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Orgia

L’AFFARE

By 28 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Io non so proprio come dirtelo ma… mi dovresti proprio aiutare…’
La ragazza lo guadò con un sorriso luminoso, ingenuo e interrogativo.
‘Se posso, ben volentieri… mi dica pure…’
‘Vedi, se li porto là, stasera, non riesco nemmeno a capire di che cosa hanno bisogno… non capisco una parola di ciò che mi dicono! Lo so che &egrave vergognoso da parte mia ma se non vieni anche tu, io come faccio? Non vorrei portarti ma… tu capisci, vero?’
‘Ma esiste davvero? C’&egrave un posto del genere?’
‘Sì, una sorta di agriturismo… a quindici chilometri da qui.’
‘Io vengo volentieri, non ho alcun problema, mi creda.’
Il suo sorriso era naturale, dolcissimo, cordiale e quasi infantile.
‘Davvero? Non ti fa un po’… impressione? Mi togli da un pasticcio enorme… non avrei saputo a chi rivolgermi. Forse un’accompagnatrice ma se poi non sapesse la lingua? Non mi fido, scusami…’
Era veramente imbarazzato, contento ma visibilmente non a proprio agio. Lei, invece, sempre sorridente, sembrava quasi farlo apposta a sembrare più ingenua di quello che era in realtà. &egrave vero, non aveva mai pensato che potesse esistere un luogo del genere, non lì, non a due passi da casa sua però, avendo tradotto per lui e i suoi clienti tutti quei discorsi… un’idea se la doveva esser fatta! Nulla, faceva finta di nulla! Si era subito resa disponibile, senza che lui pregasse troppo, senza che il suo sorriso l’abbandonasse… non era possibile! Certo, l’affare era importante ma lui non voleva, assolutamente non voleva che lei si facesse coinvolgere più di tanto; glielo disse:
‘Non fare tutto questo per me, se non te la senti, dillo, magari mi organizzo…’
‘Le ho detto che non deve preoccuparsi, vengo volentieri, davvero… mi incuriosisce anche, questa cosa.’
‘Mi raccomando, non dirlo a nessuno, altrimenti chissà cosa penseranno di me…’
Un chiaro riferimento al fidanzato di lei che la veniva a prender spesso in ufficio ed anche ai suoi genitori che lui conosceva da tanto. Ma il sorriso della ragazza era sempre lo stesso, non cambiava minimamente.
‘E va bene, allora diglielo, digli che stasera alle nove li andiamo a prendere in albergo e li portiamo là, speriamo che abbiano rispetto di te, almeno…’
La ragazza, gentilmente tradusse, i tre parlottarono tra loro e uno, in inglese, disse qualcosa.
‘Hanno chiesto se davvero porterà anche me, sono un po’ allibiti.’
‘Vedi! Non fa questo effetto solo a me, allora! Digli che vieni, solo per tradurre, mi raccomando!’
Parlò ancora coi tre, loro parlarono fra di loro ed il solito le disse alcune cose in inglese.
‘Hanno detto che va bene, sono molto contenti che ci sia anche io.’

Alle nove meno un quarto, come d’accordo, l’aspettava sotto casa; lei scese e aprì sicura la portiera della macchina, sorprendendolo un po’ soprappensiero.
‘Anna Maria! Che splendore… non penso che sia un locale così raffinato, però… però… però sei proprio splendida, veramente.’
Il suo sorriso si illuminò ancora di più, il suo sforzo per rendersi più affascinante, pareva esser già ricompensato. Il suo abito nero, semplice ma elegante, fasciava il corpo in maniera da mettere in risalto tutte le sue forme; poco trucco ma ben dosato, i capelli molto curati, raccolti, acconciati, un orecchio completamente nudo e l’altro coperto, un bel paio di orecchini lunghi e sottili. Si sedette salutandolo e già l’auto si era avviata. Alcuni secondi dopo, lui percepì anche il suo profumo, fresco, divertente e intrigante. Non l’aveva mai vista così conciata. Da quando lavorava per lui, l’aveva sempre vista molto sportiva, molti jeans, scarpette basse, maglioncini, nemmeno una gonna… si fermò a pensarci… no, nemmeno una gonna.
‘Dovresti venire anche in ufficio, vestita così, ogni tanto… sarebbe… sarebbe…’
‘Gradevole? Le piacerebbe?’
‘Ecco, direi proprio di sì… gradevole…’
Parcheggiò l’auto nel piazzale dell’albergo, scesero e si diressero verso l’ingresso. I tre uomini già li attendevano appena dentro; anche nei loro sguardi, Anna Maria, colse il tributo al suo paziente lavoro. Un aperitivo veloce al bar dell’albergo poi, senza tanti scrupoli, chiesero di andare, sembravano proprio impazienti.
Il breve tragitto fu coperto quasi in silenzio; i tre uomini dietro, ogni tanto, scambiavano poche parole nella loro lingua. Anna Maria si girava verso di loro, sorrideva dolcissima e attendeva che qualcuno le dicesse qualcosa in inglese; quella lingua non la capiva nemmeno lei. Ma nessuno le diceva nulla, solo la guardavano e sorridevano placidi anche loro. Le doveva essere sfuggita anche l’insegna del locale, capì soltanto che la macchina aveva imbucato una stradina piccola, laterale, sulla destra; una vecchia casa di campagna, poco illuminata, gli si presentò davanti un attimo mentre lui parcheggiava l’auto. C’era un ingresso con una piccola scritta rossa appena sopra; non lesse la scritta ma notò come era tutto poco luminoso, nascosto, discreto. Avvicinandosi alla porta non aveva molto timore ma alcune cose le rimbalzavano un po’, dentro l’anima… ora leggeva la scritta rossa: ‘Trasgredire… club priv&egrave’.
Lui entrò per primo, aveva prenotato, la ragazza della reception annuì, sorrise e poi incrociò lo sguardo di Anna Maria, sorridente, serena… un attimo solo, poi tornò a sorridere anche lei e fece strada al gruppo oltre una pesante tenda nera bordata di rosso.
La sala era grande, poco illuminata, i tavoli disposti sopra una sorta di ballatoio al centro del quale c’era un grande spazio vuoto coperto di moquette, tappeti e cuscini colorati, un po’ orientale. Poche persone nella penombra, i volti illuminati solo dalle candele sui tavoli apparecchiati, mangiavano o bevevano tutti rivolti al centro della sala. Si accomodarono al tavolo che era stato riservato senza dire nulla; Anna Maria si sedette fra i clienti ed il suo capo. Non le pareva nulla di così perverso, nulla di così strano… cominciarono a mangiare e non successe nulla, non succedeva nulla! Tanto che aveva già cominciato a pensare che fosse tutto troppo lontano da ciò che si aspettava, da ciò che loro si erano immaginati che fosse; nel frattempo il locale si era riempito. Abituatasi alla penombra, ora vedeva la gente, per lo più coppie, anche male assortite, qualche gruppo di quattro, generalmente due coppie insieme. Vedeva molte ragazze giovani con uomini molto più anziani… poche le coppie ‘normali’. La musica che fluiva dolcemente prese un volume un po’ più alto. Una voce, in inglese, salutò il pubblico, una voce maschile, calda e sensuale. Poi tornò solo la musica, ancora un po’ più forte ma senza esagerare; una sorta di jazz, soul o giù di lì. Ma non ballava nessuno, la pista era vuota. Poi vide una ragazza venire sulla pista, muoversi dolcemente, cullata dalla musica, movenze feline, aggraziate, delicate. Qualche applauso del pubblico, discreto, sussurrato. La ragazza cominciò a spogliarsi, danzava e si spogliava, finché restò nuda e continuò a ballare. Pensava Anna Maria: ‘Se &egrave tutto qui, non mi scandalizza più di tanto, non si stanno neppure scalmanando… chissà cosa pensavano di poter vedere?’
Ma la ragazza, la ballerina, continuava… con gesti sempre più evidenti cominciò a carezzarsi, ad aprirsi, a mettersi in mostra. Sembrava molto eccitata anche se le sue movenze, sempre seguendo il ritmo della musica, erano assai delicate. Arrovesciata sui cuscini, ormai vicina al culmine del piacere, offriva ai presenti tutto ciò di cui disponeva, senza lasciare nulla all’intuizione. Però era elegante, anche in quella faccenda così intima e così privata, riusciva a catturare l’attenzione anche di Anna Maria. Lei non aveva mai pensato a poterne fare uno spettacolo, pensava fosse una cosa così sua che a nessuno sarebbe piaciuta, invece… invece vedeva nelle movenze della ballerina un che di intrigante, perverso ma piacevolmente stimolante. Al termine del brano la ragazza rimase ansante e ferma, dopo una serie di sussulti molto eloquenti e solo lo scroscio di applausi che ne seguirono riuscirono a riportarla in piedi, a chinarsi per ringraziare e a sorridere.
Se ne andò via senza raccogliere i suoi abiti, un’altra giovane se ne prese cura mentre le luci erano un po’ scese di tono. Subito dopo si presentò una coppia mentre la musica languiva piano e cominciarono anche loro a danzare, elegantemente, fra tappeti e cuscini. Ora anche Anna Maria seguiva con più attenzione. Pensava: ‘Vuoi vedere che &egrave vero? Che fanno proprio sul serio?’ il ballerino spogliava la sua compagna, lentamente, senza fretta, senza uno scopo preciso; la carezzava, la baciava, la spogliava. Se la ritrovò nuda fra le braccia, la voltò per meglio mostrarla, l’arrovesciò sui cuscini e prese a baciarla con più trasporto, su tutto il corpo, senza dimenticare nulla. Si concentrò sul suo sesso spalancato, affamato, offerto a tutti i presenti. L’attenzione dei tre uomini stranieri era fortissima, li vedeva concentrarsi direttamente su quel ventre mentre il ballerino, quasi immobile, danzava solo con la lingua. Anna Maria guardava la ragazza che si contorceva e che ansimava, che si gustava la sua leccata come se fosse stata sola, col suo amore, nel suo letto. Era affascinata dalla sua disinvoltura, dal suo essere lì, con tutti quegli occhi addosso, come se non ci fosse che il buio. Dal roteare del capo e dalla sua voce capirono, capirono tutti come aveva capito Anna Maria, capirono che la ragazza aveva raggiunto l’apice e gli spasmi del suo corpo, l’afferrare la stoffa dei cuscini, le sue grida furono subito seguite da un applauso. Ma nessuno si mosse, neppure i ballerini. La musica tornò a vibrare delicata e allora fu lei a muoversi, ancora ansante e sudata; rovesciò il compagno a terra, lo spinse via dal suo corpo, lo raggiunse e cominciò a baciarlo e spogliarlo seguendo il suono del sax. Quando anche lui fu nudo del tutto, con una superba erezione al cospetto del pubblico, con la testa sui cuscini si mise a guardarla mentre lei cominciava a far scorrere la sua mano lungo l’asta. Gli sguardi dei due si unirono, si deliziarono di un dolce sorriso d’intesa e poi lei, senza alcun pudore, prese ad immergersi la verga in bocca, sempre seguendo il ritmo musicale. Questo era già decisamente più impegnativo, per Anna Maria… guardava, sorrideva ma non era più molto convinta. Certo, non le dispiaceva, come spettacolo ma cominciava ad essere un po’ forte, un po’ oltre ciò che pensava di poter vedere. Non si curava molto dei suoi compagni, dei tre stranieri e nemmeno del suo capo… era un po’ preoccupata, adesso, pensando che qualcuno poteva riconoscerla, vederla lì. Lei non aveva riconosciuto nessuno, &egrave vero ma… cosa avrebbe raccontato? A casa, al fidanzato… che avrebbe detto? Aveva solo detto che usciva per lavoro… era vero ma… ma le avrebbero creduto?
Osservava la fellatio della ballerina, la sua lingua che correva sulla verga, la sua mano che armeggiava con lo scroto, il volto di lui estasiato e… quella verga! Lunga, turgida, forte, nervata, lucida, bella… bella da farle gola! Non si era mai persa a pensare ad una verga, non si era mai fatta cogliere da una voglia del genere. Le piaceva l’uomo, l’insieme ma così, solo il particolare… era una sensazione nuova, strana per lei. Poi la ballerina si alzò in piedi, cambiò dolcemente postura, si volse al pubblico di fronte e delicatamente si calò sul suo compagno, immergendo l’asta nel suo ventre sempre sotto il ritmico diffondersi della musica. Lo facevano davvero, facevano l’amore lì, davanti a tutti… Anna Maria non voleva crederci, era stupita, sbigottita e… sorrideva, si sorprese a sorridere, a sentire dentro di lei crescere uno stato di benessere, quasi come se fosse lei stessa, sul palco. Lei stessa sul palco? No, questo no! Sì, questo sì… sì, davvero, sì, sì, sì… non c’era più nessuno attorno a lei, solo quel nuovo modo di vedere le cose. Seguiva la danza con molta attenzione, con concentrazione, cercando di percepire tutte le sensazioni di quei due che, a pochi metri da lei, si stavano godendo una sublime scopata. Quando li vide cambiar posizione ancora, quando vide lei inginocchiarsi e lui in piedi, intuì che cosa sarebbe successo ma vederglielo fare… era un’altra faccenda! Lui, le mani sui fianchi, il busto un po’ sporto all’indietro, lasciava che lei facesse tutto ciò che voleva. Lei, preso quel membro con entrambe le mani, attendeva solenne con la lingua di fuori; ogni tanto leccava la punta, muoveva la testa, seguiva la musica. Esplose così, sul finire del brano, con un tempismo assoluto, venendole in viso, sulla lingua, sui seni. Anche Anna Maria si trovò ad applaudire, contenta, sorridente, visibilmente estasiata da tanta bravura.
I tre stranieri si complimentarono con lei per l’entusiasmo, le chiesero se le era piaciuto davvero e lei, senza pudore alcuno, rispose che sì, le era proprio piaciuto molto, era stato un bello spettacolo. Era solo l’inizio… la prima ballerina, quella che aveva ballato da sola, si ripresentò lì, in mezzo ai cuscini, vestita solo di un velo traslucido a mo di pareo, annodato appena sopra un seno; sotto, dalla fenditura, la sua pelle nuda contrastava la stoffa. Aveva un microfono in mano, salutò dolcemente, e spiegò al pubblico attento quali fossero le prossime cose: avrebbero fatto esibire la gente che era venuta a vedere lo spettacolo, così come sempre, così come ogni volta. Chiedeva chi fosse disposto, chi volesse cominciare… siccome nessuno si faceva avanti (probabilmente sapevano che sarebbe successo…) disse che lei stessa si sarebbe offerta per prima, al primo che la voleva. Questo ebbe subito successo, si alzarono subito in troppi, ma uno fu chiamato là in mezzo. Anna Maria tradusse anche questo e i tre arrivarono troppo in ritardo a capire, non ebbero il tempo, poi forse, un po’ li avrebbe messi in imbarazzo, star lì mentre lei li vedeva! Non aveva capito chi fosse quel tipo, da che tavolo fosse uscito, chi si fosse lasciato dietro e neppure perché. Lo spettacolo fu meno intrigante, lei molto brava ma lui aveva solo una gran voglia di svuotarsi qualcosa. Non era bravo come il ballerino, non aveva le sue grazie e neppure le stesse armi. La sua verga non fece gola ad Anna Maria, era verga qualunque, comune, maldestra.
Fecero seguito altri spettacoli, sempre offerti dagli spettatori, addirittura una sorta di serata danzante; lei vedeva, seguiva l’evolversi; vedeva ragazze richieste da uomini alzarsi dal tavolo, lievemente baciare il compagno e lasciarsi portare lì, in mezzo, quasi distratte. Le vedeva lasciarsi denudare, amare e scopare quasi senza trasporto, come fosse un rituale. Sorrideva ma pensava che avrebbe saputo far di meglio… sì, di meglio! Un po’ d’anima, non può mica far male! Fu allora che si ritrovò davanti al tavolo la seconda ballerina, quella che l’aveva fatto con il compagno, quella che si era presa i suoi applausi ed anche un po’ della sua invidia… le sorrideva, l’aveva notata e le chiedeva una cosa, una cosa strana per lei:
‘Sei molto carina, perché non vieni sul palco anche tu, ti faccio esibire col mio compagno… &egrave molto bravo, sai?’
Lei sorrise discreta, con gli occhi, davvero; si volse, tradusse ciò che la ragazza le aveva detto ed osservò attenta lo sguardo dei tre stranieri.
Quando loro le ebbero risposto, si rivolse al suo capo:
‘Mi hanno detto che sarebbero molto contenti di potermi vedere sul palco, avevano una gran voglia di dirmelo loro ma non si azzardavano…’
‘Ecco, appunto… che non si azzardino a pensare a certe cose! Ti ho portata qui solo per farti tradurre, mica per farti fare la…’
‘Ma io ne avrei molta voglia, a loro l’ho già detto! Mi piacerebbe proprio tanto, potermi esibire sul palco…’
‘Se lo fai per me, per i miei affari, non devi preoccuparti… mi pare di avergli già dato troppo, a questi tre! Non fare una cosa…’
‘Non c’entra nulla, io ho proprio voglia di farlo, se lei me lo permette, se non le da fastidio…’
Il suo sorriso era sempre quello, familiare, disarmante, naturale.
‘Sei sicura?’
‘Certamente! Posso, allora?’
‘Fai come ti pare… che diritto ho, io?’
Si rivolse nuovamente ai tre e, sorridendo, disse loro che andava, che andava sul palco a dar tutta se stessa per il loro e l’altrui piacere. Si alzò, seguì la ragazza, giunse fra cuscini e tappeti e fu presentata; da dietro arrivò anche lui, rivestito e delicato, le prese le spalle e la volse verso di lui. Le sorrise, le disse che era stata molto carina a farsi convincere e che la sua compagna non lo cedeva volentieri alle clienti ma in quell’occasione… lo baciò per non farlo parlare, per non rovinare ogni cosa. Lo baciò con la solita sua passione, col sorriso degli occhi e dell’anima, lo baciò come baciava il suo amore.
Non era poi troppo diverso, all’inizio, dal solito fare e disfare. All’inizio non si rese nemmeno conto, non si rese conto del fatto che tutta quella gente, attorno a lei, attorno a loro, guardavano tutto ciò che faceva, che facevano. Un mare di folla, quando se ne rese conto; un mare di folla che la scrutava, che la guardava, mentre lui la spogliava… ormai non poteva tirarsi indietro, non poteva che andare avanti. Era lì, quasi nuda con lui e… e aveva voglia di farci l’amore! No, non di scoparci, non una cosa superficiale, come tante ne aveva già viste quella sera… no, voleva farci l’amore, una cosa profonda, deliziosa, prepotente, come e meglio di come la sapesse fare, come e meglio di quel che aveva visto già fare a lui! Quello! Quello, voleva! Che fosse il meglio, una sorta di capolavoro. Avrebbe dato se stessa con tutta se stessa, senza mezze misure. Non c’era poi bisogno di molto, visto che lui le piaceva, lei piaceva a lui… i suoi baci erano stati decisamente espliciti, le avevano già fatto capire tutto. Quando fu nuda del tutto, lo slip nelle sue mani, lui che lo portava al naso per saggiare lo stato di eccitazione della fanciulla, i suoi umori sparsi ovunque, ormai, il fresco che percepiva per via dell’assenza e tutta quella gente che la guardava, le strapparono il più bello di tutti i suoi sorrisi. Se ne accorse anche lui, il suo capo… guardandola lì, stesa sui cuscini, nuda e felice, ebbe come un moto di stizza. Ma che voleva? Che cosa c’entrava? Poteva esser geloso? No, no di certo… poteva solo star lì a guardarla oppure andar via! Via, lontano, in bagno, in una delle camere appartate al piano di sopra, ci saranno pur camere, anche qui? Via, via lontano per non vedere, non sapere, non capire… no, non voleva andar via, voleva vedere, capire e sapere e anche di più, probabilmente! Allora stette lì, osservò la sua segretaria che si lasciava amare dolcemente sotto quelli che gli parvero mille, diecimila, centomila occhi diversi dai suoi… e la vide, la vide che non aveva pudori, che si dava con grande libertà, che si lasciava trascinare via con tutta la sua carica di ingenua sensualità. L’aveva sempre desiderata, da prima che andasse a lavorar per lui ma da quando era lì con lui otto ore al giorno, la voleva ogni volta che la guardava, tutte le volte che i suoi occhi si riempivano di quel sorriso, di quella brillante, indecente innocenza. Che cosa mai sarebbe successo dopo? Poteva dimenticare tutto quel che aveva visto? Poteva mettersi il cuore in pace e lasciarla andare a far l’amore solo col fidanzato? Quante cose si sarebbe chiesto, queste e molte altre. Quella sera e per mesi interi ma… ma adesso c’era da vedere, vedere soltanto. Vedere quel corpo stupendo, nudo, offerto e consumato, lì a tre metri da lui, senza nessuna ombra a velare quel solito sorriso. Decise che quello, quello soltanto valeva… valeva solo quel poterla vedere. Valeva tutto, valeva di più, valeva oltre, oltre ogni contratto. Dentro di sé ringraziò quei tre tizi di cui non sapeva quasi pronunciare il nome, li ringraziò e li benedisse, loro, i loro affari, i loro soldi e i loro gusti che, quasi, l’avevano un po’ schifato, nel pomeriggio. La sentiva cantare di gioia, vera, profonda mentre il ballerino la baciava e la leccava. Lei si torceva, ansava e gorgogliava come una fonte d’acqua fresca e buona e lui beveva, beveva tanto di gusto che anche a Matteo pareva di poter bere di quello stesso nettare, subito, in contemporanea. Accolse il suo stravolgersi come e meglio dei suoi stessi orgasmi, come liberazione, come esaltazione, come un miracolo. Non era perfettamente a tempo con la musica ma sicuramente aveva superato tutte le altre ragazze che si erano prestate a quel gioco, partendo dai tavoli dove lasciavano l’amante, il marito o il fidanzato. Ma non bastava… ella stessa, come aveva visto fare, chiedeva di andare oltre, di poter bere lei pure, di sentire, di fare. Non cercò di imitare, non volle le stesse figure armoniche e danzanti, seguiva la musica ma non solo quella… si vedeva, si sentiva che seguiva più il suo istinto e le sue bramosie. Era presa da ciò che faceva e anche da ciò che faceva vedere… si capiva lontano un miglio che, ormai, il fatto di avere un pubblico tutto per lei, tutti presi dal suo lavoro, era quasi più importante di ciò che percepiva sul suo corpo, sulla sua lingua e nella sua bocca. Quando poi lui la fece girare, quando se la pose in maniera da poterla trafiggere, i suoi occhi brillavano ancora di più. Nell’attimo stesso in cui cominciò a farsi strada dentro di lei, il suo sguardo andò a cercare quello di Matteo, lo trovò, lo comprò, lo mangiò, se ne nutrì tutta, di quel suo guardarla, del suo sorriso un po’ ebete ma presente e della sua complicità. Lui vide sparire dentro quella vulva quel coso grosso, lungo, lucido… lei vide i suoi occhi attenti, che non perdevano tempo neppure a chiudersi. Matteo pensava soltanto a quanto tempo avrebbe passato nell’attesa di poterlo fare anche lui… Anna Maria pensava che sarebbe bastato poco tempo, affinché lo potesse fare anche lui! Era lì, stesa sul fianco con il ballerino dietro, la coscia alta a mostrare, a far guardare, a farsi amare da tutti; torceva la testa cercando la bocca di lui, la sua lingua ma l’occhio spesso sfuggiva al suo tavolo, orgoglioso di trovare altri occhi, tanti occhi, puntati sul suo ventre. Poi lo volle anche lei, lo chiese, lo implorò, l’accolse… fece versare il suo sperma sulla sua lingua, sul suo sorriso, sui suoi occhi. Ogni goccia, ogni stilla, ogni grammo accolti con grande entusiasmo mentre, sotto, la sua mano, furtiva, carezzava la vulva aperta, fremente. La musica non era finita, non voleva finire; strofinò la verga sul suo viso, la riprese dentro la bocca, la leccò, se ne nutrì, succhiando forte ciò che non era eruttato, tutto ciò che c’era. Lo sentiva ridimensionarsi, perdere vigore, consistenza ma lo teneva lì, lo coccolava, lo deliziava, lo mangiava.
L’applauso del pubblico fu scrosciante, lunghissimo e atteso; lei si volse, sorrise con la punta della verga che strisciava sulle sue labbra. Fece una sorta d’inchino, ringraziò ma non riusciva a stare in piedi, solo lui riuscì a tirarla su e a far posto a qualcun altro. La ballerina raccolse i suoi abiti e glieli portò dietro le quinte.
‘Sei stata fantastica, veramente, non avevo mai visto tanta passione… l’avevi già fatto? Qui non ti ho mai vista.’
‘Non l’avevo mai fatto ma mi &egrave piaciuto moltissimo, non credevo ma &egrave davvero molto bello, star lì in mezzo, tutti quegli occhi, tutta quella gente…’
‘Molto brava, davvero… se vuoi possiamo parlare con…’
‘No, grazie, per lavoro no, non lo farei… mi piace il mio. Ma per piacere, di tanto in tanto, visto che non &egrave proibito… potrei anche tornare, qualche volta.’
‘Tutte le volte che vuoi, ora vieni con me, andiamo a lavarci, altrimenti al tavolo…’
Dentro la doccia, continuò, però:
‘Come mai sei qui con quattro uomini? Una sorta di gioco?’
‘No… uno &egrave il mio datore di lavoro, gli altri tre sono suoi clienti, stranieri, lui non sa nemmeno l’inglese… mi ha portata per tradurre e io… ho tradotto!’
‘Non avete rapporti, non hai mai…?’
‘No… con lui mai, ancora mai… forse, dopo stasera, chissà…’
‘Mi piacerebbe vederti ancora, lo vuoi il mio numero di telefono?’
‘Lo voglio sì, te lo avrei chiesto, appena finita la doccia, sai…’
La baciò, la baciò dolcemente, carezzandola piano; quando l’ebbe asciugata, seduta davanti a uno specchio, si rese conto che tutta la sua acconciatura e il suo trucco erano rimasti sul palco… si sistemò quel tanto che poteva e poi, senza rivestirsi, chiese se poteva tornare al tavolo.
‘Ma… così? Non ti vesti?’
‘Mi pare di esser stata già vestita a lungo, stasera, mi vestirò quando andremo via, ora non ne ho proprio voglia…’
Aveva sempre il solito disarmante sorriso, lui la vide andar via, con gli abiti in mano e la tenda si richiuse alle sue spalle. Nella sala, passando davanti ad altri tavoli con gli abiti in mano raccolse una serie di ovazioni a cui rispose con i suoi migliori sorrisi ma il meglio lo doveva ancora vedere. Matteo, alzatosi per farla passare al suo posto, si illuminò di gioia nel vederla così; non si era rivestita, lasciava che tutti loro potessero godere di tutta la sua bellezza da vicino, stando accanto a lei.
‘Grazie, Anna Maria… non so cos’altro dirti ma grazie mi pare il minimo…’
‘Grazie a lei, io sono proprio contenta… non pensavo di poter fare certe cose ma… ma le ho trovate così eccitanti, molte grazie, davvero!’
Naturalmente, i tre stranieri erano più stupiti di Matteo, non sapevano che dire, che fare, che guardare… gli pareva imbarazzante guardare lei, che aveva appoggiato i vestiti dietro, lontano e stava lì, come se non avesse mai fatto altro in vita sua. Ma gli pareva sciocco guardare in giro mentre avevano lei lì accanto, lei che aveva fatto meglio di tutte e continuava a far meglio delle altre che si eran sempre rivestite per tornare ai loro posti. Oltretutto, alcune altre ragazze, avendo percepito tutto quell’interesse che ella diffondeva nella sala, avevano cominciato timidamente a rispogliarsi per riprendere un po’ di attenzione… chi ostentava solo il seno, chi si sfilava lo slip da sotto la gonna, chi cercava ed otteneva un bacio dal compagno ma non la sua attenzione. Anna Maria percepì tutto il loro stato d’animo percepì anche l’imbarazzo dei clienti di Matteo… decise che avrebbe travolto un’altra volta tutto il suo pubblico e, rivolgendosi agli stranieri in inglese, chiese loro qualcosa, sorridendo, senza mai smettere di guardarli negli occhi, dolcissima.
Poi si volse a Matteo e gli disse:
‘Vista la situazione, ho chiesto loro se vogliono approfittare di me, della mia nudità, se vogliono amarmi qui… loro hanno detto che non vedono l’ora ma devo chiedere il permesso a lei… me lo concede?’
Imbarazzatissimo ma contento, guardandola confuso negli occhi, travolto dalla sua apparente ingenuità:
‘Ma… sicuro, però… non dovresti… non c’&egrave bisogno, non &egrave necessario…’
‘Ma io lo faccio perché ne ho voglia, mi sono divertita moltissimo, prima…’
‘Allora… bene, non so che dire… non mi vengon le parole…’
‘Lo farò anche con lei, prometto ma… non stasera, con più calma, meglio…’
‘Anna Maria… me lo ricorderò, te lo ricorderò, vedrai… non…’
‘Non ci sarà bisogno, &egrave da tanto tempo che desidero farlo…’
Si voltò, tornò agli stranieri, si sedette direttamente sulle ginocchia del primo e si lasciò carezzare da lui come più gradiva, poi passò al secondo, guardandolo in viso lo cavalcò comoda, muovendo dolcemente il bacino seguendo la musica che suonava per qualcuno che si amava laggiù, sui cuscini del palco. Stando lì, in mezzo ai tre, era tutto più comodo; ognuno poteva tranquillamente carezzare qualcosa di lei senza strane contorsioni. Lei non faceva alcuna distinzione, distribuiva i suoi baci con grande disinvoltura e prendeva e pretendeva le carezze di tutti. Aiutò il suo compagno a spogliarsi senza riuscire a farlo denudare del tutto; lui rimase lì con i pantaloni calati oltre le ginocchia, la camicia aperta sul davanti e la verga che svettava fra le pance. Nelle sue danze, Anna Maria coinvolgeva tutto il suo corpo, strusciando i seni sul petto dell’uomo mentre gli altri due cercavano di aiutare i suoi movimenti. Prese l’affare di lui e se lo piantò davanti alle labbra del sesso poi, con movimenti lenti lo fece pian piano sparire dentro di sé, sotto lo sguardo attento degli altri due. Non le ci volle grande sforzo, colto dal grande frastuono della sera, si spense in lei in pochi attimi, baciando avidamente la lingua della ragazza; lei non se ne andò subito, però. Attese, danzò, carezzò, gustandosi tutto il suo sciogliersi e scomparire. Per il secondo si stese ella stessa sul tavolo, liberato quasi da ogni oggetto, solo la candela restò a illuminare il suo viso e il suo corpo. L’altro, il terzo, verso Matteo, in piedi, la carezzava e baciava. Anche il secondo non riuscì a durare a lungo… estrasse il suo membro e sparse se stesso sul ventre delicato della fanciulla poi si accasciò a terra, sfinito. E lei volle seguirlo, andò carponi a baciare il suo viso sudato e ansante, offrendo uno splendido spettacolo al terzo che, certo di averne carpito le intenzioni, l’afferrò per i fianchi e la trafisse, procurando una sinfonia di canti che nemmeno sul palco aveva avuto modo di lasciare uscire da se stessa. Fortunatamente, questo durò più degli altri; lei lo voleva infinito, aveva bisogno di lunghe ore d’amore, di eterni spasmi d’orgasmo, di infiniti attimi di piacere. Baciava l’uomo disteso a terra, gli cantava la sua gioia in viso, ne leccava via il sudore e il suo sorriso era sempre più lo stesso, ingenuo e disarmante. La serata era finita, si tornava a casa; controvoglia si ricompose, non volle lavarsi, non volle pettinarsi. Infilò il suo vestito, prese gli slip e li mise in borsetta, si infilò le scarpe e sorrideva un po’ meno… era stanca ma contenta. In poche ore aveva stravolto tutto il suo orizzonte ma non le mancava, quello di prima.
All’albergo salutò cordialmente gli stranieri, domani tornavano in ufficio, a firmare il contratto… un bacio languido fu il timbro che lei appose su quel foglio ancora non scritto. Un bacio a ciascuno, senza alcuna distinzione.
Matteo la portò sotto il portone, non sapeva proprio cosa dirle, non sapeva proprio che farne, sorrideva…
‘Si ricordi che mi ha promesso una cosa importante, Matteo, ci tengo, davvero.’
La mattina dopo, Anna Maria si era presentata in ufficio un po’ più elegante del solito; non come la sera prima ma aveva una gonna appena sopra al ginocchio, un paio di scarpe eleganti, le calze, una camicetta bianca e la giacca. Si mise a sbrigare le solite cose, senza pensieri, senza problemi. Matteo arrivò più tardi, sembrava impacciato, stordito. Non scambiarono quasi parola; anche lei sentiva il suo imbarazzo e non riusciva a scioglierlo. Come al solito gli sorrideva, come al solito era pronta a qualsiasi domanda, più del solito aspettava un cenno ma il cenno non veniva. Non voleva esser lei a fare mosse di cui non capiva più il senso; cercava di capire se lui si sentiva pronto ma non le pareva pronto. I tre stranieri si presentarono verso le undici e, nonostante il suo sorriso, anche loro le parvero turbati e imbarazzati, molto più imbarazzati di quando li avevano lasciati in albergo. Lei faceva di tutto per rendersi disponibile ma non sembrava potesse bastare. Ovvio, la sua presenza era necessaria per qualsiasi cosa; Matteo non capiva una sola parola, gli altri tre nemmeno ma tutto questo non garantiva lo sciogliersi del muro, tanto che la ragazza cominciò a pensare di aver esagerato, di essersi tirata addosso una situazione insostenibile, strana. Fortunatamente, la discussione cominciò a scorrere più fluida, l’accordo pareva raggiunto, qualche sorriso timido cominciava a illuminare i volti e la fragrante innocenza di Anna Maria cominciava a sciogliere il gelo. A firme fatte, contratto concluso, l’atmosfera era molto più rilassata, Matteo tirò fuori una bottiglia e brindarono all’evento abbracciandosi e baciandosi… nella confusione un bottone della camicetta della ragazza si era slacciato e il solco dei seni, nudi sotto la leggera stoffa bianca, attrasse lo sguardo di uno degli stranieri che, imbarazzato, lo drizzò negli occhi di lei. Ma lei sorrideva contenta, non chiudeva il bottone, non era scocciata… tornò il sorriso anche a lui, rituffò lo sguardo nel solco e fece una smorfia di apprezzamento. Lei non ci pensò su neppure un attimo, visto il successo di un gesto inatteso, si tolse la giacca e sciolse un altro bottone. Le era talmente piaciuto, l’essere osservata, che l’idea di poter avere ancora i loro occhi addosso… reggiseni non ne portava mai, le davano fastidio ma non era solita nemmeno lasciare i seni così nudi, in genere non li mostrava. Uno dei tre, più audace degli altri, le fece cenno di aprire lo spacco e lei non se lo fece ripetere, gettando un sorriso a Matteo, prese i lembi da dentro la gonna e li aprì liberando le tette del tutto. L’ovazione che seguì era stupore ma lei, disinvolta, spigò che, dopo quel che avevano fatto la sera prima, non aveva alcun motivo di restare vestita. Disse loro che non dovevano sentire nessun imbarazzo, che lei era molto contenta di ciò che era successo e le dispiaceva che loro sarebbero andati via quel giorno stesso. Fu come un invito, raccolto con grande entusiasmo; quello che parlava inglese le spiegò che avevano una gran voglia di lei, tutti e tre, ma che non osavano chiederle nulla. Disse che si sarebbero accontentati anche solo di vederla, di guardarla un po’… ma se si poteva sperare in qualcosa di più…
‘Magari! Non mi azzardavo a chiederlo nemmeno io ma se si potesse ripetere quel che abbiam fatto ieri sera… non sarebbe mica male!’
Uno dei tre, quello che parlava di meno, non le fece quasi finire la frase. Pareva che non capisse nemmeno l’inglese ma di quelle parole, di quei sorrisi, aveva capito tutto il senso. Allungò la mano verso il seno, lo strinse e portò la bocca di Anna Maria incollata alla sua… non ammetteva intrusioni, non contemplava nessun compagno, voleva la ragazza, senza farsi problemi. Con molta più irruenza e determinazione della sera precedente, la trascinò a sedersi sopra di lui, sul divano dell’ufficio; l’aiutò a togliere la camicia, ad alzare la gonna solo quel poco che le consentisse di stare comoda, non tanto da scoprirla. Gli altri tre, un po’ impietriti e un po’ divertiti, si godevano la scena senza muoversi. Anna Maria, evidentemente eccitata dalla foga del maschio, continuando a stare aggrappata alla sua lingua, lo aiutò a liberarsi degli abiti quasi completamente, dimenticando per un breve periodo la sua gonna che copriva ancora una buona parte delle cosce. Quando si rese conto che copriva anche la verga dello straniero, quasi con disinvoltura, cercò la zip, l’abbassò e cercò di sfilare l’indumento dalla testa. Le mani di lui intuirono l’operazione e l’aiutarono, carezzando i fianchi della ragazza. Fu lì che se ne rese conto, nel non trovare alcun lembo di stoffa sulla sua pelle… Anna Maria aveva lasciato le mutandine a casa, quasi come fosse una cosa naturale, che facesse spesso. Non aveva neppure una giarrettiera, le calze, autoreggenti, restavano la sola stoffa che avesse addosso. Anche gli altri tre si resero conto della cosa; Matteo si era distratto un attimo ma il parlottare degli altri due riportò la sua attenzione sul culo della ragazza, nudo e provocante. La vide ergersi sulle ginocchia, cercare con la mano, guidare l’asta con decisione e calarcisi sopra di peso ma lentamente, come avesse voluto assaporare l’attimo. Poi cominciò a danzare sul ventre dell’uomo con le mani di lui che le davano il ritmo, tenendola sotto le ascelle. Matteo era rapito e confuso, quasi gli dispiaceva guardarla ma non poteva farne a meno… era bellissima! Quando poi, staccate le labbra dal volto del compagno, cominciò a roteare la testa e cantare melodie d’amore, lui che le baciava e mordeva i seni, il ritmo sempre più veloce della danza, si ritrovò istintivamente la mano sulla patta a carezzare un duro coso. L’orgasmo li colse insieme, gli ultimi spasmi di Anna Maria furono così intensi che quasi ne svenne; si accasciò sull’uomo ansimando e sussurrando qualcosa, confusamente, forse in inglese, forse in italiano, non avrebbe mai più saputo neppure lei, sapeva solo che sorrideva, esausta e contenta.
Non le diedero però molto tempo per riposarsi… gli altri due, già nudi ed eccitati, la sollevarono di peso dal loro amico, un rivolo bianco di sperma le sgusciò via dalle labbra spalancate e uno dei due, con una carezza profonda, glielo sparse sul pelo del pube. Uno di loro si sdraiò a terra, sul tappeto, l’altro aiutò Anna Maria a salirci sopra, lei stessa avrebbe voluto guidare il fallo dentro di sé ma non capiva ancora troppo bene cosa stava succedendo, così fu lui a tuffarlo dentro, senza troppi preamboli. L’altro l’aiutava a prendere il ritmo, a farsi configgere fino in fondo, a prender la postura più comoda e quando fu sicuro che l’avesse trovata, senza nemmeno farglielo capire, pose la punta della sua verga contro il buco libero, forzando forzando finché non l’ebbe penetrata anche lui. Anna Maria non capiva più nulla; la sensazione, tutta nuova e tutta strana di trovarsi confitta da due membri nello stesso istante, il fatto che altri due maschi stessero lì a guardare la scena, l’allucinante immagine di Matteo che si toccava mentre la guardava, immagine che era riuscita a cogliere per un attimo, ingigantire nella mente e proiettare tutt’attorno, tutto questo trambusto di cose era già orgasmo da solo… se ne venne urlando quasi subito, scossa da fremiti e sussulti, sudata e stravolta ma… troppo presto. Gli altri due non erano arrivati abbastanza vicino, calmarono il ritmo, cullarono un po’ la ragazza ma senza smettere di scoparla in tandem. Ebbero l’accortezza di aspettare che si riprendesse almeno un po’, che tornasse in sé, che respirasse con meno affanno, che tornasse a sorridere. Poi, mentre lei diceva dolcissime cose in inglese a quello che aveva di fronte, l’altro gli traduceva le parole, visto che quello non capiva nulla.
‘Ma non capisce una parola? Mi raccomando, digli che sono anche per te le mie parole, non solo per lui, nessuno mai mi ha fatto godere così intensamente come voi due… diglielo, ti prego…’
L’uomo, ridendo divertito, tradusse, tradusse tutto ma senza smettere di possederla, poi, parlando fra di loro, cominciarono a muoversi in maniera strana. Quello che le stava dietro, estratto il membro dal corpo, aiutò la ragazza a drizzarsi, a far scivolar via anche l’altro fallo dalla sua presa poi se la trascinò addosso sdraiandosi a terra, l’altro l’aiutò a prender posizione e la trafisse prima ancora che ella avesse capito le sue intenzioni. La sua mazza era ben più grossa dell’altra e, nonostante tutto, strappò un grido quasi di dolore ad Anna Maria. Solo allora l’aiutò a farsi penetrare il sesso dal suo compagno, impartendo un ritmo incalzante, crescente, quasi bestiale. Anna Maria non parlava più, non sussurrava parole dolci, non sorrideva… solo gridava, roteava la testa e mugolava come gatta in calore. L’uomo dietro di lei l’aveva presa per un fianco e per i capelli e guidava i suoi movimenti con brutale strazio. Lui, solo lui la condusse ancora al piacere, all’orgasmo. Quel sentirsi così straziata, guidata, condotta, perduta e felice di esser tutto questo, questo la fece venire più di ogni altra cosa. E mentre veniva, un attimo lunghissimo di cui avrebbe potuto parlare per ore intere, vide chiaramente anche Matteo, nudo, davanti a lei, con la verga in mano, lo vide che stringeva forte la verga che la storpiava, che ne soffriva e che le godeva sul viso. Lo vide talmente intensamente che la sua lingua andò a cercare quello sperma immaginario, lo leccò e lo bevve, strofinando le labbra, il naso e le guance alla punta di quel fallo che non c’era, che stava quasi fermo dentro i pantaloni dell’uomo che, seduto in disparte, la mangiava con gli occhi. Ma non bastava, quasi contemporaneamente, un attimo prima che finisse di godere, sentì i fiotti dentro il suo sesso e, una frazione di secondo più tardi, anche dentro il suo culo e subito dopo, spandersi sulla sua schiena. Le ci volle quasi un quarto d’ora per potersi rialzare, le gambe tremavano e i sussulti interiori non erano ancora finiti ma loro dovevano andar via, avevano un lungo viaggio davanti ed una ragazza di cui non si sarebbero mai dimenticati da lasciare, purtroppo e troppo presto, in un ufficio, in Italia.

Quando se ne furono andati, lei ancora nuda e sconvolta, Matteo le cinse le spalle e le sussurrò delicato:
‘Sei stata stupenda, non avrei mai potuto immaginare…’
E lei, sorridendo, si volse verso di lui, lo baciò lievemente sulle labbra e se ne distaccò subito:
‘&egrave stata la più bella scopata della mia vita… peccato che mi bruci il culo!’
‘Il culo?’
‘Cazzo! Quello era talmente grosso che non ho capito come ha fatto a entrare dentro… bello però, peccato che se ne siano andati!’
‘Ma… le mutandine non le porti o… l’hai fatto apposta?’
‘Le porto, le porto… stamattina volevo farle una sorpresa, volevo vedere la sua faccia davanti alla mia micina nuda ma… lei era così burbero!’
‘Ero pieno d’imbarazzo per ieri sera ma… mi &egrave passato. Comincio a vederti con occhi diversi.’
‘Mi piace che mi guardi, il suo guardarmi mi ha sempre… eccitata. Adesso posso dirglielo con disinvoltura. Prima, mentre mi facevano godere, il suo guardarmi mi ha aiutato moltissimo, tanto che mi sono perfino immaginata che lei mi sborrasse in faccia e la cosa, mi &egrave talmente piaciuta…’
‘Sei terribile, non avrei mai pensato di te cose del genere, con quel faccino angelico, con quel sorriso infantile…’
‘Non sempre le monelle sono come ve le immaginate… la ringrazio per avermi fatto conoscere tutte queste cose in così poco tempo… anche il Priv&egrave mi &egrave talmente piaciuto che le chiederò di portarmici ancora.’
‘Io? Non &egrave meglio se ci vai col fidanzato?
‘Ci andrò anche con lui, ma mi piacerebbe tanto tornarci con lei…’
‘Non sarà ora di smettere con questo ‘lei’? Non sarebbe meglio darmi del tu?’
‘Come desideri, ogni tuo desiderio &egrave un’ordine! Io ne ho uno solo, di desiderio…’
‘Sarebbe?’
‘Quando mi scopi, signor Matteo?’

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