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Racconti Erotici Etero

Una su tre

By 6 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva un’ora di tempo, prima di andare in ufficio.
Ne approfittò per andare a comprare delle batterie che gli servivano in casa.
In tasca aveva la lista ed il campione di una, un po’ strana, che temeva di non trovare.
Doveva fare, a piedi, un tragitto di una decina di minuti.
Gli piaceva camminare, avrebbe voluto farlo più spesso.
Traversò la strada e gli venne l’idea di giocare a ‘una su tre’.
Era un giochino stupido che faceva una volta, tanti anni fa, quando tornava a casa, con i suoi compagni, ai tempi del liceo.
Bisognava scegliere una donna su tre, tra quelle che si incontravano sul marciapiede.
Quella prescelta, il concorrente se la sarebbe dovuta scopare. Naturalmente nella fantasia, perché le persone che loro incrociavano, non venivano minimamente toccate, neanche veniva loro rivolta la parola, e continuavano, ignare e tranquille, per la loro strada.
Le regole erano ferree:
1)solo donne, di qualsiasi età, con esclusione delle bambine, ma, ahimè, con l’inclusione delle vecchie
2)erano valide solo le donne che camminavano sul marciapiede, in direzione opposta al concorrente, quelle che si fermavano e si giravano, magari a guardare una vetrina, erano escluse
3)la scelta avveniva quando la donna incrociava il concorrente, che doveva dichiararla ad alta voce, dicendo il numero
4)Una volta che una donna era passata, non era più possibile sceglierla
5)se non veniva scelta una delle prime due, la terza veniva comunque assegnata al concorrente
6)la fine del marciapiede dava al concorrente una seconda chance, di altre tre donne, da sfruttare come iniziava il marciapiede del nuovo isolato.
Era un gioco di abilità e fortuna, in cui bisognava valutare la velocità con cui le persone avanzavano sul marciapiede.
Certo, la sorte spesso ci metteva lo zampino, e così capitava che all’ultimo momento, la gnoccona che ti eri tenuto per terza, si fermasse a guardare una vetrina e, in dirittura d’arrivo, venisse sopravanzata da una vecchia monaca, che ti sfilava inesorabilmente di lato, tra le risate dei compagni di scuola.
Oppure, quando eri convinto di essere fregato, una splendida ragazza usciva improvvisamente da un portone, salvandoti.
Per anni era stato convinto che questo fosse un gioco ‘segreto’ conosciuto solo da lui e dai suoi amici, poi, casualmente, parecchio tempo dopo, aveva scoperto che il principale del suo primo posto di lavoro, praticava lo stesso passatempo.
Ora era un distinto signore che aveva passato la cinquantina, eppure, a volte, ancora si divertiva così.
Salì sul marciapiede e guardò avanti.
La prima, vecchia e grassa, la scartò subito, senza pensarci.
Dieci metri dopo c’era una ragazza. La esaminò bene.
Piccola, bruttina, con il seno piatto, le gambe corte ed un po’ storte, messe in evidenza, e non era proprio il caso, da una minigonna.
Gli stivali poi, con dei curiosi pon-pon che saltellavano ad ogni passo, contribuivano a far cadere lo sguardo su un paio di gambe che avrebbe fatto meglio a non mostrare.
Una discreta cozza, insomma.
Doveva stare attento, perché se scartava la ragazza bruttina, poteva trovarsi, per forza, a dover scegliere qualcosa di molto peggio, tipo una vecchia grassona.
Il marciapiede era quasi deserto, ma molto più avanti, oltre due operai con la tuta, che camminavano nella sua direzione, c’erano altre due donne.
Le prima grassissima, trascinava a fatica un carrello della spesa, l’altra, parecchi metri più indietro, sembrava alta e slanciata, ma, da quella distanza, era impossibile capire esattamente come fosse.
Forse era meglio accontentarsi della cozza.
Se la grassona col carrello fosse arrivata prima al traguardo, sarebbe stato molto peggio.
In ogni caso, quella più indietro, poteva non essere come la immaginava.
La ragazza con le gambe storte masticava gomma americana e muoveva ritmicamente la testa. Il filo delle cuffiette che usciva dalle sue orecchie terminava dentro la la tasca del giaccone. Aveva un’espressione ottusa, quasi bovina. Che disastro!
La lasciò passare, avrebbe corso il rischio con la terza.
Ora era più vicina. Aveva i capelli lunghi, scuri, un po’ mossi, che le ondeggiavano sulle spalle. Un fisico alto e slanciato, come quello delle hostess dell’Alitalia, ai tempi d’oro.
Portava un completo, giacca e gonna, marrone scuro, molto aderente, che lasciava intuire le suo forme snelle ed aggraziate.
Calzava degli stivali di camoscio. Naturalmente erano senza pon-pon, ma con quelle gambe splendide che aveva, ci avrebbe potuto mettere anche le lucine lampeggianti dell’albero di Natale, senza che nessuno avesse avuto qualcosa da ridire.
Non riusciva ancora a valutarne l’età, perché i grandi occhiali da sole le coprivano gran parte del viso.
La grassona si fermò, ansimando, e miss ‘belle gambe’ la superò.
Ora era più vicina, sicuramente non era giovanissima, ma era comunque una gran bella donna.
Aveva un’aria un po’ altera, da vera signora. Quando fu a pochi passi da lui si tolse gli occhiali da sole. Il gesto fece ondeggiare per un attimo la sua folta chioma e gli mostrò un paio di occhioni grandi e scuri.
Quando era ad un metro lui disse ‘…e tre’
Lo aveva detto ad alta voce, che stupido, come quando era al liceo.
Ma allora era obbligatorio dichiarare la scelta in modo che la sentissero gli altri.
Ora era da solo, non ce n’era affatto bisogno.
Si rese conto che anche lei aveva parlato.
Avevano detto, entrambi, nello stesso momento, le stesse parole.
Ora erano fermi, uno di fronte all’altro, stupiti, imbarazzati, ma forse anche divertiti.
‘una su tre ‘ lei sta facendo una su tre?’
‘UNO su tre’ lo corresse la donna.
Erano scoppiati a ridere tutti e due e l’imbarazzo che uno sconosciuto avesse potuto scoprire questo piccolo segreto, era stato immediatamente spazzato via.
Dopo dieci minuti erano seduti al tavolino del più bel bar pasticceria del quartiere e conversavano amabilmente, come due vecchi amici, davanti ad un cappuccino caldo.
Aveva più o meno la sua età. Di faccia non era bellissima, ma aveva un viso decisamente interessante, con una bella bocca, grande, dalle labbra che sembravano seguire una curva sinuosa, lasciando intravedere dei denti un po’ irregolari ma bianchissimi.
Aveva appena una sottile riga di trucco sugli occhi. Non sembrava aver paura di nascondere gli anni e qualche ruga.
Gli piaceva.
Aveva anche delle belle mani, sottili, dalle dita lunghe ed affusolate.
Doveva essere parecchio magra ma aveva sicuramente un gran bel culo, se ne era accorto quando, appena entrati nel bar, lei era andata in bagno. L’aveva vista allontanarsi, di spalle, ancheggiando in maniera elegante, ma non ostentata.
Mentre parlavano, un pensiero si faceva strada nella sua mente: ora non era più un ragazzino, e neanche lei lo era.
La seconda parte del gioco non sarebbe mai stata messa in atto allora, sia per l’età e sia perché la persona scelta era ignara di tutto.
Loro erano due cinquantenni perfettamente consapevoli delle loro azioni e, soprattutto, si erano scelti a vicenda.
Avrebbe dovuto proporre ad una donna, conosciuta mezzora prima, di farsi una bella scopata con lui?
Era diventato matto?
Quando lei, adirata, si sarebbe alzata di scatto, andandosene, le avrebbe sempre potuto dire che scherzava.
Intanto la conversazione andava avanti ed erano passati, senza neanche accorgersene, a darsi del tu.
Scoprì che anche lei praticava quel gioco fin dal tempo del liceo.
Alla fine decise di farle quella strana proposta.
‘Senti, il gioco di una su tre (o uno su tre) ha una seconda parte. Ecco ‘ non vorrei ‘ insomma, noi ci siamo scelti. Magari se fosse passato qualcuno e qualcuna più giovane non staremmo qui a chiacchierare, però forse vuol dire qualcosa, un segno del destino ‘ ma che cavolo sto dicendo? …’
Lei lo stava guardando con un sorriso ironico stampato sulle labbra.
‘Ci stavo pensando anch’io, sai? Perché no?’
Ma cosa stava combinando?
Non era mai stato il tipo da cercare avventure.
Ripensò a quando lei era andata in bagno, avrebbe proprio voluto vedere come era sotto quel completo aderente. Cercò anche di immaginare che effetto avrebbero fatto quei lunghi capelli sciolti sulla sua schiena nuda.
Si sentiva preso da una eccitazione incontenibile.
Si sorprese a parlare: ‘andiamo da me, abito a cinque minuti da qui.’
Per strada non dissero nulla, si guardavano come se ognuno dei due cercasse di scoprire come fosse l’altro sotto i vestiti.
Una volta giunti a casa andarono subito in camera da letto e cominciarono a spogliarsi.
Ora avrebbe avuto una risposta alla sua curiosità.
Sotto la camicetta lei portava una maglia di lana grigio chiaro, molto accollata.
Quando si sentì addosso lo sguardo perplesso di lui, si senti in dovere di giustificarsi.
‘Sono molto freddolosa.’
Si liberò rapidamente di quest’indumento sicuramente poco eccitante.
Lui era rimasto a bocca aperta.
Aveva il busto magro ed i seni abbastanza piccoli, ma l’insieme era di una grazia unica.
I capelli scuri le scendevano sulle spalle e finivano in mezzo al suo piccolo reggiseno rosa.
Al centro, tra le due coppe, aveva una piccola rosellina in rilievo.
Le passò dietro e le sganciò il reggiseno.
Lei fece un sospiro quando lui le prese i seni tra le mani, mentre la stringeva.
Stava avendo un’erezione e lei non poteva non essersene accorta, visto che il suo bacino stava premendo contro quello che era convinto fosse il più bel culo che avesse mai visto.
Lo allontanò. Rimase male, forse, ci aveva ripensato. Ecco, si sarebbe rivestita e sarebbe andata via.
Invece no. Voleva semplicemente togliersi la gonna.
Si sedette sul letto per sfilarsi gli stivali ed il collant.
Erano rimasti soltanto con le mutande. Due cinquantenni sconosciuti, in mutande, davanti ad un letto.
Ora, scalza, era un po’ più bassa rispetto a lui. La magrezza del busto e della schiena, contrastava un po’ con il suo sedere. Non era grosso. Era giusto. Rotondo e carnoso. E si raccordava perfettamente con le sue gambe, lunghe, snelle, ma per niente ossute.
Più la guardava e più gli piaceva. Non riusciva a trovare nulla fuori posto in lei.
Anche lei lo stava guardando. Era rimasta delusa? Forse si aspettava un uomo più muscoloso.
Alla sua età in genere gli uomini erano grassi e calvi. Lui invece aveva conservato un fisico snello e quasi tutti i capelli. Pensò che si poteva accontentare.
Da come lei lo stava guardando ebbe l’impressione di aver superato l’esame.
Lei si mise carponi sul letto e lui, svelto, le sfilò le mutandine nere.
Si tolse anche le sue e le buttò per terra.
Le passò una mano in mezzo alle gambe. Aveva una bella pelliccia.
Quando le dita cominciarono ad accarezzarle la vagina, lei prese a muoversi dolcemente.
Era già bella aperta e completamente bagnata.
Le entrò dentro. Lei emise un gemito prolungato e si spostò leggermente indietro per farsi penetrare più profondamente.
Lui bilanciò meglio il peso del corpo e posò le mani sui suoi seni.
Aveva le tette piccole e bastavano le dita delle sue mani per racchiuderle completamente.
Avvertiva sotto il palmo quei piccoli capezzoli diventare più grandi e duri.
Ora lei gridava. Sentiva provenire dalla sua vagina, calda e bagnata, qualcosa che assomigliava a delle pulsazioni.
Una di queste, più forte delle altre, gli diede l’impressione che qualcosa stesse stringendo il suo pene.
Partì subito e spinse così forte che le braccia di lei cedettero, facendola finire con la faccia contro il materasso.
Continuò fino all’orgasmo.
Rimase a lungo sopra di lei, poi si rialzò.
Aveva i capelli lunghi tutti scompigliati e la faccia rossa.
Lo guardò e disse solo una parola: ‘ancora.’
E così ricominciarono.
Sapeva già cosa avrebbe fatto.
Lo sapeva sin da quando, nel bar, l’aveva vista di spalle.
Le allargò le chiappe e lei protese all’indietro il sedere, come per fargli capire che era ansiosa di offrirle il suo culetto.
Le entrò dentro con cautela.
Aveva un buco abbastanza stretto ma non troppo.
Al pensiero di quando le aveva sfilato le mutandine, mettendo a nudo quella meraviglia, lo sentì ingrossarsi ancora.
Lei gemeva e cercava di aiutarlo ad entrare fino in fondo.
Quando si fu assestato per bene e cominciò a muoversi avanti ed indietro, mentre lei prese a masturbarsi.
Vennero insieme, nello stesso esatto momento, come se si fosse trattato di una coppia affiatata, in cui ognuno conosceva perfettamente le esigenze dell’altro, e non di due perfetti sconosciuti, che erano lì solo grazie ad un gioco da ragazzini.
Poi si fecero una lunga doccia calda. La cabina era piccola ed entrarono a fatica in due.
Abbracciati, sotto il getto dell’acqua si masturbarono a vicenda.
Dopo essersi asciugati, lei si rivestì, come se non fosse successo nulla ed andò via.
Una perfetta sconosciuta che non avrebbe mai più incontrato.

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