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Racconti Erotici Etero

Una giornata della signora Grazia

By 21 Luglio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

ORE 8:00
“Allora, bambini, siete pronti? Sbrigatevi, o farete tardi a scuola!”
La voce della signora Grazia risuona squillante tra le pareti dell’appartamento al secondo piano di un affollato condominio. Antonio, il marito, un tranquillo ometto panciuto affetto da calvizie precoce e impotenza galoppante, &egrave già uscito per andare al lavoro e tornerà per l’ora di cena, dopo l’irrinunciabile tappa al bar dietro l’angolo. Lei, intanto, sparecchia con la consueta efficienza e rapidità la tavola della cucina, dove la famiglia ha fatto colazione. Si toglie il grembiule e lo appende con cura, accertandosi con un’occhiata che tutto sia in ordine. All’ingresso di casa si sofferma davanti allo specchio: una sistematina ai lunghi capelli mesciati, riuniti in un severo chignon dietro la nuca da cui scendono due frivole ciocche sulle tempie che le incorniciano il volto, velato da qualche rughetta intorno agli occhi leggermente truccati’ una sottile passata di rossetto, un’aggiustatina alla camicietta. La sbottona fino all’attaccatura del seno pesante, punteggiato di efelidi e piccoli nei scuri. Si guarda indecisa, poi ci ripensa e la riabbottona sotto il collo: troppo audace, per carità’ Si esamina con occhio critico, promuovendosi a pieni voti: quarant’anni, due gravidanze, impegnata a tempo pieno nella famiglia e nel lavoro, eppure può dare ancora dei punti a molte sgallettate adolescenti e sculettanti senza aver mai fatto ricorso ai ferri del chirurgo, neppure per un piccolo lifting. Petto in fuori, si ammira di profilo il seno generoso, un po’ troppo pesante, che in strada le attira ancora però gli sguardi e i commenti irripetibili di uomini e ragazzi: se lo soppesa con le mani a coppa, giustamente orgogliosa delle sue grosse tette a pera dai capezzoli a ciuccio così erti da formare due inequivocabili bottoncini che occhieggiano sulla camicia, con i quali ha allattato generosamente entrambi i suoi cuccioli. Si complimenta da sé dandosi una sonora pacca sul bel sedere ancora sodo, appesantito dalla cellulite ma ben fasciato dalla gonna a tubo che le arriva poco sopra il ginocchio scoprendo quel che basta ‘ grazie a uno spacco discreto ‘ per far apprezzare le sue belle gambe dalle cosce piene e ben tornite anche se con qualche smagliatura di troppo, inguainate da calze autoreggenti a rete molto sexy, unica concessione al fascino della seduzione in un look altrimenti austero. Sospira, rabbuiandosi, nell’aggiustarsi la gonna alla cintola: quella pancetta prominente, inevitabile tributo pagato alle due gravidanze consecutive, proprio non ce l’ha fatta a smaltirla, nonostante le ferree diete a cui si &egrave sottoposta negli anni. Chissà, forse l’estate prossima sarà la volta buona per’
“Eccomi, mamma, ho fatto prima io!!”
“No, non &egrave vero! &egrave lei che mi ha spinto per arrivare prima, ‘sta cretina, c’ero io invece’!!!”
Giulia ha quasi 10 anni e Matteo appena 8, fratellini tutto pepe che mamma Grazia ha un bel da fare a tenere a bada.
“Su, su, basta litigare’ Hai messo la merendina nello zaino, Giulia? Matteo, un’altra parolaccia a tua sorella e ti becchi uno schiaffone, capito?”
I due pargoli abbassano gli occhi, brontolando rassegnati, mentre si mettono diligentemente in fila davanti alla porta di casa, pronti per uscire: c’&egrave poco da scherzare, con un sergente di ferro come mamma Grazia!
“Avanti, marsh!”
Li sospinge davanti a lei, richiudendosi la porta alle spalle dopo aver gettato un’ultima occhiata dietro di sé: da brava donna di casa, ci tiene ad avere l’ingresso sempre a posto. “L’ingresso &egrave il biglietto da visita di una casa ordinata” &egrave una delle sue massime preferite’
ORE 8:30
Il marciapiede antistante la scuola materna e elementare “Santissima Madre Divina del Signore” &egrave come tutti i giorni affollato di bambini vocianti e mamme ansiose, più per la macchina lasciata in doppia o tripla fila che per il destino dei loro pargoli, subito accolti sotto l’ala protettiva delle suore che li attendono sul cancello.
“Mi raccomando, bambini fate i bravi e ubbidite alle suore'”
Grazia &egrave scesa dalla sua utilitaria tenendo i figli ‘ che ancora si guardano in cagnesco ‘ uno per mano e consegnandoli direttamente a suor Caterina, l’energica direttrice.
“Non si preoccupi, signora, a questi bricconcelli pensiamo noi’ Piuttosto, lo sa che domenica facciamo un pellegrinaggio al santuario di Padre Pio? Io l’ho già iscritta, tanto lei &egrave sempre dei nostri! Sa, i posti sul pullman sono così limitati'”
“Ma certo, ha fatto bene!” esclama con entusiasmo Grazia. “Tanto Antonio la domenica non riesco mai a smuoverlo dalla tivvù, lo lascio a casa con i pupi e vengo volentieri’ Che bello fare la comunione in un luogo così santo! Lo sa, suor Caterina, quanto sono devota a Padre Pio’ Ho fatto anche un fioretto per lui, da due mesi ho smesso di fumare!!”
La suora annuisce benevola, mentre accarezza dolcemente la testa delle due piccole pesti.
“Lo so, lo so, cara signora. Ah, se tutte le mamme fossero come lei'”
“Ma no, cosa dice, faccio solo il mio dovere di madre e di buona cristiana!” si schermisce arrossendo Grazia, abbassando modesta lo sguardo.
“Allora ci vediamo nel tardo pomeriggio, suor Caterina: oggi finito il doposcuola hanno catechismo fino alle sette, vero? Mi raccomando ancora, ragazzi, fate i bravi, eh?!”
Grazia &egrave già in macchina, saluta con la mano mentre fa manovra e intanto manda a quel paese ‘ attenta a non farsi sentire da suor Caterina ‘ l’automobilista che le strombazza da dietro per passare. Sul cruscotto, un’immaginina magnetica della Madonna accanto alla foto dei suoi bambini, con la scritta “Madre Santa proteggici”.
ORE 9:30
“Dottore, ci sono già cinque pazienti che aspettano'”
Grazia, indossato il camice bianco e una cuffietta molto professionale, si affaccia tossicchiando discretamente alla porta della stanza delle visite attigua alla sala d’attesa nello studio dell’anziano dottor Ernesto che, seduto alla scrivania, sospira richiudendo a malincuore il giornale che stava sfogliando e sfilandosi gli occhiali da vista.
“Vabbé, cominciamo la giornata’ Cara signora Grazia, come farei senza di lei!”
Grazia sorride compiaciuta, abbassando gli occhi con modestia. Il dottor Ernesto &egrave un medico della mutua vecchio stampo, apprezzatissimo da tutti per la sua esperienza e la devozione al lavoro, ma &egrave ormai prossimo alla pensione, vedovo da qualche anno, e si sente stanco: un tempo lavorava ininterrottamente in studio per 12 ore di fila e, a sera, trovava perfino il tempo di visitare i pazienti a domicilio. Ultimamente sta tirando un po’ il fiato, contando – per la successione – sul figlio studente fuori corso ma ormai finalmente prossimo alla laurea. Riccardo &egrave un bel ragazzo ventottenne, amante per la verità più delle donne, delle palestre e delle discoteche che delle aule universitarie e delle cliniche.
Fin da prima di sposarsi, Grazia fa da infermiera e da segretaria nello studio medico: prende e smista gli appuntamenti, prepara la lista delle ricette da firmare, tratta con i rappresentanti farmaceutici che ne conoscono e ne apprezzano le capacità professionali. &egrave inflessibile con i pazienti e riesce a sedare con pugno di ferro gli accenni di lite o di tensione che talvolta scoppiano nell’affollatissima sala d’attesa durante le ore di punta.
“Prego, può entrare: il dottore la riceve!” dice rivolta al vecchietto ipocondriaco che, non avendo altro da fare, &egrave lì in ambulatorio praticamente tutti i giorni.
“Ha bisogno di me, dottore?” chiede per pura cortesia, conoscendo in anticipo la risposta negativa e rassegnata dell’anziano medico: il vecchietto gode in realtà di una salute di ferro e il dottor Ernesto farà solo finta di visitarlo. Chiude la porta della stanza visite dietro di sé e si siede alla sua ordinatissima scrivania, dove espone in bella mostra la foto dei suoi bambini tenuti in braccio dal papà e un grande ritratto di Padre Pio con le stimmate incorniciato da un rosario benedetto, comprato nell’ultimo pellegrinaggio a Pietrelcina. Lo sfiora affettuosamente con la mano e si fa un rapido segno della croce, poi impettita apre il registro degli appuntamenti schiarendosi la voce.
“Allora, chi c’&egrave dopo?”.
ORE 18:00
Che giornata d’inferno! Per fortuna &egrave ormai agli sgoccioli’ La signora Grazia non si &egrave fermata praticamente mai, se non per buttar giù frettolosamente un panino e un succo di frutta all’ora di pranzo. Nella mattinata &egrave stato un via vai continuo di pensionati acciaccati e lamentosi, massaie smoccolanti per l’allergia di stagione, impiegati e operai bisognosi del certificato di malattia per rientrare al lavoro’ Dal primo pomeriggio &egrave cominciata la processione dei marmocchi, accompagnati da mamme petulanti e litigiose della serie “guardi che c’ero prima io della signora!”. Anche il dottor Ernesto &egrave esausto, si &egrave ravvivato solo quando, poco prima, &egrave arrivato il figlio (in ritardo, come sempre) per la consueta assistenza alle visite che, secondo le intenzioni paterne, dovrebbe servire a farlo conoscere ai pazienti per prepararli alla futura successione. Il “quasi” dottor Riccardo ha seguito distrattamente le metodiche e le diagnosi del padre, che si sforza inutilmente di coinvolgerlo nel suo duro lavoro: lui, in realtà, non ha alcuna intenzione di seguire le faticose e poco remunerative orme paterne, vuole solo fare i soldi in fretta e progetta di aprire una clinica estetica in società con un amico aspirante chirurgo. Grazia lo sa ma non ha il coraggio di dirlo all’anziano dottore, del resto non sono mica affari suoi’
La sala d’attesa si &egrave svuotata. Grazia guarda l’orologio: fra un’ora deve passare a prendere i pupi che escono dal catechismo, prima però ha un impegno fisso, accuratamente programmato dosando l’afflusso dei pazienti in modo che lo studio chiuda in perfetto orario. Due volte a settimana, proprio nei giorni di catechismo dei figli. Ha cercato di non pensarci per tutto il giorno, ma ora che comincia a rilassarsi l’attesa diventa spasmodica, quasi insopportabile. Piacevolmente eccitata, si strofina le cosce sentendosi tutta bagnata e si dimena sulla sedia, sforzandosi di concentrarsi sulla chiusura del programma al computer. Dalla sala visite esce finalmente l’ultima paziente, una vecchietta ottantenne che saluta ossequiosamente il dottore, insistendo per dargli un santino di Papa Giovanni, di cui &egrave una fervente devota. Grazia si alza e si stiracchia, sbottonandosi il camice.
“Signora Grazia, non so come ringraziarla!”
Il dottor Ernesto &egrave sulla soglia, si sta infilando la giacca ed &egrave visibilmente stanco.
“Mio figlio mi ha detto che anche oggi lei si trattiene per aiutarlo a catalogare le cartelle cliniche dello schedario per la sua benedetta tesi di laurea’ Non sa quanto le sono grato, però non vorrei che le pesasse troppo, sta diventando un impegno fisso e lei ha pure una famiglia che la aspetta'”
“Non si preoccupi, dottore, lo faccio volentieri per lei e per Riccardo, lo conosco da quand’era bambino e gli voglio bene come a un figlio’ E poi, finché i pupi hanno catechismo posso trattenermi un po’ di più senza problemi!” risponde lei, assumendo un’espressione da vittima sacrificale, mentre benedice in cuor suo l’istituzione del catechismo e chi l’ha inventata.
“Vada pure a casa tranquillo”, lo rassicura accompagnandolo alla porta.
“Grazie, grazie’ Lo faccia studiare sodo, per me &egrave tanto difficile con quel benedetto ragazzo'”.
Il dottore esce scuotendo la testa, curvo e claudicante, sognando la sua vecchia poltrona e una tazza di tisana calda. Grazia dà un giro di chiave, poi si volta a guardare la sala d’aspetto, vuota e silenziosa. Si lascia andare con la schiena alla porta, piegando indietro la testa e socchiudendo gli occhi.
“Finalmente'” sussurra, come in trance.
Riapre gli occhi, lo sguardo alla soglia della stanza visite, dove &egrave comparso Riccardo, le mani in tasca, camice bianco sull’elegante completo di Armani: la scruta con un sorrisetto beffardo.
“Giornataccia, eh?”.
ORE 18:15
Lo studio medico &egrave chiuso. La porta &egrave sprangata, il citofono staccato, le serrande abbassate, le luci spente. Fuori &egrave ancora giorno, &egrave una bella giornata di sole e la luce filtra dalle finestre, avvolgendo la sala d’aspetto in una gradevole penombra. Una giacca di Armani &egrave appesa allo schienale di una sedia, i pantaloni sono poco più in là, sul pavimento di linoleum, sparsi in disordine insieme alla camicia firmata e al resto di una costosa biancheria intima maschile. Sull’austera scrivania della signora Grazia, Padre Pio sembra adocchiare con muta riprovazione il tanga di pizzo nero finito chissà come sulla tastiera del pc, dal cui monitor penzola ‘ orrore! ‘ un reggiseno a balconcino. Il grande divano in finta pelle, con i cuscini deformati e i braccioli lisi dal tempo e dall’uso, &egrave proprio davanti al tavolo ingombro di riviste sfogliate e risfogliate dai pazienti durante le lunghe attese. La vecchietta devota di Papa Giovanni &egrave stata l’ultima a sedervisi: chissà che faccia farebbe adesso, se vedesse da chi ‘ e a fare cosa! ‘ &egrave occupato. Vestita solo della fede matrimoniale e dell’inseparabile collanina d’oro con la croce, la signora Grazia – sì, proprio lei, quell’infermiera così dolce e pia che le fa trovare ogni volta l’ultimo numero di “Famiglia Cristiana”! – si agita come una pazza, sudata e scarmigliata, i capelli disfatti e appiccicati al viso, aggrappata a un bracciolo. I seni pesanti dai grossi capezzoli scuri e dritti ballonzolano oscenamente avanti e indietro come le mammelle di una vacca da latte. Dritto dietro di lei, un piede a terra e l’altro sul divano, un ragazzo riccioluto atletico e muscoloso con i bicipiti tatuati, tutto nudo (possibile che’ ma sì, &egrave proprio lui, il figlio del dottor Ernesto!!), la tiene stretta per i fianchi mentre la incula di gusto, facendola gemere di dolore e di piacere a ogni affondo.
“Oh!’Oh!…Oh!… Mmh…Mmmhh’ Ahi! Piano amore’ così mi fai male, &egrave troppo grosso’ ce l’hai enorme’ oh, ma sentilo che sberla… oh yeah, sei proprio cazzutissimo!!!” mugola lei, con un linguaggio che certo non ti aspetti da una madre di famiglia tutta casa e chiesa. Riccardo rallenta il ritmo. Con studiata lentezza, tira fuori l’uccello dall’ano e lo appoggia bene in vista sul culone fremente della sua matura amante.
“Ma che fai sciocchino’ mica ho detto di toglierlo!!” protesta la troia con vocina delusa.
“Ti piace, eh, ‘sto bel cazzone? Guarda com’&egrave grosso, altro che il pisellino moscio di quel cornutone di tuo marito!!”.
Grazia si gira con una mano sul fianco per vederlo meglio: lo conosce bene quel cazzo enorme, sempre in tiro, e da quando ha incominciato ad assaggiarlo non le basta mai! Si lecca le labbra con la punta della lingua mentre ammira l’enorme cappella turgida e pulsante, sporca dei suoi umori fecali, che svetta come scolpita alla sommità di un bastone leggermente ricurvo, duro come un selce, intarsiato di prominenti vene bluastre, alla cui base penzola osceno il voluminoso scroto incorniciato da una fitta peluria scura. Sì, Ricky ha ragione: niente, ma proprio niente a che vedere con il ridicolo cazzetto di suo marito!
“Oh sì amore, &egrave proprio super'” si complimenta con voce roca per l’eccitazione mentre glielo accarezza delicatamente in punta di dita. “Mmmhhh, sentilo quant’&egrave tosto! Che bel cazzone duro’ Fa-vo-lo-so! Uh, ma come sono gonfi questi palloncini… c’&egrave tanta cosina buona per maialina Grazia qui dentro, vero?”.
Scende fino alle palle, soppesandole ammirata nel cavo della mano, poi impugna il palo di carne accennando a masturbarlo.
“Okay Ricky, adesso sbattimelo ancora dentro, lo voglio tutto nel culo!!” lo incita smaniosa.
Riccardo sorride compiaciuto. Ne ha conosciute di troie, ma quella santarellina madre di famiglia tutta casa e chiesa, capace in pochi minuti di trasformarsi in una fantastica sporcacciona disinibita, le batte proprio tutte!
Prenderlo in culo era stata una scelta… dolorosa ma inevitabile per Grazia che, da brava donnina di chiesa, non prendeva la pillola e considerava gli anticoncezionali strumenti di Satana in persona. Nessun problema con il marito, da tempo dedito assai più all’alcol che al sesso, dal cui striminzito rubinetto uscivano ormai poche gocce di un liquido che di spermatico aveva ben poco. Le sue esigenze sessuali erano davvero minime e per niente impegnative: si limitavano a una veloce sega che la moglie gli faceva annoiata a letto mentre sfogliava con la mano libera la sua rivista di gossip preferita, sega che finiva inevitabilmente con il “Godooo!” di lui a bassa voce per non farsi sentire dai pupi, seguito da “Oh sì, caro, bravo il mio maschione!” sussurrato con un certo disgusto da lei stando bene attenta a non sporcarsi col fazzolettino stretto tra le dita e il ridicolo cazzetto, quindi il bacetto di rito e il “Buonanotte, caro! Buonanotte, cara!” prima di voltarsi ognuno dall’altra parte e fare la nanna. Domare il cazzo prepotente del suo giovane stallone era ben più impegnativo. All’inizio glielo prendeva in bocca, non senza qualche difficoltà viste le dimensioni: godevano tutti e due alla grande, lui sborrandole in bocca e sulla faccia, lei masturbandosi come una ragazzina. Poi, vedendola nuda, lui le aveva detto che aveva “un seno da spagnola”: ingenuamente, lei aveva pensato che le spagnole avessero un seno particolarmente florido e lo aveva preso per un complimento… Quando Riccardo glielo aveva schiaffato in mezzo alle tette, mostrandole come si faceva, aveva capito, divertita ed eccitata, che la terra delle corride c’entrava molto poco… La spagnola le piaceva di meno perché, anche se la eccitava molto sentirsi il cazzo duro del suo amante in mezzo al seno e allo stesso tempo poterglielo leccare e succhiare in punta di cappella, aveva le mani occupate a tenere ben strette le tette e non poteva perciò masturbarsi (non osava chiedergli di aiutarla perché lui era sempre troppo impegnato a titillarle i capezzoli), per non parlare dei copiosi getti di sborra che le imbrattavano il petto e il collo: dopo aver fatto godere Riccardo nel suo seno, era perciò costretta a un vero tour de force, consistente in un frenetico ditalino seguito da una sbrigativa ma necessaria toilette. Ma il suo focoso amante non si accontentava e pretendeva da lei rapporti completi. Grazia aveva cercato di spiegargli che non prendeva la pillola e che di preservativo o spirale neppure a parlarne. Lui aveva insistito, giurandole che lo avrebbe tirato fuori prima di venire: troppo rischoso, aveva risposto lei, sarebbe bastata una goccetta per ingravidarla! Così, quando Riccardo le aveva chiesto il culo, non aveva potuto dirgli di no… Le prime volte per Grazia era stato molto doloroso farsi trapanare il posteriore ancora vergine dagli oltre 25 cm di cazzo del suo bel ganzo. La farmacia di fronte aveva avuto qualche difficoltà a sopperire all’improvviso raddoppio della fornitura di vaselina per l’ambulatorio del dottor Ernesto, ovviamente ignaro dell’uso assai poco professionale che tra quelle mura si faceva del lubrificante’ Poi, dài e dài, a forza di essere penetrato, lo sfintere dell’insospettabile troia si era finalmente slabbrato a misura d’uccello del superdotato giovanotto: adesso Grazia ci aveva preso gusto e se lo preparava con cura in bagno. Prima di farsi montare, si allargava il buco con le dita, spalmandoci solo un filo di lubrificante per uso ginecologico. Poi, profittando del godurioso 69 di rito con cui cominciavano tutte le loro scopate, inzuppava ben bene con abbondante saliva la cappella del suo amante…
Nella silenziosa penombra della sala d’aspetto, il divano cigola sotto i preparativi dei due sporcaccioni. Lui l’afferra saldamente per le chiappe sudate e frementi, divaricandogliele con i pollici per allargarle l’orifizio anale su cui appizza di punta il grosso glande congestionato.
“Vado bene così? Senti come entra bene, ce l’hai proprio spanato, troiona… Ti piace prenderlo in culo, eh?” ansima Riccardo.
Per tutta risposta, Grazia si volta verso di lui e, puntellandosi al bracciolo con una mano, con l’altra cinge le chiappe del ragazzo per attirarlo più stretto a sé. Con gli occhi socchiusi, si lecca le labbra tumide mentre si gode l’uccello che la riempie centimetro dopo centimetro.
“Sssììì, mi piace che mi sfondi! Che gusto… dài, ficcamelo tutto dentro, tutto, fino alle palle!!!”
Riccardo si guarda estasiato il cazzo che sparisce man mano nel sedere della troia, avvolto dai muscoli sfinterici caldi e rilassati, leccandosi anche lui le labbra. La prende in parola e si ferma solo quando i suoi voluminosi coglioni sbattono sulle chiappe di lei, che nel frattempo si &egrave messa a sditalinarsi freneticamente.
“Oh ma che super cazzo tosto che hai!!! E sfondami, dài’ fammi il pieno di sborra’ Oh ssì che sono la tua troia, sììì’ sssìììììì!!!”
L’eccitazione spazza via tutte le residue inibizioni di Grazia, che diventa sempre più volgare mentre si sgrilletta a più non posso sbrodolandosi di piacere.
Il suo Riccardo non si fa certo pregare e la pompa alla grande con vigorosi colpi di cazzo. I gemiti di goduria e di dolore di Grazia risuonano nella stanza insieme all’osceno risucchio dell’uccello nel budello spanato e al ritmico schiaffeggiare dei grossi coglioni sulle chiappe tremolanti e sudaticce di lei.
“Tò, tò’ prendilo tutto dentro, puttana rottainculo! Te lo faccio uscire dalla bocca il cazzo, porcona di una vacca troia!!”
Grazia rantola, strilla, geme di piacere ma anche di dolore, singhiozza, si dimena trapanata senza pietà dal bastone che le sconvolge gli intestini. Si aggrappa disperatamente con tutte e due le mani al bracciolo del divano, supplicando più dolcezza al suo focoso stallone.
“Ahi! Piano amore, mi fai male’ Ohi! Uuhh!! Aahhrrgg… No, così mi fai uscire le emorroidi! Ce l’hai troppo grosso… &egrave enorme!!”
Per tutta risposta, Riccardo ‘ trasfigurato, con gli occhi fuori dalle orbite e la voce alterata dall’eccitazione ‘ la schiaffeggia con cattiveria, stampandole il cinque sulle chiappe con sonori ceffoni.
“E muovi ‘sto culone, troia!… Fatti inculare come si deve, brutta vacca sfondata… Altro che emorroidi!! A casa da quel cornuto del tuo maritino ci torni coi cerotti al culo, puttana!!!”
Le piace trattarla male, umiliare quella donna più grande di lui inculandola come una troietta qualunque: lo eccita da matti vederla sottomessa e pronta a soddisfare tutte le sue voglie, così diversa dall’infermiera efficiente e autoritaria che, quando da ragazzino veniva a trovare il padre in studio, guardava con rispetto e desiderio, protagonista indiscussa delle sue prime seghe adolescenziali. Anche Grazia gode a farsi maltrattare e inculare da quel ragazzo muscoloso e arrogante, così diverso dal suo flaccido e remissivo marito: lei, abituata a comandare in famiglia, in quell’ora di evasione si trasforma in una docile schiava e, sotto sotto, ci prova gusto… Infilzata alla pecorina, si dà da fare come meglio può per soddisfare le voglie insane del suo giovane ed esigente padrone, muovendo il bacino su e giù come piace a lui, seguendo il ritmo del cazzo: se solo rallenta per prendere fiato o dare un po’ di sollievo al suo budello infuocato, subito Riccardo la sprona a suon di sberle sul culo, che le strappano urletti di dolore e la costringono a riprendere freneticamente il và e vieni.
Sudato e ansimante, il figlio del dottore rallenta il ritmo e si china sulla schiena della sporcacciona, prendendole in mano le tettone e mungendogliele golosamente: le titilla i grossi capezzoli scuri tra indice e pollice e la slingua avidamente sul collo e dietro le orecchie, sussurrandole irripetibili oscenità.
Grazia si volta, sfinita, i capelli appiccicati sulla fronte madida di sudore. Le loro lingue si cercano e si incontrano, avvinghiandosi, sgocciolando saliva. Lei guarda implorante il suo stallone e padrone che continua a mungerla di gusto.
“Mmmmhh’ ti piacciono le mie tette, vero Ricky? Te la faccio una spagnola da sballo come piace a te, eh, amore??” mugola speranzosa con vocetta flebile, il culo dolorante per i gran colpi di cazzo ricevuti.
Riccardo ci pensa un po’ su, senza rispondere: gli piace un fottìo fare il culo a quella insospettabile troia ma, al tempo stesso, deve ammettere che sborrarle nel seno lo eccita da matti, almeno quanto riempirle l’ano di sperma fino a farglielo colare sulle cosce. Sì, però la zoccola merita una punizione: mentre esce rudemente dal suo culo le torce con cattiveria i capezzoli, strappandole un urletto di dolore. Poi si alza in piedi sul divano, afferrandola per i capelli per costringerla a voltarsi.
“Okay mignotta, ma prima succhiamelo’ e bene! Ti faccio assaggiare un po’ del tuo culo sfatto e della tua merda di vacca, prima che te lo schiaffo in mezzo a ‘ste tettone sfrante!!”
Ubbidiente e sottomessa, Grazia si inginocchia davanti a lui e glielo prende umilmente in bocca, non senza qualche difficoltà viste le dimensioni dell’arnese: con una mano gli sorregge le palle, con l’altra impugna l’asta e la ciuccia di gusto in punta di cappella, odorosa ancora del suo culo. Di nuovo eccitata, nonostante abbia già goduto sotto i potenti colpi di cazzo dell’amante, Grazia si accarezza la fica coperta da una fitta peluria scura e, mentre con la mano destra continua a sorreggere i voluminosi coglioni rigonfi, con la sinistra riprende a masturbarsi di gusto. Riccardo la guarda eccitato dall’alto in basso, tenendola per i capelli e dettandole i tempi: le spinge la testa avanti e indietro, mentre con l’altra mano le palpa le tettone strizzandole i lunghi capezzoli erti.
“Succhia, pompinara! Pure le palle devi ingoiare, ciucciacazzi di merda!!” urla eccitato, aumentando il ritmo della pompata.
“Gggghhh’. Mmmgghh'” Grazia, la testa imprigionata da dita d’acciaio e le guance deformate dal pistone di carne che le sfonda la gola, ha le lacrime agli occhi, il viso congestionato e si sente soffocare. Riccardo se la gode alla grande, avrebbe voglia di venirle in bocca facendole uscire la sborra dal naso come l’ultima volta, ma si trattiene’ Con malavoglia, sfodera il cazzo e glielo sventola sfrontatamente in faccia, ordinandole di stendersi. Tossendo e schiarendosi la gola sfondata, lei si lascia andare di schiena sul divano, appoggiando le spalle a un bracciolo e stringendosi il seno con le mani, i gomiti in fuori. Ricky si inginocchia a cavalcioni sulla troia, sbattendole l’uccello umido di saliva in mezzo alle poppe: poi, comincia a pomparglielo avanti e indietro, spingendoglielo fino alla bocca.
“Slurp, slurp’ mmhh’ slap, slap’ che gusto! Slap, slap’ mmmmhh, che buono!! Me l’hai infilato proprio giusto, amore!” mugola servizievole Grazia, leccando la cappella che va e viene stretta fra le sue mammelle come una bambina golosa alle prese con un gelato.
Ricky accelera il ritmo, ansima ritmicamente, le strizza e le palpa a piene mani le tette guardandosi stralunato il bastone ricurvo che pompa su e giù, slinguazzato a più non posso dalla troia. Poi si ferma, si inarca puntellandosi al bracciolo, gli occhi sbarrati.
“Vacca! Porca!! Sborroooo!!!” urla, mentre le scarica addosso l’abbondante succo dei suoi poderosi coglioni.
Fiotti di sborra imbrattano la faccia di Grazia, le schizzano sul collo e in mezzo alle mammelle pesanti. Lei si fa insultare e umiliare con gridolini di piacere, mentre riesce a infilare una mano fra le cosce e a masturbarsi freneticamente fino all’orgasmo, godendo come una porca con il cazzo dell’amante ancora infilato nel seno da cui colano copiosi rivoli di sperma.
ORE 19:10
&egrave l’imbrunire e sul marciapiede ‘ solitamente affollato, dopo il catechismo ‘ della scuola “Santissima Madre Divina del Signore” non c’&egrave quasi più nessuno. Suor Caterina attende davanti al cancello, con Giulia e Matteo tenuti per mano. Un’utilitaria si accosta frenando di colpo senza neppure mettere la freccia, tagliando la strada alle auto che la seguono e scatenando un furioso concerto di claxon nel caotico traffico cittadino. Grazia soffoca fra i denti un’imprecazione, esibendosi in un sorriso forzato a beneficio della suora e dei suoi bambini, che la stanno osservando. Preoccupata, si guarda ancora allo specchietto: ha rimesso su la crocchia dei capelli alla meglio, si &egrave rifatta al volo il trucco, le occhiaie ci sono e si vedono ma si possono giustificare con la fatica’ Piuttosto, si &egrave lavata alla meglio nel bagnetto dello studio e nella fretta le &egrave sfuggita qualche traccia di sperma che ora, seccandosi, le tira qua e là la pelle. Non si vede, ma ne percepisce l’odore maschio e pungente… o forse &egrave solo una sua impressione? Fingendo di raccogliere qualcosa, si china sul sedile e scosta i lembi della camicetta, annusandosi il seno: cazzo, se si sente! Si abbottona nervosamente fino al collo, anche se dubita fortemente che suor Caterina abbia mai conosciuto in vita sua quell’odore! Suo marito invece sì, vabbé che torna a casa già ciucco e col pensiero fisso al prossimo martini, ma deve urgentemente farsi una doccia appena rientrata. Ne approfitta per prendere dal cruscotto lo spray alla menta e spruzzarsene in gola un’altra abbondante dose. Dopo averle goduto nel seno, Riccardo aveva voluto ficcarglielo in bocca per farselo leccare e succhiare fino all’ultima goccia di sperma. Più tardi, mentre distesa nuda sul divano si godeva soddisfatta un po’ di meritato relax aspettando che il suo ganzo ‘ impegnato in una lunghissima pisciata ‘ le liberasse il bagno, non aveva resistito e si era accesa una sigaretta: aveva aspirato voluttuosamente il fumo mescolandolo con il sapore acre dello sperma che le riempiva ancora la bocca, una sensazione deliziosa’ ‘fanculo il fioretto a Padre Pio!
Posa lo spray e scende, trafelata.
“Suor Caterina, mi scusi per il ritardo! Sa, c’&egrave sempre tanto da fare’!”.
La suora annuisce, comprensiva, affidandole i pupi.
“Ma certo, signora Grazia, non si preoccupi! Il suo lavoro &egrave così pesante, si vede dalla sua faccia: chissà quante gliene succedono’ !!”
Grazia arrossisce e abbassa lo sguardo mentre prende in consegna i figli. Come sempre, un po’ si vergogna per quello che fa: ogni volta, del resto, dopo averlo fatto le viene un senso di colpa nel ritrovare i suoi teneri cuccioli, il suo pacioso e remissivo marito, la sua casa linda e ordinata, suor Caterina così ingenua e piena di fede…
“Se sapesse, suor Caterina, se sapesse’!” si schermisce ad alta voce spettinando affettuosamente i capelli dei figli mentre li fa entrare in macchina.
“Beh, magari meglio di no”, sussurra tra sé chiudendo la portiera, soffocando a stento una risatina, “come minimo le prenderebbe un infarto!”
“Ah, signora Grazia, non gliel’ho detto? Dalla prossima settimana facciamo tre ore di catechismo anziché due, purtroppo &egrave un pomeriggio in più: so che per lei &egrave un impegno gravoso, con tutte le cose che ha da fare, ma la Prima Comunione si avvicina e ai bambini la dottrina fa tanto bene'”
“E pure alla mamma!” scappa da dire a mezza voce a una contentissima Grazia, che subito si morde la lingua sforzandosi di sfoggiare l’espressione trasudante spirito di sacrificio che le riesce così bene.
“Come?” chiede la suora, che non ha capito bene.
“Ehm, dicevo pazienza, suor Caterina, pazienza: &egrave un piccolo sacrificio che faccio volentieri’ Anzi, sa che le dico? Io, al catechismo, li manderei tutti i giorni!!!”

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