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Racconti Erotici Etero

Vita di paese – rancore e vendetta

By 13 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Tornai a casa con l’animo sconvolto. Pensavo al casino che sarebbe successo, alla reazione dello zio se lo avesse saputo. Era un uomo grande e grosso, violento, perennemente incazzato con sua moglie e con la vita.

Tremavo immaginandomi lui che giudicava la figlia sorpresa a marinare la scuola e addirittura a farsi inculare da giovani di male affare quali erano considerati Beppe e Sauro’

Ma forse era una scusa. In realtà mi bruciava che gli amici mi avessero fregato anche Simonetta, oltre a Patrizia!

Un forte desiderio di vendetta mi assalì, un’incazzatura feroce nei confronti della giovane cugina.

Certo, non potevo pretendere che desiderasse solo me, non potevamo avere rapporti sentimentali alla luce del sole, ma mi sentivo tradito nel profondo dei miei sentimenti.

Come se avesse violato il nostro segreto.

Io in fondo l’avevo amata, o meglio, amavo in lei il fatto che mi considerasse la sua guida, il suo precettore, il desiderio che ingenuamente manifestava quando la facevo eccitare.

Non avevo una ragazza, né una qualunque né Patrizia, che ancora amavo nonostante cercassi di liberarmi da quel sentimento contrastante.

Giunsi a casa meditando vendetta, odiando Simonetta, il suo tradimento’ Come poteva dimenticarsi! Di quando l’invitai ad una scampagnata, con la scusa di cercare dei funghi, di quanto dovetti insistere per poterle accarezzare la fichetta coperta dai primi peli’

Di quando convinsi la zia a lasciarla venire al campo sportivo, con la scusa di assistere ad una partitella’

Il pensiero abbracciò quel ricordo, e mentre camminavo velocemente verso casa, ripercorrendo mentalmente l’accaduto, l’eccitazione prese lentamente il sopravvento sul rancore.

La partita di calcio era in pieno svolgimento.

Una partitella tra amici, compagni di scuola. Pochi calci al pallone e tante risate, come spesso succedeva.

Ma quel giorno io ero troppo eccitato per partecipare, pensavo a lei, la mia dolce cuginetta che forse sarebbe riuscita a raggiungermi.

L’avrei portata nel boschetto, al riparo di occhi indiscreti, e lì, finalmente ci saremmo amati, avrei conosciuto il vero sesso.

Fantasticavo su cosa avrei potuto farle, su come avrei potuta raggiungerla e appartarmi con lei.

Una leggera peluria iniziava a coprire il mio pube, ricordo che pensai: ‘Se vuoi vederlo così, devi approfittare di questa momento, Simo!’

Non amavo quei peli che consideravo antiestetici e fastidiosi.

La partita degenerò. Nel senso che la voglia di giocare a calcio lasciò i posto ai soliti cazzeggiamenti, agli sfottò tipici di quell’età adolescenziale.

Immerso nei miei pensieri non capii subito come stava succedendo.

D’un tratto vidi Federico, uno degli amici, sdraiato a terra, saldamente tenuto per le braccia e le gambe dagli altri.

Roberto gli stava sfilando i pantaloncini e rapidamente il suo cazzetto glabro svettò in aria.

‘Guarda che tombino! Vediamo se &egrave capace di sborrare!’

Roberto aveva afferrato l’uccello in erezione, non lo toccava direttamente, ma lo menava usando un fazzoletto di carta, divertendosi nel sentire l’erezione di Federico aumentare nella sua mano.

Gli amici vicino ridevano, urlavano esprimendo la propria eccitazione, lasciandosi andare a battute scontate, puerili, indecenti.

Roberto lo menava, lo scappellava lentamente, sbavava su quel cazzetto, fiero del potere che in quel momento aveva su di lui e di poterlo dimostrare all’intera compagnia.

Federico si lamentava, implorava di smetterla, ma era chiaro a tutti che non gli dispiaceva affatto quella sega improvvisata.

Io me ne stavo in disparte, ossessionato dalla scena, mi accarezzavo il pene attraverso la stoffa dei calzoncini, distratto dai miei pensieri, dall’attesa eccitata dell’arrivo di mia cugina.

Fu con un tuffo al cuore che, dopo pochi minuti, la vidi al bordo del campo, in silenzio, sembrava nascondersi tra la rete e la panchina, ma in realtà percepii che aveva capito cosa stava succedendo, e stava guardando, incuriosita.

Strinsi d’istinto il cazzo duro al di là della stoffa, per un attimo dimenticai quello che stava accadendo , la guardai e la desiderai.

Come sempre non l’amai, però la desiderai, fortissimamente, semplicemente.

La sua presenza non passò inosservata.

Appena me ne accorsi, mi affrettai per raggiungerla, preoccupato dei miei amici.

‘Hey, avete visto chi c’&egrave?’

‘Ma dai! E’ la cugina di Francesco?’

‘E’ arrivata al momento giusto!’

Iniziarono a sbracciarsi ed ad urlare per farsi sentire’

‘Dai vieni qui!’

‘Vieni a vedere che bella mischia dura!’

Pensai a mia zia, sua madre, incerta nel lasciarsi convincere a lasciarla venire al campo.

‘Dai zia, &egrave solo una partitella tra amici, non &egrave mica sola! Tutte le ragazze vengono a fare tifo! Lasciala venire. E poi ci sono io!’

In fondo, pensai, le sue preoccupazioni non erano infondate.

La sua giovane figlia, protetta al meglio, cresciuta in una campana di vetro che le rendeva la vita impossibile, doveva affrontare la situazione più temuta a causa mia, in una delle rarissime occasioni che la madre le aveva concesso.

Quando mi resi conto della reale situazione di pericolo era troppo tardi.

Alcuni ragazzi si misero a correre per raggiungere Simonetta.

Fu inutile il mio tentativo di convincerli a lasciala stare.

‘Lasciatela! Maiali! E’ mia cugina!’

Si avventarono anche contro di me.

Ma fisicamente non ero proprio un gran che. Anche a quell’età ero di costituzione minuta, malgrado i miei sforzi venni sopraffatto subito.

Il mio tentativo di difesa aveva ottenuto solo la condivisione del nostro destino.

Sia io che Simonetta fummo spinti sino a raggiungere Roberto che, ancora più eccitato, ora menava il cazzo del povero ragazzo come un forsennato.

‘Portateli qui’ disse ‘ Che ora ci divertiamo davvero!’

Simonetta fu obbligata in ginocchio, al fianco di Roberto che rallentò la sega per mostrarle bene il cazzo duro di Federico.

‘Guarda che uccellino duro!’ disse rivolto a Simonetta, ‘Ti piace eh?’

Gli altri amici erano in realtà scossi dall’evoluzione imprevista della scena.

C’era chi se ne stava appartato, impaurito, qualcuno se ne andò di soppiatto. Altri, più audaci si erano abbassati le mutande e si masturbavano allupati.

‘Adesso prova tu a masturbarlo! Vediamo se tu riesci a farlo venire’.

Roberto prese Simonetta per un polso e forzò la mano sul cazzetto duro di Federico.

‘Lasciatela stare, bastardi!’

Cercai di divincolarmi, ma una testata in pieno viso mi mise definitivamente fuori combattimento.

Il sangue mi colava copiosamente dal naso e il dolore mi offuscava la mente.

Quando tornai a rendermi conto di quanto stava succedendo, Simonetta stava sparando un sega sia a Federico che a Roberto, mentre Sergio le stava strizzando le tette, liberate dall’ingombro della maglietta.

Ancora una volta avevo fallito.

Mi venne da piangere a pensare a quanto avevo sperato, al desiderio che per tutto il giorno mi aveva accompagnato.

Quando l’avevo vista al bordo del campo, nel mio cuore avevo pensato ‘&egrave fatta!’. Pensavo che l’ostacolo più grosso, la guardia di mia zia, era stato superato. Già pregustavo di assaporare la sua fichetta senza peli, avrei voluto farmi spompinare e chissà’ forse mi avrebbe concesso anche di scopare!

In realtà poco mi importava della sorte di mia cugina, ero solo depresso per l’ulteriore mio fallimento.

Mi venne da piangere.

Ora stavano costringendo Simonetta a succhiare il cazzo duro di Roberto.

Con l’altra mano non aveva abbandonato il pene di Federico.

Notai che quest’ultimo era venuto, la mano di mia cugina era impiastricciata di sperma, ma non lasciava la presa: Federico stesso guidava la sua mano, attento che non mollasse la presa.

Mi girava la testa’

Volevo solo tornare a casa.

Carponi, mi allontanai dal gruppo, sanguinante.

Mi girai solo un volta, quando sentii gli urli di giubilo del gruppo di amici, guardai ancora una volta Simonetta, inginocchiata ai piedi di Roberto.

Il ragazzo le era appena venuto in gola, ancora avevo lo sguardo rivolto al cielo, in estasi, lo sguardo deformato dal godimento’

Non ebbi neanche il coraggio di aspettare mia cugina. Rientrai a casa di soppiatto, per non farmi vedere né dai miei genitori, né dai miei zii’

A questo pensavo, a quanto ero stato stronzo e codardo quel giorno, a come l’avessi abbandonata nel mezzo di quei bastardi giovincelli affamati di sesso.

E’ vero, a quell’età siamo tutti molto crudeli, non esiste pietà né comprensione a quell’età!

Siamo tutti così, e se siamo in tanti, insieme, la bastardaggine si moltiplica.

Diverso &egrave se siamo soli, perdiamo ogni coraggio, diventiamo buoni, comprensivi’

Siamo animali, a quell’età.

Ma anche loro, le femmine, non sono da meno!

Passarono diversi giorni prima che ebbi il coraggio di parlare dell’accaduto con Simonetta.

Compresi che passata la paura del momento, essendosi il tutto risolto con una sega ed un pompino, l’esperienza non le era poi dispiaciuta tanto!

Nel suo racconto, sembrava più importante l’aver scoperto il gusto dello sperma maschile, piuttosto che l’aver dovuto sopportare la costrizione di un coito.

Questi pensieri mi riportarono al pensiero dell’accaduto, la rividi assopita, tra le gambe di Sauro, mi tornò alla mente lo sguardo strafottente di Beppe, ricominciai ad odiarla e di nuovo il sentimento di vendetta ebbe il sopravvento.

Certo non potevo denunciarla al padre. L’avrebbe ammazzata di botte.

Decisi che però, essendo anche lei terrorizzata dell’eventualità, ne avrei approfittato.

Passarono 2 giorni, non sufficienti a farmi cambiare idea.

In realtà odiavo Beppe, Sauro e Massimo, ma nello stesso tempo li invidiavo, avrei voluto far parte della loro banda, ma non ne ero capace, non avevo nulla da spendere per potermi far accettare da loro.

Era più semplice prendermela con Simonetta.

Oltretutto lei si era sempre dimostrata incapace di alcuna reazione, abituata ad ubbidire, in silenzio, nella sua testolina malata non riusciva ad immaginare un sentimento di ribellione, se non celato da una bugia, da un raggiro da consumarsi di nascosto, in silenzio.

‘La vittima perfetta’ pensai.

Ma questo pensiero non bastò ad intenerirmi.

Due giorni dopo ebbi l’occasione d’incontrarla da sola, in giardino.

L’aggredii senza dare spazio al rimorso che comunque mi divorava.

‘Vieni qui puttanella, che ti devo parlare!’

Mi guardò spaventata, si avvicinò senza dire niente.

‘L’altro giorno, mentre io mi disperavo nel cercarti visto che eri sparita tu passavi il tempo a spompinare Beppe ! Non pensi di dovermi dire qualcosa?’

Simonetta mi sembrò terrorizzata. Si guardava attorno, timorosa che qualcuno potesse aver sentito le mie parole, poi mi guardò con gli occhi che si riempivano di lacrime.

‘Ti ho vista chiaramente, appiccicata a quel verme di Sauro, che chissà dove te l’ha messo. Confessa! Che hai fatto! Ci pensi a cosa direbbe tuo padre se sapesse che ti fai scopare invece di seguire le lezioni?’

Era terrorizzata, il mio tono di voce la spaventava.

Ebbi la netta sensazione che temesse più l’essere scoperta che non la mia rabbia!

Questo mi rese ancora più cattivo e determinato.

‘Vieni con me! E non fiatare, troia!’ le dissi, cattivo e volgare.

Avevo scelto il momento giusto. I padri erano ancora al lavoro e le madri erano intente a preparare la cena.

Solo mio fratello poteva essere in giro in giardino in quel momento.

La trascinai in cantina.

Non oppose resistenza, tranne per quelle lacrime che ora scorrevano libere sulle sue guance.

Per un attimo pensai a quanto era dolce, che in fondo le volevo bene, fui tentato di abbracciarla, ma l’idea di sprecare di nuovo tutto e la volontà di fare uno sgarbo a Beppe e compagni mi convinsero ad andare sino in fondo.

Entrammo nella cantina buia. Chiusi la porta a chiave alle mie spalle e tirai fuori l’uccello ancora mollo.

‘Se hai succhiato l’uccello a quello stronzo di Beppe, non avrai difficoltà a spompinarmi per bene! O preferisci che dica a tuo padre che non stai più andando a scuola?’

Mi guardò terrorizzata, finalmente riuscì a dire:

‘No! Ti prego!’

‘Allora vieni qui e datti da fare!’

Le porsi il cazzo che stava lentamente indurendosi.

La spinsi in ginocchio, QUESTA VOLTA NIENTE E NESSUNO POTEVANO FERMARMI!

Le appoggiai la cappella sulle labbra.

‘Apri la bocca, troia!’

Non riuscivo a fare a meno di essere volgare, violento, brutale.

Appena dischiuse le lebbra, con un colpo di reni le forzai la bocca ed entrai con tutto il pene (per fortuna non ancora in completa erezione) nella sua bocca.

Nel silenzio della cantina, si udivano solo i rumori della sua bocca, lo sciacquettio del cazzo che la scopava infilandosi in fondo alla gola, i rigurgiti di una povera ragazza costretta ad usare le labbra come una vagina, in attesa di bere il seme che le avrebbe inondato la gola.

‘L’hai bevuta tutta la sborra di Beppe, eh?’

Simonetta continuava a succhiare, con passione a dire il vero, faceva sprofondare il cazzo in fondo alla gola, per poi estrarlo quasi completamente e lavorarlo con la lingua sulla cappella.

Prendendo l’uccello in mano iniziai a sbatterlo sul suo viso, sulle labbra, apostrofandola con le parole più oscene.

‘Troia, sei una troia! Non hai mai voluto spompinarmi, neanche dopo che Roberto ti fece bere la sua sborra! Ti ricordi, vero? Al campo. Ma ora te la faccio bere tutta!’

Le denudai le tette.

Belle, sode, con le areole piccole, i capezzoli turgidi, piccoli, tutti da succhiare.

Mi accanii sul suo giovane seno, martoriandolo con le unghie, strizzandolo sino a farla urlare.

Simonetta cercava di trattenere ogni lamento, temendo di essere scoperta, e questo mi permise di esagerare’

Le venni in bocca aggrappandomi alle tette, strizzandole ancora più forte, proiettato in una sborrata che attendevo da troppo tempo.

‘Bevi, bevi tutto! Guai a te se ti fai scappare solo una goccia’ intimai.

Negli spasimi del godimento le piantai il cazzo in fondo alla gola, obbligandola a bere tutto, quasi soffocandola. Ingoiò quasi tutto, con affanno.

Mi calmai, ma pretesi che continuasse a leccarmi.

‘Puliscilo bene con la lingua, adesso!’

Lei ubbidiente, convinta che il peggio fosse passato, si diede da fare, obbediente, leccando le ultime gocce di sperma.

‘Succhiami le palle ora!’ ordinai, maestoso.

Simonetta si abbassò rassegnata e iniziò a lambirmi i testicoli con la lingua.

Come una cagnetta, la sua piccola lingua leccava frenetica i miei testicoli, procurandomi intensi brividi di piacere.

Guardai l’ora, c’era ancora tempo!

Aspettai che si stancasse di leccarmi le palle, dopodich&egrave mi girai e le ordinai in modo perentorio’

‘Adesso leccami il culo, cagna! E vedi di farlo bene se no non ti perdono!’

Ancora una volta, la giovane obbedì ai miei voleri.

Sentii la sua lingua insinuarsi tra le chiappe ed un senso di fresca eccitazione raggiungermi grazie alla nuova stimolazione.

Nel mentre che saliva l’eccitazione, pensai a quanto era remissiva, era un potenziale oggetto per i desideri di chiunque.

Inoltre dimostrava di apprezzare i miei trattamenti.

In fondo non aveva fatto storie.

Mi stava leccando il culo diligentemente, come se fosse una sua abitudine, nessun tentativo di ribellione, come al solito.

Per un attimo l’amai ancora, convinto della sua sincera ingenuità.

Poi tornò alla mia mente la vista di Sauro, addormentato su di lei e le parole di Beppe.

L’avevano sodomizzata, i bastardi!

Volli indagare.

L’obbligai a carponi, sul freddo pavimento della cantina.

Le alzai la gonna e le abbassai le caste mutandine.

Simonetta aveva indubbiamente un bel culo. Le natiche parevano 2 guance di velluto rosa e al centro spiccava la rosellina scura non ancora attorniata dai peli.

Inumidii 2 dita con la saliva e spinsi su quel forellino non ancora dischiuso.

‘No ti prego! Lasciami andare ora! Non farlo!

‘Se ti ha fatto il culo Sauro non vedo perché non devo fartelo io’ dissi senza alcuna compassione, spingendo le dita per allargare quel buchino che mi eccitava da impazzire.

Lentamente, il suo ano incominciò a cedere, ritrassi le dita e le sputai sul culo.

Poi, con più decisione, spinsi le dita e forzai lo sfintere.

Cedette, all’improvviso, senza che Simonetta dimostrasse alcun dolore.

Fui impietoso.

‘Vedi che ti piace, eh? Troia! Se non ti fa male vuol dire che te l’hanno già sfondato per berne! Dimmi, Sauro ti ha inculato per davvero?’

Simonetta continuò a gemere in silenzio.

‘Rispondi puttana! E così dicendo le infilai con forza le 2 dita nel culo, sino in fondo.

‘Ahi!Ahi!’

‘Rispondi, se no te lo spacco!’

‘Sì, Sì, me l’ha messo dentro!’

‘E hai goduto’

‘Sii!’

‘Quindi ti piace cosa ti sto facendo?’

Nel frattempo roteavo le 2 dita unite nel suo culo, cercando di allargarlo il più possibile.

Ogni tanto cercavo di divaricarle, per allargarlo ulteriormente, al che Simonetta emetteva suoni strani, come ululati che non erano chiaramente né di piacere né di dolore’

‘Dimmi! Beppe ti ha inculato?’

‘No!’

Rinnovai la violenza con cui le rovistavo il culo, cercando di obbligarla a confessare, non importava se era la verità, volevo avere quella conferma.

Spaventata si mise a piangere pregandomi di smetterla.

‘E no cara mia, non smetto sino a che non hai confessato tutti i tuoi peccati!’

Ormai mi sentivo come un mistico giustiziere, il mio rancore stava trovando sfogo nel martoriare quel giovane culetto.

Infilai un terzo dito forzandole lo sfintere’

‘No! No! Sì e’ vero! Mi ha inculato anche Beppe, ti prego, ora..smettila’ mi spacchi !’

‘Lo sapevo’ Bastardo!’

Aumentai la forza della mia penetrazione, incazzato dalla conferma di ciò che sospettavo, meditando e immaginando una vendetta atroce’

La presi per i capelli, da dietro, per penetrarla ancora più profondamente.

Poi tolsi le dita da quel culo martoriato e osservai il buchino rinchiudersi, lentamente.

‘Sei una rotta in culo, lo sai?’

Per un po’ continuai ad allargai l’ano con le dita, divertendomi a dilatarlo il più possibile, godendomi la visione di quel buco di culo sfondato.

Non ce la facevo più.

Mi misi dietro e con un unico forte colpo la penetrai in culo sino a sbattere la palle contro le tenere chiappe.

La sborrata precedente mi venne in aiuto, aiutandomi a controllare la successiva eiaculazione.

L’inculai senza alcun riguardo, talvolta uscendo completamente, per poi riaffondare con forza nel giovane culo.

Simonetta si mordeva le labbra per non far rumore.

Mi aggrappai alle sue tettine e strizzandole con furore la cavalcai come un forsennato.

Non so come erano andate le precedenti sodomizzazioni, ma di certo dopo questa volta, avrebbe potuto prendere in culo qualunque cazzo, senza problemi.

Le sborrai nell’intestino ricoprendola di insulti e di commenti osceni.

‘Godi baldracca! Goditi questo bel cazzone nel culo! Che dici, &egrave meglio questo o quello di quei froci di Beppe e Sauro?’

Il suo sfintere era ormai completamente dilatato. Lo estraevo completamente e mi beavo della vista di quel giovane buco di culo che stentava a richiudersi, per riaffondare di colpo nel suo pancino.

‘Sei una lurida vacca, Una succhiacazzi! D’ora in poi dovrai farti inculare tutte le volte che lo vorrò, ti voglio fare clisteri di sborra giornalieri’ Ti riempio lo stomaco di sborra, troooooia’.!’

Così urlando, senza ritegno, incurante del fatto che potessero scoprirci, le stappai il culo e facendola girare rapidamente le sborrai in faccia tutto le sperma che avevo nelle palle, nel cuore, nella testa’..

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