presenza di Marie, ma non credo, in fondo, che gli dispiacerà avere due donne per sé.
Arrivo sotto casa puntuale, di Marie non c’è traccia.
In ascensore mi viene in mente la sua richiesta di indossare quelle mutande, così lo fermo, e provo a sistemarmi le mutande; il difficile è allacciarle dopo aver infilato il fallo nella figa; comunque alla fine ci riesco.
Riavvio l’ascensore e arrivo al suo appartamento.
E’ molto gentile, stasera, mi dice che ha già cucinato e che vuole farsi perdonare ‘l’incidente’ dell’altra sera.
Poi mi chiede di spogliarmi: vuole vedermi nuda anche mangiando.
Lo accontento e mi tolgo rassegnata i vestiti; resto con quella mutanda e accenno a levarmela, ma lui mi ferma.
‘No, questa lasciatela, la toglieremo più tardi”
‘Ma mi dà fastidio’ provo a replicare.
‘L’hai appena messa, lo so, ho visto quanto hai impiegato a salire con l’ascensore, quindi lasciatela ancora un po’ dentro’.
Sto per replicare, ma in quel momento suona il citofono.
‘E chi è che viene a rompere a quest’ora?’.
Marie, dio mio ho continuato a dimenticare di dirglielo.
‘Dev’essere Marie, la mia amica, ha voluto raggiungerci per stare insieme a noi. Spero non ti dispiaccia”.
‘Cazzo non sapevo fosse ancora qua, pensavo se ne fosse andata via. Mi dispiace? Ma stai scherzando oltre a te potrò avere anche quella figa della tua amica, perché dovrei essere dispiaciuto?’.
Marie sale e mi trova nuda con quell’affare infilato dentro.
‘Avete già iniziato i festeggiamenti senza di me?’ dice mentre io la guardo allibita: le ha dato di volta il cervello, cos’è, ch’ha preso improvvisamente gusto ad essere trattata come una puttana-schiavetta?
‘No, ci mancherebbe. Dai spogliati anche tu” fa Alfredo, incredulo.
‘Va bene, però prima di fare altro, ci guardiamo insieme la nostra cassetta: Giuliana non l’ha voluta vedere e penso che sia stato un errore, penso che sia meglio che la veda’.
‘Ma sei diventata matta? Ti ho detto che non ci tengo proprio a vedere quella porcheria che mi sta rovinando la vita’
‘E invece, secondo me è meglio che la vedi: su Alfredo, valla a prendere’.
‘Sì mi pare una buona idea è così eccitante guardarla e poi magari mentre nella cassetta qualcuno vi sta inculando, io ve lo metto nel culo in diretta, una dopo l’altra, per non scontentare nessuna’ dice il maiale sarcastico
Mentre Alfredo è andato a prendere la casetta, io guardo esterrefatta Marie: ‘Ma che è successo, che storia è questa, che ti salta in mente?’
‘Non ti preoccupare, assecondami e vedrai”.
Alfredo torna immediatamente e infila la casetta nel registratore.
Le immagini scorrono e si vedono le brutte scene in cui io e Marie veniamo prima ‘convinte’ a spogliarci, poi con l’intervento degli altri due, costrette a subire le violenze che ripetutamente per tutta quella notte i quattro ci hanno inflitto.
‘Vi state eccitando, eh? Mi è venuto duro come il marmo, tra un ve lo farò assaggiare. Anzi tu comincia a prendermelo in bocca’ dice con uno sguardo laido Alfredo slacciandosi i pantaloni.
‘Non avere fretta. Io ti consiglio di guardarla bene questa cassetta,studiala, anzi’.
‘Che vuoi dire?’
‘A te Giuliana cosa suggerisce questa casetta?’
‘Beh, io vedo quattro delinquenti che costringono due povere ragazze a subire violenza”
‘Brava, hai colto al volo! In questa cassetta si vede come questo giovanotto assieme agli altri tre compari, hanno costretto a rapporti sessuali, chiaramente non desiderati, noi due. Giuliana, tu che conosci la legge meglio di tutti noi, cosa pensi di tutto questo?’
‘Che il signorino qui si farà un bel po’ di anni di galera’!’.
Alfredo, che nel frattempo era rimasto interdetto dal nostro dialogo, a questo punto sbianca in volto.
‘Un momento, un momento, che state dicendo”
‘Che qui c’è la prova di una violenza sessuale della quale tu sei stato protagonista; e la prova ce l’hai data tu stesso quando mi hai consegnato la cassetta’ lo incalzo io.
‘Però se mi denunciate questa cassetta finisce in Tribunale e allora vi sputtanate lo stesso’.
‘No, perché una cosa sono le foto nelle quali sembra che io e la mia amica ci diamo ad orge che comprometterebbero irrimediabilmente la nostra reputazione, altro è, invece, che noi siamo costrette a subire le vostre attenzioni senza volerlo. Nella cassetta, si vede più volte che io provo a ribellarmi e ogni volta qualcuno di voi tira fuori la storia delle foto e ci costringe ad andare avanti. Siamo vittime, non siamo certamente consenzienti, quindi nessuno potrà mai rimproverarci nulla. Per quanto riguarda mio marito, non gli farà certo piacere, però lo conosco sono certa che capirà.’.
‘Che volete fare adesso?’
‘Per prima cosa, vai a prendere tutte le cassette che hai registrato e le foto che hai stampato portacele qua e cancella tutto quello che c’è sul computer. Bada a bene a portarle tutte: spero che tu abbia capito che non ti conviene che ce ne siano ancora in giro’.
Mentre Alfredo va di là, Marie, mentre sollevata mi tolgo quella fastidiosissima mutanda, mi chiede: ‘Che facciamo, non possiamo certo denunciarlo: è vero che lui e gli altri finirebbero in galera, ma è anche vero che, malgrado le stronzate che gli abbiamo detto, sia tu che io perderemmo la faccia. Mio marito poi appena lo viene a sapere mi molla immediatamente figurarsi, lui combina di tutto, ma ufficialmente la reputazione deve essere salva’
‘Sì lo so, ma questo bastardo non se la può cavare così a buon mercato, bisognerebbe escogitare qualcosa per fargliela pagare’.
‘Beh, io un’idea ce l’avrei” mi dice guardandomi con un sorrisetto maligno.
Quando rientra con quattro cassette, io mi sto finendo di vestire.
‘Bene, sei sicuro che siano tutte’.
‘Sì, ne avevo fatte cinque copie, una ce l’avete voi, maledizione a me e a quando ve l’ho data”.
Poi accende il computer e cancella tutti i files con le nostre foto e gli spezzoni di filmino che vi aveva registrato.
‘Bene, mi pare che tu abbia fatto tutto, allora spogliati; pure tu Giuliana, togliti di nuovo i vestiti, mettiamoci nude pure noi’.
Io che visibilmente sollevata mi ero appena rivestita, la guardo senza capire, così come Alfredo, però è decisamente lei che ha preso in mano la situazione, così ubbidiamo entrambi.
Senza aggiungere altro si spoglia anche lei.
‘Bene, adesso bisognerebbe renderlo innocuo questo teppista”.
‘L’altro giorno avevi delle manette, dove sono?’ chiedo io che credo di aver capito il gioco di Marie.
Alfredo va a prenderle e ce le consegna.
Gli ordiniamo di stendersi sul letto e lo ammanettiamo alla testata.
‘Volevi farci fare le porcherie? Bene, guardaci perché ora io e Giuliana faremo uno spettacolino tutto per te, solo che tu per ora non potrai intervenire’.
Quindi facendo seguire i fatti alle parole, comincia a toccarmi nei punti più sensibili.
Lentamente ci eccitiamo a vicenda, toccandoci e baciandoci.
Dopo un po’ lei prende la mutanda che avevo prima, la indossa alla rovescia di come ero stata costretta ad indossarla e, con il fallo sporgente si avvicina a me infilandomelo dentro.
‘Ho sempre desiderato essere un uomo per poter fare questo con te”.
Sono già molto bagnata per il prolungato stazionamento di quel fallo dentro di me prima, e questa nuova penetrazione, pur non essendo il fallo grandissimo, mi eccita subito molto.
Marie spinge ed io godo’
‘Adesso indossalo tu e scopami come nessun maschio ha saputo fare mai” mi dice rapita.
Lo indosso e, con un po’ di fatica riesco a infilarglielo dentro.
I primi movimenti sono molto impacciati, non ho ritmo ed ho paura di farle male.
Poi, piano a piano prendo i tempi giusto e riesco a spingere nel modo corretto, infatti sento che lei si lasca andare a dei gemiti di piacere che mi eccitano e mi spingono a continuare con più forza.
Apro gli occhi e vedo Alfredo con le braccia aperte a croce, legato al letto e con un’erezione portentosa.
L’istinto di femmina, nell’estasi della passione, per un attimo mi fa desiderare di toccare quell’uccello, ma la ragione ha subito la meglio e lo ignoro come da taciti accordi.
Continuo a spingere e a concentrarmi sul piacere che sto procurando alla mia amica: è un potere nuovo quello che sperimento, il potere di scopare una persona, di dettare io i tempi e i modi, di essere io, anche se attraverso un fallo artificiale, dentro un’altra persona e non viceversa come è naturale che mi accada.
Così avverto un piacere nuovo, diverso, quando sento che Marie sta per avere un orgasmo provocato da me come ‘uomo’, come parte attiva.
Quando tutto è finito, mi accascio su Marie che prende a baciarmi.
‘Vedo che il brutto porco si è eccitato a questo spettacolino. Vediamo se si eccita pure ora. Forza dai, dammi una mano che lo giriamo’.
Così, slegandogli una mano per volta, lo leghiamo pancia sotto, quindi con le lenzuola gli attacchiamo i piedi alle altre due estremità del letto.
‘Ecco fatto, il signorino sinora ha solo guardato, ma non ha ancora partecipato, che ne diresti di coinvolgerlo un po” mi dice ammiccante, guardando il fallo che ho ancora indosso.
‘Ehi ferme, che volete fare? Basta scherzare, le cassette ve le ho date tutte, non avete più niente da temere da me, ora basta slegatemi, dai”.
Ignorando le sue parole, io e Marie sistemiamo sotto la sua pancia alcuni cuscini, così da sospenderlo un po’.
Poi Marie, con un’investitura ufficiale, mi dice. ‘Giuliana, a te l’onore, questo porco voleva rovinarti la vita, il minimo che puoi fare è quello di rompergli il culo: vai!’
‘No, ferme, ho capito la lezione, basta, per favore, no!!!!’ fa lui provando a dibattersi impotente.
‘Se l’hai capita adesso, vedrai come i resterà impressa tra un po”.
Così dicendo, malgrado non stia fermo un attimo, mi avvicino al suo culo brufoloso e punto il fallo verso il suo buco.
Appena riesco ad appoggiarlo, Alfredo lancia un urlo straziante.
‘Ma se ancora non è entrato neanche di un centimetro. Senti, è’ inutile che fai così, più ti agiti e peggio è, te lo dico per esperienza personale, credimi’.
Quindi, riprendo a spingere e tra le urla di Alfredo, smorzate dalle sue stesse mutande che Marie gli ha infilato in bocca per evitare che tutto il palazzo si precipitasse da noi, riesco a fargli entrare quel fallo nel culo.
‘E’ entrato, cazzo!, lo sto inculando, ci pensi, Marie, glielo sto mettendo nel culo io a lui!!!!’
Sono esaltata, è una sensazione che non immaginavo: farlo con Marie mi aveva dato una sensazione di potere, ma quella che provo adesso è di gran lunga amplificata.
Riesco a ignorare le sue urla e le sue preghiere e, ripensando a tutto quello che mi ha fatto e a quello che voleva farmi nel futuro, inizio a spingere con forza.
‘Peccato che il fallo sia piccolo per te ci sarebbe voluto il cazzo di Felice che mi è toccato prendere nel culo l’altra sera, altro che questo cazzetto piccolo, poi volevo vedere che gridate facevi’ gli urlo in preda ad un’esaltazione mai conosciuta prima.
‘Non avere pietà, anche perché questo porco si sta pure eccitando: guarda che cazzo dritto che gli è venuto. Così ti piace prenderlo nel culo, eh, ora ti manca solo che vieni e poi il quadro è completo”.
Io continuo a spingere in modo irregolare, ho il cuore che batte all’impazzata, la faccia trasfigurata, il respiro affannoso, il sudore che mi cola dappertutto.
Ad un certo punto mi accorgo che Marie che è preoccupata per me.
‘Penso che possa bastare adesso Giuliana, credo che la lezione l’abbia capita, su fermati che sei tutta affannata..’.
‘No hai ragione tu, per essere completa deve godere di essere inculato, deve venire per il piacere di prenderlo nel culo”.
Sono spietata, voglio umiliarlo fino in fondo, allora vedo Marie che avvicina la mano al suo cazzo, glielo sfiora appena appena e quell’uccello che è teso come una corda di violino, prende a vibrare scompostamente e a schizzare lo sperma da tutte le parti, mentre io imperterrita continuo ad incularlo, traendone un piacere ed una soddisfazione inimmaginabile sinora.
Mi accascio esausta sul letto, sono completamente svuotata, è come se avessi avuto dieci orgasmi consecutivi, le gambe non me le sento proprio e la testa mi gira vertiginosamente.
Mi slaccio la mutanda e gliela lascio infilata nel culo, quindi spossata mi stendo sul letto.
Dopo un po’ ci alziamo per andarci a lavare, mentre lui, dopo avergli liberato la bocca, lo lasciamo lì legato e singhiozzante.
Quando torniamo la situazione è la stessa: continua a piagnucolare.
‘Ci pensi Marie, se tu non ti ostinavi a voler vedere la cassetta questa storia non avrebbe avuto mai fine’.
‘Non solo, se lui si fosse limitato alle foto, non avremmo potuto accusarlo mai di niente: dalle foto sembravamo due ninfomani assetate di sesso nel pieno di un’orgia, non avremmo avuto via di uscita, saremmo state sputtanate a vita se non accettavamo i suoi ricatti’.
Quindi mi rivolgo a lui
‘Ascolta, io sono una professoressa e insegno materie di diritto, dovrei portarti in Tribunale te e i tuoi amici e farvi scontare in galera tutto ciò che ci avete fatto; però io e la mia amica abbiamo deciso di essere generose, spero che tu abbia capito la lezione e guai a te se pensi che la cosa possa avere un seguito: abbiamo le cassette, quindi possiamo denunciarvi ogni volta che vogliamo. Intesi?’
Alfredo non risponde, continua a singhiozzare; adesso che mi è passato lo stato di sovra eccitazione mi fa anche un po’ pena, quasi mi verrebbe di consolarlo per ciò che gli ho fatto.
Gli tolgo quel fallo dal culo.
Marie inizia a slegargli prima i piedi, poi gli toglie le manette.
Lui non si muove, resta a pancia in giù, completamente nudo e singhiozzante in modo inconsolabile.
La scena è diventata straziante, insostenibile quasi, per cui prendo la borsa, raccolgo le cassette e le foto e mi avvio all’uscita seguita da Marie.
Fuori respiriamo a pieni polmoni.
‘Che ne facciamo di queste cassette?’.
‘Che vuoi farne, le distruggiamo e il primo bidone che troviamo le buttiamo, è ovvio!’
‘E se lui non ce le ha consegnate tutte, se ne ha conservata una? Noi gli abbiamo dato l’idea di come fare per riprendere il gioco: stampa le foto e ci ricatta con quelle. Con le foto non possiamo accusarlo mai di niente. No per maggiore sicurezza una copia dobbiamo conservarla, così nel caso facciamo vedere da dove sono state tratte le foto e stavolta li denunciamo davvero’.
‘Sì, hai ragione, però io non voglio correre il rischio che me le scopra Gabriele, e lo stesso tu con tuo marito’.
‘Possiamo affittare una cassetta di sicurezza e metterle lì. Poi la chiave la prendo io e la porto a Milano: se anche me la trovasse mio marito penserebbe ad una cassetta di sicurezza a Milano, mai a Roma, così siamo tutt’e due al sicuro. Che ne dici?’.
‘Certo che ne hai di cervello tu, eh! Alla faccia di chi dice che le donne che hanno un corpo come il tuo sono per forza delle oche’.
‘Senti, ma a Roma lo conosci qualche posto dove si possa acquistare un aggeggio come quello che aveva quel disgraziato lì sopra?’
‘Brutta maiala! Ma lo sai che stavo pensando anch’io alla stessa cosa? lo troviamo, certo che lo troviamo”.

F I N E

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