Era un venerdì come tanti all’Università di Bari… giorno in cui i fuorisede contano le ore che li separano dal rientro a casa. Quella mattina, però, ero partito in treno di buon mattino perchè avevo una lezione di diritto _____ (omissis per non creare imbarazzi al professore), che con mio sommo dispiacere era stata annullata per indisponibilità improvvisa del docente. Valeria c’era come sempre, a frequentare come me quel corso. Nonostante avesse casa in pieno centro, decise di non tornare dai suoi perchè preferiva restare a Bari anche nel fine settimana per preparare un esame abbastanza tosto.
“Certo che anche te, oggi, un viaggio a vuoto – mi disse -, che palle”.
“Già – risposi io – ma ormai son qui e ci resto. Tanto vale studiare in santa pace, almeno non c’è nessuno”.
La facoltà di Economia Politica era praticamente vuota, e decidemmo di andare in aula 4, quella che poi diventò la “nostra” aula. Ci sedemmo a metà dei banchi, e ci sistemammo per bene…
La guardai con attenzione, come del resto facevo sempre: Valeria era davvero carina con quel viso quasi orientale, la bocca larga, la pelle liscia e quei capelli neri lunghi sulle spalle. Qualche problema fisico l’aveva per così dire sfiorita, e quel corpo sinuoso era diventato più burroso, anche se lei era triste per quel cambiamento improvviso. Era ingrassata, e il sedere era diventato molle e grosso ma non certo cadente, colpito dalla cellulite. Il seno cresciuto, e anche i fianchi sembravano una pasta per pizza da scolpire e levigare. Ma la bellezza resta, e quella mattina cambiò per sempre la nostra esistenza. Anche se, è bene dirlo, restò solo un giorno (e una notte) isolato…
“Allora – iniziai – l’elasticità della domanda dipende da molti fattori…”.
“Dai non fare il professorino – mi rispose – tanto oggi non ho voglia di studiare”.
“Ma manca poco – risposi – e sai come quell’esame scritto è quasi impossibile da superare”.
Una pausa di dieci secondi senza dir nulla, ma la vedevo scocciata:
“Ti sto stressando – affermai -? Se vuoi smettiamo”.
“No no – disse – è solo che son giù di morale e ho bisogno di pensare a me stessa”.
“Perchè sei giù” le chiesi.
“Ma mi hai vista – si girò -? Mi conosci ormai da quattro anni, vedi come mi sono ridotta. Sono la brutta parente di Valeria, mentre le mie compagne di casa fanno le strafighe e non lo sono proprio…”.
“Su dai – le feci coraggio -, è una fase così, a te basta poco per tornare in forma. E poi sei sempre carina, e quello non c’è problema fisico che può cancellarlo”.
La rividi sorridere, e mi schioccò un bacino sulla guancia: era quello che in fondo voleva sentirsi dire, e fui soddisfatto di sentirla un po’ più felice. Ad un tratto, vista la scomodità di quelle panche attaccate ai banchi, ci avvicinammo praticamente fino a toccarci coscia con coscia… avvertivo un leggero calore a quel contatto fisico, ma mai avrei immaginato quel che sarebbe successo da lì a pochi minuti…
“Davvero mi trovi ancora carina – chiese sorridendo – parli davvero?”
“Ma scherzi – dissi -, tu piuttosto non buttarti giù”.
“Dio come son scomode queste panche – disse – ti dispiace se mi siedo sopra di te? Almeno così staremo meglio, tu spieghi e io prendo appunti”.
“Ok – risposi -, vediamo se riusciamo a cavare un ragno dal buco”…
E mi sorrise maliziosa… dopo due minuti, a dire il vero, iniziavo a dar segni di insofferenza: in effetti Valeria era un po’ sovrappeso, e le gambe iniziavano a farmi male, ma non avevo il coraggio di dirglielo. E così, trovavo scuse per dimenarmi, col risultato che lei aveva capito e tornò buia.
“Vedi che avevo ragione – si girò -? Nemmeno tu mi reggi, eppure non sei certo magrolino, anzi”.
“Macchè dici – balbettai inventandomi la prima scusa – è che ho la sciatica infiammata”.
“Allora mi sporgo di più – rispose dandomi il culo praticamente teso inarcando la schiena – così non ti faccio male”…
Inutile dire che l’attenzione scemò di colpo: il contatto con quel sederone sì sfiorito ma sempre appetitoso, mi risvegliò, e a stento cercai di nascondere l’erezione. Lei si sfregava non so quanto ingenuamente… Ad un certo punto, visto che rischiavo la figuraccia, mi confessai a lei:
“Vale posso dirti una cosa?”
“Dimmi Nico”
“Me l’hai fatto venire di marmo, così scoppio…”
“Dai stupido – sorrise diventando rossa come un peperone -, mi metti in imbarazzo”.
“Dico davvero, non sto scherzando”
Quella stronzetta allora a dispetto aumento ancor di più il suo movimento avanti e indietro, e la mia tuta non nascondeva la mia erezione… era una specie di smorzacandela con lei di spalle, l’unica cosa è che eravamo vestiti: io con la tuta, e lei col jeans… Non ci tenevo a far la figura dello stupido, e lei sapeva che non lo ero. E così, all’improvviso, iniziai a massaggiarle l’interno coscia… la sentivo ansimare, e feci finta di nulla.
“Lo sai che piace anche a me – mi disse -? E il fatto che siamo praticamente soli in tutto questo piano mi fa eccitare ancora di più”.
“Oh Vale per favore – risi – attenta e parlo seriamente, che questa mattina te la ricorderai per tutta la vita”.
Presi il coraggio a due mani, le abbassai la zip e iniziai a lisciarle gli slip: era già bagnata…
“Ahhh – esclamò -, Vedi che non racconto balle?”.
“Ssshhh… – le dissi tappandole la bocca -. Hai voluto la bicicletta? E ora pedala”…
Aprii anche i bottoni del suo pantalone, e iniziai ad armeggiare dentro le sue mutandine nere… era un lago, ma feci finta di nulla. Giocai col suo clitoride sfregandolo col medio, mentre l’indice cercava quella vagina piena di umori…
“Mamma mia – iniziò a dire con un filo di voce – te mi farai morire”.
“Te l’avevo detto – risposi – e questo è niente”.
“Ma che hai in quelle mani – disse – sei un pranoterapeutaaaaaaaaa ahhhh ahhhh”…
Volevo farla soffrire un po’, rallentando il suo orgasmo: tirai fuori la mia mano piena dei suoi umori. Ero curioso di vedere fino a che punto fosse perversa e in grado di scandalizzarsi. Annusai il suo succo, che a dire il vero, complice anche la fitta peluria non emanava un buon odore, e le infilai il dito in bocca.
“Puah – gridò -, ma tu sei perverso” disse sputando il frutto del suo piacere, salvo poi assaggiarlo non molto convinta…
“Te l’avevo detto – esclamai – e questo è niente, credimi”…
Infilai la mia mano dietro, cercando il suo ano. Quando lo trovai e iniziai a massaggiare il buchino in maniera circolare gracchiò di colpo:
“Ahhhhh, oddioooooooooo”… e poi calò il silenzio. Era venuta copiosamente, me ne accorsi solo dopo qualche secondo.
Restò seduta su di me con la testa china, poi si girò e iniziammo a pomiciare come due innamoratini…
“Ma che m’hai fatto stamane, ma che m’hai fatto stamane – mi ripeteva -. Erano anni che non godevo così. Ma ora come faccio a tornare a casa così ridotta, che sono tutta incollata?”…
Un attimo di pausa, anche io dovevo rifiatare mentre mi annusavo con avidità le mie dita zeppe di umori.
“E tu non hai goduto però – mi disse ricomponendosi – mi sento una stronza”.
“No no, io godrò tra poco – risposi -. Hai detto che sono perverso? Nessuno è perverso. Ognuno cerca il piacere nei modi più disparati… ora tocca a te darmelo”.
“Che vuoi dire – affermò con faccia curiosa – non vorrai mica continuare qui?”.
“Certo che no – mi girai -. Non puoi andare in giro così. Facciamo una cosa. Vai al bagno, togliti gli slip e mettili in una busta. Poi me li dai, e io te li riporto dopo a casa tua, appena le tue amiche se ne andranno via per prendere il treno… E lì sì che ti farò vedere il Paradiso”.
“Mmm – disse ridendo – vuoi dire che ti masturberai avendo in mano le mie mutande? Ma fai proprio schifo, però se questo che vuoi ti accontento. Ti sono debitrice”.
Dopo esserci un minimo riassettati, mi alzai in piedi davanti a lei, e avevo ancora il pene durissimo… lei lo notò e sorrise.
“Vado in bagno a far pipì – sorrise – e dopo ho un regalino per te”.
Passarono tre minuti, e tornò con la busta di plastica e dentro il trofeo.
“Ci vediamo alle 14,30 a casa tua – dissi -. Preparati che quello che hai visto e provato stamane è niente rispetto a quello che ci aspetta. Il sesso è piacere, ricordalo. Non esiste sesso estremo, esiste solo sesso”.
Sorrise, mi leccò il lobo dell’orecchio e mi promise: “A dopo, e faremo scintille…”
Andai al bagno, estrassi le sue mutandine nere ancora impiastrate dei suoi succhi: le annusai, poi leccai avidamente tutto, ed ebbi dopo appena due “manate” un orgasmo senza precedenti…
Mi rivestii e le mandai sms: “A tra due ore, per l’appuntamento in Paradiso…”.
Ma questa è un’altra storia.
Sempre più pazzesca..vorrei conoscervi..anche solo scrivervi..sono un bohemienne, cerco l’abbandono completo ai piaceri.. e voi.. Scrivimi a grossgiulio@yahoo.com
Grazie mille, sapere che il mio racconto sta piacendo mi riempie di soddisfazione! Se non vuoi aspettare i tempi di…
Ma che bello vedere la complicità, l'erotismo e l'affinità costruirsi così! Davvero ben scritto! Attendo il seguito! E ho già…
Questo racconto diventa sempre piu' interessante, bellissimo..... direi che e' al di sopra di tutto quello publicato da molto tempo,…
Beh... Le crepe nel muro ci sono. Forse più che altro, la domanda è quanto ci metterà. Personalmente un po'…