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Una cugina da perderci la testa

By 1 Luglio 2013Aprile 2nd, 2021No Comments

Capitolo 1: La siesta
Dopo un pranzo luculliano, niente è più soddisfacente e, al contempo, più malsano dell’atto di stravaccarsi sul divano in attesa che al senso di sazietà subentri la tipica voglia di chiudere gli occhi e lasciarsi andare alla pennica pomeridiana.
Tale sensazione, però, non sopraggiungeva in Paolo quel giorno, scalzata da una sorta di euforia che accompagnava il giovane da qualche ora a quella parte.
Il contesto era uno dei soliti pranzi domenicali presso la casa in campagna dei suoi nonni materni, con cugini, zii e parenti vari. Un pranzo come tanti altri vissuti durante i suoi primi diciotto anni di vita.
Un elemento, però, era nuovo rispetto alla consueta, piacevole routine: sua cugina Damiana.
I due erano praticamente cresciuti insieme, trascorrendo interi pomeriggi a giocare, passeggiare, fare i compiti. Questo almeno fino agli otto anni di Paolo. Dopodiché si erano un po’ persi di vista, complice, da un lato, il fatto che abitando distanti avevano iniziato a coltivare amicizie differenti e, dall’altro, l’età. La differenza di quasi quattro anni, difatti, fece si che Damiana, entrando nell’adolescenza ben prima di Paolo, perse rapidamente interesse nelle riunioni di famiglia per dedicarsi sempre più spesso alle uscite con gli amici. Tali circostanze comportarono che, per il successivo decennio, Paolo e Damiana riuscirono a vedersi non più di sei o sette volte in tutto, per lo più in occasione di ricorrenze importanti.
Ogni volta che questa opportunità d’incontro si presentava, però, Paolo ne era felice. Soprattutto per il forte legame emotivo esistente tra i due nonostante la lontananza fisica. Ma, ultimamente, c’era anche dell’altro. Damiana, che era sempre stata una bimba talmente bella da catalizzare le attenzioni e i complimenti da parte di chiunque la incontrasse, negli anni a seguire era sbocciata in una splendida ragazza, seppur ingiustamente complessata a causa della sua statura ridotta. I suoi vispi occhi azzurri, il suo nasino all’insù impreziosito da un piercing a brillantino fatto allo scoccare della maggiore età, e le sue labbra piene di un naturale rosso acceso, spiccavano su un volto incorniciato da una fluente chioma bionda che le ricadeva sulle spalle. Il suo corpo, poi, non era da meno. Racchiuso in poco più di centocinquanta centimetri d’altezza c’era un fisico a dir poco esplosivo, per di più tonificato da attività fisica non intensa ma costante: un seno almeno della quinta misura, un sedere talmente sodo e rotondo da sembrare disegnato col compasso, gambe e braccia snelle ed atletiche e, per finire, un pancino quasi piatto ma, allo stesso tempo, morbido e sensuale.
Insomma, al piacere di riallacciare gli sporadici rapporti con l’adorata cugina Damiana per parlare di ogni cosa come avevano sempre fatto, si aggiungeva quello di avere di fronte una delle ragazze più belle che Paolo avesse mai visto.
In queste condizioni, pensare di riposare dopo pranzo e perdersi anche solo un minuto in compagnia di Damiana gli sembrava a dir poco utopico, se non addirittura folle.
E infatti, mentre gli altri parenti si disperdevano per la campagna, chi per riassettare la cucina, chi per riposare in una delle stanze da letto dislocate lungo l’unico piano dell’abitazione, chi, semplicemente, per passeggiare lungo i viali alberati, Paolo e Damiana si accomodarono sul divano, seguiti dal cugino maggiore Giovanni, per colloquiare come sempre.
Mentre Giovanni, come d’abitudine, si addormentò nell’arco di pochi istanti, Paolo e Damiana erano ben svegli e iniziarono a ridere e scherzare.
Ogni volta, Paolo era incredulo nel notare come con Damiana, se anche non si incontrassero da mesi, o addirittura anni, quando erano a tu per tu sembrava fosse passato solo un istante. La loro confidenza, il loro affetto, il loro legame era più forte di qualsiasi barriera, temporale o spaziale.
A voce bassa per non svegliare Giovanni, si raccontarono tutti gli eventi più importanti dell’ultimo anno: le cotte, le delusioni, le soddisfazioni. Per nessuno dei due la vita era cambiata granché in quei mesi di lontananza, eppure ebbero a snocciolare eventi per svariati minuti, forse anche un’ora.
In quel lasso di tempo, come sempre accadeva, Damiana si era molto avvicinata a Paolo, fino ad appoggiargli la testa sulla spalla destra mentre lui le accarezzava i capelli, indugiando anche sulle guance. Non passò molto che Damiana si assopì tra le braccia di suo cugino. Paolo, invece, si sentiva come attraversato da scariche continue di adrenalina. Lei gli faceva questo effetto, anche solo a guardarla. Figuriamoci se poteva abbracciarla e accarezzarne i capelli e i contorni del viso, sbirciando, di tanto in tanto, nella generosa scollatura favorita dal clima caldo di quell’inizio estate. Sarebbe potuto andare avanti per ore, inebriato dal profumo di quei capelli lucenti, dal contatto con la pelle calda e morbida della cugina e dalla vista dei due seni grossi e sodi che sfioravano il suo torace.
Nel sonno, Damiana si mosse più volte, alcune impercettibilmente, altre in maniera più decisa. In una di queste, la sua gamba sinistra, coperta solo da ridotti shorts, si accavallò a quella destra di Paolo.
Il ragazzo ebbe un momento di panico, accompagnato da un moto d’eccitazione incontrollabile. Sentire quella gamba a diretto contatto con la sua, in un momento di casta intimità come quello che stavano vivendo, portò il suo pene ad indurirsi completamente e il suo respiro ad accelerare sensibilmente.
L’eccitazione prese il sopravvento e, dopo una rapida occhiata al cugino Giovanni che dormiva beato, mentre con la mano destra continuava ad accarezzare i capelli di Damiana, con la sinistra prese a sfiorarle la gamba accavallata. Usando solo la punta delle dita, risalì dal ginocchio lungo la gamba fino al confine segnato dal bordo inferiore degli shorts, per poi ridiscendere e ripetere nuovamente il percorso.
Ogni volta, il suo tocco si faceva leggermente più deciso, così da meglio saggiare la consistenza della pelle di Damiana. Non avvertendo alcun tipo di reazione, Paolo si spinse oltre, carezzando anche la zona interna della coscia, fin sotto il bordo del pantaloncino. Ad ogni passaggio risaliva di qualche millimetro, e ormai era ben oltre la mezza coscia.
Paolo sentiva il suo pene scoppiare nei calzoncini, a pochi centimetri dalla gamba di Damiana. La sua eccitazione, ormai, era alle stelle e ben evidente dal rossore sul suo volto e dal respiro sempre più breve ed affannato. Il calore percepibile nell’interno coscia della cugina era, per lui, un irresistibile invito a continuare, per bearsi delle grazie della dea addormentata al suo fianco.
Paolo sognava di raggiungere le mutandine di Damiana e, magari, continuare le sue carezze anche oltre quel piccolo lembo di stoffa, prendendo possesso del suo frutto proibito, mentre nella realtà continuava ad indugiare sull’interno di quelle cosce agili e morbide.
Perso nelle sue fantasie incestuose, venne riportato brutalmente alla realtà da un tonfo improvviso che rimbombò assordante nel salone nel quale si trovavano.
Proprio mentre Giovanni scattò quasi in piedi dal divano e Damiana sgranò gli occhi, Paolo, nell’unico barlume di lucidità avuto in quel caldo pomeriggio, scostò la sua mano dalla gamba della cugina prima che lei potesse rendersi conto di quell’audace contatto.
Pochi istanti dopo, la zia Elvira entrò nella stanza scusandosi per essersi fatta sfuggire dalle mani la pesante pentola metallica che stava asciugando. Paolo le rivolse un sorriso di circostanza, mascherando a fatica la delusione causata dall’aver dovuto interrompere quell’atto che tante emozioni gli stava regalando.
Solo allora, Damiana si rese conto della posizione scomposta nella quale si trovava e, imputando probabilmente il rossore e l’affanno del cugino al recente spavento subito, si alzò dal divano e sorridendogli si scusò per essersi messa così tanto comoda imprigionandolo sotto la sua gamba.
Paolo, ancora sconvolto dall’eccitazione provata e dal rischio di essere scoperto, non poté proferire verbo. Si limitò a un cenno d’assenso e si accorse di non riuscire a staccare gli occhi di dosso a Damiana mentre lei, ancheggiando, si dirigeva verso la porta del piccolo bagno alla loro destra.

Capitolo 2: Un’interessante première
Percorrendo l’ampia rampa di scale che lo divideva dall’appartamento di Damiana, Paolo ripensava allo strano contatto telefonico avuto con sua cugina qualche giorno prima.
Il venerdi precedente, sopravvissuto ad estenuanti ore di attesa nell’aula 1 dell’università che frequentava al fine di poter sostenere l’odiato esame di diritto privato, una volta uscito da quella gabbia accademica, nel tardo pomeriggio, aveva riacceso il cellulare, ricevendo una decina di messaggi inviatigli durante la giornata. Tra questi, uno lo fece sobbalzare. Era passato oltre un anno dall’emozionante esperienza nella casa in campagna e, da allora, aveva visto Damiana solo un paio di volte, per pochi minuti, durante le festività, natalizie prima e pasquali poi. L’SMS che si ritrovò a leggere non lasciava trapelare alcunché di sensuale, eppure conoscerne la fonte causava nel ragazzo un certo turbamento. “Tesò, che sei un mago dei computer lo sappiamo, ma di televisori quanto te ne intendi?”. L’SMS riportava l’ora delle 11.07, erano quasi le sette di sera quando Paolo rispose: ‘Non molto, ma mi arrangio. Perché?’. La risposta arrivò in un lasso di tempo sorprendentemente breve: ‘Ho un nuovo DVD ma non riesco a vederlo, lo schermo è sempre nero. Io non ne capisco nulla, non è che hai tempo di dare un’occhiata in questi giorni?’. ‘Certo, però domattina parto, dovresti aspettare fino a lunedi’. ‘Nessun problema, tanto il disco da solo non dovrebbe riuscire a rotolare via’. ‘Ah ah ah, ci vediamo lunedi mattina attorno alle 10 allora. Che stai facendo?’. ‘Sesso’. Il cuore di Paolo prese a battergli nel petto con l’intensità di un tamburo. ‘Come??’. ‘Si, con Mario. Ci stiamo rivedendo da un po”. Ancora Mario, l’ex storico di Damiana. In almeno cinque anni di relazione, sommando insieme i periodi nei quali erano concretamente stati insieme non si arrivava quasi a formare un mese. Un tira e molla infinito dal quale lei non riusciva mai a staccarsi del tutto. Paolo lo odiava da sempre. E non per gelosia. O, almeno, non solo per quella. Ma, soprattutto, per come lei ci restava male ad ogni litigio e per come lui, con quell’aria da stronzetto, trattava le donne, inclusa la sua adorata Damiana. Ricacciò dentro di sé ogni istinto di rispondere facendosi ispirare dalla rabbia che gli ribolliva dentro, limitandosi ad un più neutrale ‘Ma scusa, scrivi mentre scopi?’. ‘Si, è divertente’. Divertente un corno, pensò Paolo. Dopo un lungo sospiro riprese a scrivere: ‘Dai, forse è meglio che ti dedichi a una sola attività per volta. Ci vediamo lunedi’. ‘Ahahah, ti imbarazzi?’. ‘No, ma poi mi vengono pensieri strani e, al momento, non avrei modo di realizzarli. Quindi piantala!!’. ‘Ok, se è per un buon motivo ti lascio in pace’ :) A lunedi’. A quest’ultimo SMS Paolo non replicò, ripose il cellulare nella tasca dei jeans e, camminando verso la fermata del bus, non poté fare a meno di notare come il suo pene si fosse lievemente inturgidito mentre i suoi pensieri si concentravano sull’immagine di Damiana nuda e sudata dopo una lunga sessione di sesso sfrenato. Non con Mario, s’intende.
Rievocando questi recenti ricordi, salì distrattamente gli scalini che lo separavano dalla porta dell’appartamento di sua cugina, bussando appena giunto al suo cospetto. Quando Damiana aprì, Paolo restò a fissarla per qualche secondo, chiedendosi quante ragazze sarebbero state così incredibilmente sexy vestite con un pigiama dei Peanuts. Le bretelline sostenevano una maglia che le ricadeva ampia sul busto, fermandosi poco sotto l’ombelico ed evidenziando la generosità del suo seno, seppur costretto dalle coppe del reggiseno bianco che si indovinava attraverso il tessuto. Il pantaloncino, invece, le fasciava le cosce e il sedere, disegnando le sue forme e lasciando, in trasparenza, intuire il loro colorito roseo. Come lui, anche Damiana non era molto attratta dal mare, pertanto entrambi, nonostante fosse un settembre caldo dalle spiagge ancora affollate, mostravano una pelle quasi per nulla abbronzata, eccetto per quel poco di sole che si può catturare passeggiando per le vie del centro di tanto in tanto durante la stagione estiva. Il gradevole quadro di sua cugina in tenuta casalinga era completato dai suoi piedini che posavano sul pavimento liberi dalla costrizione delle pantofole. Persino i suoi piedi, piccoli e dalle dita un po’ paffute, attiravano l’attenzione di Paolo. Non c’era un solo centimetro del corpo di sua cugina che non anelasse toccare, baciare, leccare. Non ebbe, però, molto tempo per contemplare quella piccola meraviglia che gli si parò davanti, in quanto lei, dopo averlo abbracciato con entusiasmo, lo fece entrare e accomodare nella sua stanza, seguendolo.
‘Scusa il disturbo’, sentenziò Paolo una volta entrato in stanza. ‘Quale disturbo? Ti aspettavo!’, rispose Damiana. ‘Non mi riferisco ad oggi, ma a venerdi’, replicò il ragazzo, sorridendo. Damiana non rispose, solo gli sorrise di rimando, dandogli un pizzicotto su un braccio.
‘E’ questa la TV che fa i capricci?’ chiese Paolo, avvicinandosi al piccolo Mivar a tubo catodico che occupava il ripiano alto di un tavolino in vetro posto ai piedi del letto. ‘Si, è questa. Il lettore è sotto’. ‘Amstrad?’, chiese ironicamente il ragazzo, inarcando un sopracciglio. ‘Quello c’era in offerta. Non è una buona marca?’. ‘Vent’anni fa non era male. Ora, decisamente no!’. Portando avanti la discussione per alcuni minuti, Paolo armeggiava, intanto, con i due apparecchi, rendendosi ben presto conto che il problema era da imputarsi al cavo scart difettoso, presto sostituito con uno che la cugina aveva in più nel ripostiglio.
‘Finito, ora ti potrai godere il tuo film!’. ‘Vuoi vederlo anche tu? Tanto mia madre tornerà tra almeno un’ora, nel frattempo non ho nulla da fare’. ‘Che roba è?’. ‘Un film nuovo, Secretary. Non so di che parla, me l’ha passato Clara’. ‘Chi?’. ‘Ah, già, non la conosci. Un’amica della palestra. A lei è piaciuto’. ‘Vabbè, mettilo va’, sentenziò Paolo, prendendo la sedia posizionata accanto al PC di Damiana. Lei lo guardò, mentre inseriva il disco nel lettore. ‘Ma che, lo vuoi guardare sulla sedia? Mettiamoci sul letto, no?’. Paolo ebbe la sensazione che tutto il sangue scivolasse via dal suo corpo. Fuori, la temperatura era di almeno trenta gradi ma lui, per un momento, si sentì gelare.
Si sedette su un bordo dell’ampio letto a due piazze mentre sua cugina, armeggiando col telecomando, vi si sdraiò perpendicolarmente alla direttrice principale. Le immagini del film presero a scorrere, ma Paolo non aveva ancora neanche alzato gli occhi in direzione dello schermo. Si beava della visuale di Damiana, sdraiata sul fianco sinistro, col sedere ben in evidenza e quel seno prorompente, la cui rotondità si intuiva chiaramente dal largo spazio tra l’ascella e l’inizio della stoffa del pigiama.
Damiana si voltò, proprio mentre Paolo era intento ad ammirare i suoi capelli adagiati in maniera scomposta sul materasso. I due si guardarono per un istante, un secondo che per Paolo sembrò durare un’eternità. Poi, la ragazza ruppe quel silenzio: ‘Ti metti comodo, che mi sto stancando solo a guardarti?’. Soltanto allora, anche il ragazzo si sdraiò, parallelamente alla cugina, a una ventina di centimetri da quel corpo che lo attirava come una calamita.
Per quel poco che Paolo riusciva a concentrarsi sul film, poteva considerarlo una noia mortale. Ne era trascorso oltre la metà e la trama sembrava ancora non essere entrata nel vivo. Anche Damiana pareva essere dello stesso avviso. Più volte, difatti, a sottolineare il suo scarso interesse verso quella dozzinale opera cinematografica, protendeva all’indietro il suo braccio destro, stuzzicando il cugino con pizzicotti, solletico o piccole tirate di capelli. Tutti gesti ai quali Paolo rispondeva prontamente, rendendo pan per focaccia alla cugina e causando in lei contagiose risatine.
Poco per volta, i due si erano sempre più avvicinati e ormai i loro corpi erano quasi completamente a contatto.
Paolo, conscio dell’eccitazione che lo pervadeva da quando aveva messo piede in casa di Damiana, era sdraiato tenendo il busto leggermente all’indietro, cosicché avesse a contatto con sua cugina il torace e le gambe, ma non il bacino. Il sedere di Damiana si trovava, infatti, a distanza di sicurezza dal pene completamente eretto del ragazzo.
Più volte, Paolo si era mentalmente imposto di darsi una calmata per non rischiare figuracce, ma ogni tentativo era risultato vano. La vicinanza con Damiana, il fatto che con un braccio le cingesse la vita e col suo volto fosse vicinissimo a quello della ragazza, viso che non aveva smesso un momento di scrutare in ogni piega per bearsi di quella perfezione botticelliana, facevano si che lo stato di veglia del suo membro, seppur con ogni buona intenzione, non avesse modo di cessare.
Questa posizione strategica, assunta per non far notare le condizioni nelle quali versava, non durò però a lungo. In uno dei tentativi, da parte della ragazza, di fargli il solletico, Paolo fu colto di sorpresa e con un rapido colpo di reni distese la sua schiena, colpendo col suo bacino il sedere, proteso all’indietro, di Damiana.
A causa di questo movimento, il suo pene aderì completamente a quel delizioso mandolino di carne, posizionandosi esattamente nel solco al centro delle natiche della ragazza.
A quel punto, sebbene il jeans indossato da Paolo avesse delle cuciture sostanziose all’altezza del cavallo e della cerniera, lei non poteva non essersi resa conto della rigidità del ragazzo nella sua zona inguinale. Fece però finta di nulla, restando completamente immobile, con quel membro duro che pareva voler violare le sue intimità attraverso il tessuto.
Per qualche minuto, nessuno dei due si mosse. Poi fu Damiana a spostarsi ancor di più all’indietro, strisciando col suo corpo sul materasso. Nel farlo, il suo sedere sembrava quasi massaggiare il membro del cugino, il quale, per tutta reazione, fece più serrato il suo abbraccio, portando la sua mano al di sotto della maglia indossata dalla ragazza, a diretto contatto col suo pancino e con anulare e mignolo oltre l’altezza dell’elastico del pantaloncino. Attraverso il sottile tessuto dell’indumento, Paolo riusciva a percepire quello delle mutandine della cugina, mentre anche lui prese a muovere appena il suo bacino, sfregando in maniera quasi impercettibile il suo pene contro le natiche della sua affascinante parente.
Nel mentre, guardava con la coda dell’occhio Damiana, la quale, a sua volta, non distoglieva lo sguardo dallo schermo. Il suo stato d’animo, però, traspariva chiaramente dal respiro, fattosi più profondo, e dal fatto che si mordicchiasse continuamente il labbro inferiore.
Paolo, nel frattempo, imponeva un lieve massaggio con la sua mano, sfiorando la pelle di sua cugina dall’elastico dei pantaloncini fino alla bocca dello stomaco, ove il dorso del suo arto toccava il tessuto del reggiseno, percependone l’abbondante contenuto.
Il ragazzo era completamente rapito da quella situazione, immerso in un mondo di fantasie incestuose che ora, in qualche modo, sapeva di poter realizzare. In fondo, Damiana non sembrava infastidita da quanto stava avvenendo. Anzi, era stata lei stessa la principale artefice di quell’incredibile situazione e non stava neppure provando a farla cessare.
Con la sua mano ben salda attorno al busto della cugina, Paolo ne percepiva il respiro, sempre più profondo e affannato. In più, il suo lieve movimento di bacino era accompagnato da un altrettanto flebile movimento di rimando da parte di Damiana, in un’erotica danza appena accennata.
Nonostante il volume del televisore scandisse l’inesorabile trascorrere dei minuti, il tempo per Paolo e Damiana sembrava essersi fermato nel loro universo parallelo fatto di contatti ormai non più fugaci.
Un tintinnio metallico, però, ruppe quell’idillio. Le chiavi nella toppa della serratura annunciarono l’arrivo di Adele, madre di Damiana e zia di Paolo. I due, a malincuore, misero fine alla coinvolgente esperienza che stavano vivendo, allontanandosi l’uno dell’altra senza neppure guardarsi.
Appena prima che zia Adele si affacciasse nella stanza salutandoli, tuttavia, Paolo notò con piacere, oltre che con una nota di malinconia, l’espressione sconsolata di Damiana, simile a quella di una bambina che vede bruciare sotto i suoi occhi il suo giocattolo preferito. Le fece una lieve carezza su una guancia, continuando a scendere lungo il braccio e percependo il lieve spasmo causato alla ragazza da quel gesto. Nel mentre, i titoli di coda del film sembravano coronare la fine di quel lunedi mattina carico di emozioni.

Capitolo 3: Un ottimo risveglio
Il calcio a Paolo interessava meno di zero. Quel pomeriggio di metà giugno, però, non sapendo cosa fare, aveva sintonizzato il televisore sull’incontro di esordio dell’Italia contro la Danimarca ai campionati europei, addormentandosi già a metà della prima frazione di gioco.
Si risvegliò dopo un tempo indefinito e, aprendo gli occhi e beandosi di ciò che aveva di fronte, ebbe la sensazione di stare ancora sognando. Sdraiata accanto a lui si trovava Damiana, che lo osservava carezzandogli la testa. ‘Buongiorno’, sussurrò la ragazza. ‘Ciao’, replicò Paolo sorridendole. ‘Ma che ci fai qui?’. ‘Mamma aveva da sbrigare una commissione da queste parti, così ho pensato di aspettarla da te. Scusa se ti ho svegliato’. ‘Ma scherzi? Anzi, potevi chiamarmi quando sei arrivata. Da quanto sei qui?’. ‘Non molto, sarà un quarto d’ora. Tua madre mi ha aperto la porta appena prima di uscire. Dormivi così beato che non me la son sentita di chiamarti’. Paolo le diede un bacio sulla guancia, sfiorandole appena l’estremità delle labbra, dopodiché prese a giocare con i suoi capelli. ‘Come stai?’, le chiese. Lei ci pensò una frazione di secondo. ‘In questo momento bene’. Paolo sorrise. ‘E in generale?’. ‘Perseguitata dalle rotture di palle, come sempre!’, replicò Damiana accennando un sorriso. ‘Allora siamo in due, se può consolarti’, disse Paolo in tono scherzoso.
‘E’ un sacco che non ci si vede’, riprese il ragazzo. ‘Meno male che almeno ogni tanto ti sogno’, aggiunse. ‘Come come? Mi hai sognata?’. Paolo annuì, ripensando alla visione onirica di solo pochi giorni prima. ‘E che facevamo?’. ‘No, lascia stare, era un sogno come un altro’. ‘Dai, ora voglio saperlo!’. ‘Non è il caso, davvero’. ‘Non ti far pregare, cuginetto’, Damiana finse una faccia imbronciata, avvicinandosi a Paolo tanto da poter sentire il suo respiro sfiorarle il volto. Il ragazzo restò di sasso, perso nell’azzurro di quegli occhi e con le labbra di Damiana ad una manciata di centimetri dalle sue. Si riprese a fatica. ‘Ok, se insisti. Ci baciavamo’. ‘Davvero?’. ‘Si, ti incontravo per strada, e ci salutavamo così’. ‘Modo originale! Ma intendi un bacio vero?’. ‘Già. E anche piacevole devo ammettere’.
‘Chissà che vuol dire’, aggiunse Damiana dopo qualche secondo di riflessione. Paolo prese il coraggio a due mani: ‘Probabilmente, visto che ti considero una delle ragazze più belle e sexy che abbia mai visto, si trattava di un sogno nel cassetto’.
I due non avevano mai smesso di guardarsi negli occhi, cosicché, nel momento esatto in cui Paolo pronunciò quelle parole, poté notare un lampo malinconico attraversare lo sguardo della ragazza. ‘Anche tu mi piaci molto. Ma siamo cugini, non si può’, disse Damiana, allontanandosi di qualche centimetro.
Paolo restò, per qualche attimo, in silenzio, combattuto tra l’istinto di vincere le blande difese alzate da Damiana e la ragione, che gli imponeva di non calcare troppo la mano in quella situazione. Alla fine della battaglia tra queste due componenti dell’animo umano perennemente in conflitto, a spuntarla fu la seconda.
Toccò poi alla ragazza rompere quel silenzio imbarazzato: ‘Comunque, credo mi idealizzi troppo. Non son nulla di speciale’. ‘Per me si’, fu la risposta appena sussurrata di Paolo.
Ancora qualche secondo di silenzio attanagliò i due, prima che Damiana si convinse della necessità di deviare il discorso su un argomento meno pesante. ‘Sai che ho fatto un piercing all’ombelico?’. Paolo la seguì a ruota sul nuovo terreno, valutando che fosse la scelta migliore. ‘Davvero? Oddio, ma non fa male?’. ‘No, guarda’, rispose Damiana, voltandosi supina e sollevando appena il suo top nero per lasciare scoperto parte del suo pancino.
Per un momento l’attenzione di Paolo venne catalizzata da due montagne di carne, rese evidenti dalla posizione assunta da Damiana. I seni della ragazza svettavano verso l’alto, seppur trattenuti dalla costrizione del reggiseno e dal tessuto elastico della maglia. Nonostante ciò, la loro abbondanza era evidente e Paolo dovette far ricorso a tutte le sue forze per non affondare le mani e il volto in quelle succose mammelle puntate verso il cielo. Con fatica, fece scorrere lo sguardo verso il basso, così da fissare la pallina metallica che attraversava il piccolo e grazioso ombelico di sua cugina. ‘Ti piace?’. ‘In verità, preferisco quello che hai al naso’, affermò Paolo, sfiorando con l’indice il brillantino che Damiana portava sulla narice sinistra. ‘Ma ti sta bene anche l’altro’, si affrettò ad aggiungere. ‘Vabbè che a te sta bene qualsiasi cosa’, concluse sorridendole. Damiana arrossì appena, poi la sua attenzione venne catturata dal cellulare che prese a squillare sulla scrivania di fronte al letto. La ragazza andò a prenderlo e premette il tasto di risposta nel momento esatto in cui tornò verso il morbido giaciglio, sedendosi sul bordo. ‘Ciao ma”.
Paolo si avvicinò a lei, cingendole la vita e giocando col piercing ammirato pochi istanti prima. Come sempre, l’intimità che veniva a crearsi con Damiana gli causava uno stato eccitazione che raramente cessava quando era ancora al cospetto della sua splendida cugina. E anche quel giorno, complici la vicinanza fisica tra i due, la visione di quei seni sodi e rotondi e, ora, il massaggio al morbido e delicato ventre della ragazza, una simile reazione fisica fu inevitabile.
Damiana, intanto, continuava la conversazione telefonica. ‘Hai già fatto quindi? Com’è andata?’.
La ragazza, nel parlare, protese il braccio libero all’indietro, presumibilmente per accarezzare le gambe di Paolo, ricambiando le attenzioni che lui stava dedicando al suo ombelico. La mira, però, non fu altrettanto precisa, tanto che il dorso della mano di Damiana impattò contro il pene eretto di suo cugino.
Per la sorpresa, Paolo quasi serrò l’abbraccio attorno alla vita della ragazza, la quale per un momento restò immobile. Passarono solo pochi secondi prima che Damiana iniziasse lentamente a far scivolare la sua mano lungo l’asta, dapprima con il dorso, poi ruotandola, fino a trovarsi parte del membro di Paolo nel palmo.
Il ragazzo non sapeva come reagire. La sua mano scese a posarsi sulla gamba destra di Damiana, fasciata da un lungo e attillato pantalone nero. La strinse appena, riscoprendo la morbida tonicità delle cosce della cugina.
Lei, intanto, prendeva sempre più confidenza con quel pene che sentiva grosso e duro attraverso i calzoni della tuta acetata indossata da Paolo. La sua mano cinse parzialmente il membro del ragazzo, iniziando un lento su e giù, mentre la presa si faceva sempre più decisa.
‘No. Ti ascoltavo, ma non si sentiva bene. Puoi ripetere?’.
Damiana si sforzava di mantenere la concentrazione durante la telefonata, nonostante l’evidente motivo di distrazione alle sue spalle.
Paolo, invece, era libero di perdersi completamente nelle sue sensazioni. Pertanto, la voce di Damiana, seppur a pochi centimetri da lui, sembrava giungere da un’altra dimensione.
‘Si, ok, arrivo’, furono le ultime parole pronunciate dalla ragazza prima di interrompere la conversazione, mentre aveva ancora saldamente in mano il membro di Paolo, sul punto di esplodere.
Proprio mentre il ragazzo era a un passo dall’orgasmo, Damiana fece scivolare via la sua mano dal pene del cugino, portandola su un fianco di Paolo e avvicinandosi al viso del ragazzo, con aria confusa e quasi assente.
‘Scusami, mamma è già qui sotto, quindi devo scendere. Mi dispiace tanto’, disse in tono affranto Damiana, lasciando intendere di non riferirsi solo al dover interrompere quell’incontro.
Paolo la fissò negli occhi, fece poi scorrere il suo sguardo lungo il corpo di Damiana, tornando, infine, al punto di partenza: quegli incantevoli fari, azzurri come un cielo terso in un giorno di primavera. Non disse nulla, ma si limitò ad accettare l’abbraccio vigoroso che sua cugina gli riservò, prima di guardarla alzarsi e uscire lentamente dalla stanza, senza voltarsi.
Quando sentì il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva, Paolo emise un lungo sospiro, dopodiché avvertì una intensa fitta allo stomaco, che imputò immediatamente all’alto livello di eccitazione raggiunto e alla successiva, mancata, eiaculazione. Si mise supino, con le braccia dietro la testa a fissare sconsolato il soffitto, maledicendo la sua scarsa audacia.

Capitolo 4: Il terzo incomodo
In quell’uggioso pomeriggio d’ottobre, Paolo era appena rientrato a casa dopo aver sbrigato alcune commissioni. Nonostante l’estate fosse ormai alle spalle e il sole non si vedesse nitido da giorni, sempre coperto da nubi più o meno passeggere, la sua città si confermava tra le più calde d’Italia, con una temperatura che, trascorse abbondantemente le sei della sera, continuava ad oscillare attorno ai venti gradi. Tale condizione climatica costringeva il ragazzo, particolarmente sensibile al caldo, ad indossare abiti leggeri fin quasi al periodo natalizio.
Proprio mentre svestiva jeans e t-shirt indossate fuori casa per sostituirle con un più comodo completo di cotone blu scuro a maniche corte, avvertì il tono di chiamata del cellulare. Sbuffando, lo estrasse dalla sua inseparabile tracolla, accessorio scoperto pochi mesi prima e del quale non riusciva più a fare a meno. Sebbene deciso a non rispondere, per evitare ulteriori seccature da aggiungersi alle interminabili code già affrontate nelle ore precedenti, i suoi propositi vennero spazzati via quando lesse il nome di Damiana sul display. Eccetto per qualche sporadico incontro a casa di parenti, nei quali era impossibile appartarsi come erano soliti fare, non si vedevano da oltre un anno. Da quel conturbante pomeriggio, finito in maniera brusca e del quale non avevano più parlato.
Il ragazzo rispose senza pensarci su: ‘Pronto?’. ‘Tesoro, ciao! Ti disturbo?’. ‘No, tranquilla. Ero appena rientrato in casa. Dimmi!’. ‘Siamo stati con Enea a trovare una nostra amica, che abita vicino casa tua. Dato che ci siam sbrigati presto, ho pensato di passare a salutare anche te. E’ un problema?’. Paolo, felice della gradita sorpresa, non diede neanche il tempo a sua cugina di finire la domanda prima di rispondere: ‘Ma figurati! Mi fa piacere! Quando volete son qui!’. ‘Ok, arriviamo!’.
Nell’attesa, Paolo continuò a cambiarsi, pensando a quanto fosse felice di rivedere Damiana dopo mesi di lontananza, mitigata solo da qualche SMS ogni tanto. Certo, non sarebbero stati da soli ma, in fin dei conti, Enea era un ragazzo simpatico, gli avrebbe fatto piacere rivederlo dopo così tanti anni.
Lo conobbe quattro anni prima, la sera del suo diciannovesimo compleanno, quando accompagnò alla sua festa in casa Damiana e la loro amica Angela. Da tempo Enea era letteralmente perso di Damiana, fin da quando i due frequentavano la stessa classe alle scuole superiori. Ma, nonostante lui potesse ritenersi un bel ragazzo, per di più molto dolce e gentile, lei lo aveva sempre tenuto a debita distanza, ripetendogli, fino allo stremo, come fra loro non avrebbe mai potuto esserci più di un’amicizia. Anche perché, ciclicamente, a sconvolgere la vita di Damiana ci pensava quell’idiota di Mario, per cui ad Enea toccava lo scomodo ruolo del confidente consolatore.
Persino Paolo, quando Damiana gli snocciolava i suoi problemi sentimentali, più volte le consigliò di fare un pensierino su Enea e mandare al diavolo, una volta per tutte, Mario. Tutti i consigli risultarono però vani, e ad Enea non restò che soggiacere al ruolo di amico pur di stare vicino alla ragazza.
Pochi minuti più tardi, il suono del citofono riportò Paolo alla realtà. Aprì senza neppure rispondere e attese l’arrivo dei suoi ospiti sulla soglia della porta di casa.
Damiana era splendida, come sempre. Una maglia nera aderente con collo a dolcevita evidenziava il suo prosperoso seno. Sotto, le sue gambe affusolate e il suo sedere sodo erano valorizzati da un pantalone fasciante, anch’esso nero. Infine, i biondi capelli sciolti incorniciavano un viso, come d’abitudine, privo di trucco.
Paolo la fissò imbambolato per qualche istante, mentre lei gli si avvicinava col suo sorriso dolce eppure tremendamente sensuale. Arrivatogli a un passo, gli gettò le braccia al collo. Il ragazzo ricambiò l’abbraccio, sollevandola da terra con entusiasmo, facilitato dai suoi quasi quaranta centimetri di altezza in più rispetto all’adorabile cugina.
Dopo una manciata di interminabili secondi, i due si staccarono da quell’abbraccio carico di emozioni e Paolo poté salutare anche Enea, con una virile stretta di mano.
Dopo i convenevoli, il ragazzo fece accomodare i due in salotto. Enea scelse una sedia attorno al robusto tavolo in noce che occupava un lato della stanza. Damiana, ben più a suo agio, sedette in un angolo del divano. Paolo in quello opposto.
Il padrone di casa non perse tempo nell’offrire una bevanda ai due visitatori. Damiana optò per un succo alle arance rosse, scelta che pareva andar bene anche per Enea. Paolo si recò dunque, in cucina, versando il contenuto del brick in tre bicchieri e servendoli su un vassoio d’acciaio della Coca Cola.
Trangugiata in pochi secondi la saporita bevanda, Damiana si alzò dal divano per andare a frugare nella sua borsa. Una sacca di finta pelle, anch’essa di colore nero. ‘Teso’, te l’ho detto che son stata a Santorini qualche mese fa?’. ‘Si, me lo dicesti. Non mi attira granché la Grecia’. ‘Ti dovrai ricredere, ho portato le foto! E’ bellissima!’.
Mentre Damiana tirava fuori due album di fotografie, Enea avanzò una richiesta alquanto estemporanea: ‘Paolo, scusami, mi ricordi dov’è il bagno?’.
‘Nonnino, è già arrivato giù il succo di frutta?’, lo schernì, affettuosamente, Damiana.
‘Dai, scema, dovevo farla da prima!’, rispose Enea, imbarazzato.
Paolo gli indicò il corridoio, aggiungendo che il bagno l’avrebbe trovato alla sua sinistra.
Damiana, intanto, foto alla mano, tornò a sedersi sul divano, sul bracciolo accanto al quale era seduto Paolo. Lui non perse tempo, cingendo la vita di sua cugina, che appoggiò parte del suo peso sulla spalla del ragazzo. Paolo chiuse per un momento gli occhi, inspirando profondamente, come a voler catturare l’odore della pelle di Damiana, coperto in parte dall’aroma di quello che Paolo immaginò essere il bagnoschiuma usato dalla ragazza. Un lieve sentore di ciliegia invase le sue narici, mentre i capelli di lei solleticavano parte del suo volto.
In assenza di Enea, Damiana prese ad illustrare gli scatti effettuati durante il viaggio. Per lo più si trattava di paesaggi con, di tanto in tanto, qualche foto di Damiana e Angela, compagne di trasferta in quella settimana ellenica.
Paolo ebbe modo di riflettere sul fatto che, sebbene Angela fosse una gran bella ragazza, anche più rispondente ai suoi canoni di bellezza rispetto a sua cugina, in quanto tipicamente mediterranea, la sua avvenenza veniva del tutto eclissata quando si trovava al cospetto della bionda venere che, intanto, profondeva dettagli sulla vacanza e sui luoghi visitati.
La soglia d’attenzione di Paolo, già precaria per il solo fatto di avere a pochi centimetri l’oggetto dei suoi desideri, venne ulteriormente abbassata quando Damiana, evidentemente scomoda sul duro bracciolo che occupava, con uno slancio si spostò di qualche centimetro sedendosi di traverso sulle gambe del cugino. Un po’ alla volta, si ritrovò praticamente appoggiata con il fianco al suo torace, continuando a parlargli in maniera pressoché ininterrotta.
Paolo non percepiva una sola parola. Si limitava a fissare le labbra di Damiana muoversi, quasi come ipnotizzato, mentre con una mano le scostò all’indietro i lunghi capelli dorati, rivelando un orecchio con due piercing a brillantino lungo il bordo e un orecchino ad impreziosire il grazioso lobo rotondo della ragazza. Ogni dettaglio del corpo di Damiana gli ispirava sensualità, e raramente riusciva a trattenersi dal godere di tanta meraviglia quando l’aveva accanto. Così, senza pensarci, portò le sue dita a stringere appena il piccolo lobo, seguendo, poi, le linee del mento e del collo, per risalire, infine, verso l’orecchio. Damiana fu scossa da un brivido. Sorrise a Paolo, smettendo per un attimo di parlare. I due si guardarono per un istante che sembrò durare in eterno. Paolo era incantato da quegli occhi che lo scrutavano a pochi centimetri di distanza. Damiana guardò per un momento le sue labbra, poi tornò a fissare suo cugino negli occhi. Paolo, allora, portò la sua mano destra sul viso della ragazza, carezzandole energicamente la guancia sinistra.
I due erano a una manciata di centimetri, quando Enea tornò in salotto dopo aver soddisfatto il suo bisogno impellente. Dalla posizione in cui era, non poté notare quanto intempestivo fu il suo ritorno, e neppure lo sguardo deluso che Paolo e Damiana si scambiarono, prima di allontanarsi quel tanto che bastava per non destare sospetti.
Finito il primo album di foto, Damiana si protese verso Enea, senza alzarsi dal grembo di Paolo, chiedendogli di passarle l’altro. Lui lo fece immediatamente e la ragazza, nel riaccomodarsi, si sedette voltandosi, stavolta, di schiena rispetto a suo cugino. In tale posizione, il dorso di Damiana era a diretto contatto col torace di Paolo e le gambe della ragazza leggermente divaricate, con in mezzo quelle del cugino, serrate. Paolo l’abbracciò in vita e Damiana, per tutta risposta, gettò all’indietro la testa, fino a trovarsi quasi accanto quella del ragazzo.
In tale posizione, il sedere di Damiana aderiva completamente al pene di Paolo, già quasi del tutto eretto per le vicissitudini di pochi istanti prima. A contatto con quel morbido mappamondo, il membro del ragazzo raggiunse, in breve tempo, il massimo della consistenza, e più volte Damiana, fingendo di voler trovare una posizione più comoda, muoveva il suo bacino facendo sfregare in maniera decisa le sue natiche sulla virilità del cugino.
Damiana voltava le pagine dell’album con una lentezza esasperante, affinché quel contatto durasse il più a lungo possibile. Ormai parlava di rado, cercando di respirare a fondo per nascondere l’eccitazione montante.
Paolo, dal canto suo, aveva gli occhi fissi sulle foto, ma in realtà le trapassava con lo sguardo, perso in un mondo di lussuria e concentrato solo sul percepire il più possibile la consistenza del sedere di Damiana, immaginandolo nudo davanti a sé e contribuendo, in tal modo, ad aumentare ancor di più la sua già imponente erezione.
Enea era basito. Non pareva essersi accorto della malizia insita nel comportamento dei due, valutandolo solo come un indice dell’intimità e dell’affetto intercorrente tra i ragazzi. Ma dentro di lui, probabilmente, meditava sul fatto che avrebbe dato una gamba pur di trovarsi nella condizione in cui versava Paolo in quel momento, con Damiana completamente abbandonata su di sé.
I movimenti della ragazza, sebbene quasi impercettibili, presero a farsi sempre più serrati. Damiana contraeva e rilasciava i glutei continuamente, stringendo il pene di Paolo ormai quasi del tutto adagiato tra le sue natiche. Il ragazzo, allentando l’abbraccio attorno alla vita di sua cugina e portando il braccio sinistro dietro quello destro, riuscì a sistemare anulare e mignolo a contatto con la vagina di Damiana, cominciando a massaggiarla con lenti ma profondi movimenti circolari. Movimenti ben occultati, oltre che dal suo braccio destro, anche dall’album di foto che la ragazza ebbe la prontezza di abbassare all’altezza della vita.
Paolo avvertiva distintamente il calore emanato dalla vagina di Damiana, assieme ad un lieve accenno di umidità che trapelava dal tessuto del sottile e aderente pantalone di cotone misto poliestere da lei indossato.
In quella surreale situazione, il cellulare di Enea iniziò a squillare e il ragazzo si allontanò di qualche metro, per rispondere senza disturbare quella che credeva essere un’innocente visione di foto ricordo arricchita da un casto abbraccio affettuoso tra i due cugini. ‘Pronto, pa’?’.
Con Enea che gli dava la schiena, voltato verso il balcone, Paolo e Damiana poterono notevolmente accelerare il ritmo delle loro rispettive masturbazioni. Damiana prese a sfregare rapidamente il suo sedere sul pene di Paolo, mentre il ragazzo aumentò l’intensità del suo massaggio nelle zone intime della cugina con lei che, per facilitarlo, divaricò oscenamente le gambe.
‘Si, da Antonella abbiamo finito, ora siamo passati a trovare il cugino di Damiana che abita quasi accanto’.
I due avevano il respiro sempre più corto e Damiana, sull’orlo di un orgasmo devastante, strinse le cosce intrappolando tra di esse l’audace mano di Paolo che continuava, instancabile, la sua opera.
Quando la ragazza raggiunse l’apice del piacere, mascherandolo con una mano davanti alla bocca e versi a mo’ di sbadiglio, si lasciò andare a peso morto sul corpo del cugino, avvertendo le pulsazioni del suo pene tra le sue natiche, indice che anche lui aveva raggiunto l’orgasmo.
‘Si, dai, arriviamo subito. Che palle però!’.
Quando Enea chiuse la comunicazione e si voltò nuovamente in direzione dei due cugini, non notò alcunché di sospetto, se non un lieve rossore sul viso di entrambi che imputò al calore percepibile nell’aria quella sera. I due ragazzi furono abili nel mascherare l’affanno nel loro respiro che, comunque, si regolarizzò nel giro di pochi secondi.
‘Damia’, era mio padre, devo correre in negozio perché lui ha un servizio urgente da fare, quindi dobbiamo andare via subito’, spiegò Enea con aria scocciata.
‘Va bene, tanto qui abbiamo finito’, replicò, con un fil di voce, Damiana, mentre richiudeva l’album e si rialzava sulle gambe ancora tremolanti per il piacere appena provato.
Paolo li accompagnò alla porta, mentre Enea si scusava per aver dovuto interrompere in quel modo il loro incontro.
‘Non ti preoccupare, tanto ho urgente bisogno di una doccia’. Sentendo su di sé lo sguardo allibito di Damiana e quello interrogativo di Enea, Paolo si affrettò ad aggiungere un corollario a quella allusiva proposizione: ‘Col caldo che fa oggi e dopo una giornata in giro, mi ci vuole proprio’.
L’ultima cosa che Paolo vide prima di richiudere la porta blindata fu il sorriso che Damiana gli rivolse, voltandosi mentre procedeva verso il portone seguendo Enea. Un sorriso che, da solo, sarebbe bastato ad illuminare a giorno l’antro più tetro e oscuro dell’inferno.

Capitolo 5: Toccata e fuga
Diversi anni prima, il nonno di Paolo e Damiana, ormai avanti con l’età e troppo affaticato per continuare a prendersene cura, decise di vendere terreno e casa in campagna per ritirarsi ad una più riposante vita di città. In conseguenza di tale scelta, era da parecchio tempo che la famiglia non si riuniva in una sorta di pic-nic collettivo.
Quell’anno, a settembre inoltrato, se ne presentò l’occasione. Vennero tutti invitati ad un buffet indetto per il pensionamento del proprietario di un terreno vicino a quello posseduto da nonno Angelo. L’uomo, negli anni trascorsi a curare la propria terra, aveva insegnato al pensionando Guglielmo, di circa quindici anni più giovane di lui, a fare altrettanto. Quello tra i due, lungi dal limitarsi ad un semplice rapporto tra istruttore e apprendista, sfociò ben presto in una solida amicizia, che continuò, seppur con rimpatriate più sporadiche, anche successivamente alla vendita del terreno da parte di Angelo.
Come il più classico degli esempi nel quale l’allievo supera il maestro, il terreno di Guglielmo, già di diversi ettari più grande di quello di Angelo, era persino più curato rispetto a quello del suo mentore, con una vegetazione rigogliosa che, in alcuni punti, quasi formava un labirinto inestricabile tinto di verde.
Durante il pomeriggio, alla spicciolata, le famiglie invitate si riversarono in quell’oasi di pace. Il buffet non sarebbe cominciato prima delle sette della sera, ma Angelo approfittò dell’occasione per passare qualche ora con l’amico e, immediatamente dopo pranzo, si mise in viaggio, arrivando in campagna per primo.
Damiana ci andò con i nonni. Non andava matta per le rimpatriate ma, l’anno precedente, per lavoro, si era ritrovata a vivere a oltre mille chilometri dal resto della sua famiglia e ora, tornata nella sua città per trascorrere una settimana di ferie, aveva voglia di passare con i suoi quanto più tempo possibile. La sera successiva sarebbe ripartita, così, approfittando di un impegno lavorativo di sua madre, aveva acconsentito a trascorrere il sabato con i nonni. In quel tiepido pomeriggio di fine estate, tuttavia, evitò di passare tutto il suo tempo ad ascoltare i discorsi degli anziani, approfittando dell’alibi della differenza d’età con gli altri presenti per staccarsi dal gruppo ed esplorare liberamente il vasto terreno di Guglielmo.
Quando Paolo arrivò, a pomeriggio inoltrato, la ragazza non era ancora tornata alla casupola. Sua intenzione era quella di fare un’improvvisata al cugino. Lui sapeva del suo ritorno in città, ma ignorava che quel giorno avrebbe avuto occasione di vederla. Al riguardo, Damiana era sempre stata sfuggente, dicendogli che avrebbe avuto poco tempo e tante persone da incontrare e chissà se ce l’avrebbero fatta a vedersi. Non l’aveva neppure messo a conoscenza che avrebbe trascorso il sabato con i nonni invogliandolo, tuttavia, ad andare al buffet di pensionamento per rivivere, seppur da solo probabilmente, i bei vecchi tempi dell’infanzia.
Inutile sottolineare lo stupore del ragazzo quando nonna Matilde, dopo averlo salutato calorosamente, gli chiese: ‘Potresti andare a vedere dove s’è cacciata tua cugina?’. Paolo sgranò gli occhi: ‘Damiana?’. ‘Perché, quante ne hai?’. ‘E’ solo che non sapevo venisse’. ‘Oggi sta con noi. Va’ a cercarla, che tra poco si mangia e lei è da almeno un’ora che se ne va a spasso tra i boschi’.
Col cuore che gli batteva nel petto con l’intensità di una rullata alla batteria, Paolo si fiondò tra la vegetazione alla ricerca della bella cugina. Si guardava intorno, pronunciando il suo nome a voce sostenuta ma non troppo alta, come se non volesse disturbare i verdeggianti abitanti di quell’immenso giardino. Dopo qualche minuto, avvertì la suadente voce di Damiana attraversare alcune fronde alla sua destra. Superò cespugli e alberi, che creavano un muro impenetrabile alla vista, e si ritrovò in un piccolo spiazzo, con Damiana in piedi davanti a sé. Aveva i capelli legati da un elastico a formare una coda e indossava un top a bretelline blu scuro e un pantalone, dall’aspetto ginnico, della stessa tinta. Ai piedi calzava scarpe da ginnastica bianche. I suoi chiari ed abbondanti seni sembravano essere trattenuti a stento dalla canotta, come se cercassero di saltar fuori da ogni apertura disponibile. ‘Era ora che arrivassi’, disse lei guardandolo sorridente. Lui replicò dopo alcuni istanti nei quali restò immobile a contemplare le gonfie, morbide mammelle color latte della ragazza. Probabilmente Damiana si accorse dell’esitazione di suo cugino, ma non vi fece cenno. ‘Se mi avessi detto che venivi invece di tirartela, sarei arrivato prima’. ‘Ah ah ah, ma dai, non sai stare allo scherzo. Volevo farti una sorpresa! Non sarei mai ripartita senza salutarti, lo sai!’. Si abbracciarono, per un secondo che sembrò eterno. Staccatisi, Paolo ebbe modo di guardarsi intorno. Damiana lo incalzò: ‘Visto che bello qui?’. Il panorama, in effetti, era incredibile. Prima Paolo era distratto da altro, ma ora poté concentrarsi sulla natura circostante. Si trovavano al confine nord della proprietà, con davanti a loro un muro di cinta fatto di grossi massi e alto all’incirca un metro e, oltre esso, una distesa di terreno, vegetazione, coltivazioni. Un mare di verde a perdita d’occhio. Ad avvalorare la sensazione di trovarsi in un piccolo angolo di paradiso, il muro di flora dietro di loro, che sembrava separarli dal resto del mondo. ‘E’ incantevole’, affermò Paolo, estasiato dalla pace che quel luogo trasmetteva.
I due si sedettero sull’erba, Paolo con la schiena appoggiata al tronco di un mandorlo e Damiana che prese posto alla sua destra, posando schiena e capo sulle gambe del ragazzo, piegate a squadra.
Senza alcuna cognizione dello scorrere del tempo, i due stettero in silenzio a contemplare le meraviglie della natura, con Paolo che sfiorava i capelli e la guancia sinistra di Damiana in maniera dolce, innocente. Quando avvertì il suo respiro farsi regolare, si sporse per guardarla e si accorse che aveva gli occhi chiusi. Sorrise, continuando a carezzarla e seguendo, con gli occhi, il volo degli uccelli sopra di loro, che sembravano sfidarsi in una corsa forsennata verso l’orizzonte.
Il tocco di Paolo, prima limitato alle guance e alla chioma della ragazza, ora spaziava, disegnandole il contorno delle labbra con un dito e seguendo le linee del mento e del collo, fino a ricalcare un’inesistente linea attorno ad esso, come seguendo una collana invisibile. Percorse quelle vie immaginarie per alcune volte, prima di imbattersi nelle bretelle del top indossato da Damiana.
Decise di seguire il loro contorno, arrivando a sfiorare il bordo della canotta che copriva il generoso seno della ragazza. Con un dito, ne sfiorò la parte superiore, cercando di essere il più delicato possibile per non destare Damiana dal suo sonno.
Fece scorrere il suo indice da destra a sinistra per alcune volte, prima di soffermarsi sull’incavo tra i seni, nel quale affondò lievemente il dito, percependo il calore proveniente da quell’abbondanza di carne coperta dagli abiti.
Lentamente, seguì la linea del seno sinistro, arrivando fino al punto nel quale incontrò la stoffa del reggiseno.
I battiti del suo cuore erano molto accelerati. La tensione alle stelle. Ricordava bene l’inequivocabile episodio accaduto nel suo salotto. Ma, da allora, era trascorso quasi un anno. Molte cose erano cambiate e, un po’ per la lontananza, un po’ per i rispettivi impegni, non aveva più visto Damiana. Inoltre, nelle loro sporadiche e veloci chiacchierate al cellulare o in qualche SMS scambiato, non avevano più avuto modo di tornare sull’argomento. Il pensiero che lei potesse svegliarsi e trovarlo ad armeggiare nelle sue zone intime, se da un lato lo eccitava, dall’altro lo intimoriva, non conoscendo quella che avrebbe potuto essere la reazione di sua cugina.
Tuttavia, nulla lasciava presagire che la ragazza potesse svegliarsi, per cui Paolo si sentiva spronato a continuare nella sua opera.
Aveva ormai l’intera mano destra sotto la canotta di Damiana, e la faceva, lentamente e con delicatezza, scorrere lungo la parte della mammella sinistra che il reggiseno lasciava sguarnita.
Un po’ alla volta, con l’indice, scostava di millimetri il pizzo del reggiseno, scoprendo sempre di più la grossa appendice della ragazza. Avvertiva la sua pelle calda al tatto, ne constatava la morbidezza e la pienezza. A un certo punto, gli sembrò di toccare un punto in cui la pelle si faceva appena più ruvida. Pensò subito si trattasse dell’areola. Il suo pene, già inturgidito, prese a premergli contro la stoffa del jeans, fin quasi a fargli male.
Ad un tratto gli parve che il respiro di Damiana si stesse facendo più rapido e profondo. La guardò, in preda al panico. Il suo viso non lasciava trapelare emozioni. Aveva le labbra leggermente schiuse e gli occhi serrati. Eppure, fino a poco prima respirava in maniera più regolare.
Paolo rifletté per un secondo, poi smise di curarsene. In fondo, pensò, o il mio tocco gli sta causando un sogno poco casto e sospira per quello, oppure, se fa solo finta di dormire, non mostra alcun segno di fastidio per quanto sto facendo. Per cui, perché crucciarsene.
Proseguendo il suo tocco, avvertì, con la punta dell’indice, il capezzolo della ragazza. Sembrava ergersi, turgido, contro la stoffa del reggiseno. Pensò di avvolgerlo con le sue dita e stringerlo appena, per saggiarne la consistenza. Già sognava di impadronirsi di quel chiodo piantato nelle abbondanti mammelle di Damiana e magari, nel frattempo, abbassare le spalline del top, in modo che la ragazza si svegliasse, stravolta nei sensi, mentre lui si impossessava di quel florido seno, esplorandolo con le sue mani e la sua bocca, smaniose di dare e ricevere piacere.
Per l’ennesimo, crudele, scherzo del destino, non ebbe, però, neppure il tempo di toccarlo quel capezzolo tanto desiderato. Una frazione di secondo dopo averlo sfiorato, avvertì dietro di sé la voce di nonna Matilde che chiamava i due a squarciagola. Ebbe appena il tempo di tirar fuori la sua mano dalla scollatura di Damiana, che la donna spuntò dal muro di vegetazione. ‘Ah, eccovi qui! Muovetevi, che è pronto in tavola, stiamo tutti aspettando voi!’.
Solo allora, Damiana aprì gli occhi. Il suo sguardo era indecifrabile. Paolo stentava a capire se era sveglia, e, dunque, complice, oppure stesse davvero dormendo e non si fosse accorta di nulla. A malincuore si alzò e, subito dopo aver aiutato sua cugina a fare lo stesso, porgendole la stessa mano che prima bramava violare i suoi seni pieni e sodi, i tre, a passo spedito, scomparvero dietro il confine di quel moderno Eden scoperto per caso.

Capitolo 6: Confessioni sul web
Il Natale era ormai alle porte. Paolo, in un pomeriggio di metà dicembre, decise di approfondire un fenomeno di cui sentiva parlare da tempo e, da pochi mesi, approdato anche in Italia: Facebook. Non era ancora iscritto ma, complici le insistenze di alcuni amici stretti, varcò la frontiera del social network in blu.
In pochi minuti completò la registrazione, inviò richieste d’amicizia ad una decina di persone, le prime che gli vennero in mente, dopodiché si dedicò alla compilazione del suo profilo. Istruzione, lavoro. ‘E si, lavoro. Magari! Sono ancora alle prese con questi dannati esami!’ pensò. Film, libri, musica, e via discorrendo.
Lasciò per ultimo il campo Situazione sentimentale. Mancava l’opzione In un bel casino, per cui era indeciso su cosa inserire. Alla fine, optò per In una relazione complicata. Come definire, altrimenti, un tira e molla che si trascinava dall’inizio dell’anno? Non aveva notizie di Selvaggia da circa due settimane, ma gli sembrava troppo poco per potersi definire single. Sia perché i suoi pensieri si concentravano spesso attorno all’immagine della ragazza, sia perché, già durante l’estate, era capitato che non si sentissero per oltre un mese prima che lei si rifacesse viva, in preda alla nostalgia. No, definirsi single era decisamente fuori luogo in quella situazione incerta. Meglio una scelta interlocutoria.
Mentre rifletteva su ciò, le prime accettazioni delle richieste inviate iniziavano ad arrivare, ed altre ne giungevano da persone alle quali Paolo non aveva ancora pensato. ‘Le voci qui girano rapidamente, non c’è che dire’, fu la sua prima considerazione. Fioccarono anche i primi commenti in bacheca ‘Hey, finalmente ti sei deciso!’, ‘Nooo, anche tu qui?’, ‘Benvenuto su Faccialibro!’.
Dopo pochi minuti, arrivò anche la notifica dell’accettazione della sua richiesta inviata a Damiana. La ragazza era online e, dopo qualche secondo, gli scrisse in chat.
‘Cugino, ciao! Ti sei modernizzato?’. ‘Sempre spiritosa!! Si, a grande richiesta, eccomi qui!’. ‘A grande richiesta di chi, delle mail pubblicitarie?’. ‘Milano ti rende più stronza del solito, sai?’. Paolo sorrideva durante questo scambio di battute. I due erano soliti punzecchiarsi in questo modo, e a lui sembrava di sentire la voce della ragazza risuonargli nelle orecchie mentre lo canzonava.
Damiana, ormai, era stabilita a Milano da tempo. Il lavoro lì non mancava e, per di più, ci abitavano dei suoi zii, pronti a darle supporto in caso di necessità.
Nel frattempo, i cugini si erano tenuti in contatto con qualche SMS o alcune sporadiche chiacchierate sull’antesignano della messaggistica online: Windows Live Messenger. Ad ogni modo, si era trattato sempre di conversazioni di pochi minuti, interrotte ora dagli impegni dell’uno, ora da quelli dell’altra. Quel giorno, però, nessuno dei due sembrava aver fretta, e le parole fluivano abbondanti come un fiume in piena.
‘Come procedono gli studi?’. ‘Eh, in dirittura d’arrivo’ se tutto va bene, tra un annetto dovrei uscirne’. ‘Grande! E poi?’. ‘Poi, tirocinio ed esame di abilitazione’. ‘E che palle, non si finisce mai!’. ‘Non dirlo a me’ E tu, lavori sempre come segretaria?’. ‘Nooo, l’ho mollato quello sfruttatore! Sforava sempre gli orari di studio, di straordinario neanche se ne parlava e anche per farmi dare quei pochi spiccioli di stipendio dovevo penare ogni mese!’. ‘Che stronzo! Hai fatto bene allora. Quindi, che stai facendo?’. ‘Ho da poco finito un breve corso da estetista e collaboro in un centro’. ‘Almeno lì ti pagano, spero!’. ‘Si, non navigo nell’oro, ma è un bell’ambiente’. ‘Finché riesci a pagare affitto, bollette e spesa va bene, dai!’. ‘No, non ce la farei mai a far tutto da sola! Dividiamo casa e spese con Enea qui!’.
A Paolo fece piacere quella dichiarazione. Sua cugina era sempre stata un po’ pazza, e sapere che ci fosse un ragazzo con la testa sulle spalle a prendersi cura di lei lo rassicurava. ‘Ah, non sapevo si fosse trasferito anche lui!’. ‘Si, non lo sa quasi nessuno, solo mia madre, i suoi genitori e i parenti che abbiamo qui. Poi, ci sarebbe anche un’altra cosa’ ma questa non la sa davvero nessuno, solo io ed Enea’. ‘Allora non ti chiedo nulla’. ‘No, di te mi fido. Solo, acqua in bocca con chiunque’. ‘Naturalmente. Spara’. ‘Stiamo insieme’.
Una simile rivelazione stupì non poco il ragazzo. Anche se i suoi sentimenti lo lasciarono interdetto. Quando Damiana gli parlava di Mario, lui ribolliva di rabbia non reputandolo all’altezza di sua cugina. Con Enea, però, era diverso. Si sentiva sollevato che fosse riuscito a far breccia nel cuore della ragazza. La sua gelosia sembrava soccombere a quella notizia, forse anche per il fatto che i due non si vedevano da oltre un anno e, dunque, la loro naturale attrazione, in quelle condizioni, era come sepolta nell’inconscio, incapace di riverberarsi sul suo Io cosciente.
‘Che bello, finalmente ti sei scelta uno sano di mente! Da quanto va avanti?’. ‘Poche settimane, per questo non lo sa ancora nessuno. Non voglio diffondere la notizia prima di vedere se può andare’. ‘E come sta andando?’. ‘Bene direi. Lui è dolcissimo, lo sai. Io ho un carattere di merda, ma spesso riesce a calmarmi’. ‘Grande. Ma com’è successo?’. ‘Per caso. Fino ad un anno fa vivevo dagli zii. Poi, lui, non trovando lavoro, ha pensato di cercare fortuna qui, quindi abbiam deciso di prendere casa insieme, da amici’. ‘Si, e poi?’. ‘Niente, abbiam trovato un bell’appartamentino con due stanze. Un salone con angolo cottura, dove lui dormiva su un divano letto, una stanza da letto che aveva ceduto a me e un bagno’. Paolo leggeva senza digitare alcunché, curioso di conoscere il seguito. ‘Un giorno, torno dal lavoro e in casa regna un silenzio di tomba. Pensavo non ci fosse nessuno. Così, entro in camera, mi spoglio nuda e vado per fare un bagno’. Al solo pensarla così discinta, il pene di Paolo diede i primi segnali di vita, inturgidendosi appena. ‘Entro in bagno e vedo che c’è Enea rilassato nella vasca. Non ti dico che imbarazzo!’. ‘Eh, lo immagino!’. ‘Io sono arrossita sicuramente, ma lui sembrava un peperone, pensavo dovesse venirgli un infarto!’. ‘Per forza, tutto quel ben di dio che ti si para davanti”. ‘Scemo! Comunque, a quel punto non so bene cosa mi sia preso’. ‘Cioè?’, chiese Paolo, sempre più incuriosito. ‘L’ho visto nella vasca, con le bolle fino al torace. Ha dei bei pettorali e delle spalle larghe. L’avevo già visto in costume, ma non avevo mai notato che avesse un bel fisico, sai?’. ‘Si, carino, indubbiamente, ma non è il mio tipo! :-)’. ‘E meno male tesò! :) Comunque, mi guardava in adorazione, faceva quasi tenerezza col faccino rosso e lo sguardo stralunato. E, per la prima volta, l’ho visto con occhi diversi. E’ un bel ragazzo, da anni mi stava vicino, nel bene e nel male. Insomma, forse meritava un’occasione dopo tanto penare’. ‘Te l’avrò detto un milione di volte!! Poi?’. ‘Sono entrata nella vasca con lui, sedendomici di fronte’.
Paolo era sconvolto dal racconto così approfondito, ed eccitato dalle circostanze. Si accorse che, come riflesso involontario, aveva preso a massaggiarsi il pene in erezione attraverso il pantalone della tuta che indossava. ‘Abbiamo iniziato a sfiorarci con i piedi. Con i suoi iniziò a sfiorarmi le tette. Era una situazione molto eccitante’. ‘Si, immagino!’. ‘Io gli sfiorai le gambe, poi arrivai al suo’ insomma, hai capito. Ce l’aveva già duro! Non grossissimo, ma comunque niente male!’.
Paolo non resistette più, scostò l’elastico della tuta e quello degli slip e tirò fuori il suo pene, ora completamente eretto. ‘Mentre gli strofinavo un piede sopra, lui col suo mi massaggiava la patatina’. Paolo era in estasi, al solo pensare a Damiana, nuda, che si faceva toccare in una vasca da bagno’ Dio, quanto avrebbe voluto essere al posto di Enea! La sua mano iniziò a sollecitare il suo pene, ormai al massimo dell’erezione. ‘Poi non ce l’ha fatta più, mi ha sollevata e mi ha portata a cavalcioni sopra di lui. Ha iniziato a baciarmi, a toccarmi, sembrava avesse dieci mani, una piovra! Io lo lasciavo fare, era bravo’.
Paolo continuava a leggere, sempre più in preda all’eccitazione. Avvertiva il suo pene duro nella sua mano sinistra, ne percepiva le vene in rilievo lungo l’asta e, con la coda dell’occhio, notò il glande grosso e violaceo. Era da tanto che non si sentiva così su di giri, e pensò a Damiana, che riusciva a portarlo al limite anche solo con qualche minuto di chat. ‘A un certo punto mi ha penetrata, senza troppe difficoltà. E lì ho iniziato a muovermi anch’io. Eravamo in sintonia e mi piaceva sentirlo dentro. Nel frattempo continuava baciarmi e a toccarmi’.
Il racconto continuò, ma Paolo iniziò ad estraniarsene, immaginando di essere al posto di Enea e di godere del corpo di sua cugina bagnato di acqua e di umori, di stringerne e morderne le grosse mammelle, di palparne il sedere sodo, di affondare il membro nella sua vagina aperta e bollente e sentirla muovere ed ansimare sopra di lui, con quei profondi occhi azzurri rivolti al cielo e le labbra spalancate per emettere urla e gemiti. Nel frattempo, continuava a stimolare il suo pene, ormai sul punto di esplodere.
Il caso volle che Paolo e i due amanti del racconto raggiunsero all’unisono l’apice del piacere, Paolo imbrattando la sua mano sinistra, la tastiera e il pavimento, Damiana ed Enea mischiando i fluidi dei loro corpi all’abbondante acqua di cui era colma la vasca da bagno, nella quale, continuò a narrare la ragazza, rimasero immersi anche dopo il coito, scambiandosi dolci baci mentre si tenevano stretti fra le braccia.
‘Ma che cazzo! Imbranato!’, imprecò Paolo mentre, con un fazzoletto trovato in tasca, cercava di rimediare almeno al grosso del danno. Il livello di eccitazione raggiunto, però, fu talmente elevato che lo sperma prodotto fu abbondante e il ragazzo dovette, necessariamente, correre in bagno per lavare le mani, pulire le sue parti intime e procurarsi un panno umido per sistemare anche il PC.
Damiana non poté non notare il silenzio del suo interlocutore. ‘Hey, tesoro, tutto ok? Ci sei?’.
Paolo rispose dopo un paio di minuti, avendo avuto anche il tempo di riprendere il suo autocontrollo: ‘Si, scusami, mi era squillato il tel. Bella storia comunque. Vi auguro di essere felici insieme’. E lo pensava davvero, nonostante avesse compreso, nel modo più plateale possibile, che l’attrazione per sua cugina non fosse passata né, tantomeno, diminuita durante la loro lunga lontananza. ‘Grazie, vedremo che succederà. Ora però scusami ma devo andare, tra poco il supermercato chiude e non ho ancora fatto la spesa’. ‘Vai, vai. Tanto io devo dare una pulita alla stanza, che è tutta sottosopra’. ‘A presto Cenerentolo, ti voglio bene’. ‘Anch’io”.
Terminata la conversazione e impostata la chat su offline, Paolo emise un lungo sospiro, incredulo dell’influenza che Damiana esercitasse su di lui e sempre più certo che le sue fantasie fossero, ormai, meri desideri destinati a rimanere tali.

Capitolo 7: Capitolo finale?
‘Ma dici che WhatsApp funziona lì?’. ‘Certo, funziona ovunque. Perché non dovrebbe?’. ‘Boh’ sei tu l’esperto, lo sai che non capisco nulla di queste cose’, concluse Damiana, sfoggiando un sorriso da bambina impertinente. ‘Mi dispiacerà da morire non vederti per chissà quanto tempo’, le disse Paolo, cercando invano di celare la malinconia che l’attanagliava alla vigilia della partenza, ‘Ma spero sarai felice a Jacksonville’. ‘Guai a te se non ti fai sentire ogni giorno. E non trovare scuse, abbiamo Facebook, WhatsApp, Skype. E chissà quale altra diavoleria elettronica salterà fuori’, intimò la ragazza, abbracciandolo, con gli occhi velati di lacrime trattenute a stento.
Da oltre un anno, la convivenza fra Damiana ed Enea procedeva a gonfie vele, contro ogni più rosea aspettativa. Avevano i loro screzi, certo, ma lui era sempre comprensivo, e lei era molto maturata durante quella relazione, tanto da discutere dei problemi, animatamente ma sempre in modo costruttivo, piuttosto che gettare tutto all’aria alla prima difficoltà, come era sempre stata solita fare.
Poi, un giorno di poche settimane prima, ad Enea, ingegnere elettronico in rapida ascesa, venne proposto un impiego a Jacksonville, Stato della Florida, come collaboratore esterno della forza navale statunitense. La città ospitava uno dei più grandi insediamenti planetari della U.S. Navy e per lui sarebbe stato un grosso privilegio lavorare come civile all’interno di essa, considerando anche il sontuoso trattamento economico promessogli.
Enea, entusiasta della proposta e certo di volere al suo fianco in quest’avventura anche Damiana, nel convincere la ragazza e le rispettive famiglie aveva trovato un formidabile alleato proprio in Paolo. Lui, da sempre filoamericano, aveva snocciolato pregi su pregi dei luoghi che i due avrebbero potuto visitare e della comunità nella quale avrebbero vissuto. Tanto impegno aveva reso, agli occhi dei suoi interlocutori, ancor più irresistibile l’offerta proposta al compagno di sua cugina ed aveva indotto tutti, inclusa Damiana, a guardare con favore a tale novità.
Tuttavia, la durata della collaborazione era prevista per un minimo di cinque anni, prorogabili anche a tempo indeterminato. Pertanto, Enea e Damiana avrebbero dovuto trascorrere negli States gran parte della, se non addirittura l’intera, vita lavorativa del ragazzo. Paolo non realizzò subito tutto questo, la coscienza di ciò affiorò pian piano dentro di lui, e adesso, a poco più di ventiquattr’ore dalla partenza, l’angoscia che potesse non rivedere più Damiana era diventata come una morsa che gli stringeva il cuore e lo lasciava senza fiato. Anche lei appariva tesa ed emozionata, ma Paolo non riusciva a capire se fosse triste per dover lasciare i suoi cari a migliaia di chilometri, o solo agitata per la svolta radicale che stava per imprimere alla sua vita.
Nell’ultimo periodo, fra i due non era più accaduto nulla di compromettente, anche perché la coppia viveva ormai stabilmente a Milano e tornava in Puglia solo per le feste comandate, congiuntamente. Per cui, Paolo e Damiana non avevano più avuto modo di restare da soli come in passato. Le loro confidenze avvenivano, più che altro, grazie ai mezzi di comunicazione a distanza mentre, quando erano insieme, le loro si limitavano ad essere normali, ed affollate, riunioni familiari. Nonostante questo, l’attrazione di Paolo nei confronti di sua cugina non accennava a diminuire.
Lei, spesso, si lamentava di notare i primi segni dell’invecchiamento. Le prime rughe, le prime smagliature. Ma lui la trovava bellissima, non riusciva a scorgere in lei una sola imperfezione. E anzi, quelli che per Damiana erano difetti dovuti al trascorrere dell’età, per Paolo erano caratteristiche che la rendevano più donna e, quindi, ancor più desiderabile agli occhi di un uomo. Ai suoi occhi. Si confrontavano spesso su queste considerazioni ma, alla fine, ognuno restava delle proprie idee, senza riuscire a smuovere l’altro dalle posizioni iniziali.
Quella volta, Damiana era tornata in città da sola. Enea era rimasto a Milano per concludere, prima della partenza, gli ultimi progetti rimasti in sospeso, in modo da immergersi totalmente nel nuovo lavoro una volta messo piede in terra americana. La ragazza, invece, decise di tornare nella sua abitazione d’origine per recuperare gli ultimi effetti personali che avrebbe portato con sé. Aveva ben chiaro in mente cosa infilare in valigia, per cui l’aveva preparata in pochi minuti. La sera successiva sarebbe tornata in aereo a Milano e lì si sarebbe riunita ad Enea, per affrontare insieme, nottetempo, il viaggio che li avrebbe condotti da Malpensa al Jacksonville International Airport.
Informato Paolo della visita lampo in città, il ragazzo si era catapultato a casa di Damiana per salutarla un’ultima volta. Zia Adele in quei giorni era fuori per un viaggio organizzato mesi prima, per cui avrebbero avuto l’appartamento tutto per loro.
Dopo l’ennesimo abbraccio di commiato, Damiana accompagnò Paolo alla porta. I due si tenevano per mano, un modo simbolico per dimostrare l’affetto che li legava e che, comunque, non si sarebbe mai spezzato, nonostante tra loro si sarebbe intromesso un intero oceano.
Paolo aprì la porta d’ingresso e uscì sulla soglia. I due si guardarono in silenzio, incapaci di proferire alcunché. Mentre Damiana richiudeva quella barriera di legno e ferro, qualcosa scattò nella mente del ragazzo. Bloccò la porta e la spinse appena in senso contrario. Damiana la spalancò nuovamente. ‘Cosa c’è?’, chiese la ragazza, confusa. Sebbene Paolo non si scompose, sua cugina notò un fuoco mai visto prima ardere nei suoi occhi. ‘C’è che’ andasse al diavolo tutto’ o adesso o mai più’. Prima che potesse chiedere ulteriori delucidazioni circa quello strano comportamento, Damiana si sentì sollevare da terra ed attrarre contro il corpo del cugino, che cercò immediatamente la sua bocca.
Quando si rese conto di cosa stava accadendo, era sospesa a mezz’aria, tenuta in braccio da Paolo che, intanto, torturava le sue labbra come se cercasse di mangiarle. Restò frastornata per un momento dalla piega presa dagli eventi, indecisa sul da farsi. Poi, investita in pieno dalla passione dimostrata dal ragazzo, si fece travolgere anche lei dagli istinti.
Paolo era ancora scioccato dall’audacia dimostrata. Sapeva di non avere più niente da perdere e, probabilmente, che non avrebbe avuto un’altra occasione. Così, aveva deciso di agire. Di fare ciò che la sua mente e il suo corpo gli imponevano da almeno dieci anni e che lui, in un modo o nell’altro, era sempre riuscito a reprimere. Ora doveva rischiare, o sapeva che se ne sarebbe pentito per il resto della vita. Non immaginava quale sarebbe stata la reazione di Damiana, e grande fu la sua sorpresa quando sentì schiudersi le labbra della ragazza e avvertì la lingua di lei cercare la sua. Fu un bacio interminabile, carico di istinti repressi. Sembrava che ognuno volesse penetrare nelle viscere dell’altro per appropriarsi di ogni fluido vitale.
Con l’ultimo barlume di lucidità, Paolo richiuse la porta d’ingresso dietro di sé e, sempre con sua cugina in grembo, tornò nella stanza da letto di lei. Con un braccio sosteneva Damiana dal sedere, mentre lei gli era avvinghiata al collo con le braccia e alla vita con le gambe. Erano trascorsi diversi minuti, e i due non avevano ancora ripreso fiato. Anzi, il loro bacio sembrava crescere d’intensità istante dopo istante, e le loro lingue parevano non stancarsi mai di vorticare l’una intorno all’altra.
Con il braccio libero, Paolo afferrò la valigia di Damiana posata sul letto e la gettò in terra, adagiando sua cugina sul materasso e ponendosi sopra di lei. I due tentavano di spogliarsi in maniera frenetica, senza interrompere il loro bacio. Quando capirono che sarebbe stato impossibile, si staccarono. ‘Sei completamente pazzo’, disse, affannata, Damiana, sfilando la maglia indossata dal cugino. ‘Si, ma di te’, rispose lui, facendo altrettanto.
I due indumenti volarono presto per la stanza, poi la stessa sorte toccò al reggiseno di Damiana. Paolo rimase per un istante incantato alla vista di quelle mammelle finalmente nude dinanzi a lui. Erano più grosse di come le immaginava, e l’effetto era reso ancor più evidente dal fatto che spiccassero come montagne sul minuto corpo di Damiana. Senza indugiare troppo, si tuffò su di esse, palpandole e percorrendole con la bocca appena schiusa fino ad incontrare i piccoli capezzoli già turgidi. Ne strinse uno fra le labbra, giocando con l’altro con le dita. La ragazza, intanto, gemeva di piacere, mentre cercava, alla cieca, di sbottonare e sfilare il jeans di Paolo, operazione agevolata dai movimenti di lui.
Dopo essersi dedicato all’abbondante seno della cugina, Paolo continuò a baciarla lungo l’addome, fino ad arrivare all’elastico dei suoi pantaloni che, prontamente, sfilò, lasciandola con delle graziose mutandine bianche di pizzo dalle quali, in trasparenza, si intuivano i biondi peli pubici. Continuò a scendere lungo le cosce di Damiana, per poi risalire dall’interno delle stesse. Era, ormai, a pochi centimetri dalla vagina di lei, della quale già percepiva il calore.
In maniera quasi animalesca, e accompagnato da un gemito di sorpresa di Damiana, sfilò l’unico indumento rimastole gettandolo via e, al contempo, liberandosi completamente dei suoi jeans, ormai arrotolatisi alle caviglie. Poi, si avventò con foga tra le cosce della ragazza, prima scorrendo le labbra tra la peluria del suo monte di venere, e successivamente affondandole nel frutto bagnato, qualche centimetro più in basso. Si inebriava dell’odore degli umori di Damiana, mischiati alla forte fragranza di menta del detergente intimo usato dalla stessa. Baciò quelle labbra per qualche secondo prima di divaricarle con le dita e affondare la lingua in quell’antro caldo e umido, assaporandone le prime secrezioni. Poi, cercò il clitoride, stringendolo tra le labbra e titillandolo con la lingua. Mentre i versi di approvazione di Damiana si facevano sempre più acuti, la ragazza muoveva convulsamente la testa a destra e a sinistra, e con le mani premeva la nuca di Paolo contro la sua intimità. Il ragazzo andò avanti così per qualche minuto, fin quando avvertì le urla di Damiana farsi acutissime e poi, un po’ alla volta, diminuire per lasciar posto all’affanno e allo spossamento.
La ragazza lo afferrò per i capelli, invitandolo a risalire lungo il suo corpo. Paolo si lasciò guidare e, quando furono faccia a faccia, Damiana riprese a baciarlo con foga, mentre tentava di sfilargli gli slip. Paolo assecondò i suoi movimenti fino a rimanere nudo anch’egli, col suo pene eretto che ora premeva contro la gamba sinistra di sua cugina. La ragazza fu lesta a cercare il suo membro. Quando lo trovò, lo impugnò e fece scivolare più volte la sua mano lungo l’asta, come a valutarne le dimensioni e, insieme, portarlo al massimo dell’erezione. Lo tirò appena verso il centro delle sue cosce e, quando avvertì il glande di Paolo sfiorare l’ingresso della sua vagina, sgranò gli occhi, guardando con desiderio suo cugino, quasi come per invitarlo a possederla. Lui si staccò dall’ennesimo bacio furioso, introducendo il suo glande all’interno della vagina di Damiana. Si beò della visione di sua cugina che chiuse gli occhi, gemendo e pregustando l’imminente penetrazione. Per un istante si fermò, estraendo quasi per intero la porzione di pene introdotta precedentemente. Damiana riaprì gli occhi, lo guardò intensamente e proferì, sussurrandole, le parole che lui aspettava prima di procedere, muovendo, al contempo, il suo bacino verso quello di Paolo: ‘Ti prego, non ce la faccio più’. La penetrò in un sol colpo, a fondo, percependo il suo glande urtare il collo dell’utero di Damiana, mentre lei si prodigò in un urlo che sembrava voler squarciare i muri dell’appartamento tanto era forte. Avvertì i muscoli vaginali di sua cugina stringere il suo pene, e i liquidi caldi ed abbondanti della ragazza bagnargli i peli pubici. Dopo essere rimasto per qualche secondo immobile, per far abituare Damiana alle sue dimensioni, fece sgusciare fuori il suo pene quasi per intero, con una lentezza esasperante. Proprio quando la ragazza cominciò a sentirsi come svuotata e a guardarlo con gli occhi colmi di desiderio, la penetrò nuovamente per tutta la sua lunghezza, strappandole un altro grido lancinante. Continuò in questo modo per svariati minuti, aumentando il ritmo ad ogni affondo. Si eccitava a guardare il volto di Damiana rosso per l’eccitazione e parzialmente coperto dai suoi capelli attaccati alla fronte, imperlata di sudore. Entrambi avevano il respiro affannato, ma Paolo, desideroso di dar sfogo a oltre un decennio di fantasie irrealizzate, non voleva lasciarsi sopraffare dalla stanchezza. Continuò a penetrare Damiana a un ritmo forsennato e sembrava che i gemiti, le urla e gli apprezzamenti della ragazza lo ricaricassero per continuare con sempre maggior foga e passione. La ragazza ebbe il suo ennesimo orgasmo un momento prima di lui e, quando avvertì il pene di Paolo pulsare dentro di lei e il ragazzo tentare di sfilarsi in tempo per evitare conseguenze, gli serrò le gambe attorno alla vita, imprigionandolo e riempendosi di tutto lo sperma che suo cugino aveva in corpo.
I due restarono l’uno dentro l’altra fin quando il pene di Paolo non perse un po’ di consistenza lasciando uno spiraglio affinché i loro succhi, mischiatisi durante il coito, potessero defluire dalla vagina di Damiana, bagnando le loro gambe e le lenzuola sottostanti. In quel primo momento di pausa, la ragazza rassicurò Paolo circa quanto avvenuto precedentemente: ‘Non preoccuparti, sono fuori di testa, ma non incosciente. Prendo la pillola’. Si sorrisero, e ripresero a baciarsi con passione, mentre le loro mani esploravano delicatamente i loro corpi, scossi dai respiri ansanti.
Dopo qualche minuto, Paolo si sdraiò supino, con Damiana che posò la testa sul suo petto mentre veniva stretta dal suo abbraccio. Lei gli sfiorò prima il volto e poi l’addome per, infine, tornare ad impugnare il suo pene che, intanto, aveva già ripreso vigore. Sollevò la testa e lo guardò col più malizioso dei suoi sorrisi, aggiungendo: ‘Ma è già pronto? Sei instancabile! ‘. ‘Sarà ispirato oggi, chissà come mai… o per merito di chi!’, replicò, tendenzioso, Paolo.
Damiana gli sorrise, poi i due si scambiarono leggeri baci sulle labbra, che si fecero pian piano più intensi, finché la ragazza non salì cavalcioni sul cugino e i due ripresero a baciarsi in maniera quasi brutale, come in precedenza.
Non passò molto tempo, che Damiana avvertì sotto di sé la piena erezione di Paolo e, sollevatasi sulle ginocchia, impugnò il suo pene per tenerlo perpendicolare al corpo del ragazzo, impalandovisi senza troppi tentennamenti. Paolo emise un grugnito strozzato quale indice del suo piacere, mentre Damiana iniziò a muoversi, prima ruotando il bacino e poi cominciando un lento su e giù.
Paolo aveva le mani sulle cosce di Damiana ma, alla vista di quei seni che gli ballavano davanti agli occhi, non poté fare a meno di afferrarli e massaggiarli con delicato vigore.
La ragazza, intanto, aveva preso un buon ritmo nel cavalcare il pene di suo cugino e, dai gemiti della stessa oltre che dalla sua vagina che avvertiva ancora ben lubrificata, Paolo comprese che era eccitata almeno quanto lui. Aveva cercato di tirarla giù, per poter nuovamente assaporare le sue mammelle, ma Damiana aveva fatto capire di voler restare in quella posizione, per avere il pieno controllo del ritmo di quel nuovo rapporto. Si muoveva velocemente su Paolo, finché i due non sembravano giungere quasi all’apice del piacere, poi rallentava per prolungare quanto più possibile quel dolce supplizio. Paolo, intanto, le palpava i seni e il sedere oltre che il bel viso, stravolto dal piacere. A un certo punto, capì che Damiana non avrebbe più rallentato la sua corsa. Prese a muoversi convulsamente, in maniera sempre più veloce, un attimo prima di reclinare all’indietro la testa e, poi, crollare sfinita sul corpo di Paolo, mentre lui per la seconda volta la riempiva del suo seme.
‘Ne avrai abbastanza ora’, chiese Damiana, respirando a fatica. ‘Uhmmm’ non ci contare!’, rispose Paolo, anche lui, peraltro, visibilmente stanco. I due scoppiarono in una fragorosa risata, dopo la quale calò improvvisamente il silenzio.
Restarono così per qualche minuto, abbracciati l’uno all’altra. Poi Damiana, senza scostarsi, gli chiese se si sentisse in colpa per quello che avevano fatto. ‘No. Tu si?’, incalzò lui. ‘No’, replicò la ragazza, ‘Secondo te, come mai? Eppure Enea”, aggiunse, baciando il torace di suo cugino e lasciando a metà una frase di cui entrambi, comunque, conoscevano la conclusione. ‘Non lo so. Forse perché lo desideravo da tanto. Da ben prima che entrasse lui nella tua vita. E, per questo, non mi sento di avergli fatto un torto’. ‘Anch’io credo di sentirmi così per lo stesso motivo. Dici che siamo due stronzi?’. ‘Probabilmente si. Ma rifarei ciò che ho fatto altre mille volte. Senza pentirmene mai’.
Damiana si limitò ad assentire, assorta in pensieri contrastanti che non sapeva esprimere a parole. Paolo prese ad accarezzarle la schiena e i capelli e, col passare dei minuti, i loro respiri si fecero sempre più lenti e regolari, finché non si abbandonarono entrambi ad un profondo sonno ristoratore.
Quando si svegliò, Paolo avvertì l’aria fresca del mattino sfiorarlo lungo il corpo nudo su cui, fino a poco prima, giaceva Damiana, fornendogli un calore rassicurante e benefico che mai prima d’allora aveva sperimentato.
Si chiese dove fosse, finché non avvertì la sua voce provenire flebile dal corridoio. Si sporse dal letto e la vide in piedi, con in mano la cornetta del telefono. Era avvolta in un ampio asciugamani color panna, che le lasciava scoperti solo le spalle e i piedi, e aveva i capelli ancora umidi che le ricadevano lungo la schiena. A Paolo sembrava un angelo. Si incantò a fissarla, mentre le immagini della sera precedente si susseguivano nella sua mente, come le scene clou di un film di cui non conosceva ancora il finale.
La telefonata terminò, e Damiana, voltandosi, notò lo sguardo di Paolo su di sé. Gli sorrise e si diresse verso di lui, prendendo posto sul letto accanto a suo cugino e abbracciandolo. Lui la strinse e le diede un leggero bacio sulle labbra, poi la guardò con aria interrogativa. Damiana capì subito le parole che il ragazzo si era trattenuto dal pronunciare. ‘Parlavo con Enea. L’ho chiamato per chiedere di spostare il viaggio di qualche giorno’. Paolo continuò a fissarla senza replicare, inducendola a proseguire col suo resoconto. ‘Lui partirà comunque questa notte. Io deciderò se raggiungerlo o restare qui’. Il ragazzo avvertì un tuffo al cuore, che prese a battere più rapidamente. Con la voce rotta dall’emozione, chiese: ‘Cosa pensi che farai?’. Lei lo guardò, gli sorrise e lo baciò nuovamente. ‘Non lo so. E di certo non ci penserò prima di colazione!’, sdrammatizzò, sollevandosi per alzarsi. Paolo l’attirò a sé e la baciò delicatamente. Damiana si lasciò andare, si distese su di lui e, afferrandogli la testa, affondò la lingua nella sua bocca. Paolo rispose al gesto con altrettanto trasporto, mentre nella sua testa si insinuò prepotentemente la consapevolezza che non fosse ancora giunto il momento per i titoli di coda del loro film.

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