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Racconti Erotici Etero

Un posto caldo

By 21 Giugno 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero seduta su una morbida poltrona color cremensi, stringendo una tazza di té fra le dita sottili e tremolanti. Non perchè facesse freddo, in fondo, benchè fosse appena l’alba, era pur sempre piena estate. Ma l’ebrezza che da fuori la vetrata immensa rendeva il mare schiumoso e danzante sotto i primi tenui raggi del sole, non la potevo sentire. No, non era il freddo dell’aria condizionata a far si che le mie gambe nude ed agili sfiorassero il seno pieno, racchiuso in una fresca maglia color panna, ed i miei piedi, sempre estremamente curati, tamburellassero sul bordo della poltrona come in una trepidante attesa. C’era altro, qualcos’altro che mi aveva reso così agitata come mai lo ero stata forse prima. Sospirai profondamente, portandomi i capelli all’indietro con un gesto gentile, mentre gli intensi occhi verdi, algidi e senza particolare interesse, scivolarono sulla distesa di sabbia nivea e sugli arbusti color fondo di bottiglia, che la invadevano rendendola ancora più selvaggia. I primi surfisti stavano cominciando ad arrivare, giovani sorridenti dalla corporatura robusta e ben allenata, la loro pelle era d’ambra, e quel loro atteggiamento così scherzoso li rendeva ancora più particolari, e dotati di una bellezza per me non così comune. Mi morsi lentamente le labbra, in un gesto che non potevo controllare, mentre le mie membra si tesero di nuovo, scossa da mille brividi di irrefrenabile passione che spesso eccita una giovane donna.
Dove diavolo si era cacciato?Lo volevo subito, ogni minuto che passava era un’eterna attesa, un’infinita sofferenza. Finalmente avvertii la porta aprirsi dietro di me, la delicatezza con cui si richiuse mi fece capire ancor prima di voltarmi di chi si trattava. Rimasi volutamente con lo sguardo fisso sul gruppetto di ragazzi, che erano già saliti sulle loro tavole, e prendevano il largo. Lo sentii avvicinarsi, i suoi passi erano felpati ed appena percettibili. Le sue labbra, morbide e carnose, si posarono sul suo collo, in un lieve bacio: “bensvegliata, contessina..” Non mi piaceva. quella voce ambigua, il tepore di quelle labbra. “Dove sei stato?” mi voltai di scatto, il mio sibilo risuonò non volutamente secco, quasi isterico. Lui mi guardò perplesso, i suoi occhi color zaffiro sembrarono ancora più grandi. Poi scoppiò a ridere, mostrando i denti simili a perle, ed indietreggiò di qualche passo, aggraziato come un felino. Lo seguii con lo sguardo, ed ogni passo che si allontanava, provavo l’istinto violento di stringerlo morbosamente a me, di leccare quella pelle così candida e priva di alcuna impurità, di affondare dentro di lui, e di accarezzare fino alla nausea ogni centimetro del suo corpo. Ma rimasi in silenzio, mentre, bello come un cherubino dall’aria spensierata, lanciò un’occhiata alla spiaggia, e poi mi mostrò sorridendo malizioso una bottiglia di succo d’arancia: “vuoi?” “No.” Cercavo di ignorarlo, di tornare ad osservare quei ragazzi che poco prima avevano stimolato la mia fantasia. ma erano già troppo lontani, ed offuscati dal suo splendore, che ormai, invadeva tutto. “Odiosi.” accennò un gesto vago, mentre i capelli corvini dai riflessi di un verde brillante accarezzarono il suo volto. Cosa ci facciamo noi, quì? Nessun’altro come me o te avrebbe scelto un luogo famoso per le sue spiagge e per il bel tempo tutto l’anno. “Facciamo un po’ di foto, ti va..?” Non risposi. Se avessi parlato, avrei potuto soltanto dire qualcosa tipo “sono venuta fin quì per te, amami finchè puoi, finchè non tornerò dall’altra parte del mondo.”
“Cosa c’è che non va?” mormorò placido, sedendosi sui talloni accanto a me. La tazza mi scivolò dalle dita, e cadde, rotolando ai piedi della poltrona, senza però rompersi. Non so dire se lo feci apposta o no. So soltanto che appena il suo volto sfiorò ingenuamente le mie gambe, mentre si chinava per riprenderla, la mia mente fu completamente offuscata. Sentii il mio cuore battere come quello di una bambina, ed un sospiro uscire improvvisamente dalle labbra, lieve e ricco di passioni represse. Perchè si sa che ogni sintomo dell’amore non è altro che un modo grazioso di palesare l’istinto naturale. Come se non lo avessi avuto tutta la notte, come quel primo giorno che lo rividi dopo tanto tempo, insinuai velocemente le dita fra i suoi capelli, e spinsi quel volto d’angelo fra le mie gambe. Non l’avrei mai fatto, con nessun altro. Ma il desiderio bruciava da troppo il mio spirito, ed era quella la bocca, quello il corpo che desideravo più di ogni altro. Lui sfiorò piano le mie cosce, come se assaporasse appieno la pelle giovane e la loro elasticità. Le sue dita d’avorio salirono lente fino ad arrivare sul mio pube. Allora alzò lo sguardo intenso, e piegò le labbra rosse e lucide in un ambiguo sorriso. Era un calvario attendere così tanto per il piacere. Lui lo sapeva, e dentro di sè, gioiva nel vedermi completamente sottomessa alla sua voglia. Così lo assecondai, e sprofondai nella poltrona sensualmente, per poi guardarlo languida, socchiudendo gli occhi. Mi tolse le mutandine, ogni suo gesto era di una grazia strabordante. Finalmente, sentii la sua lingua sferzare dolci leccate all’altare di venere. Inarcai la schiena felina, mentre lui prese fra le labbra morbide il mio clitoride, ormai gonfio e rosso come una ciliegia, e cominciò a succhiarlo con tutta la maestria di cui era capace. Lo stuzzicava con la punta della lingua, lo mordicchiava, ed infine, mi penetrava profondamente, scivolando dentro i miei umori con estrema facilità. Non mi sarei accontentata, lo volevo tutto. Spinsi delicatamente la sua testa, in un tacito invito a continuare, finchè non venni in un profondo sospiro. Ma era appena cominciata. In un attimo, il tepore delle sue labbra era già sulla mia bocca, pronta ad accoglierlo insieme al sapore del mio essere. Ci baciammo a lungo, mentre le nostre mani correvano veloci sui corpi, per spogliarli completamente. Mi fece alzare, e ci spostammo nella sua camera. Lì, nella penombra delle serrande abbassate, Ammirai a lungo il suo corpo, scolpito e compatto come quello di una statua greca, imperlato delle prime gocce di sudore che il caldo afoso cominciava a provocare. “Mi ami..?” farfugliai, mentre già avevo cominciato a succhiare quella pelle tanto anellata, dal suo collo, scorrendo poi sul torace muscoloso. “Si, ti amo davvero.” Era sincero. Lo capii solo adesso. Ero già giunta sotto il suo ombellico, e la mie labbra indulgiavano, mentre le mani erano già scivolate maliziosamente sulle sue natiche. Mi piaceva da impazzire accarezzarle, mi faceva sentire potente su una persona che poteva appartenere a chiunque, anche ad un altro ragazzo. Mi ha sempre nauseato l’idea che potesse essere di qualcun altro, qualcuno con cui non posso competere.
Stimolata dall’idea di farlo impazzire, presi in bocca il suo membro fino in fondo, ed a lui sfuggì un gemito soffocato. Lo leccai per tutta la sua lunghezza, gli occhi socchiusi,mentre le dita scivolavano lente sul suo corpo, ovunque provasse piacere. Succhiavo lentamente, mordicchiandone a tratti l’estremità, con l’intento di stuzzicarlo, più che di fargli male. In densi fiotti ben presto venne sulle mie labbra, sulle mie guance, sul nasino e su tutto il mio viso, come piace a lui. Rimanemmo un attimo in silenzio, lui accennò un mezzo sospiro chiudendo gli occhi color mare profondo, per poi riaprirli su di me, che mi ero già leggermente scostata leccandomi maliziosamente le labbra. Alzai lo sguardo ingenuamente su di lui, il quale non ci pensò di volte, e mi attirò di nuovo a sè, baciandomi con una passione rara per poi leccandomi il volto, sorreggendolo fra le dita sottili. “Non te ne andare..Rimani con me, ancora..” La sua voce fu spezzata da un altro bacio che questa volta fui io a dargli. Le nostre lingue si sfioravano, sensuali, mentre, senza neanche una parola, mi distesi sul letto trascinando anche lui. Quando lo sentii entrare dentro di me, quasi impazzii dalla felicità. I suoi capelli ricadevano in ciocche dello stesso colore di un frutto acerbo sul mio viso, le sue labbra respiravano languidamente sotto il mio mento,socchiuse sul mio collo, che rabbrividiva ad ogni caldo e profumato soffio. Le sue spinte, via via divennero sempre più veloci, e portentose. Accompagnavo i miei movimenti, ormai non più padrona di me stessa, per poterlo far arrivare il più profondo possibile dentro di me, e per poter premere dolcemente il suo viso sul mio collo, e sulla mia bocca. Per un istante le nostre labbra si sfiorarono soltanto, in quanto il ritmo era troppo accelerato per poter permettere altro, ma dopo poco ci baciammo di nuovo con la stessa passione precedente, e mordendomi le labbra, venne all’improvviso dentro di me, riempiendomi con quel dolce nettare che poco prima mi aveva inebriata al solo odore, e sapore. Si lasciò scivolare, esausto, sul mio seno. Baciandogli la nuca, e stringendolo forte, pensai di nuovo al luogo in cui ci trovavamo, ed al suo corpo ancora dentro il mio. Un posto caldo, sicuro, e confortevole, nel quale chiunque vorrebbe rimanere per sempre.

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