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Racconti Gay

L’unico rimedio

By 7 Luglio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

La giornata era stata davvero massacrante. Ero stato tutto il pomeriggio dietro al direttore vendite di un nostro grosso fornitore, che s’era portato dietro la sua assistente commerciale’più una ragazza immagine che una professionista, a dire il vero. Bionda, alta e slanciata, aveva un’aria sicura di sé, molto provocante’ insomma, una che sapeva e si sapeva vendere bene. C’avevo fatto sopra svariati pensierini, che si intensificavano e parevano concretizzarsi ad ogni suo ammiccamento. Ma, nonostante gli insistenti inviti del mio capo, non erano voluti restare per cena e, a fine giornata, avevano ripreso la via di casa fieri del loro lavoro. Si sa, noi maschietti siamo assi nel farci film carichi di erotismo e passione quando ci troviamo a trattare con una puledrina armata di cotanti spigliatezza e savoir faire, ma appena vediamo il castello in aria crollare con così tanta semplicità non ci resta che trovare valide alternative per scaricare lo stato di eccitazione che abbiamo accumulato.

Quando la biondina uscì dalla nostra meeting room, carico com’ero, pensai subito a Flavia. Era un mesetto che la frequentavo. Eravamo ancora in quella fase ‘tanto sesso e poche chiacchiere’, indubbiamente la più divertente di una relazione. Respirai profondamente, chiusi gli occhi e pensai ai pompini che ultimamente deliziavano i nostri incontri, al sesso continuativo, alle chiappette che si tendevano al suo piegarsi in avanti a novanta gradi, alla sua vagina che, inebriante, profumava di qualcosa di selvaggio e primordiale. Ebbi una subitanea erezione. Si, sarei passato a trovarla: solo lei poteva ammansire i miei istinti e soddisfare le voglie che quella venditrice aveva instillato nelle mie viscere.

Mi fermai a prendere qualche bottiglia di rosso e mi diressi da Flavia.

Mi fece salire e mi accolse, stranamente, già in pigiama. Di solito amava farsi trovare un po’ in tiro per stuzzicare la mia fantasia, quasi per offrirmi un aperitivo cerebrale al più concreto ed energico pasto carnale. ‘Ehi Flavia, buonasera’ho portato del vino!’ ‘Si’e cosa pensi di fare?!’ Rispose acida e stizzita ‘vuoi annebbiarti la vista e nascondere i miei gonfiori?!’ Rimasi in spiazzato silenzio. ‘Si ‘ continuò aggressiva ‘ ho le mestruazioni, sono gonfia e stanca’e mi fanno male tutte le ossa!’ ‘Ah, ok ‘ risposi timidamente ‘ volevo solo cenare insieme!’ ‘Eccerto ‘ tornò alla carica ‘ sono troppo brutta per scopare!!’ Stanco com’ero non riuscii a smorzare la palla: ‘Che cavolo, voi femmine siete intrattabili col ciclo!’ ‘Stai dicendo che sono come tutte le altre?!’ e continuammo una stizzosa conversazione, forse il nostro primo litigio, ma capendo che erano i suoi ormoni impazziti a suggerirle le battute decisi di salutarla freddo e di tirarmi dietro la porta.

Scesi le scale incavolato e nervoso: quel carico tirato sopra al mio stato di insoddisfazione erotica fu come un pugno allo stomaco. Salii in macchina e respirai, accesi la radio e chiusi gli occhi: per casi come questo c’era un unico rimedio: fare tappa in un bar e scolarsi una birretta ghiacciata.

Mi fermai in un localino piccolo e semplice, a metà strada tra casa di Flavia e casa mia. Mi sedetti al bancone e ordinai. Il tipo seduto accanto a me, senz’altro già avanti di una o due bevute, stava sfogandosi col barista: ‘ma guarda quella zoccola: ho rinunciato alla mia vecchia carriera di trombatore, alle uscite, ad un mucchio di cose per lei, a breve le avrei proposto di andare a vivere insieme, non le ho mai fatto mancare nulla’ e lei?! Lei mi molla per quel bel tipino dell’ufficio a fianco al suo, con la sua cravattina ed il suo SUV’che poi si sa, macchine del genere si comprano per bilanciare altre carenze” poi si girò verso di me, quasi a volermi rendere partecipe della conversazione e mi chiese ‘non sei d’accordo?’ ‘Ehi amico, mi becchi nella serata giusta per sparlare delle donne’la mia non mi vuole far scopare perché ha le sue cose’&egrave intrattabile! Ogni pretesto &egrave buono per litigare’e pensare che oggi avevo pure voglia!!’ ‘Ecco, allora vedi che mi capisci?! A che cazzo servono le femmine?!’ Disse pieno di rancore, solo con la voglia di sfogarsi un po”poi sorseggiò un goccio di birra e proseguì: ‘e non dire a scopare’perché’perché’beh, a te posso dirlo, tanto chi cazzo ti conosce?!…perché sono bisex!’ E giù ancora un goccio, come per sciogliersi la gola dopo la confessione. Non mi scomposi di un millimetro e sorrisi. Continuammo a parlare tranquilli e, entrati in sintonia, cambiammo argomento passando a discutere del più e del meno, dallo sport all’attualità fino alla cucina.

Il parlare fluente di quel tizio, il capello sale&pepe che lo collocava sulla quarantina, il suo dresscode sportivo ma con stile e il suo appassionato gesticolare lo rendevano simpatico ed interessante. Era davvero piacevole passare il tempo con lui.

Ad un tratto guardò l’orologio: ‘Si sono fatte le nove! E il mio stomaco inizia a reclamare!’ ‘Già’pure io ho fame!’ confessai. Mi guardò, si fece più audace: ‘senti, visto che sono solo, e visto che sei un ragazzo piacevolissimo, ti andrebbe di farmi compagnia per una carbonara? Ho giusto giusto un paio d’uova in frigo da consumare!’ Di pancia, senza pensarci troppo ‘ho giusto giusto un nero d’avola in macchina!’ risposi a tono, per accettare.

Arrivammo da lui. Salendo in ascensore vidi i suoi occhietti puntati sul mio culetto. Poi si toccò la patta. Notare quella cosa mi provocò un piccolo ma piacevole brivido d’orgoglio. Entrammo e ci mettemmo a cucinare.

Durante la spaghettata le nostre chiacchiere si fecero piccanti, di certo fomentate dal rosso che scorreva nei nostri bicchieri. Finita la cena ci sedemmo sul divano per un passito.

La conversazione proseguì calda e, complice il relax, la mia eccitazione iniziò a farsi vedere attraverso i pantaloni. Se ne accorse, vispo come un segugio. Mi fissò e poggiò la mano sulla mia patta.

‘Come ti dicevo, sono bisex, e tu mi piaci un bel po’, bel moretto! E poi hai confessato di avere voglia stasera…e certe voglie vanno assecondate, sempre!’ Realizzai in quell’istante che non conoscevamo i nostri nomi’e questo riuscì ad amplificare la mia libido.

Reclinai la testa all’indietro, contro lo schienale del divano e in men che non si dica la mia cintura era slacciata e la zip abbassata’il mio amichetto, duro e fiero, faceva capolino. La sua testa brizzolata si chinò su di me e la sua bella bocca accolse il mio pisello voglioso. Dapprima le labbra accompagnavano un dolce su e giù, poi la lingua, sapiente ed esperta, iniziò a tintillare il frenulo mentre le mani scoprivano poco a poco le palle, le carezzavano, le strizzavano, le intrattenevano in un sensualissimo massaggio. Mi sfilai del tutto i calzoni e poggiai la mano sul suo basso ventre. Percepii qualcosa di grosso e duro. Lo stupore divenne piacevolezza e la mia golosità mi portò a liberare la sua virilità. E che virilità: superava di gran lunga i venti centimetri e l’asta era adornata di vene pulsanti, violacee, che nutrivano una cappella svettante e paonazza.

M’insalivai la mano, iniziai a deliziarlo con una lenta sega, poi fu il mio turno: poggiai le labbra su quell’arnese e tentai con non poco impaccio di accoglierlo tra le mie labbra. Dapprima fu una fatica, poi la saliva e il liquidino trasparente che zampillava dal suo orifizio rendevano la manovra più semplice e decisamente più eccitante. M’inumidii il medio ficcandomelo in bocca, passai il polpastrello sulla sua punta, scesi a carezzargli il frenulo mentre con la bocca mi gustavo la sua possente asta, mordicchiandola e leccandola avidamente. Scesi allo scroto e lo feci sparire come per magia tra le mie fauci: non era grosso, ma l’eccitazione lo rendeva teso e sodo, un vero piacere. Gl’infilai il medio tra le natiche e lo spinsi, curioso, a cercare il suo buchino. Era caldo e grinzoso. Non faticò ad accogliere le mie falangi. Iniziai a penetrarlo con movimenti ora alternati, ora rotatori, poi aggiunsi l’indice e quindi l’anulare. La mia bocca venerava il suo cazzo e tre delle mie dita profanavano quel soffice culetto.

In preda all’estasi si alzò, lasciò cadere i pantaloni a terra, poggiò gli avambracci sullo schienale del divano e mi offrì la visione di una sensualissima pecorina. Prese in mano il mio pisello, lo smanettò con foga, lo assaggiò ancora, poi frugando nel suo borsetto, estrasse un profilattico. Lo aprì, mi guardò negli occhi e, quasi a giustificarsi ‘non te la prendere, ma manco so come ti chiami” e strizzò malizioso l’occhiolino. Lo ringraziai per lo scrupolo’quella sicurezza colmava perfettamente il mancato contatto. M’incappucciò il membro aiutandosi con la bocca, poi s’insalivò la mano e si unse il buco del culo.

Lo penetrai senza troppa fatica. Eccitato e dilatato com’era mi fece entrare senza troppi complimenti ed iniziai a stantuffarlo, da principio con affondi lenti e ben assestati, poi accelerando colpo dopo colpo. Con la destra brandivo il suo scettro, segandolo, con la sinistra strizzavo le sue natiche sode.

La vista si annebbiò, il respiro si fece affannoso: venni copioso dentro di lui.

Uscii, sorridente e mi sdrai su un fianco. Lui si sedette sul divano, a gambe divaricate, ancora duro e maestoso. Iniziò a leccarmi il buco del culo. La sua lingua ora scorreva dal perineo al solco delle natiche, ora tornava indietro fino ai testicoli. Iniziò a lavorare il mio sfintere con le sue dita regalandomi un vigoroso e ritmato ditalino di indice e medio. Lo guardai in volto. Godeva come una scolaretta in calore. Presi un preservativo ed iniziai a infilarglielo. Si srotolò a fatica su quel manicotto. Mi portai a cavalcioni su di lui e, fissandolo dritto nelle pupille, guidai il suo cazzo dentro di me. Lo feci entrare delicato, poi, una volta dentro, iniziai a muovermi con foga e passione. Gli sbottonai la camicia e poggiai la mano sul suo pettorale. Con eccitazione palpavo i suoi muscoli e ne assaporavo ogni centimetro quadrato. La sua mano afferrò il mio amichetto, tornato sull’attenti. Lo sentii partire con foga: con dei decisi colpi di reni assestava vigorose pompate dentro di me. Mi sentivo aperto e pieno di lui. Percepivo la mia pelle dilatata, le mie natiche lontane, il mio buco occluso e gaudente. Nel giro di pochi minuti di energiche stantuffate lo sentii gonfiarsi e poi capitolare dentro di me. Eccitato venni ancora sul suo addome.

Ammosciato me lo sfilai e chinai il busto verso di lui. Poggiai la mia fronte contro la sua per sostenermi.

Ci fissammo per un interminabile attimo. Mi baciò in bocca. La sua lingua affettuosa giocherellò con la mia.

Scesi e ci sedemmo a fianco, sudati e col fiatone, dilatati e soddisfatti.

Dopo qualche minuto ci ricomponemmo e, ritrovati i nostri abiti, ci rivestimmo.

‘Insomma ‘ disse ‘ ci presentiamo?’ ‘Non trovi ‘ risposi ‘ sia più eccitante così? Senza sapere chi siamo? In preda del solo momento e della passione?!’

Ci salutammo, con l’idea di ribeccarci per caso in quel bar e finire ancora per cedere all’unico vero rimedio di quelle grigie serate.

Uscii e salendo in macchina trillò un SMS. Flavia: ‘Scusa tesoro per prima. Le mestruazioni mi mandano KO su tutti i fronti, nervi compresi. Ora sarai già a letto, ma se passi da me domani sera ci beviamo quel vinello insieme…’

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