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Orgia

Montecarlo

By 1 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

La sala da pranzo era immensa. Appena entrati il conte fece un cenno al cameriere, un bestione alto più di me, sui sessan’anni, il quale s’avvicinò e cortesemente si fece lasciare le nostre giacche per portarle nel guardaroba. Non eravamo mai stati in una simile reggia.
– Venite con me ‘ e il conte mi prese per mano
Sapeva che non eravamo abituati ad un lusso simile e godeva della nostra meraviglia.
Camminando lentamente attraversammo due sale riccamente decorate ed ammobiliate, poi passammo nella sala da pranzo. Il tavolo era apparecchiato per quattro’
– Chi è il quarto commensale? ‘ chiese Marco sorridendo al conte e questi gli rispose che doveva arrivare la sua compagna.
Questa risposta ci sorprese, credevamo che gli piacessero solo ragazzi, pensavamo fosse gay..
Anche questa nostra idea doveva averla prevista perché senza farne parola si mise a ridere tra sé e sé:
– Venite sul balcone, guardate che spettacolo’
Sempre tenendomi per mano mi fece attraversare una elegantissima porta-finestra, attraverso il,varco lasciato da un ricchissimo tendaggio arabeggiante. Marco era sempre dietro di me.
Che spettacolo! Da quella terrazza si poteva vedere tutta Montecarlo! Il terrazzo era spazioso, circondato da un leggero muretto in pietra ; sul lato sinistro vedemmo la piscina. Era coperta: fino ad aprile- maggio non sarebbe stata utilizzabile, perciò riposava mollemente coperta da un telo verde scuro.
– Che vista incantevole ‘ mi scappò
– Vero? è davvero stupenda’ guardate laggiù, il Casinò..
L’avevamo conosciuto lì. Eravamo entrati con tutt’altra idea, puntavamo ad una vecchia lussuriosa italiana. Già una volta ci aveva ‘noleggiati’ per il fine settimana. Quel giorno, però, non ci aveva nemmeno voluto offrire da bere, un po’ perché non era giornata’ quando eravamo entrati era già sotto di 20.000 Euro’ e un po’ perché al suo fianco aveva già un ragazzino smilzo e pallido, labbra carnose e livide’ Quel bastardo doveva essere il suo nuovo gigolò’ Vaffanculo!
Avevamo fatto un giro fra i tavoli, scoraggiati’ poi eravamo finiti ad un tavolo dove in quattro puntate avevamo perso quasi tutto ciò che ci eravamo portati nel portafoglio’ Giornataccia’ ce ne sono di così al tavolo da gioco, e in quelle occasioni sarebbe meglio scappare di corsa prima di fare altri danni’ La fortuna, se non compare subito, non comparirà sicuramente neanche in seguito’ Stavamo proprio parlando di questo quando, di fianco a noi, questo elegantissimo signore s’era accostato a noi, scusandosi per aver inavvertitamente ascoltato i nostri discorsi:
– Prego, prendete pure le mie fiches’ ne ho troppe ‘ fece, sorridendo, con accento slavo ‘ e poi non mi piace quando i tavoli sono spogli.. Tenete ‘ e così dicendo ci sporse due fiches da 500 Euro, giocate
Noi due non eravamo rimasti troppo sorpresi da questa scena, ce ne sono di questi vecchi volponi nei casinò’
Ringraziammo e ci avvicinammo a lui, poi, non appena il croupier ebbe scoccato la pallina nella ruota della roulette, io mi sporsi sul tavolo verde e puntai sul Nero.
– Sul nero ‘ ripetè volgendosi a me, quando mi fui seduto ‘ ottima puntata.. Vincerà!
– Dice? E come lo sa’?
Si mise a ridere ‘ Io so un sacco di cose’
– Ah si? ‘ sorrise Marco incuriosito ‘ E ci dica’ che cos’altro sa di interessante?
– Cosa so? ‘ altra risata ‘ Questo è buffo’ vuole sapere cos’altro so? Ebbene’ so anche che sta sera voi due sarete miei ospiti a cena’
– A cena? ‘ iniziavo a intuire i suoi maneggi’ Ecco un bel porco da spennare’ Non è una donna, ma chissenefrega.. avrà anche più soldi di quell’altra megera!
– Si, a cena, su a palazzo, da me’
E le sue parole furono coperte da quelle del croupier che ad alta voce: – 22, nero, pari, passe!
Ed ecco come eravamo finiti in quella casa, anzi: in quel palazzo! Per la precisione ci eravamo arrivati con una Bentley nera, nuova fiammante’
Quell’ uomo misterioso, sui sessant’anni, era un conte, russo per la precisione, ricco da far schifo per giunta!
– Volete un bicchiere di Franciacorta? Scusate, ma lo champagne non lo digerisco’ ho però questo Franciacorta di Bellavista che non è niente male.
Accettammo cortesemente: – E va bè’ se non c’è champagne’ – scherzammo ‘ vorrà dire che chiuderemo un occhio!
Alla nostra battuta il conte si mise a ridere, poi chiamò il cameriere e ci fece portare tre cristalli e il vino. Stappò la bottiglia con le sue mani, poi ce lo versò nei bicchieri.
– Alla vostra!
– Alla sua! ‘ lo ripresi, e tintinnammo i bicchieri
Ci appoggiammo nuovamente con i gomiti alla balaustra per ammirare il panorama, lui si avvicinò e si piazzò in mezzo a noi. Inizialmente le sue mani erano appoggiate sulle nostre spalle: – Che fortunati che siete voi’ giovani’ robusti’
– Eh, è vero’ – rispose Marco ‘ però anche lei’ non mi sembra che sia proprio sfortunato’ può permettersi tutto ciò che vuole’
– Tutto?.. Si, generalmente si’ ma’ – e si volse verso di me, guardandomi negli occhi ‘ sa come ci riesco?
– No, me lo dica?
– So essere molto generoso’ con chi è disponibile con me’
A queste parole, sibilate con quell’accento russo elegantissimo, la sue mani, che già erano scese a cingerci la vita, si abbassarono fin sui nostri due fondoschiena, per strizzarceli con le sue belle dita lunghe ed affusolate.
Non avrebbe potuto essere più esplicito, ma noi avevamo già capito le sue intenzioni’ Non era il primo riccone che ci abbordava, sicuramente era però il più ricco che avessimo mai visto. C’era da farsi dei gran soldi’
Io e Marco ci fissammo: lui ci stava guardando, rapito dai nostri occhi e dalla nostra giovinezza. Si fece leggermente indietro, capimmo cosa voleva vedere. Lentamente ci avvicinammo l’un l’altro e, sempre con le sue mani sul culo, ci trovammo, io e Marco, faccia a faccia. Abbassai il viso leggermente a destra e appoggiai le mia labbra schiuse su quelle del mio amico ed incominciammo a baciarci. Andavamo giù di lingua, per fargli vedere la nostra saliva colarci sulle labbra tumide:
– Bravi ragazzi’ siete bellissimi!
Continuammo a baciarci per un po’, poi ci staccammo e ci alzammo e ci voltammo verso il nostro conte. Io appoggiato a lui con la mano sinistra, iniziai ad accarezzargli il petto con l’altra mano.
Sembrava che la cosa gli piacesse, anche se rimaneva immobile ad ammirarci, senza mutare espressione.
Si volse poi verso Marco: – Si abbassi, in ginocchio per favore’ su questo cuscino ‘ e così dicendo prese un cuscino da una delle sedie di vimini e lo posò ai nostri piedi.
Marco eseguì l’ordine e si apprestò a sbottonargli la cintura, ma inaspettatamente il vecchio lo bloccò:
– No, non è ancora ora per me’ faccia divertire un po’ il suo amico’ la prego.
Rimasi sorpreso da questa sua richiesta: eravamo di fronte ad un vecchio guardone? Preferiva solo vederci all’opera?
– Non le da fastidio, vero? ‘ mi chiese, forse intuendo la mia sorpresa
– Certo che no Signor ******, siamo qua per divertirci, no? ‘ gli risposi, e mi voltai verso di lui, appoggiandomi con il sedere alla balaustra del terrazzo.
Marco sapeva cosa fare. Mi si avvicinò, allungò le mani esperte sulla cintura e la slegò tranquillamente, poi passò al bottone, alla cerniera che scivolò verso il basso. Tutti e tre sorridevamo e ci guardavamo eccitati. Marco allora prese fra le dita l’elastico dei boxer e lo abbassò assieme ai pantaloni di una ventina di centimetri. Ecco fatto! Il mio cazzo flaccido fu esposto allo sguardo del vecchio bastardo:
– Niente male, niente male’- si limitò a ripetere ‘ Niente male’
E si avvicinò leggermente a me, con il bicchiere ancora in pugno. Allungò mollemente una mano fino ad afferrarmi il pene, una presa morbida, senza stringermelo troppo
– Niente male’ – ripeté fissandomi, iniziando a scappellarmelo, tirandomi la pelle morbida del prepuzio prima verso il basso e poi in su, stringendola, verso l’alto, scoperchiando una cappella bella carnosa’
Poi si staccò da me, poggiò la mano sulla nuca del mio amico e la spinse contro il mio pube. Andrea avvicinò le labbra, le schiuse e aprì la bocca quanto bastò per prendersi il mio pisello all’interno.
Una bocca calda,umida.. la sua lingua conosceva già il mio cazzo, e io mi ricordavo di lei. Marco è un bravissimo pompinaro, meglio di gran parte delle donne con cui son stato. Tenendosi aggrappato alle mie cosce iniziò a succhiarmelo avidamente’ un forte risucchio alternato a carezze della lingua sul glande…
Lentamente lo sentivo drizzarsi nella sua bocca, premere contro il suo palato.
Bevvi un ultima sorsata di vino e posai il bicchiere alla mia destra.
Il conte s’era seduto accanto a noi, su di un lettino da mare e ci guardava, ogni tanto mi accarezzava le cosce scoperte, io allora gli sorridevo.
Quando il mio cazzo fu completamente in tiro, chiese a Marco di fermarsi:
– Fatemi vedere’ – si alzò in piedi ‘ che bell’esemplare! (Esemplare!, pensai’ questo è fuori!)
Prese un cuscino dal lettino e lo appoggiò per terra, vicino a Marco, poi si inginocchiò pure lui.
Me lo prese nel pugno, un pugno lieve, non premuto e mi abbassò due o tre volte la pelle morbida e tesa del prepuzio’
– Le piace? ‘ chiesi
Lui non m i diede risposta, si limitò ad alzare il suo sguardo già abbastanza significativo, poi si abbassò sul mio cazzo che, coperto dalla sua testa riccia, scoprì alla mia vista. Sentii prima la sua lingua molle appoggiarsi sul mio glande, scivolarci sopra, carezzarlo’ poi la sua bocca scese ad avvolgermelo, stringendomelo ai bordi’ giù, fino a quando la mia cappella non giunse contro la sua gola, allora tornò su, sempre a labbra strette’ Era bravo, niente male anche lui! Iniziò così un pompino lento, caldo’ Marco mi guardava, senza parlare mi stava dicendo con gli occhi che ci aspettava una serata piuttosto interessante, ma soprattutto, ci aspettava una bella ricompensa’ Aveva detto che sapeva essere molto generoso, no?
Poggiai una mano fra i suoi capelli fini, ma senza premere’ non sapevo come preferisse’
Lui continuava a succhiarmelo con calma, godendosi il sapore del mio cazzo, poi si staccò e continuando a muovermi la pelle su e giù lo ‘passò’ a Marco che lo inghiottì nuovamente nella sua bocca. Il conte continuava a masturbarmi con la mano, mentre le labbra carnose di Marco mi solleticavano il bordo carnoso alla base della cappella.
Il signor ****** si avvicinò a lui e spingendo verso di se il mio cazzo fece in modo di congiungere le sue labbra a quelle del mio amico. Si baciarono languidamente, a bocca quasi aperta e incrociando le lingue insalivate sulla mia boccia violacea.
Io ero ormai allo stremo’ – Siii’ – emisi, come per avvertirli.
Il vecchio allora, capito tutto, aumentò la velocità del movimento di mano, senza staccarsi dalla bocca di Marco. Ancora un paio di secondi’ la sensazione dell’orgasmo imminente mi avvisò come una scossa proveniente dalla base dei testicoli’ ancora un attimo, solo un attimo’ il solletico s’era impadronito del mio pene, saliva lungo l’uretra’. Strinsi i pugni contro il bordo della balaustra:
– Ahhggg’ siiii’
Un bello schizzo lattiginoso colpì il groviglio delle loro lingue, poi un secondo’ il signor ******, se lo infilò in bocca per un rapido su e giù, mentre altri fiotti di sborra dovevano riempirgli la bocca’ la fece colare fuori dagli angoli staccandoselo sa sé e porgendolo a Marco che seppe quindi completare il lavoro, succhiandomi tutto ciò che ancora avevo da emettere’ Io avevo inarcato la schiena, buttato la testa all’indietro’ un bellissimo orgasmo m’aveva attraversato la spina dorsale, che liberazione! Con il fiatone tornai in me e osservai i miei due pompinari che, – Marco tenendomi ancora il cazzo in mano ‘ si stavano baciando in modo lussurioso’ la sborra un po’ sui cuscini, ancora cremosa, un po’ sui loro visi sbarbati’
Appoggiai una mano sulle spalle del signor conte, lui allora si voltò verso di me, si alzò, come anche Marco e tutti e due mi si avvicinarono e prima l’uno poi l’altro, con altrettanti baci umidi e vogliosi, mi fecero assaporare la mia sborra calda. Il suo gusto, leggermente acidulo, dalle loro lingue avviluppò la mia, impastandomi la bocca di bava che feci colare poi dalle labbra e poi giù, filante, fin sul collo’
Rimanemmo un paio di minuti a riprenderci dallo sforzo’ loro seduti sul lettino e su una sedia di vimini, io ancora appoggiato alla balaustra’ ridicolmente con il pene unto e ormai flaccido, scoperto’
– Andiamo a rinfrescarci’ – propose infine il vecchio, alzandosi
Lo seguimmo in casa, io tenendomi i pantaloni sbottonati con una mano, il cazzo ancora di fuori’ Non volevo macchiarmi di sperma i boxer!
Mentre entravamo per la porta finestra il maggiordomo che prima ci aveva preso le giacche si affacciò nel salone:
– Signor conte, è arrivata la signorina Alice’
– Le dica di venire in sala da pranzo, noi andiamo un attimo a lavarci le mani’ – lo disse ridendo.
Il maggiordomo doveva essere abituato a vedersi ragazzi mezzi nudi girare per casa, perché sembrò non accorgersi di me, ma se ne uscì come era entrato.
Noi ci recammo in bagno, un bellissimo bagno tutto marmi e dorature. C’erano due lavandini, così entrambi si dettero una sciacquata alla faccia, soprattutto alla bocca dove lo sperma s’era già essiccato. Io invece mi ero seduto sul bidet e mi apprestai a lavarmi il pene che riposava mollemente, tutto arrossato. Mentre ero li seduto il conte mi si avvicinò:
– Posso? ‘ chiese e senza che gli potessi dare risposta ‘ che evidentemente dava per scontata ‘ di sedette di fianco a me, poi si rovesciò un bel po’ di sapone nel cavo della mano e me ne cosparsi il pisello, con delicatezza tutta maschile’ lo sciacquò bene’ poi scese ad insaponarmi le palle’
Io lo guardavo beatamente, godendo di quel massaggio intimo.. lui allora, prendendo qual mio atteggiamento come un’ approvazione, si fece più audace e spinse due dita, il medio e l’indice ancora più in basso..
Sentii i suoi polpastrelli unti di sapone poggiarsi sul mio buco del culo, leggermente aperto a causa della posizione sul bidet’
Sentii un dito premere leggermente, in modo circolare.. Il conte non la smetteva di fissarmi, come per percepire ogni mio pensiero’
Contemporaneamente il suo dito affusolato, le unghie cortissime e limate, esercitò una pressione leggermente più forte e il mio sfintere, cortesemente, si schiuse per accogliere quel corpo curioso.
Mi morsi languidamente le labbra, lui sorrise:
– Non si sa mai’ magari dopo giochiamo un po” anche con lui’ meglio controllare che non ci sia sporcizia’
Ricambiai il sorriso. Bisognava ammettere che ci sapeva fare: con quel tono elegante, l’accento straniero e quella freddezza tipicamente orientale, poteva dire qualsiasi cosa senza risultare volgare o stupido.
Mentre riflettevo su tali questioni il suo dito continuava ad esplorare le mie pareti anali’ Lo sentivo scivolarmi dentro.. poi finalmente lo sfilò, lo portò alla luce e scoprendolo un poco sporco, sopra l’unghia, di un’ombra marrone, sorrise:
– Vedete’ bisogna sempre controllare a fondo’ – e sorridendo si pulì il dito con una salvietta, poi si alzò, si lavò nuovamente le mani e tutti insieme uscimmo da quella stanza.
Ora ero curioso di sapere chi fosse la sua compagna’ mi immaginavo qualche vecchia come lui; una vecchia nobildonna rotta alle perversioni del compagno e indifferente ai suoi vizi, ma mi sbagliavo.
Entrati in sala da pranzo trovammo ad aspettarci una affascinante ragazza sui venticinque anni, mora, capelli lunghi. Era vestita elegantemente: ai piedi aveva un paio di tacchi a spillo alti ma non volgari, color panna, mentre sopra indossava un favoloso vestitino nero, legato dietro il collo, che le scendeva fin all’altezza del ginocchio. Una scolatura profonda scopriva il solco fra i seni, ma non era assolutamente volgare, anzi, con quello spiraglio non faceva che risaltare la bellezza della ragazza!
Era truccata leggermente, una bella collana di perle le scompariva sotto il vestito e di perle erano anche gli orecchini, ornati d’oro rosa.
– Agnese, questi sono Marco e Luca, sono anche loro italiani
Ci presentammo. La ragazza era gentile, ma leggermente distaccata. Se la tirava un po’, ma era molto intelligente, me ne accorsi subito.
Lei era milanese, aveva 26 anni e aveva conosciuto il signor ****** in montagna, l’anno prima. Mica scema la piccola!
Ci mettemmo a tavola. Era apparecchiata molto lussuosamente e già facevano bella mostra due bottiglie di vino.
– Vino italiano! ‘ esclamò il vecchio ‘ I vini francesi non hanno corpo’
Bevemmo infatti prima un Montepulciano d’Abruzzo, perfetto per iniziare con il filetto alla brace che ci venne servito come antipasto, poi, passammo alle pappardelle alla lepre e con queste stappammo un meraviglioso Sassicaia Bolgheri che ci lasciò allegri per il resto della serata.
La ragazza mangiava e beveva come un lupo, non me l’aspettavo visto il fisico. Lui invece non toccava vino e anche il cibo non è che lo gustasse con avidità:
– Mangiate voi che siete giovani!
Finito il pranzo, dopo il dolce, bevemmo un caffè, poi il conte licenziò la servitù e noi rimanemmo soli.
Si alzò, andò verso un mobiletto in legno massiccio e da uno sportellino tirò fuori una bottiglia di whiskey invecchiato.
Ce ne servì un bicchierino a testa e li lasciò sul tavolo. Noi due eravamo ancora sulle sedie mentre la cara Agnese s’era già portata mollemente sul divano che faceva un semicerchio proprio a fianco del tavolo.
– Dai, papi, vieni a sederti ‘ miagolò rivolta al vecchio, in modo lascivo
– Agnese, fai la donna di casa’ fai sedere gli ospiti
Visibilmente scocciata ci invitò a sederci sul divano, poi il conte si sedette vicino a lei e questa le si avvinghiò addosso, abbracciandolo lateralmente.
Iniziammo a parlare di Montecarlo, del peggioramento nell’affluenza turistica, fattore che il conte detestava ma mi accorsi subito di cosa sarebbe successo di li a poco.
La gattona infatti era visibilmente senza mutande, e facendo finta di essere ubriaca, faceva di tutto per mettere in mostra la sua passera depilata. Il vecchio, sempre impassibile, continuava a parlare, mentre con una mano gliela massaggiava, scoprendocela sempre di più.
Marco ad un tratto si fece avanti ed andò ad inginocchiarsi davanti ai due. Il vecchio aveva ormai sollevato il vestitino e la ragazzina si dimenava come un ‘ anguilla. Marco allora si chinò, lei aprì le cosce e poggiando una mano fra i capelli del mio amico se lo premette contro il suo inguine, spingendolo a leccargliela avidamente.
Il signor ******, invece, sembrava non accorgersene, continuava a parlarmi: – Si, proprio così, un tempo da ste parti non c’erano che uomini eleganti, raffinati,’ come noi! Ora guardate.. ladri, puttane’ mafiosi’ uno schifo!
Io accompagnavo il suo discorso e continuavo a parlargli: sembrava che le mie parole gli piacessero, forse non mentiva nemmeno quando mi accomunava a lui fra le ‘persone eleganti e raffinate’!
La ragazza intanto s’era voltata e aveva iniziato a sbottonare i pantaloni al suo ‘papi’. Lui la lasciò fare, fino a che non ebbe sfilato dalle mutande un lungo salsicciotto moscio e pallido. Allora se la scostò, si alzò e si sfilò i pantaloni e i boxer bianchi.
– Vai dal mio amico ‘ le ordinò, e si rivolgeva a me
La ragazza eseguì, come una gatta, consapevole della sua bellezza. Mi finì fra le gambe, mi sbottonò la cintura, la cerniera.. poi abbassò i pantaloni e scoprì il mio pisello ancora arrossato’ mezzo duro, penzoloni.
– Hey, ce l’aha tutto arrossato’ – rivolta al vecchio
– Hehehe’ rise lui’ questo bel ragazzo ha già dato poco prima di cena’
– Un aperitivo’ – soggiunsi io, sorridendole sarcastico
– Ah’ bravo il mio papi! Allora che ci posso fare io’
– Succhiaglielo un po” scommetto che ne ha ancora’ non è vero Luca?
– Certo signor ******!… Con una bocca come la sua’
Lei si chinò allora sul mio pube e senza tanti preparativi se lo prese in bocca, una bocca morbida e umida. Ero ancora provato dall’orgasmo di prima, ma era così figa che il solo vedermela fra le gambe mi provocò una veloce erezione.
– Hey, questo è già in tiro! ‘ esclamò ridendo
– Anche questo’ – le fece eco lui.
Infatti, voltandomi, scoprii il mio amico Marco che, seduto a fianco del nostro anfitrione, sfoggiava un bel pennone, cui erano avvinghiate le mani vogliose del vecchio.
– Leccagli il buco del culo, dai ‘ le ordinò allora ‘ Ho in mente un giochino’ – e volgendo su di me il suo sguardo perverso mi fece l’occhiolino. Io risposi allo stesso modo, sorridendogli: vecchio porco, voleva vedermi a pecorina!
Mi spinsi all’indietro e sollevai leggermente le gambe. Ora il mio buco del culo era proprio in faccia alla ragazza. Lei non sembrava proprio convinta’ penso le facesse un po’ schifo leccare il culo ad uno sconosciuto, ma il vecchio la incalzò, severo questa volta. Lei allora mi afferrò per le cosce e appoggiò la sua lingua bollente sul mio fiore di carne. Il suo contatto mi fece rabbrividire’ era calda, appuntita. Iniziò a leccarmelo per bene, insalivandolo alla grande.
– Infilagli un dito nel culo, su’
La ragazza allora appoggiò un dito al bocciolo e premette leggermente. Il mio buco del culo si aprì facilmente e il ditino mi entrò dentro per un paio di centimetri.
– Ti piace, eh’ porco! ‘ mi sibilò lei. Che troia!
– Si, dai’ infilane due..e poi succhiami le palle
Lei eseguì, spinse un altra falange affusolata contro l’imboccatura e me la spinse dentro. Iniziò a muoverle su e giù, in modo da far scomparire al più presto quella sensazione di bruciore e dilatare il canale per la successiva penetrazione’
Era molto abile nei movimenti, e notai che aveva tutte le unghie cortissime. Doveva essere abituata a certe pratiche con gli ospiti del compagno o con il conte direttamente.
Fatto sta che mi trovavo con le mani di questa puttanona nel culo e lei mi stava succhiando i coglioni depilati. Mmmmm’ molto piacevole, molto! Era davvero brava’ la sua lingua sulla mia pelle raggrinzita’ la sua bocca capiente che un po” uno, po” l’altro si inghiottiva le mie palle’ il mio cazzo non poteva essere più duro!
– Dai, venga qua Luca’ il suo amico freme di fronte a certe meravigliose immagini!
La ragazza sorrise e mi lasciò libero. Mi alzai; Marco era seduto a fianco del vecchio. Mi avvicinai a loro, mi inginocchiai a diedi una rapida succhiata a quel cazzo che stava per sfondarmi. Era duro, non eccessivamente lungo, ma piuttosto tozzo’ perciò lo inumidii bene, il più possibile’
Il conte capì le mie intenzioni:
– Agnese, prendi l’olio
La ragazza, da un cassetto a lato del comodino prese un barattolo e lo passò al vecchio. Questi si rivolse a me:
– Guardi, è una pomata favolosa: è unta da morire, vedrete’
E facendomi da parte coprì di quella crema il cazzo di Marco, facendogli scivolare la mano in su e in giù finche tutta l’asta si fu lubrificata.
– Anche lei, Pietro, si chini un attimo
Mi appoggiai allo schienale di una sedia e divaricai le gambe, lasciandogli il culo in bella mostra. Il conte si avvicinò, si inginocchiò e con il palmo della mano mi riscoprì il buco del culo di quella porcheria. Era fresca’ lui la spingeva all’interno con il medio, che mi penetrò più volte per tutta la sua lunghezza.. poi se ne uscì definitivamente’
– Ecco fatto ‘ e mi licenziò con una pacca forte sulle chiappe
Io sorrisi al vecchio e mi apprestai a farmi impalare. Mi posizionai in piedi sul divano, a gambe larghe sopra Marco, poi mi chinai all’indietro, poggiai le mani sul suo petto e scesi in braccio a lui:
– Dagli una mano Agnese’
La ragazza si chinò di fronte a noi, afferrò il cazzo in tiro e me lo puntò contro il buco del culo. Era già scappellato, sentii la cappella lucida e fresca puntare contro di me. La ragazza lo teneva su, allora io mi lasciai scendere’ Piano’ piano’ la cappella si fece largo, lentamente’ poi l’anello dello sfintere si lasciò andare e di colpo l’inghiottì per un paio di centimetri, fino a stringersi subito dopo attorno a quel palo di carne.
Mi fermai: era bello grosso, bruciava parecchio. Lasciai allora che il mio ano si abituasse, mentre il vecchio mi si era avvicinato e con la mano mi maneggiava i coglioni molli e pendenti. Quando mi fui abituato a quel corpo nelle mie budella ricominciai a scendere’ ancora per un cinque centimetri, poi mi fermai nuovamente’ Mi era dentro e lo sentivo gonfiarsi ritmicamente al ritmo del suo battito cardiaco.
Il buco del culo mi bruciava da morire e sentivo il canale scoppiarmi tanta era la pressione di quel salsicciotto che mi impalava.
Per superare quella fase dolorosa inizia a muovermi su e giù’ lentamente, poi, sempre più forte. Pian piano questo movimento fungeva da anestetizzante e il dolore fu superato lasciando il posto a un semplice bruciore.
– Bravi, bravi’ siete bellissimi’ vero Agnese?
– Si ‘ rispose lei e si chinò fra le nostre gambe
Il mio cazzo, nel momento della penetrazione s’era leggermente afflosciato. Lei lo prese fra le mani e iniziò a masturbarmi con foga.
Il conte, intanto, si masturbava quel pisello lungo e sottile’ Era bianco come il latte, ma la cappella era quasi rossa’ Ci guardava e si segava.
Io intanto continuavo a cavalcare quel cazzo enorme. Quando mi faceva male mi fermavo. La ragazza, che capiva alla lettera ogni cosa, allora sfilava quel bestione dal mio sfintere e se lo infilava in bocca, fregandosene della sporcizia che poteva ricoprirlo dopo quel lavoraccio; poi, quando mi vedeva nuovamente pronto, lo puntava contro il mio fiore slabbrato e mi ci impalavo da capo.
Andammo avanti in quel modo per un buon dieci minuti: Marco è un gran stallone, è davvero imbattibile come resistenza.
Ad un tratto, però, la scena dovette stancare il vecchio, perché ci chiese di smontare. Lui si sedette sul tavolo, poi si rivolse alla panterona:
– Agnese, mettiti a pecorina, fra le mie gambe
Lei s’appoggiò con le mani al tavolo e iniziò a spampinarlo. Il vecchio sembrava eccitato, ma il suo cazzo non era ancora del tutto in tiro. Fece un cenno a noi due e noi eseguimmo.
Mi avvicinai a quella cavalla di Agnese, le feci appoggiare un piede su una sedia e così posizionata iniziai a massaggiarle la figa. Inaspettatamente, nonostante tutta quell’esibizione, era asciuttissima, così mi sputai sulla mano e gliela massaggiai un po’. Quando fu pronta avvicinai la cappella alla sua guaina carnosa, depilata, e gliela feci scivolare dentro. Era caldissima! Mmmmm’ Iniziai a scoparla velocemente, così che i suoi seni sbattessero avanti e indietro di fronte al vecchio. Lui sembrava approvare e ripeteva: – Si’ così’ si’ bravi’
Marco, infine, si accostò nuovamente al mio fondoschiena. Era ancora unto; sentii la sua boccia appoggiarsi al buchino, le sue mani prendermi per i fianchi’ una leggera pressione e’ nuovamente inghiottito. Nella mia carne calda e sbattuta. Questa volta non sentii quasi dolore all’entrata’ solo un bruciore che andava affievolendosi. Ma il dolore iniziava a sentirsi in profondità.
I colpi di Marco mi squassavano tanto erano decisi’ quasi non sentivo il mio pene che continuava ‘ per quanto possibile ‘ a fare avanti e indietro nel corpo di quella ninfa.
– Voltati ora ‘ le ordinò ‘ succhiaglielo!
Lei, quasi un automa, sollevò il capo, con la mano si sfilò il mio cazzo non più durissimo dalla fessura e voltandosi verso di me, si inginocchiò, iniziando a masturbarmi, per farmelo tornare di marmo.
Con lei fra le cosce, il signor ****** allungò una mano verso le mie spalle e me le spinse verso di se. Io mi chinai appoggiandomi al tavolo e chinai la testa fin sul suo pisello. Allungai la lingua ad avvolgergli la cappella. Era umida della saliva di Agnese. Me la strinsi fra le labbra e iniziai a spampinarlo. Marco, per evitare che glielo staccassi con un morso aveva rallentato i colpi.
– Agnese, dimmi cosa vedi ‘ i suoi erano sempre ordini, che la giovane troietta eseguiva senza fiatare.
– Vedo le sue palle sbattere ad ogni colpo che si becca nel culo’
– Siii.. continua..
– Vedo’ il cazzo dell’altro’ è enorme’ che gli entra e gli esce dal culo
– Sfilaglielo dal culo’ succhiaglielo un po’, dai!
Sentii la mano della giovane sfilarmi quel palo dal culo, poi la sua testa posizionarsi proprio sotto le mie palle’ solleticarmele con i lunghi capelli’ Poi dovette infilarselo in bocca, perché, anche se non la vedevo, sentivo il suono della sua bocca, lo sciacquettio della sua saliva su quel cazzone.
– Dimmelo, è grosso?
– Si’ – rispose la micia
– Di cosa sa?
– Sa di’ del suo buco del culo!
– Brava troia’ – e poi a me ‘ continua, succhiamelo, si’
La ragazza dovette sfilarselo di bocca perché me lo sentii nuovamente puntare contro il mio buco del culo.
Lo trattenne con la mano mentre mi scorreva dentro, poi si riprese in mano il mio povero cazzo e ricominciò a succhiarmelo.
D’un tratto Marco iniziò a gemere’ i suoi colpi si fecero robusti, dolorosi, ma sapevo che stava per finire, quindi cercai di stare il più rilassato possibile’
Infine un suo urlo, poi un colpo , un altro’ Sentii anche il suo getto di sborra schizzarmi nelle budella, caldo, scivoloso’ poi i suoi colpi rallentare’ Infine fermarsi e accasciarsi con il suo petto sudato sulla mia schiena.
Il vecchio dovette eccitarsi molto di fronte a questa scena, perché lo sentii scuotersi, premermi la testa per inghiottire tutto il suo cazzo.
Stava venendo’ gemendo e pronunciando parole incomprensibili raggiunse l’orgasmo nella mia bocca. Una sborrata densa, cremosa, che invece di schizzare, fuoriuscì da quel pisello e mi impastò la bocca, la lingua’ Era una sborra forte, acida’ la lasciai colare tutta ai lati delle labbra, mentre continuavo a fare su e giù. Questa, mischiata alla mia saliva impiastrò i suoi peli pubici e gli colò tutta sulle palle.
Ormai non ce la facevo proprio più: la bocca piena di sborra, il culo sfondato e pieno di un bel cazzo moscio’ la sua sborra che mi colava dal culo lungo le cosce’
Il conte, una volta venuto, s’era coricato all’indietro sul tavolo’ spossato.
– Agnese’ – sospirò con il fiato rotto ‘ voglio che gli togli quel cazzo dal culo’ e che gli succhi dal culo lo sperma’
La ragazza mi liberò dal suo pompino infinito’ sgusciò fuori dalle mie gambe e mi venne dietro. Lentamente fece scivolare fuori il pene flaccido di Marco, sentii la sborra colarmi fuori dal culo, fresca..
Agnese fu rapida, mi piazzò le sue labbra calde al buco e aspirò tutta quella brodaglia, poi si alzò e andò dal suo bel conte. Con la bocca piena di sta crema si avvicinò alle sue labbra e baciandolo gli svuotò quel contenuto sulla lingua. Il conte sospirò’ soddisfatto. Era proprio un vecchio porco! E la sua Agnese doveva essere ormai abituata alle sue strane voglie.
Eravamo tutti spossati. Ci andammo a coricare sul divano, completamente nudi, Agnese eil conte da una parte, io e Marco su altri due divani.
Io ero l’unico a non esser venuto, ma quella faticata m’aveva tolto ogni forza. Il mio buco del culo mi bruciava un poco, avrei voluto andare a darmi una rinfrescata, ma ero così stanco che nemmeno mi rimaneva più la forza di alzarmi’ Mi coricai come gli altri su un divano e chiusi gli occhi, ancora tutto inzaccherato della loro sborra, poi mi addormentai’
Ma quella notte era ancora lunga’ non sarebbe finita li’

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