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Racconti Erotici Etero

Una birra in una sera d’estate

By 10 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Era uno di quei lunedì sera di prima estate, le serate erano lunghe e luminose, e così il primo giorno della settimana sembrava non finire mai. L’unico rimedio era uscire a bere qualcosa, sul presto, giusto per non finire pigramente davanti alla tv a cercare di lavorare. Birra per birra, meglio andarsela a bere fuori. Sentenziò verso le otto, e dopo un rapido scambio di messaggi aveva un appuntamento con un amico dopo cena.
Un amico di vecchia data, con cui raccontarsi gli ultimi accadimenti, spettegolare di conoscenze comuni, condividere le questioni di cuore, e se la serata prendeva una vena un po’ alcolica, finire anche a letto – senza impegno, solo sesso, libero e divertente. Era il modo migliore per non annoverare anche questo lunedì fra le serate passate in solitudine a cazzeggiare.
Le 21.30, quasi ora di uscire. Meglio mettersi addosso qualcosa, anzi meglio mettersi comunque un paio di tacchi – non si sa mai. Un velo di rossetto, e via giù in strada dove era già attesa.
Il locale era come sempre strapieno, di volti conosciuti e di persone che avrebbe tranquillamente potuto conoscere prima o poi. Ci andava spesso, tutti ci andavano spesso. Ed anche una città grande come Milano sembrava piccola frequentando posti come quello.
Due birre appollaiati al tavolino, a chiacchierare fitti del più e del meno, a ridere come due adolescenti. Si conoscevano da più di dieci anni, si vedevano ogni tanto, eppure ogni volta il tempo non sembrava mai essersi fermato. La complicità era speciale, e non mancava qualche commento sulla tipa o il tipo di passaggio, squadrati e valutati per una possibile avventura. Erano davvero solo amici, per questo il sesso era così spensierato.
Bastò mezz’ora perché un gruppo di amici varcasse la soglia, e si accomodasse senza chiedere niente al loro tavolo. Amici di lui più che altro, volti noti per lei – gente del giro. Uno in particolare per lei non passava per nulla inosservato, era bello, o meglio, aveva quella bellezza che solo lei poteva apprezzare in quel modo carnale. Le piacevano grossi, possibilmente anche grassi a dire il vero, tatuati e attorno ai quaranta. ‘Vecchi e con la panza’ li definiva la sua amica, ma per lei era l’unico fisico che le facesse avere alla sola vista pensieri poco discreti. E lui era esattamente così, affascinate. Intelligente, spiritoso, pieno di cose da raccontare – ma soprattutto aveva addosso tutta quella carne che significava desiderio.
La cosa andò avanti un po’, erano in tanti ma lui sembrava interessato, fra gli altri preferiva interloquire con lei. E lei, dopo due birre non desiderava che quello. Si alzò per raggiungere il bancone e farsene spinare un’altra. L’operazione non era veloce e aspettare che la schiuma scemasse nel boccale era una noia se il barista non aveva tempo per fare due chiacchiere. Ed il locale era davvero strapieno. Usciamo a fumare una sigaretta, mentre aspettiamo? Mentre sentiva pronunciare queste parole alle sue spalle sentì una mano cingerle leggermente la vita, con leggerezza. Si voltò lentamente ripetendosi fra sé e sé – dimmi che sia lui. Aspettò un secondo, si immedesimò nel personaggio, girò lentamente tutto il corpo così che la sua mano la seguisse, abbracciandola appena. Ok, volentieri, usciamo.
Appoggiata al cofano di una macchina, ascoltava, controbatteva, ridevano. Da discussioni senza senso passarono alle solite frecciatine, frasi con qualche doppio senso, allusioni minute. Lei era imbattibile, era il suo terreno di gioco preferito. A parole se la cavava benissimo, era sarcastica ed affilata, e in fatto di allusioni poteva spingersi davvero oltre. Lei non riusciva a staccare gli occhi dalle spalle di lui, dalle braccia muscolose che spuntavano dalla tshirt, dal tatuaggio che gli decorava la pancia e che faceva capolino dalla cintura dei pantaloni. Sicuramente faceva qualche sport, sicuramente sapeva muoversi e al pensiero di una rissa di anni orsono, l’immagine la fece fremere nelle mutante.
Finita la sigaretta e passato qualche minuto, lei si sollevò dal cofano per rientrare. Quando era in questa fase si muoveva in modo sinuoso, distrattamente ammiccante. Metteva in mostra la mercanzia, ma in un modo così sottile da sembrare la cosa più naturale del mondo. E sapeva che gli occhi di lui l’avrebbero notato.
Al tavolo ormai era evidente a tutti che la conversazione fra loro scorreva più fluida ed affiatata, e gli altri avevano deciso di proseguire a parlare per i fatti loro. Alla birra a cui erano arrivati, a lei tutto questo non appariva poi così evidente, si solo sentiva libera e disponibile. La sensazione migliore che l’alcool può regalare. Due birre ancora e per un lunedì era diventato davvero tardi. Andiamo! Cominciò a dire qualcuno. Ok, finish. Pensò lei girandosi verso il suo amico per tornare alla macchina: ei ti scoccia, vado dall’altra parte rispetto a casa tua. Hai detto che abiti qui dietro, ti porto io vieni. Cazzo gli amici esistono davvero, si scambiarono un’occhiata in grado di dirsi tutto, lo bacio, grata di essere stata spinta letteralmente nella macchina di lui e se ne andarono.
Camminarono fino alla macchina, continuando a ridere. Effettivamente avevano bevuto un po’ troppo, quindi il fatto che lui la tenesse a braccetto e la sfottesse un pochino poteva ancora starci. Arrivarono alla macchina e lei si appoggiò di schiena, un secondo, per aspettare che lui facesse il giro per aprire a portiera. Ed invece lui le passo una mano fra i capelli, si sporse in avanti avvicinando il viso al suo e la baciò. Prima una volta, sulle labbra, poi la guardò negli occhi, sorrise, e la baciò i nuovo. Questa volta si baciarono profondamente, lei arcuò la schiena per far sentire il proprio corpo e gli passo un braccio lungo la schiena. Era muscolosa, scorse con la mano lungo i bicipiti, insinuandosi appena sotto la maglietta. Lui la accarezzava lungo i fianchi, la schiena, la stringeva per farle percepire il suo cazzo duro sotto i jeans. Ma non la toccava, niente seno, niente sedere, la avvolgeva e basta.
Ok dai, zero tempo delle mele. Disse lei. Beviamoci una cosa da me. E cazzo te lo devi anche far chiedere? Non ci speravo. Rispose lui, e le aprì la portiera.
Fecero i pochi metri di strada fino a casa sua con lei che gli tastava le spalle – l’idea di sentirsele addosso, di sentire il peso di quei novanta chili che la spingevano, di essere piccola rispetto al corpo di lui’ erano gli unici pensieri che le si affollavano nella mente. E che la facevano bagnare.
Parcheggiata la macchina, camminarono rapidi verso il portone di casa, sorridendosi con aria colpevole. Attraversarono l’androne e si gettarono in ascensore. I cinque piani più forti della sua vita. Le mani di lui le accarezzavano il seno, audaci, la sollevò leggermente contro la parete dell’ascensore tenendole le mani sotto il sedere. E nel mentre continuava a baciarla, sulla bocca, il collo, poi ancora la bocca’. Lei non desiderava altro che andarci a letto, sentirsi piena, sentire il sudore del corpo di lui e guardarlo mentre la scopava. E invece a lui piaceva baciarla e continuava a baciarla, mentre apriva la porta, la spogliava, percorrevano il corridoio, a guardava, la toccava, si avvicinavano passo dopo passo alla camera da letto’

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