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Yoko la studentessa asiatica – 2. parte: – L’incontro

By 30 Giugno 2024No Comments

2. parte – L’incontro

Tornai indietro con la mente ai tempi dell’università. Ero il classico studente fuori corso. Stavo preparando la tesi, ma all’epoca pensavo più alla fica che a un futuro da creare. Capitava di avere qualche storia qua e là, ma niente che valesse la pena da portare avanti.
Vivevo a Roma e dividevo un bilocale con un altro ragazzo che al momento era tornato al paese a per il matrimonio della sorella. Mi ricordo che vidi Yoko una domenica pomeriggio. Era il mese di giugno e faceva un gran caldo. Non avevo vogli di stare a casa a preparare la tesi. Cosi decisi di uscire per fare un giro nei bar frequentati solitamente dai studenti. Entrai in un bar semi destro e notai una ragazza appartata in un angolo con un grosso libro in mano e un blocco per gli appunti sul tavolo. Non mi sembrava di averla vista, ma aveva tutta l’aria di studiare sul serio. La osservai per un po’ di tempo, poi presi da bere e mi avvicinai al suo tavolo. Indossava un abito leggero a fiori e dei sandali da mare. Notai subito che era asiatica, capelli scuri lunghi fino alle spalle e occhi a mandorla. Diciamo abbastanza carina per un’asiatica. Corporatura snella e non proprio alta. Notai subito che per la statura aveva due belle tette abbondanti. Ad occhio e croce una terza piena. Non mi hanno mai fatto impazzire le asiatiche però lei aveva qualcosa di affascinante.
Mi avvicinai al suo tavolo e mi fermai e la guardai. Lei non si degnò nemmeno di alzare lo sguardo. Pensai subito di fare dietrofront, ma poi presi coraggio e dissi. Se l’unica ragazza che studia di domenica pomeriggio con questo caldo. Lei alzò lo sguardo, mi fissò e non disse nulla. Pensai che non capiva la nostra lingua. Provai con l’inglese. A questo punto alzo lo sguardo nuovamente e disse, vattene. Rimasi come un fesso li difronte a lei. Non capisco ancora se ero più infastidito o interessato da questa sua reazione. Comunque girandomi dissi: per voi asiatici la gentilezza non è poi così sacrosanta come volete farci credere. Che maleducata che sei. Ti consiglio di studiare le buone maniere, ti saranno molto di aiuto in futuro. Detto questo me ne andai. Per me capitolo chiuso, ma mi sbagliai.
Io giorno dopo decisi di seguire un corso fuori programma di scienza naturali. Non c’entrava niente con la mia tesi, ma mi piaceva frequentare di tanto in tanto dei corsi extra e poi si potevano fare incontri interessanti.
Persi posto in un banco quando mi sento dire, ancora tu. Mi giro e la vedo. Lei, la ragazza asiatica e maleducata del bar. La ignoro e faccio finta di niente. A questo punto mi dice, chi è ora il maleducato? Infastidito mi girai e le chiesi cosa volesse da me, visto come mi aveva trattato il giorno prima? Almeno ciao puoi dirlo, incalzo lei. Sbuffai, Ok ciao. Ciao io sono Yoko, piacere. Piacere Marco. Lei sorrise e io accennai un ricambio a denti stretti. Stava per iniziare la lezione e velocemente lei chiese di parlare dopo la lezione. Era di una noia mortale e mi stavo per addormentare. Lei mi diede una spinta e disse, non si dorme in aula. Che palle questa, pensai.
Finita la lezione ci recammo all’uscita e lei mi disse, andiamo al bar. La seguì in silenzio osservando i suoi movimenti. Era sciolta, sicuramente atletica e aveva un bel culo tutto sommato.
Arrivati al bar si si girò verso di me e si scusò per il suo atteggiamento del giorno prima. Disse che solitamente passava il tempo da sola a studiare o con la sua coinquilina. Di solito passa abbastanza invisibile agli occhi dei ragazzi. Anzi disse, non mi notano proprio. Sarà perché sono giapponese disse. Le dissi che non si trattava di questo, era pure una bella ragazza,ma più per il suo comportamento distaccato, isolato, un po’ fuori dal mondo e pure poco invitante a una conversazione. Lei subito chino il capo e si scusò nuovamente. Devo imparare tante cose ancora qui. Come ci si comporta e relaziona con altre persone.
Basta con le scuse le dissi. Ora ci siamo chiariti. Ci vediamo in giro. Aspetta disse lei. Prendiamo un caffè per favore. Ok, vada per il caffè. Inizio a farmi mille domande. Le feci presente che prendere un caffè non significa fare anche un interrogatorio. Lei si scusò nuovamente e disse che era solo curiosa e cercava di imparare il più possibile qui in Italia. Sai, Marco, io non parlo mai con i ragazzi. La cosa mi incuriosiva. Perché no? E complicato. Se provi a spiegarmelo forse riesco a capire e darti qualche consiglio. Faresti questo per me? Mi vuoi aiutare? Se parlare o qualche consiglio lo vedi come grande aiuto, ok. Poi ebbi la brillante idea.
Facciamo cosi, ci aiutiamo a vicenda.
Cosa intendi chiese lei. Tu aiuti me io aiuto te. Tipo scambio culturale. Era una gran balla, l’unica cosa che volevo scambiare erano i liquidi corporei. Già mi ero fatto certi pensieri.
Lei disse che le andava bene. Vediamo se funziona. Ci scambiammo i numeri e ci demmo appuntamento per il giorno dopo.
Ci incontrammo in parco vicino all’università. Lei si presentò con un vestito corto e abbastanza scollato. Facevo veramente fatica a non fissarle le tette in continuazione. Mi raccontò un po’ della sua vita. Unica figlia di una famiglia benestante e trasferita in Italia da due anni per seguire gli studi. Nonostante gli studi e il posto fantastico faceva fatica a trovare il filo con le persone. Le chiesi come andava con i ragazzi.Rispose niente ragazzi qui in italia. Rimasi sorpreso. Era piuttosto carina. Mi spiego che l’approccio non è facile per una ragazza asiatica. Si qualcuno ci ha provato, ma alla fine non è mai successo niente. Le dissi che il suo atteggiamento forse non aiuta, visto come ha trattato me. Lei mi spiego che in Giappone le cose sono ben diverse che qui da noi. Il rapporto con i maschi c’è, ma spesso il primo rapporto non come ci si aspetta. Da noi succedono cose che tu non immagini. C’è anche molto tabù su certe questioni, nonostante ci sia un livello di perversione altissimo. Ora oltre all’interesse per le sue tette aveva catturato tutta la mia curiosità.
Le dissi che comunque anche qui in Italia siamo abbastanza pervertiti. Lei rispose che si era accorta che le guardavo spesso le tette, ma questo non era niente. Dopo la figuraccia le chiesi di spiegarsi meglio. Restò in silenzio ed arrossì. Disse che non volveva parlarne. Nessuno ne parla. La cosa mi incuriosiva ancora di più e insistetti finché non prese a raccontare.
Sai Marco, in Giappone spesso le ragazzine vengono spesso molestate già in età giovanile. Sti scherzando spero. Continuo dicendo che queste cose succedono in luoghi pubblico tipo mezzi di trasporto, ma anche nelle scuole con i compagni di classe. Non credevo alle mie orecchie. Ti mettono le mani da per tutto. In quel momento mi sentivo un santo a fissarle solamente le tette. Non mi dire che è successo pure a te, lei chiesi. Annuendo con la testo mi fece capire di si. E tu cosa hai fatto? Niente. Non si parla di certe cose, nemmeno a casa o con gli insegnanti.
Non sapevo cosa dire. Fin quando non c’è violenza non c’è reato. Se vieni molestata e parli, passi tu per una poco di buono. E a te cosa è successo, chiesi incuriosito. No, mi vergogno e poi non si parla di queste cose.
Sfoggiai tutta la mia classe di buon amico, confidente e psicologo da quattro soldi e le dissi che doveva liberarsi di certi pesi. Questo l’avrebbe aiutata ad avere una vita migliore qui in Italia. Se continui ad avere pregiudizi negli uomini, non andrai da nessuna parte. Lei sgranò gli occhi. Avevo fatto centro. Non c’è nessuno che ti piace, un ragazzo qui in Italia? Si c’è un ragazzo carino. Ehhhh dissi io. E niente. So solo che si chiama Fabio. Tutto qui? Si tutto qui disse lei. Andiamo bene esclamai io. Lei ci rimase male.
Senti Yoko, se vuoi cambiare le cose devi cambiare atteggiamento ed aprirti. Qui le cose funzionano diversamente. Se vuoi il mio aiuto devi parlare.
Non era stupida e mi chiese da dove veniva tutto questo interesse nel volerla aiutare. Le dissi una mezza verità. Le dissi che avevo piacere ad aiutare una ragazza straniera e allo stesso tempo curioso di conoscere la sua cultura. Mi guardo perplessa e non del tutto convinta.
A questo punto dissi una battuta scema che mi ero innamorato delle sue tette. Lei arrossi e poi con sguardo imbarazzato scoppiò a ridere. Ora era io in imbarazzo. Disse che nessuno mai le aveva detto una cosa del genere. In Giappone queste cose non si dicono. Sorridendo le ho detto, vedi, anche noi siamo perversi, ma in modo differente. Si accigliò all’improvviso e disse che per lei questa è solo un’affermazione sciocca e non di sicuro perversa. Forse noi la interpretiamo diversamente dissi, ma lo siamo anche noi. Mi chiese degli esempi di perversione. Piano ragazza, andiamo con ordine. Finisci il tuo racconto prima.

Giggio_30

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