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Racconti Erotici Etero

Vuoi una gomma?

By 16 Marzo 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Infreddolito, stanco, affamato.
Paolo non avrebbe saputo dare un ordine a queste sensazioni.
La giornata non era stata un granché fino a quel momento, ed erano solo le 15.
Chiuso nel suo cappotto, osservava il treno avvicinarsi al binario nel grigiore della più classica delle giornate di pioggia. Quelle in cui avrebbe preferito chiudersi in casa anziché uscire anziché andare a lavorare. E di sicuro non avrebbe voluto avere un appuntamento fuori sede a 200 km di distanza. Alle 18 era atteso da un gruppo di colleghi con cui il suo studio collaborava da alcuni anni ed al quale doveva riferire lo sviluppo di un progetto al quale lavoravano tutti da circa un anno, seppure con compiti diversi.
L’unico aspetto positivo di quella riunione che sarebbe andata avanti almeno un paio di ore era che il suo responsabile aveva provveduto a prenotargli una camera di albergo per consentirgli di rientrare il mattino seguente.
Se il tempo glielo avesse consentito, si sarebbe concesso una serata da turista che avrebbe rotto la monotonia delle sere tutte uguali alle quali si era assuefatto.
Controllò per l’ennesima volta il suo biglietto per verificare la carrozza ed il posto di sua competenza, come se da un momento all’altro il biglietto potesse cambiare.
Si posizionò nel punto indicato dai cartelli sul binario e quando il Frecciarossa si fermò si mise in coda con gli altri passeggeri per salire sulla carrozza.
Puntò verso il posto prenotato e mentre vi si avvicinava si rese conto che il suo era l’unico posto libero tra quattro. Aveva il posto accanto al finestrino e per raggiungerlo avrebbe dovuto far alzare un omone che sembrava addormentato.
Il viaggio non si preannunciava migliore del resto della giornata.
Fu solo quando fece alzare il passeggero che si rese conto che davanti a lui era seduta una ragazza che trovò subito molto carina.
I suoi capelli neri lisci, terminavano poco oltre le spalle, cadendo dritti come se fosse appena uscita dal parrucchiere, con l’unica eccezione di un lieve rigonfiamento all’altezza dell’orecchio.
Era vestita in maniera molto classica, per quello che potè vedere. Un maglione beige con scollo a V ed una camicia bianca. Pensò immediatamente che quella era l’immagine di brava ragazza che aveva sempre avuto, anche se spesso aveva desiderato incontrare qualche ragazza che si dimostrasse tutto tranne che brava.
“Scusa”, le disse dopo averle inavvertitamente colpito un piede mentre si sedeva.
“Nessun problema”, gli rispose lei cordialmente.
Il treno ripartì e Paolo iniziò mentalmente a scorrere tutte le possibilità che gli venivano in mente per attaccare bottone. Prese una gomma da masticare, lo aiutava sempre a riflettere. Pensò di offrirgliene una, ma subito cestinò l’idea, troppo banale, anche se cortese.
A 27 anni aveva avuto le sue esperienze ma non aveva mai superato del tutto una forma di timidezza che gli aveva fatto perdere ottime occasioni, sia amorose sia lavorative. Raramente si era sentito deciso, forte, sicuro. Ed anche in quel momento aveva la prova di tale difficoltà, non riuscendo a scegliere come attaccare bottone.
“Me ne offriresti una?”.
La voce della ragazza lo ridestò dai suoi pensieri. “Certo – le rispose offrendole il pacchetto – Scusa, avrei voluto offrirtela ma ero soprapensiero”. E non appena terminata la frase si complimentò con se stesso. Bel lavoro: non solo aveva cassato l’idea giusta, ma aveva anche fatto la figura del coglione dicendoglielo. Prese mentalmente nota di aggiungere la parola “coglione” sotto al suo nome non appena avesse dovuto stampare nuovamente i biglietti da visita.
“Io sono Paolo”, le disse porgendole la mano.
“Annalisa”, rispose lei.
“Che bello, non hai detto !”
“Prego?”, chiese lei non capendo cosa intendesse.
“Voglio dire che spesso le persone quando si presentano per la prima volta ti dicono ma non ha senso perché ancora non conoscono l’altra persona e non possono sapere se sarà davvero un piacere”.
“Ah… capisco”, fu la reazione della ragazza.
Paolo si tolse immediatamente dalla faccia il mezzo sorriso col quale aveva accompagnato quella dotta affermazione. Per la seconda volta in meno di due minuti si trovò a complimentarsi con se stesso, stavolta per l’utilissima dissertazione, che lasciava intendere come avesse messo in preventivo che lei potesse anche stargli sulle palle.
Gli altri due passeggeri sembravano nel loro mondo: al suo fianco il gigante aveva ripreso a dormire, mentre alla sinistra di Annalisa una signora sulla sessantina era intenta a cercare di capire il funzionamento di un cellulare, probabilmente fresco regalo di figli o nipoti a giudicare dalla pellicola che ne ricopriva lo schermo.
“A te piacciono queste?”, chiese lei indicando il pacchetto di gomme.
“Sinceramente no – ammise Paolo – le ho prese al volo al bar della stazione. Il sapore sparisce dopo cinque minuti”.
“Hai ragione, non piacciono neppure a me”, replicò Annalisa con un sorriso.
“Buttala qui”, le disse dopo aver messo la sua gomma in un sacchetto di carta che aveva contenuto il panino mangiato in stazione.
“Grazie”, accettò lei di buon grado.
“Adesso – riprese paolo estraendo un piccolo block notes dalla borsa porta documenti che teneva al suo fianco – buttiamo giù una proposta di legge contro le gomme che non sanno di nulla. Ok?”
Annalisa sorrise sinceramente. “Va bene, ma dobbiamo fare in fretta, io tra un paio di ore scendo”
“Anch’io – si associò Paolo felice del fatto di fare tutto il viaggio in sua compagnia – quindi mettiamoci al lavoro e tiriamo fuori qualche idea!”
Il viaggio proseguì allegramente una volta rotto il ghiaccio. E fu senza dubbio un piacere per Paolo: Annalisa si rivelò molto simpatica, propensa allo scherzo e più il treno macinava chilometri, più lui si sentiva attratto da lei. Le labbra sottili, la carnagione chiara, gli occhi azzurri sottolineati da un leggerissimo trucco, gli facevano pensare ad una bellezza di altri tempi, classica. Ma la rotondità del maglione all’altezza del seno gli faceva venire in mente pensieri molto meno puri.
Lei aveva 23 anni e stava rientrando da qualche giorno trascorso in famiglia dopo aver sostenuto alcuni esami. Condivideva l’appartamento con la cugina, il ché era un vantaggio per certi versi ed uno svantaggio per altri.
“Mia cugina è una brava ragazza, ma a volte ha la lingua troppo lunga – disse – Una volta ho portato un amico a casa per ripassare un esame e la sera dopo mia madre mi ha chiamata per sapere se ero fidanzata”.
“E… tu come hai risposto?”, chiese Paolo con sincero interesse.
“Uno come lui me lo sposerei, è l’uomo ideale, mi capisce al volo, è sempre gentile, ha la parola giusta quando ne ho bisogno – rispose Annalisa – Senza contare che adoro come si veste”.
“Fortunata allora ad averlo incontrato”, fu la traduzione in parole del pensiero che passò per la mente di Paolo: “Bastardo, mi stai sui coglioni”.
“Fortunatissima – ammise lei – peccato che in quanto gay lui sia interessato a me solo come amica”.
“Beh, ma guarda che oggi come oggi un amico così devi tenertelo stretto – replicò immediatamente Paolo rianimato dalla notizia – si vede che è animato da un sentimento sincero e…”. Si fermò nel momento in cui si rese conto che la sua risposta stava prendendo una piega troppo enfatica. Finse di interrompersi per consultare un messaggio e si sentì ancora più stupido per questo.
Per il resto del viaggio riuscì a tenere a freno la sua timidezza, finché non vide passare davanti al finestrino i cartelli che segnavano l’arrivo a destinazione.
Aiutò Annalisa a prendere la sua borsa e la portò verso l’uscita, mettendosi a tracolla il porta abiti in cui aveva infilato anche i documenti che servivano per la riunione.
Scesero dal treno e si avviarono verso l’uscita della stazione. Pioveva, come alla partenza. Estrasse un piccolo ombrello da una tasta del porta abiti, ma non vide fare altrettanto alla ragazza.
“Ti posso dare un passaggio?”, si offrì porgendole il braccio.
“Volentieri – rispose lei approfittando dell’offerta – devo andare alla fermata dell’autobus, laggiù”.
Per la gioia di Paolo, la fermata distava circa 300 metri dalla stazione e durante il tragitto ebbe modo di godere della pressione del seno di lei contro il suo braccio. Lo sentiva gonfio, sodo e ad ogni movimento non perdeva occasione di cercare un maggiore contatto. I tacchi degli stivali portavano Annalisa quasi alla sua stessa altezza, oltre a darle una camminata molto sensuale. Per non fare brutte figure, lui evitò di soffermare lo sguardo sul suo sedere, ma i jeans gli dicevano che lì sotto c’era carne che avrebbe voluto sentire sotto le proprie mani. Arrivare a destinazione fu un duro colpo.
“Beh, Paolo, adesso posso dirti che è stato un piacere conoscerti o non si fa?”, chiese lei scherzando.
“Questa figuraccia me la ricorderò a lungo – rispose con sincerità – A volte faccio fatica ad attaccare discorso”.
“Capita a tutti”, lo rincuorò comprensiva.
“E se ti chiedo che programmi hai per stasera faccio un’altra figuraccia?”, le chiese senza mascherare un certo rossore che era sicuro gli stesse invadendo il viso a giudicare dalla temperatura che sentiva sulle guance.
“Non ho programmi – rispose Annalisa – Tu?”
“Io meno che mai. Magari possiamo sentirci più tardi?”.
“Volentieri. Che facciamo, più tardi iniziamo a girare per le strade chiamandoci l’un l’altro?”
“Come scusa?”, le chiese non capendo la battuta.
“Voglio dire che se non mi chiedi il numero di telefono sarà difficile poterci mettere d’accordo…”.
Coglione. Coglione. Coglione. Solo questa parola riecheggiava nella testa di Paolo. “Ottima idea”, replicò scherzando.

Incredibile a dirsi, Paolo era arrivato prima del previsto al suo appuntamento e poiché tutti gli interessati erano presenti, l’incontro iniziò in leggero anticipo.
Fu proprio lui ad aprire la riunione e sulle ali dell’entusiasmo per l’incontro di poco prima espose la situazione con grande sicurezza. Si sentiva come se si fosse dopato, aveva l’impressione di essere forte, imperturbabile a qualunque obiezione.
Era incredibile. Soprattutto in previsione di una serata che sembrava promettergli un nuovo incontro con Annalisa.
Alle 19:30 stava uscendo dallo studio e per prima cosa estrasse il suo telefono dalla borsa per controllare se ci fossero messaggi per lui.
L’icona di WhatsApp in alto a sinistra confermò che i suoi sospetti erano fondati.
Fece scorrere il pollice sul display dall’alto verso il basso e gli comparve una breve anteprima del messaggio. Era di Annalisa e questo lo inebriò. Ma fu quel “non” nel testo che gli spense immediatamente il sorriso.
“Ciao Paolo, spero che la riunione sia andata bene. Purtroppo non so se riusciamo a vederci, ho un contrattempo… magari ci sentiamo dopo, ok?”.
Sì, certo, magari ci sentiamo dopo.
Diede fondo a tutta la propria forza per cercare di rispondere in maniera da non far capire di aver accusato il colpo e si recò in albergo.
Fece rapidamente una doccia e poi, nonostante la delusione fosse ancora tanto forte da bloccargli lo stomaco, decise di non buttare completamente la serata.
Si vestì e scese per mangiare una pizza in un locale che aveva visto proprio dall’altra parte della strada rispetto all’albergo.
Una cena troppo rapida per spazzare via i cocci delle fantasie infrante da un messaggio.
Pagò il conto e tornò a respirare l’aria pungente di una sera senza pioggia ma che ne portava i segni sotto forma di pozzanghere da evitare, macchine che sfrecciavano schizzando passanti imbestialiti, mattonelle sconnesse del marciapiede che rispondevano ad un passo poco attento scaricando sui pantaloni l’acqua penetrata sotto di loro.+
Non sembrava proprio la sera per starsene in giro. Che poi: in giro dove?
Paolo tornò in albergo, si spogliò e si mise a dormire. Forse sarebbe riuscito a prendere sonno ed a chiudere al più presto quella giornata del cazzo.
Erano le 22:45 quando il cellulare si animò nel buio della stanza.
Paolo lo prese in mano ed accese lo schermo restando per un istante intontito dal bagliore dello schermo.
“Mi spiace per averti dato buca, mi sono appena liberata ma temo sia tardi. Volevo comunque darti la buonanotte”.
Come se a dargli la sveglia fosse stato il più incazzato dei sergenti dei Marines, Paolo si mise a sedere sul letto.
“Non preoccuparti, gli imprevisti capitano – digitò in fretta vedendo che Annalisa era online – io sto facendo due passi e se ti va…”
Due virgolette blu comparvero accanto al messaggio. Adesso i suoi occhi puntarono l’attenzione sulla parola “online” scritta sotto il nome. Finalmente, dopo quasi un minuto, questa parola si trasformò in “sta scrivendo…”.
“Se non è troppo tardi per te…”
Il tempo di leggere quelle parole e Paolo si stava già sciacquando la faccia ed infilando la camicia.
Scrisse al volo un messaggio e fissò l’appuntamento.
Circa 20 minuti dopo, nel bar indicato da Annalisa, Paolo la vide comparire.
Se la ricordava carina, ma quella che si trovo davanti era una ragazza ancora più bella. Il trucco non era cambiato, gli abiti sì. Adesso indossava un abito in maglia con collo a cascata nero, con la gonna che finiva poco sopra al ginocchio, un paio di stivali anch’essi neri ed un giaccone sul cui lato destro spiccava una borsa da sera. Lo colpì il fatto che non indossasse calze, anche se più che colpito sarebbe meglio dire che ne fu eccitato.
Si era cambiata per lui? Si era cambiata per l’imprevisto? Poco importava, perché adesso stavano avanzando l’uno verso l’altra.
“Ciao, scusa ancora per l’ora”, gli disse dandogli un bacio sulla guancia.
“Ma figurati, anche fossero state le tre… – rispose lui fermandosi prima di sembrare troppo zerbino – volevo dire che se non fosse stato per te sarebbe stata una serata noiosa, quindi sono io che ti ringrazio”.
La aiutò a togliersi la giacca e non poté fare a meno di osservare come l’abito le fasciasse perfettamente il corpo. Non aveva l’aria della modella, era chiaramente troppo bassa senza i tacchi e sicuramente aveva qualche taglia in più del necessario, ma era bellissima. Ed anche altri se ne accorsero, voltandosi a guardarla.
Ordinarono da bere ed iniziarono a parlare di tutto e di nulla, come se ci fosse stata continuità tra il loro incontro in treno e quell’appuntamento.
In un attimo si fece l’una e Paolo capì che non avrebbe avuto molto tempo a disposizione.
“Sai – disse – prima ti ho detto una bugia”.
“Ah sì? E quale sarebbe questa bugia?”
“Quando mi hai scritto – ammise – non ero in giro, ero in camera”
“Appena rientrato?”
“Neanche. Stavo proprio dormendo”.
“Povero… allora vedi che ti ho disturbato”, disse lei coprendo le mani di Paolo con le sue.
“In realtà io speravo tanto di poterti rivedere. Non ho pensato ad altro da quando ci siamo scambiati i numeri di telefono. Quando mi hai scritto mi sono vestito più presto che potevo”.
Annalisa gli sorrise, mantenendo sempre le sua mani su quelle di Paolo. “Speravo che avessi voglia di vedermi”, aggiunse.
Paolo era come in trance. Avrebbe voluto buttare fuori dal locale tutta quella gente di cui non gli interessava nulla, restare solo con lei, stringerla a sé e baciarla. Disse a se stesso che era il momento di prendere in mano la situazione.
“Ti va di venire da me?”, le chiese.

Il concierge restò un attimo interdetto quando Paolo ritirò la chiave della sua camera da letto insieme ad Annalisa, ma preferì lasciar correre.
L’ascensore per il terzo piano era terribilmente lento, ma Paolo benedisse il tempo trascorso con lei in poco meno di due metri quadrati. Le accarezzò una guancia con il dorso della mano, le si avvicinò e finalmente le loro labbra si incontrarono.
Fu doloroso staccarsi da lei una volta giunti al piano, ma in un attimo si trovarono seduti sul letto, nuovamente abbracciati, nuovamente impegnati in un lungo bacio. Dopo un attimo di esitazione, Paolo fece salire una mano sul seno di lei, iniziando a palparlo da sopra l’abito. Lei lasciò fare per un po’, per poi staccarsi da lui, mettersi in piedi e spogliarsi lentamente.
Annalisa gli rivelò il suo corpo, coperto da completo in pizzo bianco che la rendeva ancora più desiderabile.
Tornò a sedersi accanto a lui e lasciò che infilasse la mano nel reggiseno per godere a pieno del contatto con la sua pelle e con il capezzolo ormai turgido.
Paolo avrebbe voluto buttarcisi sopra ed iniziare a succhiarlo, ma non riusciva a rinunciare alle sue labbra ed a quel momento così magico che non voleva turbare.
Annalisa allungò a sua volta la mano sopra i pantaloni di Paolo e dopo qualche carezza, con notevole abilità, aprì la cerniera e dopo averlo preso in mano iniziò a massaggiarlo delicatamente.
Paolo ansimava mentre la baciava, non stava più nella pelle.
Delicatamente la fece distendere, poi si inginocchiò tra le sue gambe ed afferrò lo slip dai lati. Lei sollevò il bacino per aiutarlo mentre lentamente glieli toglieva, rivelando alla sua vista un ordinato ciuffo di peli sopra due labbra gonfie per il desiderio di quei baci e di quelle carezze.
Lentamente ma con decisione iniziò a baciarla ed a leccarla, godendo del contatto tra le sue guance e l’interno delle cosce della ragazza, che iniziò a contorcersi dolcemente, limitandosi a qualche mugolio soffocato a stento ed a sporadici “sì” appena sussurrati.
Quando dal “sì”, Annalisa passò ad “ancora”, il ritmo di Paolo si fece ancora più marcato, per aumentare ancora quando lei strinse le cosce imprigionando la sua faccia lì dove voleva che restasse. Fu un orgasmo quasi liberatorio, durante il quale Paolo faticò a continuare a leccarla, perché lei inarcava la schiena, si muoveva, si torceva.
Con il respiro rotto dall’affanno, Annalisa lo invitò a sdraiarsi sul letto e dopo aver nuovamente posizionato il volto di lui tra le sue gambe, ingoiò vogliosamente il suo cazzo. E mentre Paolo riprendeva dove si era interrotto poco prima, ma stavolta abbrancando e divaricando le sue natiche con le mani, lei concentrava la sua attenzione, per quanto la lingua del ragazzo le consentiva, su quell’asta di carne alla quale regalava, alternandoci baci, lunghe leccate e profonde escursioni all’interno della sua gola.
Dopo che si fu ripresa dal secondo orgasmo regalatole da Paolo, impugnò con decisione il cazzo e iniziò a segarlo con la giusta forza, sempre tenendo la cappella ben protetta tra le labbra, finché non lo sentì inondarle la bocca.
Rimasero accasciati in quella posizione per qualche minuto senza parlare, accarezzandosi reciprocamente con delicatezza.
Quando furono nuovamente uno di fronte all’altro, Paolo non riuscì a trattenersi dal ricominciare a baciarla, indugiando a lungo non solo sulla bocca ma anche sul collo.
Ogni tanto si interrompeva per fissarla e non poteva trattenersi dal dirle “Sei bellissima” ed altre frasi che in un altro momento avrebbe giudicato banali ma che in quel momento gli venivano dal cuore.
Baci, carezze: tutto questo ebbe un effetto rinvigorente sul cazzo di Paolo. Quando Annalisa se ne accorse si alzò, andò verso la sua borsa e tornò con un preservativo. Lui non accennò alcuna protesta mentre lei, con grande cura, glielo faceva indossare.
Lo lasciò sdraiato sulla schiena, gli si sedette sopra e lentamente si impalò su Paolo, che accompagnò questo atto buttando la testa indietro e chiudendo gli occhi ad assaporare ogni istante di quel meraviglioso momento.
Era lei, adesso, che dirigeva il gioco e forse era sempre stato così da quando si erano incontrati.
Lui alternava le mani tra il suo seno ed il suo sedere e tra di loro regnò per diversi minuti soltanto l’alternarsi dei loro respiri affannosi in un rapido cammino verso il piacere.
Quando Annalisa sentì che Paolo era pronto iniziò a ripetere “Non venire, ti prego non venire” e così lui cercò di pensare ad altro e di utilizzare qualsiasi possibile tecnica, vera o presunta per ritardare l’eiaculazione. Finché lei non esplose nell’ultimo orgasmo di quella sera e finalmente gli lasciò via libera.

L’orologio segnava 01:59 quando Annalisa iniziò a vestirsi.
Lui la osservava con venerazione.
“Quando possiamo…” chiese, venendo prontamente interrotto dall’indice che lei si portò prontamente al naso nel chiedergli di tacere.
“Non chiederti quando ci rivedremo, perché non accadrà”, gli disse.
“Ma perché? Non capisco. Abbiamo appena fatto l’amore!”, protestò lui.
“Lo so – lo rincuorò accarezzandogli il volto – e non credere che non sia stato bellissimo. Ma non possiamo lo stesso. Il motivo per cui non ci siamo visti prima è che io ho un ragazzo”.
In un attimo Paolo capì il motivo di quell’abbigliamento degno di un appuntamento e fu ferito dal fatto di aver raccolto le briciole di un altro di cui non conosceva l’esistenza. Se mai aveva immaginato di ricevere una pugnalata, la sensazione non era stata nulla in confronto a quanto stava provando.
“Se ti fa star meglio arrabbiarti e darmi della stronza, della troia, o che so io, fai pure – disse Annalisa sedendosi accanto a lui – ma la realtà è che mi sei piaciuto da subito, sei dolce, impacciato e in questo sei irresistibile. E devo dire che usi molto bene la lingua”. Gli sorrise. “Purtroppo però io amo un’altra persona. E so che ti stai chiedendo per quale motivo io sia qui adesso. La risposta è che lo volevo veramente. Non lo faccio abitualmente, ma sei libero di non crederci. Mi piaci, ma la nostra storia finisce qui e so che tu rispetterai questa mia decisione”.

Paolo, non ebbe la forza di aggiungere nulla alle parole di Annalisa, né lei, capendo la situazione, ne attese alcuna.
Lo baciò un’ultima volta, gli sussurrò un “grazie” nell’orecchio e lasciò la stanza.

Poche ore dopo, Paolo, nuovamente seduto sul treno, ripensava a quanto accaduto. E più ci pensava meno provava rancore nei confronti di Annalisa. Ripensava al coraggio che quell’incontro gli aveva dato per la riunione, alle forti sensazioni che aveva provato. Si sentiva più sicuro di sé, non c’era dubbio.
Rigirava tra le mani il cellulare con la rubrica aperta sul numero di Annalisa, mentre accanto a lui si sedeva una ragazza bionda, con i capelli corti molto sfumati ai lati ed un bel sorriso. Alta, slanciata, con un paio di pantaloni di pelle che evidenziavano un sedere degno di una copertina, sembrava estremamente sicura di sé. Insomma, il classico tipo che Paolo non avrebbe mai avvicinato, dandosi sconfitto in partenza.
Oppure no?
Smise di far girare il cellulare, osservò la schermata con il numero di Annalisa e mentalmente la ringraziò subito prima di cancellare il numero.
“Ne vuoi una?” chiese alla ragazza porgendole un pacchetto di gomme.

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