Discinta, sveli il leggero, ondulato vello
che ombreggia timidamente il pube, libere
le anche, gonfie le biglie e attizzato il nerbo.
In eretistica tensione s’erge, allora, il mio simile, duro
martello; pestando e ripestando nel mortaio sulla tua pelle
giunge al cruciale bivio e: “Sto venendo, Tesoro…!”,dichiara.
Di rimando, Tu l’incalzi, in affanno: “Contieniti, Amore mio,
ma non t’arresta che ho voglia ancora di te, tanta…!”, mentre,
infame, un dito sprofondi all’interno del mio “decoro”;
il riservato, vorace ingresso, pronto, stringe la sonda
del piacere. Procace, anche tu accenni a liberare il provocante
accesso al diverso piacere e offri, parimenti, le rotondità nude.
In piedi l’attrezzo, in monolitica erezione, s’accinge
all’accesso, accolto dall’elastico tessuto che, prono,
si dilata; al prensile occhiello non sfugge e l’atteso
ospite agguanta. M’avvolge il tenero velluto, mi fa suo,
mi comanda nell’intimo tocco che l’animo turba e i sensi
sconvolge; accelerano i battiti del cuore segnano, indomiti,
la tua partecipe presenza alla delicata tua “missione”.
Mentre il corpo si sfrena e dimena, eccitato, in sudore
mi sciolgo, tremando, con fiammate furenti, in cerca di godere.
La mano, intanto, corre al tuo soccorso e, rapida, la cuspide
dell’acuta asta controlla; nel folle moto asseconda, veloce,
senza distinguere a chi appartenga, e di continuo mena e rimena;
sull’asta, la turgida bandiera all’estasi estrema, sicura, conduce.
Mentre l’impugna, con l’inganno, subdola, all’orgasmo segretamente
mira; rapido s’innesta la monade iperreale, infinitesimamente grande.
Tenace, invade le fonde cavità, segue la via che, aperta,
le si spiana davanti e dona, al suo passaggio, quel gorgogliante
brivido di sofferto piacere che permette, lento, di raggiungere
l’agognato spasso. La tortuosa via della cavità dorsale
si dilata; intanto, sfrega e segna le pareti, con lumacosa
bava, la liquorosa scia dell’organo sovrano che comanda la coppia.
Il ricevente avverte l’atteso assalto e a pie’ fermo l’attende,
soffre lo sforzo che l’innesta; le budella dilata, cercando
di vincere la ritrosia involuta che, schiva, frena.
Ecco, d’un balzo rotto l’indugio, scivola via, veloce si proietta
in avanti; ara la carne il ruvido randello innervato di sangue.
E tu, mia piccola odalisca, mia schiava, ti dai alla danza;
muovi le anche e, in un sussulto, godi, stringendo e dilatando
le intime aderenze col duro attrezzo che ti perfora il plesso,
erotismo puro che, come onda del mare ti sovrasta e nell’alterno
moto ti sconquassa. Duro è il gioco e più ti assale e più non ti
ritrai, cedi alle voglie sue come alle tue, concordemente uguali.
Così, Tesoro, andiamo in affannoso coro stringiamo le nostre essenze
prive di ogni freno e scateniamo la nostra potenza. Tu sei mio ed io
son tuo. Così saniamo le nostre mancanze, così riempiamo i nostri vuoti
così riconosciamo il reciproco sentimento che uno in due si chiamò Amore.
Sono Bollentispiriti, scrivimi il tuo parere su ukeberly1@yahoo.it
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