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Racconti Erotici Etero

Una Notte D’inverno

By 5 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Giada non era mai stata una ragazza come le altre. Soltanto guardandola si capiva come vedesse la vita in maniera diversa, alternativa. Il suo corpo longilineo, con arti sinuosi e lunghi, il suo volto morbido e ovale, i suoi occhi azzurri, lasciavano trasparire le sue emozioni, semplici, sincere. Il suo modo di fare era incoerente, incostante. Ogni tanto capitava che fosse silenziosa, triste, chiusa in se stessa e che, cinque minuti dopo, impazzisse e diventasse il centro dell’attenzione.

Ero venuto a sapere che durante l’adolescenza Giada fosse conosciuta nella sua scuola come una ragazza piuttosto facile. Si era concessa a molti ragazzi durante il triennio e non aveva mai cercato di avere una relazione fissa. Quando lo venni a sapere, mi parve molto strano. Da quando la conoscevo infatti, Giada era sempre e solo stata con Alessio. I due non si perdevano mai di vista e lei era sempre stata fedelissima. Ultimamente però, le cose iniziavano a cambiare.

Girava voce che Giada fosse insoddisfatta. Alessio non riusciva a darle il piacere di cui lei aveva bisogno e, di conseguenza, i loro rapporti diventavano sempre meno frequenti. La coppia ne soffriva, soprattutto perché le voci su di loro si facevano sempre più pungenti. Era, infondo, proprio colpa di giada se tutti sapevano dei loro problemi. Ella non sapeva trattenersi e, senza troppi problemi, confessava i suoi guai a molti dei suoi amici. Il suo modo di parlare poi, impulsivo, veloce e spesso colorato da parole forti, non lasciava che troppo rimanesse all’immaginazione. Tutti insomma, sapevano ogni dettaglio della sua vita sessuale.

Il mio rapporto con Giada non era confidenziale. La vedevo ogni tanto e, sinceramente, non era una persona con cui mi interessasse più di tanto chiacchierare, forse l’unica cosa che mi piaceva di lei, era proprio quel suo linguaggio diretto che, per qualche motivo, mi aveva sempre dato l’idea che fosse una persona piuttosto curiosa.

Era una sera come tante, una di quelle sere che, d’inverno, ti convincono a stare in casa praticamente subito. Io e i miei amici avevamo deciso di giocare a carte. Non si trattava però di una partita a poker, giocata nel fumo e con tanti soldi colorati sul tavolo, era solo un’amichevole partita ad UNO, giocata in una stanza ben illuminata, anche per questo motivo, Alessio, un tipo poco sedentario, aveva preferito non venire. Sul tavolo c’era qualche bicchiere di birra e, davanti al suo, Giada faceva, come accadeva spesso, finta di averne bevuta un po’ troppa. Era un modo come un altro per poter parlare di ciò che voleva, senza far capire che era nel pieno delle sue intenzioni.

Giada passò tutta la serata a ripetere gli stessi concetti. Le frasi erano talmente conosciute che non ci facevamo nemmeno più tanto caso:

“Sono tre mesi che non scopo!” diceva.

“Ho proprio voglia di cazzo!” insisteva.

“Ma non c’è nessuno che vuole fare un po’ di sesso in giro?” continuava.

Oramai, non le dava più retta nessuno.

Giada aveva avuto infatti proposte. Era una bella ragazza: alta, magra, consapevole del suo fascino e soprattutto del suo sedere, che stringeva sempre nei Jeans per risaltarne bene la forma. Quella sera per esempio, indossava si un maglione che la copriva bene, per ripararla dal freddo, ma anche dei Jeans a vita bassa che lasciavano intravvedere il suo intimo, azzurro, e le sue natiche invitanti. Inutile però, sarebbe stato farsi avanti. Ogni qualvolta qualcuno lo facesse, lei si tirava indietro, proclamando il suo amore per Alessio.

Io non ci avevo mai nemmeno pensato, a provarci intendo, non solo perché sono sempre stato alieno al concetto di “provarci” ma anche perché sarebbe stato completamente inutile. Che senso aveva cadere nella rete di una tentatrice, pronta a sedurti, per poi rimanere a bocca asciutta quando lei, vigliaccamente, si tirava indietro?

Alle due di notte tutti decisero di andare. Giada era nella fase triste della serata. Con la testa abbassata sul tavolo e con il suo bicchiere, ancora il primo, stretto in mano, fingeva una sbornia triste a cui non credeva nessuno. Assecondandola, dissi agli altri:

“Ragazzi, voi andate, sveglio Giada e mi assicuro che possa guidare.”

Sapevo, purtroppo, cosa mi aspettava. A Renato era successo già più di una volta che Giada restasse per ultima a casa sua e mi aveva raccontato che ci erano volute due ore per mandarla via. Due ore in cui si era lamentata ininterrottamente delle deficienze sessuali del suo rapporto. Mi rassegnai al fatto che, questa volta, era il mio turno.

“Dai Giada.” Dissi già mentre chiudevo la porta “ Tirati su e datti una sistemata, è tardi!”

Stranamente, al mio rientro in cucina, la trovai in piedi con una bottiglia di birra in mano.

“E’ tardi? Ma no dai! E’ una bella serata! Festeggiamo!” Disse lei, ancora fingendo di essere in preda all’alcol.

“No, per favore.” Risposi io mentre le sue braccia si appoggiavano al mio collo e lei iniziava a fingere di ballare con me. “Sono le due passate e sono stanchissimo!”

La sceneggiata bambinesca andò avanti per qualche altro minuto. Era una cosa patetica, un modo infantile di farsi notare, di cercare di impietosirmi e di farmi dire qualcosa di incoraggiante, per poi martellarmi con le sue mille ansie.

“Giada, basta!” Dissi finalmente, stappandole le mani dal mio collo per la centesima volta. “Adesso ti siedi, ti faccio un caffè, e poi ti accompagno a casa, ok?”

Giada si sedette e per qualche secondo mi potei godere il silenzio, mentre preparavo la moka per fare il caffè.

“Allora mi porti a casa?” le sentii chiedere.

“Si.” Risposi io seccato. “se vuoi anche subito.”

“Stasera non ho voglia di andare a casa.” Replicò lei. “Ho voglia di scopare!”

Il caffè iniziava a salire.

“Dici sempre così Giada… Oramai non ci crede nessuno.”

Ci fu qualche attimo di silenzio, fatta eccezione per il caffè che gorgogliava nella moka. La mano di giada mi si posò sulla spalla.

“portami a casa adesso.” Disse lei, con un tono insolito.

Mi girai e non credetti ai miei occhi.

Giada era in piedi, davanti a me. Si era tolta i pantaloni, il maglione e la maglietta ed ora era rimasta vestita solo del suo intimo azzurro, minuto ed estremamente provocante e delle sue calzette a strisce, che erano state in bella mostra tutta la sera. Giada tolse la mano dalla mia spalla e me la mise tra le gambe, strusciandosi contro di me con il resto del suo corpo caldo e soffice.

“Ah…” sussurrò “scopami dai…”

Volevo dire qualcosa, ma le sue mani già mi privavano della camicia ed il suo volto, strusciandosi contro il mio petto, scendeva verso i miei Jeans che ella fece cadere al suolo con leggerezza ed eleganza. Prese a toccarmi e baciarmi attraverso il cotone dei boxer. Vedendomi indubbiamente eccitato lei prese confidenza e la sua voce, ruvida ma sensuale, si alzò, prendendo nuovamente ad usare quel suo vocabolario così colorato.

“Adesso ci credi che ti scopo eh?” accusò ironicamente “Prima mi fotti la bocca, poi, la fica e poi il culo.”

Abbassò i boxer con uno strattone e aprì la bocca, poi si fermò un attimo.

“Vediamo se finalmente posso godere un po’?” disse massaggiandomi con la mano destra. “Dai, dimmi qualcosa. Sei diventato muto?”

Mille parole mi attraversarono la testa, ma non dissi nulla. La mia mano destra le accarezzò il viso, la sinistra le si poggiò sul collo e la spinsi verso di me con tutto me stesso. Lei non resistette ma assaporò quanto avevo da offrirle con gratificata eccitazione. La sentivo mugugnare e le vidi le mani scivolare sotto le mutandine, appagandola ancor di più.

Non potrei mai trovare le parole per descrivere la sua bravura, ella mi succhiava e leccava con morbida lussuria, boccheggiava e si spingeva fino in profondità, lasciandomi penetrare ogni antro di quella bocca così calda che avrebbe potuto sciogliere il polo. Dopo qualche minuto di intensa passione si lasciò rimbalzare il mio membro, ormai incontrollabile, contro le labbra e, leccandolo alla base, sfiorandomi con le mani i testicoli mi chiese, quasi implorando.

“Scopami…”

La feci alzare e con dura movenza le sfilai le mutande dai fianchi, lasciando che cadessero alle sue caviglie. Mentre lei le sfilava dai piedi, le infilai con lestezza la mano tra le gambe e presi a massaggiarle la vagina, avvolta da un piccolo torrente di piacere. Lei gemette e poggiò la testa alle mie spalle. Seppi in quel momento che era mia.

La feci godere con le dita ancora un po’ e lei me ne fu grata abbastanza da darmi preavviso, con il suo solito vocabolario, di cosa stava per fare.

“Adesso ti smonto!” mi disse con violenza nell’orecchio.

Mi allontanò con le braccia e mi fece sdraiare sul grosso tavolo di legno, al centro della cucina, dove avevamo giocato a carte. Come una gazzella saltò sul mobile, in piedi, con le gambe aperte e i piedi, uno a destra ed uno a sinistra, all’altezza dei miei fianchi.

“Dimmelo.”

“Cosa?” Chiesi io.

“Dimmi quanto vuoi la mia figa… dimmi quanto mi farai godere… poi ti faccio vedere quanto ti voglio io!”

“Voglio la tua fica quanto voglio il mio prossimo respiro.” Risposi “Vieni qui che te la sfondo. Godrai come non hai mai goduto prima!”

Giada di abbassò. Mi prese con decisione ed impazienza, prima di infilarmi voracemente nel suo orifizio bagnato. Immediatamente iniziammo a gemere e a contorcerci freneticamente, facendo tremare il tavolo sotto la mia schiena. La voracità e la velocità dei suoi movimenti mi facevano tremare dal piacere e sentivo che la sua estasi cresceva.

“Fottimi, fottimi così è bellissimo!” gemette in preda al piacere.

Le abbassai il reggiseno per scoprire il suo seno, piccolo ma sodo e colpirlo con delicati schiaffetti per poi stringerle i capezzoli turgidi tra le dita. Sentii che stava per venire, ma ancora una volta, si fermò.

Giada si alzò in piedi, e mi invitò a fare lo stesso. Poggiò i gomiti sul tavolo e alzò il sedere, sodo e perfetto, puntandolo nella mia direzione. Le sue dita, lunghe ed eleganti, erano visibili anche da dietro di lei, mentre la penetravano ed i suoi occhi azzurri mi chiamavano con passione sfrenata.

“Inculami…”

Non disse altro. Non ce ne era certo bisogno. Le massaggiai l’ano per aprirlo un po’, sentendola gemere dolcemente mentre si sfilava del tutto il reggiseno. Poi appoggiai il glande al suo ano e spinsi.

“Aaaaah!” Gridò lei, facendosi penetrare come burro da un coltello caldo. “Si, Si, Si! Fottimi nel culo! Più forte! Ancora!”

I movimenti di giada parevano essere quelli di una cavalla al trotto, i suoi ragli quelli di una mula, dietro di lei, io, suo cavaliere, venivo domato, anziché domare, dalla puledra eccitata che mi stava donando tutto il suo immenso piacere. Nei minuti successivi ella raggiunse l’orgasmo due volte, a distanza di pochi secondi l’una dall’altra, mungendosi il seno con una mano, posta tra esso e il tavolo, penetrandosi la vagina con l’altra, la quale mi accarezzava talvolta lo scroto con la punta delle dita e lasciandosi invadere dalla mia verga, oramai sua. Al momento del suo secondo orgasmo io ero sul punto di impazzire, solo le sue parole mi liberarono.

“Vieni! Vieni! Vienimi nel culo!”

Le tirai i capelli biondi e morbidi come seta un’ultima volta per vedere quel viso così in preda all’orgasmo da non poter far altro che abbandonarsi al vuoto, spinsi ancora una volta, forte, nel suo ano, poggiandomi a quelle due natiche che come un caldo nido mi avvolgevano e rilasciai tutto il mio seme nel suo culo fantastico, poggiandomi su di lei, per riposarmi, ma anche per penetrarla ancora di più.

Giada mi aveva dato qualcosa di incredibile.

Ci separammo solo dopo alcuni minuti, ancora ansimanti, e non senza qualche altro gemito e qualche passionale bacio. In silenzio ci vestimmo e poi portai Giada a casa, spegnendo il fornello con il caffè bruciato prima di uscire.

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