Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Una Notte Qualunque

By 4 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments



9 Novembre 1888 – Londra

Quando la fortuna bacia, regala belle gambe lunghe e tornite. Quando la fortuna lecca, dipinge volti da incanto. Quando la fortuna morde, infligge pregi e crea opportunità.

Ginger, misera puttana di Whitechapel, possedeva tutto ciò. Lei, in fin dei conti, si può dire fosse stata letteralmente stuprata dalla fortuna.
Nata e cresciuta in uno dei peggiori quartieri di Londra, aveva ben presto ottenuto gli sguardi e le attenzioni di molti uomini, di molti clienti. Elegante nei movimenti, delicata nei modi ed erotica nel privato, era solita concedersi ad un solo uomo a serata. Tra i numerosi pretendenti solo qualche eletto era riuscito a conquistare la sua bocca carnosa, il suo corpo adolescenziale.
Villani e rozzi uomini di bettola o di fabbrica non facevano per lei, non si addicevano a quella bellezza giovanile, a quel corpo dal culetto a mandolino e dal seno procace che tanto faceva invaghire i maschi, che tanto faceva invidia alle colleghe di marciapiede.
Stretta in quell’abito purpureo dall’aderente corsetto e dall’ampia gonnella, aveva preso a muoversi a carponi, gattonando, strisciando con le ginocchia ed i palmi delle mani sullo scricchiolante pavimento in legno della stanzetta, in direzione del suo ultimo cliente della giornata.
‘ Su, è tutto tuo… Vienilo a prendere. ‘
La voce profonda dell’uomo seduto ai piedi del letto la eccitava, la bagnava. Era un uomo brizzolato, sulla cinquantina o poco oltre, un uomo fatto e ben piazzato nel suo metro e ottantacinque. Prestante, villoso, ancora dalla pelle umida del sudore nato da una lunga giornata di lavoro, di fatiche.
E lei, ammutolita dall’essenza maschile, si era infine sporta tra le sue forti gambe con il suo viso angelico, per poter così aprire la peccaminosa bocca carnosa. Inebriata dal suo odore, dal pungente odore di cazzo sudato, aveva finalmente deciso di cacciarselo in gola, di prenderselo senza esitazione. Spigliata, vogliosa e porca, aveva così cominciato a muoversi in quel sontuoso pompino da togliere il fiato.
‘ Ohh sì… Lecca, succhia tesoro. Sei la Dea dei pompini… ‘
Nel crescere del piacere, in quel continuo su e giù da parte del rosso capo femminile, lui aveva preso possesso della testa della giovane e aveva iniziato a dettare il suo nuovo ritmo con l’aiuto dei lombi e degli ormai gonfi bicipiti. Lei ancora vestita, lui con le sole braghe slacciate e la pallida camicia sbottonata giusto per consentirle di scorgere la scura e lucida peluria sul petto, in parte nascosta sotto un elegante gilet da Signore.
Presa dalla foga, catturata nella salda stretta delle grandi e ruvide mani maschili, era costretta a sbavare e a lasciar colare copiosi rivoli di saliva confusi con le pesanti gocce di sperma che lui si era lasciato sfuggire. Gli aveva così bagnato i coglioni, quelle palle che puntualmente le andavano a frustare il mento e quei peli che andavano a solleticarle il collo e a infradiciarle le mutandine da due soldi, odorose come mai. Tra gemiti e mugolii uccisi da nuovi affondi, tra vere e proprie violente penetrazioni, sulle guance si rendevano visibili ogni volta le gentili fossette che ben lasciavano intendere quanto la ragazza si stesse adoperando nel regalargli la miglior pompa di sempre.
‘ Sei la mia troia, sei la mia cagna! ‘
L’aria nella stanza era sempre più pesante, l’atmosfera più calda e insopportabile per una qualsiasi terza presenza. Solo quando la giovane aveva preso a picchiargli il frenulo con la lingua, a ciucciargli la grossa e violacea cappella senza ritegno alcuno, ecco, solo allora lui le aveva tolto ogni possibilità di respirare. Se l’era stretta col viso contro il proprio inguine, se l’era presa con la forza e le aveva regalato il peccato della sua anima.
‘ Cazzo, siì, siiì che sborroo! ‘
Rosso il viso e rosse le ciocche della ragazza costretta a deglutire a ripetizione, a mandar giù gli irruenti fiotti e gli abbondanti schizzi di quella pesante e salata sborra che senza tregua le veniva iniettata in corpo.
Poi restava solo da subire la spinta a terra, l’ultima per quella sera. Tuttavia, proprio quella sera, c’era qualcosa di diverso. Si ritrovava infatti tra le lenzuola del proprio letto, stesa sotto il peso dell’uomo che lì l’aveva condotta, che lì l’avrebbe squartata.


Leave a Reply