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Racconti Gay

LO STUPRO DI LAILA

By 18 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Dopo quella sera (Vedi DALLA PADELLA ALLA BRACE – Capitolo 5: L’amico di Amid), ho continuato la mia doppia vita. Sia ben inteso: non nel senso di vite separate – svesti una e indossi l’altra ‘ quanto piuttosto come due vite che mi accompagnavano contemporaneamente senza soluzione di continuità. Fino al sabato pomeriggio tutto era celato sotto panni maschili. Nel momento in cui i miei andavano a teatro, invece, scendevo da Amid per trasformarmi in Laila. E non era raro il caso in cui ad attendermi ci fosse pure Kaled.
Nel frattempo, le voci sull’esistenza di una travestita bianca cominciarono a circolare con insistenza tra gli immigrati e sempre più ragazzi della comunità maghrebina e senegalese cercarono di scoprire qualcosa sulla veridicità di quei racconti.
Fu in questo contesto che maturò il tradimento di Kaled. Da sempre una delle sue fantasie era quella di vedermi prendere da più uomini insieme. E la mia ingenuità gli diede quella opportunità. Quella che segue &egrave la cronaca dell’inganno perpetrato ai miei danni e lo stupro che ne conseguì’

Si avvicinava l’estate che, come sempre, segnava un lungo periodo da trascorrere in campagna, nella villetta che la mia famiglia condivideva con quella degli zii. Un paio di giorni prima che partissi, Kaled mi invitò a fare una scampagnata. Sapeva che a casa non c’era nessuno ad attendermi, perché i miei si erano già avviati.
Quindi, mi avrebbe potuto fare qualsiasi cosa senza che nessuno avesse potuto contrastare ciò che aveva in mente.

Così, quella mattina ci incamminammo tra i boschi, allontanandoci dalla civiltà fino a raggiungere una stradina sterrata che arrivava sulle sponde del fiume e da lì costeggiava la riva per diversi chilometri. Era un giorno infrasettimanale e non avremmo trovato né famiglie né i gitanti della domenica. Proseguimmo su un sentiero secondario e dopo una ventina di minuti giungemmo nei pressi di una vecchia cascina abbandonata. Personalmente, non sapevo neppure dell’esistenza di quel posto. Il cascinale appariva abbandonato, con le finestre rotte e il tetto malconcio. Tutto intorno erano cresciute sterpaglie e piante rampicanti. Costeggiammo i muri della casa e girato l’angolo mi fermai, sorpreso. Davanti alla porta d’ingresso c’erano alcuni motorini. Ma la cosa che più mi preoccupò fu la presenza dei loro proprietari: quattro ragazzi extracomunitari, tutti piuttosto giovani (18/20 anni), seduti su alcune seggiole da giardino che parlavano fra loro bevendo birra.
In quel momento sulla porta di casa si affacciò un uomo, anch’egli di colore, e più vecchio degli altri (circa 30 anni). Si scambiarono alcune parole nella loro lingua e tutti gli sguardi furono per me che stavo impalato davanti a loro.
Ebbi paura; non sapevo se scappare o continuare e far finta di nulla. Erano arabi e senegalesi, molto probabilmente clandestini: gente abituata ad una vita senza certezze, pronti a sfruttare ogni occasione si presentasse loro senza pensare alle conseguenze.

Ad un tratto Kaled mi fu addosso. Con una mano mi premeva sulla bocca, mozzandomi il respiro. Mi mancava il fiato, non riuscivo a gridare. Cercavo di inspirare con forza un po’ d’aria nei polmoni; le tempie mi ronzavano e temetti di svenire da un momento all’altro. Tentai con la forza della disperazione di liberarmi da quella morsa d’acciaio, ma avvicinò subito l’altra mano armata di coltello, sussurrandomi all’orecchio mentre sentivo la fredda lama sulla carotide: ‘E’ inutile che ti agiti ‘ sta ferma e zitta, altrimenti ti taglio la gola’ – ringhiò il mio assalitore.
Immediatamente mi immobilizzai.
‘Ora vediamo di spiegarci’ ‘ – esordì in tono minaccioso – ‘Ti consiglio di fare quello che diciamo senza discutere e non ti accadrà nulla’ &egrave tutto chiaro Laila?!!’.
Rabbrividii, in preda a sudori freddi. Le conseguenze che derivavano dal sentirsi chiamare con il mio nome femminile mi vorticavano nella testa.
Annuii.
‘Hai visto Said che bel bocconcino!!’ ‘ disse poi rivolgendosi al più vecchio del gruppo; quello che presumibilmente doveva essere il capo.
‘Poich&egrave dobbiamo passare un po’ di tempo assieme’ tanto vale divertirci un pò’ che ne dite ragazzi!!?’ ‘ aggiunse Kaled mentre si denudava.
I restanti extracomjunitari esplosero in risate, schiamazzi volgari e grida di gioia. I membri già eretti che fuoriuscivano dai pantaloni, finalmente slacciati. Le dimensioni erano tutt’altro che usuali. Tutti molto lunghi e ben dotati, ma uno in particolare era impressionante, quello del più giovane: un manganello largo e scappellatissimo, con una enorme glande e due grosse palle pendenti.
Quindi, propose di non perdere altro tempo: ‘Bene, allora direi che possiamo iniziare”.
Gli altri uomini non se lo fecero ripetere due volte e si fecero attorno, spogliandomi completamente: il mio corpo candido contrastava con il gruppo di maschi dalla pelle scura che mi accerchiava. Cominciai a sentire le mani degli uomini tra le cosce e sul culo.

‘Aspettate un attimo’ ‘ strepitò a quel punto il capo ‘ ‘Forse sarebbe il caso che le facessimo mettere addosso qualcosina di carino’. Poi andò in un’altra stanza e lo sentimmo rovistare in uno armadio. Tornò poco dopo portando con se alcuni indumenti femminili: un perizoma di pizzo nero, autoreggenti a rete con la balza alta ricamata e reggicalze in tinta con i ridottissimi slip. A completare l’opera, un paio di stivali alti con i tacchi a spillo.
L’uomo gettò sul letto quegli indumenti.
‘Indossali per noi!!’ – sembrò quasi pregarmi.
Tremante, cominciai ad indossare la biancheria che mi veniva offerta.
Nonostante la situazione mi sentivo stranamente eccitato.

Erano ormai tutti nudi e si segavano lentamente nell’attesa che iniziassero a violentarmi.
Dal canto mio, non potevo staccare gli occhi dalla dotazione del più piccolo del gruppo (un senegalese dalla pelle nerissima).
Kaled se ne accorse e l’ho invitò ad approfittarne: ‘Yousuf’ la troietta bianca non toglie gli occhi dal tuo cazzo’ faglielo assaggiare’ E’ tutta tua!!’.
Allora il ragazzino si avvicinò con un sorrisetto soddisfatto, compiaciuto della mia apparente disponibilità.
Mentre si toccava oscenamente il suo randello nodoso disse: ‘Laila, ti va di succhiarmelo?’ – ribadendo, se ancora ce ne fosse bisogno, quale fosse il mio ruolo e quale il loro.
Rimasi muto mentre la pressione della sua mano sua testa mi costrinse ad accucciarmi. Meccanicamente, sentendomi trasportato da una volontà inspiegabile come una preda destinata al sacrificio, mi inginocchiai ritrovandomi davanti alle labbra un grosso cazzo, turgido e scappellato. Se lo segava lentamente, godendo di ogni movimento della mano.
‘Brava. Ora fammi vedere cosa sai fare” – mi incitò Yousuf.
Benché mi tenesse la testa per i capelli, sovrastandomi, non ci fu bisogno di forzature. Esitai appena un attimo, poi quasi automaticamente aprii la bocca per accogliere la grossa cappella violacea, cominciando a lavorarla con impegno.
In piedi davanti a me, Yousuf mi trattava come una verginella da educare, suggerendomi come comportarmi: ‘Mettilo in bocca, succhia e vai su e giù’.
Lì per lì ero titubante, così presi a dare dei colpetti con la punta delle lingua, ma poi cominciai a leccare con più gusto sforzandomi di ingoiarlo finché non riuscii a farlo entrare tutto fino in gola.
‘Mmmmh’ che bocca’ siii’ puttanella, succhia bene, così’cosììììì!!’.
Non me lo feci ripetere due volte. Anzi, con colpi secchi e rapidi alternati a lenti passaggi con la lingua, mi comportai come la più esperta delle pompinare.
‘Cazzo!!….questo frocetto &egrave meglio di una vera donna Ci sa fare’..che tocco ragazzi’ Gwende, guarda che roba!!’ ‘ disse rivolgendosi a un altro della compagnia, un marocchino dal fisico muscoloso e brunito.

Vidi l’uomo avvicinarsi, guardandomi pure con una certa ammirazione succhiare l’enorme cazzo di Yousuf. Abbassai lo sguardo e vidi il membro di Gwende che vibrava ad angolo retto, svettando poderoso dal suo inguine e puntare in direzione delle mie labbra. Aprii la bocca accogliendone all’interno la grossa cappella, mentre con le mani cominciai a segarlo. Mi diedi da fare a succhiare il cazzo di Gwende, cercando di ingoiarne il più possibile per poi sfilarmelo di bocca ed andare a leccare le palle gonfie.
A queste parole mi dedicai anche agli altri che premevano per essere succhiati e ben presto mi ritrovai ad aver succhiato a turno tutti e sei gli extracomunitari.
Fu il più anziano di tutti che ruppe l’incantesimo, ordinando di portarmi dentro la cascina. I ragazzi mi sollevarono di peso, caricandomi in spalla come un sacco di patate. Oramai ero come in trance; il mio unico pensiero erano tutti quei cazzi che tra poco mi avrebbero chiavato a dovere.
L’interno della cascina era costituito da diversi ambienti, tutti in uno stato precario. C’erano materassi un po’ dovunque, sedie e cose vecchie; mi portarono nell’ultima stanza dove c’era un grande materasso e intorno una pila di giornali pornografici. Era lì che andavano spesso a masturbarsi in mancanza di una femmina.

Venni gettato sul materasso a pancia in su.
‘Bambolina’ – ghignò Said – ‘E’ arrivato il momento di montarti”.
Quelle parole mi suonarono come una torbida promessa alla quale non mi sarei potuto sottrarre.
‘Allora’ troia’ – aggiunse – ‘Sei stata ubbidiente, dunque ti facciamo un regalo… scegli tu come farti sbattere…’.
Mi sforzai di fare in modo che un sorriso sensuale apparisse sul mio viso.
Cominciai a guardarli uno per uno: ‘A pecora… ‘ – sussurrai – ‘Scopatemi da dietro…’.
E così dicendo, senza bisogno di essere ancora afferrato, mi girai istintivamente a quattro zampe, sporgendomi indietro per offrire il culetto, incorniciato dal perizoma.
Il capo si inginocchiò dietro di me. Mi abbassò le mutandine a mezza gamba, divaricandomi poi le natiche e scrutando avidamente nel solco scuro. Iniziò a passare un dito all’interno delle cosce, carezzandomi il buchino. Quindi, prese a sculacciarmi con violenza, godendo di quelle natiche che diventavano rosse a ogni schiaffo.
Mi sentivo aperto e oscenamente esposto agli sguardi lubrici che mi frugavano avidamente. Contemporaneamente, però, sentivo il desiderio crescere senza sosta.
‘Guarda che bel buchino’ scommetto che qualcuno ci ha già messo il cazzo!!’ – disse rivolto agli altri, mentre lubrificava con la saliva le dita per passare a sditalinarmi.
‘Mmmmmhh’ ma questo non sembra un sederino vergine’ mi sa che l’hai già preso qui dentro vero?!!’.
Non risposi, ma il mio silenzio fu sicuramente più efficace di qualsiasi parola.
‘Adesso stai tranquilla, tesoruccio’ anche se l’hai già fatto, vedrai che sarà bellissimo!!!’ – esclamò Said, appoggiando la cappella sulla soglia dello sfintere. Poi, l’uomo cominciò a spingere lentamente ma con una pressione costante; mi sentii dilatare dolorosamente.
‘Aaaah’ ti prego, fai piano’ piano’ così’ mmmhhh’ non farmi male”.mmmh” ‘ gemevo, senza però sottrarmi alla penetrazione. Anzi, con le mani mi allargavo le chiappe per favorirla.
L’uomo grugnì di soddisfazione: ‘Cazzo come sei stretta!!!’ ‘ spingendomelo poi dentro con un movimento deciso. Avvertii di nuovo un dolore bruciante, come se la lama di un coltello incandescente mi stesse rovistando le viscere, mentre il grosso glande si faceva strada.
Una volta superato l’ostacolo del muscolo sfinterico il cazzo scivolò più facilmente nell’ano. Cominciò a scoparmi con lunghi e profondi affondi, che mi facevano sentire completamente aperto e pieno. Le sue mani si artigliavano ai fianchi, che usava come appiglio per assestare meglio i colpi.
‘Scivola che &egrave un piacere’ meglio della figa’ prendilo tutto’ dai porca, dillo che ti piace nel culo’ dillo!!’.
‘Aaaaahh’ siiii’ inculami’ siii’godo’ godooooo!!’ ‘ gemevo, assecondando i suoi movimenti con il bacino; il culo sodo e tondo che sobbalzava sotto i suoi colpi.
Godevo da impazzire, ansimavo e lo incitavo a non smettere; più a fondo mi inculava, più mi sentivo vicino all’estasi. Ormai il dolore era solo il contorno di un piacere devastante.
Con un gemito di liberazione, alla fine Said venne, scaricandomi dentro una lunga colata di sborra calda.

Pochi attimi dopo, lo tirò fuori di colpo.
Non ebbi neanche il tempo di provare vergogna e senso di colpa per quello che ero stato costretto a fare, che un paio di mani nodose mi afferrarono per la vita, cercando di tenermi fermo. Era Kaled che reclamava la sua parte di bottino’
‘E’ il mio turno, Laila’ anche se già mi conosci, farai bene a rilassarti’ lo sai quanto ce l’ho grosso” – mormorò l’arabo, digrignando i denti, mentre faceva strada con la cappella un tra i globi delle natiche. Continuò a spingere con costanza, slabbrando definitivamente i muscoli anali.
Tutt’attorno, gli occhi degli extracomunitari seguivano con avidità animalesca lo spettacolo di quell’inculata, commentando eccitati ad ogni spinta:
– ‘Che cagna in calore’;
– ‘Ce la stiamo proprio spassando con la puttanella bianca”;
– ‘Bravo Kaled’ aprila in due questa zoccola’ sfondala!!!’.
Gemevo, incurante degli insulti, ed offrivo lo spettacolo del mio culo sodo muoversi sensuale contro il cazzo, mentre accompagnavo i movimenti della scopata portando il bacino all’indietro.
L’uomo, in preda a un’estasi oscena, stantuffava instancabile. Mi artigliò le spalle e prese a darmi furiosamente gli ultimi colpi, finch&egrave, dopo un ultimo terrificante affondo, grugnì forte di soddisfazione e sentii ancora una volta il denso flusso del seme maschile zampillare nel mio intestino.

Una piacevole sensazione di caldo pervase il mio corpo. Poi il piacere mi infiammò il cervello e bianchi fuochi di artificio si accesero dietro le palpebre serrate. Vidi tutti i colori dell’arcobaleno turbinare impazziti nella mia testa. Non riuscivo ancora a credere alle sensazioni che stavo provando: mi sentivo sazio e appagato.

Kaled alla fine si abbatt&egrave stremato sul mio corpo oscenamente violato.
Eppure le mie sventure non erano ancora finite. A turno, fui violentato dagli altri quattro. Ad uno ad uno si svuotarono dentro di me, fra l’eccitazione e l’ilarità generale; nel momento in cui uno sborrava, c’era sempre un altro pronto a sostituirlo.
Ero diventato la loro bambola gonfiabile con cui giocare a piacimento.
Solo quando anche l’ultimo extracomunitario riversò dentro l’orifizio anale un’altra sequenza di fiotti densi e bollenti, mi resi conto di quanto mi avessero riempito. Ero completamente spossato dal dolore mischiato al piacere; così mi accasciai su un fianco. Rimasi a lungo in quella posizione, senza avere il coraggio di muovermi. Alla fine ritrovai le forze e mi alzai.
Prima di andarmene, Kaled disse a voce alta: ‘Fai buone vacanze Laila’ ci vediamo quando torni!!!’.
Rimasi per un attimo turbato, ma uscii e andai verso casa.

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