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Racconti Erotici Etero

Vizi e virtù di una signora di classe 3 A casa

By 29 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Tutto silenzio, mio marito dorme. Accendo la luce in sala da pranzo e mi guardo allo specchio. In fin dei conti non sono cambiata, sono sempre la stessa! Guardo le labbra, non sono deformate! Eppure in macchina le sentivo gonfie, insensibili come quando le ripassi e le lecchi dopo il dentista. Potrei benissimo essere stata con Cecilia, mi manca solo un filo di trucco.

Oddio quanto è tardi! Sono le due, mi tolgo le scarpe e cammino a piedi scalzi, spero proprio che non si svegli. Faccio il corridoio e trattengo il respiro, quasi sto volando. E’ maledettamente tardi, non me ne ero accorta. Se si sveglia cosa gli dico? Che sono rimasta a parlare sotto casa di Cecilia? Che ha un problema di cuore? Che ha conosciuto qualcuno che se la scopa in un parcheggio?

Mi chiudo in bagno e comincio a spogliarmi, stranamente mi vedo bella, stranamente per la prima volta i miei capelli s’adagiano perfetti sulle spalle. Mi chiamo per nome come se ci fosse qualcun’altra dentro lo specchio. Possibile che sia bastato uscire una sera per piacermi di nuovo? Ma io non sono uscita soltanto. Mi tolgo il reggiseno, mi volto di profilo e mi guardo. Mai stato così bello! Mai così attraente! Mi sa che Cecilia aveva proprio ragione! Un semplice sesso m’ha lisciato i capelli, m’ha tirato su questo seno, quasi rido e mi do della scema pensando che dopo la cena avrei voluto scappare. M’adagio sulla mia incoscienza prendendomi il merito di quello che è successo.

Scivolo tra le lenzuola il suo respiro è pesante, sembro un fantasma per quanto non peso, lui ha il sonno leggero non è possibile che non si sia svegliato. Passano pochi attimi. Eccola la mano, la sento, è fredda e sa di marito, sa di controllo di polizia di frontiera che fruga dentro la borsa. Se sapesse che tra queste cosce c’è una zoccola vera che s’è fatta montare, che tra il palato e la gola sento ancora il sapore, tra le caviglie e i polpacci la stanchezza d’aver puntato le gambe. Lui continua a toccare. Ma non s’accorge quanto sono stanca? Quanto siano immorali queste mani che non mi lasciano in pace. Non può chiedermi ora, in questo momento, di essere una donna capace di tutto, perfino di accogliere due uomini nella stessa serata, di mischiarne sapori diversi.

Passiamo mesi senza toccarci, notti intere che trascorro in terrazza per raffreddare le voglie. Perché stanotte dovrebbe essere tanto diversa? Qui alle due del mattino, forse ha capito qualcosa e vuole rendersi conto! Chissà se la pelle di una donna cambia al tatto dopo l’amore? Vorrei dirgli che troverebbe soltanto deserto, foglie secche e scorie d’orgasmi ripetuti e violenti. Perché davvero stasera ho goduto!

Lui insiste e mi cerca con un dito, un innocuo dito, che filtra, che sonda, ma ho paura che da un momento all’altro esploda la rabbia, la certezza che Cecilia nemmeno l’ho vista! Chissà se per prima mi dirà troia o puttana, se per filo e per segno vorrà sapere i dettagli, la bocca o le gambe. O mi chiederà soltanto se mi sento pentita oppure quando ci torno ad inorgoglirmi di nuovo mentre accavallo le gambe ed un ricamo di calza vezzoso devia i discorsi della cagna bastarda e dell’arancio che fa i frutti d’estate.

Ora scende ed infila la sua faccia dentro le gambe, oddio non l’ha mai fatto, sono sicura che è in cerca d’odore, di un indizio qualunque. Mi sarò lavata per bene? Avrò passato più volte il sapone? Ma lui non se ne cura, apre la bocca e comincia a succhiarmi, passa la lingua e sospira un ‘tesoro’. Dio come posso farlo smettere! Non è possibile che mi baci e mi lecchi proprio nel posto dove un altro m’ha posseduta a riprese. Ma lui lecca, sembra quasi che voglia pulirla del peccato, d’un evento stasera che ha messo in pericolo la tranquillità di marito, di famiglia, di casa.

Ma non smette! Succhia e risucchia come se stesse cercando tra le pieghe scomposte l’amore. Le stesse che qualcuno stanotte ha disfatto, l’ha governate due volte fino a farle richiudere a guscio, attorno ad un sesso appuntito, per bucare la voglia, per sgonfiare la brama. Succhia e risucchia dove è più forte l’odore, dove in una macchina stanotte s’è fatta più grande, capiente quanto un grembo materno, tenera e mignotta per essere pari, per essere scandalo agli altri, a mia suocera, a sua sorella, alla portiera che ogni mattina mi parla del tempo, a me stessa, a queste mani che mi graffiano il seno, mi graffiano la pelle di un’anima secca che non si pente e si lascia succhiare.

Poi tutto ad un tratto s’arresta. Oddio Avrà sentito i miei pensieri? Risale e mi bacia come per ringraziarmi di avergli fatto sentire il sapore di una donna infedele. Mi guarda e con un sospiro di voce mi dice che gli sono mancata, che sono più lunghe di ore, le ore, quando sono distante, che sono più vuote come se esistesse un vuoto meno pieno di un altro! Ancora mi bacia e lo sento che è amore, mi chiama per nome come se mi volesse strappare da qualche sogno che teme e riportare nel punto preciso dove desideravo di stare, quando quell’uomo si dirigeva al parcheggio, quando gli abbassavo la lampo. Gli dico che è tardi e lui remissivo ritrae la mano.

Non credo che abbia intuito qualcosa, ma mi vuole vicino come se questa serata fosse una minaccia alle sue notti di quiete, ai suoi giorni che passano senza un impulso.

Domani mi devo alzare alle sette, chissà se ce la faccio? M’aspetta il lavoro e soprattutto Cecilia che mi chiederà come è andata. Lei è fatta così, vuole i dettagli più intimi, ma stavolta lo giuro mi manterrò molto distante da quella rete metallica, da quel signore che corre, mentre a due passi io facevo l’amore.

Domani sarà un giorno diverso come il mondo che fuori mi aspetta vedrà una donna che accavalla le gambe, ma non saranno le stesse. Di niente mi sentirò sicura, tranne del fatto che non lo voglio sentire, non lo vorrò rivedere, perché tutto stanotte ha il sapore di sbaglio, perché tutt’altro mi sento che donna appagata. Che stupida a credere che sarebbe bastato un sesso e poi altro per prendermi rivincite e lenire i miei sogni. A quest’ora di notte posso esserne certa che il vuoto che sento non è un vuoto di cazzo! Anche se quello mi manca, anche se quello l’ho preso.

Molte volte m’ero chiesta cosa ci fosse stato in fondo ad un tradimento, altri uomini erano arrivati alla soglia di un bacio di fretta, un collega e un allievo, un francese dentro uno scompartimento di treno. In tanti anni tre occasioni che ho lasciato cadere, ma giuro non è la stessa cosa farsi toccare il seno, le gambe e fermare le mani prima che arrivino ovunque. Come tutti i ricordi che non hanno una fine m’hanno lasciato il piacere di continuarli da sola, inseguendo il peccato che ti provoca orgasmi, illudendomi che l’oltre sarebbe stato bello ugualmente; tale e quale ai pensieri dove vado di notte mentre accanto mi dorme quest’uomo che russa, che bussa alla porta e rimane alla soglia, come ha fatto stanotte, come farà altre volte quando non cerca una fica, ma un ventre capiente che sappia di madre.

Lo guardo, è davvero un bambino. Mi viene il rimorso di non averlo accettato, in fin dei conti questa fica che succhia e che brama è più sua di chiunque altro. Se dovesse avere un padrone non ci sarebbero dubbi. Scendo con la bocca e lo sveglio, ora davvero non capisce più niente. Gliela offro così come viene, immediatamente risponde. E’ freddo, ma si lascia inumidire. Chissà perché lo sto facendo? Non c’è amore, ma solo tecnica di dare piacere. M’accorgo che non c’è differenza, potrebbe benissimo stare al volante ed io lì che ciuccio l’odore. Capisco chi lo fa di mestiere che ne prende dieci, venti ogni notte, in fin dei conti cosa cambia? Lo prendi, lo succhi e lo sbatti al palato, a piccoli scatti lo muovi seguendo il respiro che cadenza la mano. Ora geme, ma non lo mollo. Ora si divincola ma resto ferma a sentirne la fine. Un fiotto caldo che arriva, subito arriva, che lava lo sporco dove non è arrivato il sapone, e m’impregna d’odore che sa di casa e di moglie, di calma e di quiete, che sa di marito

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