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Racconti Erotici Etero

Un dono

By 7 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

 

Me lo chiedi… lo vuoi.

Come tutti gli uomini. Mi è successo sempre.

Mi avete, avete il mio corpo, le mie mani, la mia bocca…

Ma no! Non basta! Voi volete di più! Sempre.

E io non mi dono.

Il mio retro, il mio posteriore, il lato B… insomma, il culo per me è una cosa di immenso valore.

Non è una cosa che può prendersi chiunque. E’ un dono, il dono più grande che posso fare.

E non è certo una cosa che hanno avuto in molti. Anzi. E loro erano speciali. Molto. Immensamente.

Però… anche tu sei speciale. Tanto. In un modo che ancora non conoscevo.

Il tuo modo di fare, discreto ma deciso, le tue incursioni nel mio cervello, sul mio corpo…

Tutto è speciale.

E mi fai sentire bene.

E mi vuoi. Vuoi tutto di me.

E io continuo a dirti che non sono pronta. E lo sai… sai il valore che metto in questo atto. È una cosa privata, segreta, solo mia. Per questo donarlo è un gesto così difficile.

Non ho mai capito le donne che concedono subito tutto. Che senso ha? È come svendersi.

Ma io… io dono. E ho deciso che è giunto il tempo. Anzi, che è giunto il momento. Quello che c’è tra noi merita questo dono.

 

Così ci diamo appuntamento nel solito posto. Mi baci e mi guardi. Vedi che ho uno sguardo strano, una luce particolare negli occhi, ma non dici niente. Ti limiti a guardarmi con quello sguardo inclinato, un po’ sopra e un po’ sotto gli occhiali…

Raggiungiamo l’albergo e facciamo il checkin… anche se ormai ci conoscono sono sempre un po’ tesa ed imbarazzata quando sono qui alla reception… è chiaro cosa siamo venuti a fare, è evidente… e il ragazzo al banco non fa una piega, ci regala il suo solito sorriso e ci da la chiave. La stessa camera. Mi chiedo se lo faccia apposta o se è il caso che ci dà sempre lo stesso numero. Il 38. Ultimo piano in fondo al corridoio. Lontano da sguardi e orecchie indiscrete. Con la finestra che dà sul retro, verso il niente. Così possiamo tenere le tende aperte e stare nudi e muoverci in stanza senza alcun problema.

Varcata la soglia mi spoglio. Le tue mani mi aiutano, accarezzando il mio corpo sfilandomi i vestiti, incrociandosi con le mie che sfilano i tuoi, le lingue allacciate in un bacio profondo e intenso ma dolce. Un antipasto del pranzo che stiamo per fare.

Nuda. Nudo. Un passo indietro. Mi guardi.

“Carina” me lo dici inclinando la testa. Vuol dire molto di più della semplice parola. Lo so benissimo. Lo so perché lo dici quando passi la mano sulle mie cosce… “Carina” … quando mordi i miei seni… “Carina” … quando baci il monte di venere… “Carina”… quando assaggi la mia eccitazione…

La tua bocca attaccata al mio sesso beve alla fonte del mio piacere. Le tue dita tormentano un capezzolo tirando e torcendo mentre gemo e la mia voglia cresce…

La senti. Mi vuoi. Mi prendi. Con decisione. Con forza…

Dalla mia gola suoni indistinti, segnali del mio piacere. Non so mai dire quello che desidero, quello che voglio. Ma devo riuscirci. Tu non lo chiedi mai mentre mi prendi. Lo fai prima, quando parliamo. Lo fai dopo quando ci riprendiamo. Un po’ come se fosse un argomento di conversazione. Lo fai per mettermi a mio agio con l’argomento.

“Prendimi…” è la prima parola che mi viene… tra una spinta e l’altra…

Mi guardi. Perplesso.

“Lì… dietro… prendimi… fai piano…” la voglia che ho di averti, di donarmi, completamente mi fa implorare… “Ora… piano…”

Ti illumini alle mie parole. “Oh, mia diletta…”

Ti sfili da me e scendi con la bocca al mio sesso. Mi penetri con la lingua e ti inumidisci le dita di me. Poi scendi piano. Ruoto il bacino il più possibile alzando le gambe per metterti nella condizione di poter accedere a me più facilmente, e metto le mani sotto i glutei, allargando piano. La tua lingua esplora tutta la zona tra il mio sesso e la rosellina per poi dedicarsi solo a quest’ultima. Spingi sui muscoli per allentarli. Lo senti che sono tesa, nonostante io mi voglia donare. Ma non hai fretta. Ti piacciono i regali e ti piace gustarteli. Quindi lavori con la lingua sul muscolo e avvicini un dito. Spingi piano continuando a leccare. Sono stretta. Te lo aspettavi. E inizi a girare piano con il dito. Con cautela allarghi il buchino, lo adatti, lo convinci a cedere…

“Respira, mia diletta… rilassati di più…”

Hai ragione, sono tesa. Respiro e allento. E tu infili un altro dito…

Allontani il viso per guardarmi. Mugolo. Non sono stata in silenzio un attimo. Non mi concedo, ma non vuol dire che io non apprezzi. E mi guardi forse un po’ sorpreso.

Stai continuando a lavorare sul mio buchino. Mi vuoi, ma sai che così ancora non sono pronta, e non vuoi farmi male. Ci tieni che il giocattolo non si rompa… né nel corpo né nello spirito.

L’altra mano va a stuzzicare il mio sesso, il clitoride, le labbra. Due dita si infilano piano, lì dove prima c’era il tuo sesso. Gemo più forte e inarco la schiena. Le tue dita mi frugano. Il mio corpo vibra…

“Ora tu…” dico tra un gemito e l’altro, in un sussurro.

“Ripetilo”

“Ora… prendimi ora… ti voglio… dietro…”

Sfili le dita dal mio corpo. Ti avvicini e punti il sesso sul mio buchino. Sei in ginocchio davanti a me. Il mio sedere sollevato dal cuscino e dalle mie mani che ancora tengono aperte le natiche.

Con una mano mi prendi un fianco, con l’altra ti indirizzi. Spingi forte per un tempo breve.

Urlo piano. Anche se mi hai preparata il dolore lo sento sempre. Comunque. Il mio corpo rifiuta questa pratica. Anche per questo è un dono.

Sei fermo. Appena infilato in me. Aspetti e mi guardi.

Ondeggi dolcemente col bacino, ruotando, allargandomi.

“… oh… prendimi… ora…” dico in un filo di voce cercando se possibile di ruotare e avvicinare il bacino verso di te.

Mi afferri con entrambe le mani ai fianchi e inizi a spingere. Piano. Inesorabilmente. A fondo.

E mi guardi.

Gemo e inarco la schiena, accogliendo il tuo sesso dentro di me. Desiderandoti e pentendomi allo stesso tempo. Gemendo dal dolore e dal piacere. Perché è lì la questione. A metà tra dolore e piacere. E tu arrivi. In fondo. Dentro. E ti fermi.

Io respiro.

“Tutto bene?”

Ansimo… “… sì …”

Allora inizi a muoverti dentro di me, a scorrere, a possedermi. Dapprima con lunghi affondi e lunghe estrazioni. Gemendo con me, respirando con me. Poi le tue dita si serrano sulla mia carne. Gli affondi si fanno più intensi, più veloci.

Il brivido di averti dentro mi fa perdere.

“Toccati!” mi ordini.

La mia mano corre al clitoride e inizia a strofinare forsennatamente, disperatamente. Ho bisogno di godere. Ne ho bisogno per capire se sto provando dolore o piacere. E intanto tu continui a penetrarmi con vigore.

“Sto… oh… sto per…” mi si smorzano le parole in gola.

“Da brava… vieni…”

Di colpo esplodo in un orgasmo dimenticando il fastidio di averti dietro. Gemo e contraggo i muscoli. E’ un segnale per il tuo corpo che reagisce facendo esplodere anche il tuo orgasmo.

Con un gemito. Dentro di me. Dietro. Nel mio culo. Nel mio dono. A te…

 

 

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