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Racconti Erotici Etero

Veravita…

By 7 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ci sono storie che zampillano nella mente per rimpiazzare il sangue che per qualche ragione &egrave sceso ad inturgidirti il membro. Storie che sembrano sceneggiature di film porno con tanto di indicazioni sulla regia. Storie che costituiscono lo sfogo di una pulsione irrazionale che probabilmente nella vita vera non hai molta voglia di esplorare. Sono un modo per espandere gli orizzonti, terapie autoipnotiche, giochi di ruolo letterari volti a farti pensare “Beh, in fondo adesso so un po’ com’&egrave andare con un trans.” La verità &egrave che non sai un cazzo di niente. Ma a tratti ti sembra di si. Come l’italiano medio di cinquant’anni che ha giocato a calcio sei volte nella vita ma ne ha visto talmente tanto e ne ha parlato talmente tanto che pensa di sapere tutto, del pallone.

Pallone? Però, ciccio, ce li vuoi dare corpi caldi e avvinghiati e dirty talk e membri di proporzioni bibliche? Ok, ok, &egrave solo che questa storia, una volta tanto, &egrave vera.
E comincia in medias res.

Comincia con me diciottenne steso su un divano colorato in una serata di luglio, e la professoressa Liprandi che mi cavalca con furia, gli occhi chiusi, il girocollo d’oro ipnotico fra i suoi bei seni ballonzolanti.
Anche solo dieci giorni prima, quella scena sarebbe stata fantascienza. Era stata fantascienza, dato che sin da settembre, quando Gemma Liprandi era intrata in quinta C, le fantasie erotiche su di lei si erano moltiplicate, espanse a macchia d’olio come frattali.
La donna che adesso mi sta montando e sospira e mi stringe il petto quasi graffiandolo &egrave stata la mia professoressa di matematica per gli ultimi nove mesi. Sostituta del vecchio prof. Triburzi. Capirete l’entusiasmo nel vederla entrare in classe con i pantaloni di pelle nera e il maglioncino, i capelli rossi e il viso bello, fresco. Trentacinque-quarant’anni, ci dicemmo coi compagni. Erano quarantadue.
Dopo nove mesi di battute a bassa voce, innumerevoli seghe pensando a lei nel mio letto di pino scandinavo, e una scommessa con l’amico Battistelli, decisi di approfittare della sua disponibilità: -Chiamatemi se avete bisogno di una mano a preparare la maturità, mi raccomando.-
Io ci provo. Alla peggio, mi prendo uno schiaffo, pensai. Così un pomeriggio, approfittando delle mie lacune sul dominio delle funzioni, andai a ripetizione dalla prof Liprandi. Lei era gentile, informale, mi chiese di darle del tu, dato che non sarebbe stata in commissione per l’esame, non era più la mia insegnante. Finito il tutto, le dissi che per ringraziarla magari avrei potuto offrirle qualcosa da bere, sabato sera. Lei disse si.
La donna che adesso orgasma per la seconda volta e si accascia sudata su di me baciandomi il collo e le orecchie e passandomi una mano fra i capelli accettò di uscire. Andammo a bere, a vedere uno spettacolo di luci riflesse sull’acqua di un fiume. Poi quando le dissi che non mi aspettavano a casa e che avremmo potuto fare uno spinello da qualche parte mi disse che saremmo potuti andare da lei. Io mi ero forzato di mantenere un’aria tranquilla. Io ci provo. Il fatto &egrave, cari lettori, che il vostro affezionatissimo, pur avendo sfiorato il gol in diverse occasioni, era ancora vergine. E sebbene le tonnellate di porno gratis da internet lo avessero reso un compendio di posizioni e tecniche erotiche, c’era un po’ di tensione. Ma, mi ripetevo, al massimo mi prendo uno schiaffo.
Whiskey e coca, cannetta, conversazione su qualcosa di assurdo. -Guarda il soffitto, non avevo notato che fosse graffiato. Niente. Paura ancestrale di essere felice. Menti fottute da genitori imperfetti. Ci volle un altro spinello. A quel punto mi accasciai sul divano per farmi salire la botta, lei mi mise una testa sulla spalla. E’ ora di provarci. Al massimo mi prendo uno schiaffo.
La donna che adesso mi guardava post-coitale, fisso negli occhi, e mi chiedeva se ero venuto, aveva cominciato così. Con una testa sulla spalla. Io le avevo messo un braccio intorno al collo e lo schiaffo non era arrivato. Poi presi a carezzarle la mano, lei ricambiava. E fu a quel punto che arrivò la disconnessione totale, come se il mio superIo (superIo? Ma come cazzo parli in questa storia?) fino a quel momento aggrappato stabilmente al ciglio del burrone avesse perso la presa d’improvviso. Cominciammo a baciarci, le mani a scorrere sul viso e tra i capelli, lungo le schiene. Sospiri accelerati, battiti accelerati, occhi increduli. Le sfilo la camicetta lentamente, poi le si risiede sul divano davanti a me. Mi sbottona i pantaloni buoni, si fa strada attraverso i miei slip, trova il mio membro in condizioni di tensione senza precedenti. Lo lecca piano, scende sulle palle. -Oh, si. Sei fantastica,- le dico. Risale, lo prende in bocca. Sensazioni sottopelle a velocità supersonica attraversano il mio corpo, invadono il flusso sanguigno, giungono al cervello. Inusitati brividi. Io quasi non ci credo. Mi tolgo la maglia e le prendo la testa fra le mani, muovendola sull’asta. Fin qui, a dire il vero, potrebbe essere anche un porno.
La spoglio, &egrave bellissima. La pelle abbronzata, icapelli rosso rame, il viso estatico. Ha una seconda piena, soda, i capezzoli turgidi, la pancia piatta ma infinitamente meno tesa rispetto alle ragazzine dei miei impacciati tentativi passati. E’ una donna, mi trovo a pensare. Una vera donna, che ci sa fare. E vuole te. Mi eccitava da morire. Le sfilai gli slip, e non potei resistere. Mi tuffai con la testa fra le sue gambe, le scostai la peluria rossiccia del pube per guardarle la fica stretta, già bagnata, sentire il suo umore spandersi nell’aria dolce e acre. Cominciai a leccarla, ad esplorarla dentro e fuori, la sentivo gemere. -Si, oh si, oh, che bello, Tino…- Così diversa da quando spiegava la legge di gravitazione universale o le applicazioni del teorema di euclide. Irriconoscibile. Risalii lungo il suo corpo già tremante per baciarla.
-Non prendo la pillola…- mi disse. Io tirai fuori un preservativo (ecco qui che non siamo più in un porno), lei me lo mise con arte, guardandomi negli occhi, invitante, vogliosa, inaspettata. Altro che schiaffo. Bussai alla sua porta con delicatezza ma senza esitazione. Le toccavo i seni e il viso, gli zigomi pronunciati. Le fui dentro in poco tempo. Cominciai a pompare con ritmo lento. Lei mi strinse le gambe intorno e mi fece scendere col mio peso su di lei.
-Oh, sii, mi piace sentirti dentro…- In effetti era molto, molto vicino ad un porno. Non credevo che le donne lo dicessero davvero. Pessimismo cosmico leopardiano. Passano forse tre, quattro minuti, e lei si contorce, si tende, trema, grida, mi graffia la schiena. Viene. Io non accenno nemmeno. Nice guys finish last, dicono gli anglofoni. Poi gi giriamo. E’ lei che mi cavalca. E’ fantastica, fa forza sulle gambe lunghe, affusolate, bellissime, ma pur sempre tornite e muscolari, sembra quasi saltare sulle ginocchia, prendendomi dentro. Io non so capacitarmi di quello spettacolo. Vedo le sue tette ballare ipnotiche, il movimento del suo bacino. Vedo il mio cazzo entrare e uscire. Le se ne accorge. Scende su di me, sfiorandomi il petto coi capezzoli, mi sussurra -ti piace guardare come entra ed esce? Anche a me…- Dicevamo, la vita può, dunque, avvicinarsi in qualche modo al porno. E rieccoci all’inizio della storia. Lei che mi monta, e mi monta, e viene ancora e si accascia su di me. E io, che avrei dovuto in quanto verginello fare una misera figura da cinque minuti, mi ritrovo dopo venti minuti di sesso ad essere ancora duro e avvolto nella plastica. Mi porta in camera da letto. Mi fa stendere. -Va tutto bene?- mi chiede. E’ preoccupata perch&egrave non vengo. Io non voglio dirle che non ne ho idea, le dico -E’ normale, ho fumato tanto, scusami…- Lei allora mi sfila il plasticone e mi ricomincia a succhiare con l’arte che avevo intravisto prima. E’ fantastica, la testa inclinata di lato per guardarmi negli occhi, farmi morire di voglia. Il ritmo irregolare, i tocchi esperti. Niente a che vedere con le mani rigide ed indelicate di Selvaggia e Marzia e Antonietta. Niente a che vedere. Sono al cospetto di una venerabile venere in incognito. Ad un certo punto sento salirmi dentro qualcosa che potrebbe anticipare un orgasmo. Allora prendo un altro preservativo e le dico che le voglio venire dentro. Lei si mette a novanta. Ho un guizzo. No, penso, non lo fare. Non nel culo. Non la prima sera. Non la prima volta. La lecco, &egrave ancora bagnata, il suo odore &egrave più forte di prima. Geme ad ogni colpo della mia lingua. Il suo culo da miss italia aperto mentre lei &egrave a quattro zampe mi attira come un primordiale richiamo. Le entro dentro, la afferro per i fianchi. La plastica ovatta ancora le mie sensazioni. Uno, due, cinque, dieci minuti. Quindici. Sono madido di sudore. Lei mi spinge una delle mani sul suo clitoride. Io la tocco e lei viene di nuovo. E io niente. Sono imbarazzato. Forse, penso, ho una qualche malattia. Bel momento per scoprirlo. Ma poi mi rendo conto. Non voglio che finisca. Non voglio rantolare e venirle dentro troppo presto e poi accasciarmi a dormire. Forse non succederà di nuovo. Forse non la vedrò più. (Non si tratta del solito maschio che si vanta di durate epiche. Lo ammetto, non mi &egrave mai più successo da allora, ma giuro e spergiuro che sfiorai le tre ore di sesso senza venire. Non chiedetemi come, se lo sapessi lo rifarei e mi chimerebbero lo Sting dello stivale) Semplicemente non voglio vedere la fine. Non voglio che l’alba ci riporti alle nostre vite di maturando diciottenne e quarantaduenne professoressa divorziata. Ma lei me lo riprende in bocca, ancora una volta, e questa volta ha un tale sguardo di gratitudine e supplica neglio occhi che ad un certo punto sento il mio corpo liquefarsi, fluire il tutto verso un centro energetico che sembra essere localizzato nella bocca di lei. Che mi guarda, geme soddisfatta, aumenta il ritmo, me lo prende ancora più in profondità. Non ci posso credere. Non accenna a staccarsi. -Vengo Gemma, vengo…-
Lei annuisce, geme, continua a succhiarmi avida. Non ci posso credere. La pompa con l’ingoio (MEGLIO DEL PORNO! Chi di voi mi sa dire perch&egrave nei porno invece che venire in figa o in bocca quegli idioti si sfilano e finiscono a masturbarsi e sborrare in faccia a inerti donnine?). Il mondo sembra un puzzle da sei miliardi di pezzi che mi si disfa intorno, sento il rumore delle tessere cadere nella stanza buia. Io stesso non sono che un vortice di pura energia che le fa turbinare, rimescolandole. Poi dopo pochi secondi &egrave finita. Lei sta raccogliendo con la lingua le ultime gocce di sborra. Io non mi sento più le mani, non riesco a respirare. La abbraccio, non posso smettere di carezzarla. Ci addormentiamo così, dopo un lasso di tempo imprecisato. La mattina, per colazione, ci guardiamo con sorrisi maliziosi, siamo mezzi nudi, impudichi. Lei mi chiede se ho una ragazza. No, le dico io. -Ma quante storie serie hai avuto? Molte?- Serie, nessuna, replico. -Beh, hai avuto molte esperienze, però…- Io sono imbarazzato. Le dico non proprio. Lei si blocca di colpo. Mi guarda inquisitoria. -Ma…Non sarà stata…- e sorride, -non sarà stata la tua prima volta?- Io mi guardo intorno, non dico niente, mi stringo nelle spalle. Lei mi chiede se sono rimasto scioccato. Oh si, le dico io, non avrei mai immaginato nulla di simile. Devo andare, ho un appuntamento con gli amici. Ma non voglio. Quel che voglio &egrave stare lì, fare l’amore con quella donna incantevole, dimenticare il mondo intorno che di certo non approverebbe la meraviglia di quella notte.

Quel che successe dopo, carissimi, &egrave mia vita privata, personale. Non che quella notte non lo fosse. E’ tutto vero, per una volta. Forse &egrave vero che la vita può avvicinarsi, raggiungere e spesso battere il porno. Bisogna solo fare l’abitudine agli approcci un po’ meno fittizi, ma ancora, l’ingoio nel porno &egrave raro come una stella alpina nel Sahara.

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