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Erotici Racconti

Pensieri e tormenti inutili

By 28 Novembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Ero ammalato e sconvolto, visibilmente impensierito, spaventosamente ossessionato e turbato nella testa. Troppo lavoro, parecchia pressione, numerose e pressanti responsabilità, abbondanti tensioni e troppi soldi in ballo. A casa con mia moglie era un caos, un continuo inferno, fino a che lei non agguanta definitivamente le sue cose e torna dai suoi genitori perché è manifestamente angustiata, demoralizzata e radicalmente giù di tono, di questo andare io sono crollato, sono in conclusione esploso. Due settimane in clinica sotto calmanti e sedativi per farmi maltrattare e torturare dallo psichiatra che a puntate mi fa opportunamente sputare fuori tutti i segreti più inconfessati, inespressi e oscuri della mia vita. Poi, dopo un mare di pillole e di punture, m’avevano detto che ero guarito e che adesso avevo soltanto bisogno d’un lungo periodo di convalescenza.

‘Vada al mare o in montagna, comunque distante e lontano da tutti quelli che conosce e che frequenta, moglie compresa. Si riposi, si rilassi e dorma. Non legga, non guardi la televisione, cerchi di stare da solo e di non vedere nessuno. Faccia del salubre movimento, specialmente lunghe nuotate e stia al sole e all’aria aperta’.

D’altra parte era precisamente quello che volevo fare: non vedere né visitare più nessuno, non fare nulla, non avere impegni né obblighi né responsabilità né preoccupazioni. Il mio capo frattanto assimila e capisce, &egrave benevolo, generoso e umano, in quanto mi dice di non pensare per niente all’ufficio, tenuto conto che per sei mesi potrò starmene placidamente fuori dai piedi senza problemi. Un amico di vecchia data si prende cura nel frattempo di me affittando una villetta al mare, m’accompagna e m’organizza la vita. La casa è quella che fa per me, è situata sulle colline lontano dalla folla e dal trambusto quotidiano, con un enorme giardino e anche una piscina. Non faccio nulla tutto il giorno, dormo, prendo le mie pillole, non vedo né sento nessuno, non leggo i giornali, il televisore non lo accendo neppure. Osservandomi dall’esterno scopro che mi sono effettivamente isolato, poiché è come se avessi rotto i ponti e le intelaiature con il mondo circostante. Non esco, dato che gli unici contatti li ho unicamente con il figlio di chi m’ha affittato la casa, dal momento che lui ha la chiave del portoncino e viene nel tardo pomeriggio per rifornirmi di provviste già pronte preparate nell’albergo dello zio e a prendersi infine cura del giardino. Viene anche a controllare, se questo strano pensionante malato c’è ancora ed è ancora vivo. Il giovane si chiama Leonardo, ha ventidue anni, però non ne dimostra più di quindici. Studia, eppure in estate aiuta i suoi genitori occupandosi di eseguire i lavori nell’albergo e nelle varie villette che affittano per guadagnarsi una barca di soldi.

Io m’alzo che è già pomeriggio, mentre il resto del giorno e tutta la sera la trascorro fuori a prendere il sole o a nuotare. Non sto neanche a vestirmi, che tanto tutt’attorno al giardino c’è un muro alto e una siepe dove non mi vede nessuno. Solo nel tardo pomeriggio, quando so che arriverà Leonardo m’infilo un costume da bagno, poi quando se ne andrà me lo toglierò e me ne starò fuori nudo fino a notte fonda, stravaccato nel prato a guardare le stelle. Tutta questa serenità e questa tranquillità mi fa molto bene, così un poco alla volta miglioro e acquisto nuovamente le forze. E’ persino tornato a drizzarsi l’uccello, dopo mesi che non succedeva, a tal punto festeggio l’avvenimento concedendomi una lunga e rinfrancante sega a bordo della piscina. Voglia d’uscire ancora non ne ho, però sono meno arrabbiato e furioso con il mondo, giacché riallaccio qualche rapporto un po’ più cordiale almeno con Leonardo, che d’altra parte è l’unico essere umano che vedo. Scambiamo qualche pettegolezzo mentre lui si occupa del prato, innaffia le rose e i limoni e toglie le foglie dalla piscina. Dopo, se non è tardi, si ferma anche qualche minuto per fumarsi una sigaretta con me. Una volta è arrivato prima, ha tosato tutto il prato sudando come un negro, io gli ho prestato un costume e l’ho convinto prima d’andarsene a farsi una nuotata in piscina. Nei giorni seguenti il tuffo in piscina è diventato un’abitudine, così come anche le nostre conversazioni poco alla volta si sono allungate. 

Io gli racconto dei miei recenti guai e lui mi confida i suoi inconvenienti e le sue difficoltà di cuore, per una compagna di classe che deve essere un po’ stronza, ma che nonostante la sua serrata corte la fica gliela dà con il contagocce, eppure lui è un tipo sveglio ed è anche un bel ragazzino. Nel tempo in cui si occupa dei suoi lavori si toglie la maglietta restando solo con i pantaloncini, perché non è male, in quanto i muscoli al posto giusto li ha eccome, effettivamente allo sguardo d’una ragazzina non dovrebbe dispiacere. Un pomeriggio non m’accorgo che si è fatto tardi, considerato che è l’ora in cui di solito arriva e mi trova steso sul bordo della piscina, completamente nudo. Non ho vicino a me neppure un asciugamano, così sono costretto a fare buon viso a cattiva sorte, perché tutto quello che posso fare è girarmi intenzionalmente a pancia in giù, ma lui non batte ciglio, per il fatto che facendo seguito per le mie scuse imbarazzate, lui afferma replicando acutamente che non c’è nessun problema: 

‘Sono abituato a uscire in mare con i miei amici, con la barca di mio zio, se ci tieni saperlo il costume non lo portiamo nemmeno’.

Mentre io me ne resto inchiodato con le chiappe al sole, lui va a sistemare in cucina le provviste, ritorna fuori, si toglie la maglietta, innaffia le rose, i limoni e fa tutto quel che fa di solito. Soltanto quando ha finito fa sennonché qualcosa di diverso, perché invece d’andare a cercare nel garage il costume preparato per lui e di cambiarsi, si sfila direttamente pantaloncini e mutande e si tuffa in piscina anche lui nudo:

‘Visto che il costume non ce l’hai tu, non sto a mettermelo neanch’io. Ti dispiace?’.

Certo che non mi dispiace, anzi, così mi toglie dall’imbarazzo, penso io nella mia mente. Lui sguazza in tutta tranquillità, poi risale e sempre perfettamente a suo agio si corica nel prato vicino a me per fumarsi la consueta sigaretta, in quell’istante trovo il coraggio di girarmi anch’io. Dopo i primi attimi, in effetti, scopro che non è per nulla poi così imbarazzante stare senza niente addosso, anzi, si sta che è una meraviglia. Quando Leonardo si riveste per andarsene io mi sento contento di me stesso, come non m’accadeva da qualche tempo, perché m’accorgo chiaramente di ritrovare gradatamente il mio equilibrio notando in conclusione che ho vinto qualche mia intrinseca paure, una l’ho vinta. Più tardi quando ormai è buio io me ne sto ancora coricato nudo in mezzo al prato squadrando le prime stelle, ripenso con piacere alla scena di prima e prometto che il costume quando verrà Leonardo non me lo rimetterò più. Mi sento così contento di me che decido di farmi un regalo: una sega potrebbe andare bene, se non fosse stato buio e qualcuno in quel momento fosse passato in aereo sopra di me m’avrebbe certamente visto nudo al centro del prato steso a pancia all’aria a guidarmelo beatamente.

Nei giorni seguenti la sguazzata con Leonardo e le due maldicenze senza niente addosso diventano un’abitudine, giacché diventa un’assuefazione anche la sega dopo che lui se n’è andato. Ormai mi tira senza problemi, certamente sono sulla buona strada, perché se quella stronza di mia moglie non avesse fatto le valigie e non fosse scappata dai suoi, potrei anche pensare di telefonarle e magari di riorganizzare una riappacificazione a letto, così però non se ne parla neppure. Decido però, che sarebbe bene vedere gente: un po’ di fica a questo punto non dovrebbe farmi male, una sera m’organizzo, mi vesto, esco, trovo un locale dove si balla e m’infilo là dentro, però c’è troppa gente tutta in una volta, eccessivo chiasso. Comunque una mora l’abbordo, non è giovanissima e ha l’aria un po’ equivoca, anzi può andare. Me la porto in villa e me la trombo, però non è come pensavo, dato che è una vera delusione. Non è che non sia fica, che non ci sappia fare e neppure che l’amico tra le gambe non faccia il suo dovere senza scherzi, al contrario, eppure la cosa inspiegabilmente mi secca e m’annoia, sarà forse che mi sono disabituato? La sto ancora trombando che già non vedo l’ora che sia finita, che lei si rivesta e se ne vada, perché non riesco a entusiasmarmi. Onestamente mi sembra tutto così scontato, così noioso, per fortuna lei ha il marito che arriverà domani, in tal modo alle prime luci dell’alba lei raccoglie le sue cose e se ne va.

L’unica cosa positiva che ho verificato è che l’uccello funziona di nuovo, e non solo per le seghe. Lei insiste, vuole a tutti i costi il mio numero di telefonino, ma appena va via il telefonino lo annego dentro la piscina, così sono sicuro che non mi romperà più le palle. Ho ritrovato in lei le sdolcinature e tutti i difetti di mia moglie, perché al momento questo qua non è francamente il mondo che voglio ritrovare, almeno per ora. Qualche giorno dopo Leonardo porta con sé un paio di cesoie e si mette a potare la siepe, io lo guardo lavorare stravaccato come il solito sul bordo della piscina senza niente addosso. Al sole lui suda come un negro nonostante si sia tolto la maglietta:

‘Mi toglierò anche i pantaloni, così intanto che lavoro m’abbronzo anche le chiappe’.

Io annuisco, lui si toglie in un colpo pantaloni e mutande e continua a lavorare nudo, nel frattempo mi gira la schiena e inevitabilmente finisco col guardarlo. Le sue chiappe sono indubitabilmente quelle d’un ragazzo, giacché mi ricordano le chiappe della mora ed anche quelle di mia moglie. Certo non c’è paragone, però è giovanissimo, ha la pelle liscia e qualcosa di femminile addosso ce l’ha. Questi pensieri mi fanno un brutto scherzo, perché l’uccello comincia a drizzarsi, mi giro a pancia in giù, cerco di pensare a qualcosa per distrarmi, ma l’amico invece tira ancora di più. Nessuno straccetto a portata di mano e d’alzarmi in questo stato non se ne parla neppure, poi quando Leonardo ha finito viene a tuffarsi:

‘Tu non entri?’.

Al presente non mi viene nessuna scusa e così sono costretto a confessare la verità: che non posso, perché ho un piccolo problema di erezione e non posso farmi vedere in questo stato. Lui risale placidamente per fumarsi una sigaretta, si colloca stravaccato vicino a me e non solo non sembra per nulla turbato della cosa, anzi, si mette a parlarne tranquillamente:

‘Quando con i miei amici siamo fuori con la barca facciamo apposta a farcelo tirare, così ce lo possiamo misurare per vedere chi ce l’ha più grosso. Questa è comunque una scusa per poi tirarci delle gran seghe’.

‘Tutti assieme?’ – incalzo io. 

Lui rimane meravigliato del mio stupore, io sono sbalordito per quello che mi sta dicendo, cosicché mi faccio raccontare tutto, lui senza difficoltà né intoppi mi rivela che sì, se lo fanno tirare e poi si mettono lì e se lo menano, a volte tutti assieme e a volte a turno, con uno che si fa e gli altri che guardano:

‘Non è imbarazzante e scomodo con qualcuno che guarda?’.

‘Figurati, quando siamo una mezza dozzina ci facciamo di quelle seghe che da soli neanche ce le sogniamo’ – sollecita lui infervorato.

Mi scappa l’occhio in giù e vedo che gli si è drizzato, però lui non fa niente per nasconderlo, anzi, tutto soddisfatto e contento ci giocherella con la mano: 

‘Vedo che sei ben attrezzato. Scommetto che a misure li batti tutti’ – sbotto io stuzzicandolo.

‘Fosse vero. Mio cugino ce l’ha più grande, ed è almeno così grande’ – mi espone lui facendo i gesti con la mano.

Leonardo m’accenna con le dita che sono almeno più di cinque centimetri dalla punta del suo uccello quelli che sporgono spiegandomi con dovizia che il cugino ce l’ha più lungo di almeno tutta una cappella. Finiamo la sigaretta, poi lui accenna ad alzarsi, io non voglio però che vada via, perché mi diverte questo fatto che se ne stia lì con l’uccello compatto in mano. Io gli chiedo altri particolari sulle sue gite in barca e lui me li rivela apertamente, poi non c’è verso di trattenerlo, dato che si riveste e se ne va. Finalmente posso girarmi anch’io, sono così eccitato che una sega ristoratrice mi serve subito, me lo meno furiosamente e soltanto dopo aver eiaculato mi calmo un poco. Guarda l’amico, sembra un innocente ragazzo, ma ha un arnese monumentale, non si fa certo problemi a farlo vedere, lo esibisce persino in compagnia dei suoi amici rimugino io in seguito. Passo diverse ore a immaginarmi Leonardo e i suoi amici che tutti nudi si divertono, io ce l’ho duro già due ore prima che lui arrivi, tuttavia non voglio starmene tutto il tempo girato a pancia in giù come ieri, devo inventarmi qualcosa, sì, ma che cosa m’invento? Dopo un lungo sforzo la decisione è presa: quando Leonardo arriverà mi farò trovare steso a pancia in alto in mezzo al prato con l’uccello duro in mano che ci gioco. Leonardo frattanto mi vede, sistema in un attimo la borsa delle provviste in cucina, mi raggiunge e si butta anche lui sul prato vestito:

‘Quella roba che m’hai detto ieri, che vi fate le seghe tutti assieme in barca mi ha scompaginato e sconvolto. E’ da ieri che sono eccitato’.

‘Se me lo avessi detto mi sarei fermato e ce l’avremmo fatta insieme’. Un attimo di silenzio intercorre tra di noi mentre lui s’accende una delle mie sigarette, poi subito mi propone:

‘Dai, facciamocela una assieme, adesso’.

Non mi lascia il tempo di replicare né di suggerire nulla, visto che sta già armeggiando con la chiusura dei pantaloni, in un attimo è nudo e se lo sta adoperando. Ci mettiamo un attimo a eiaculare, una scrollata rabbiosa, guardandoci a vicenda proprio lì ed è fatta. Al momento mi sento che è una meraviglia, dopo sguazziamo in piscina e io lo aiuto a sistemare il giardino. Alla fine ci concediamo il bis, con più calma, seduti sul bordo della piscina, con i piedi in acqua, con lui che mi racconta dei suoi amici della barca. Quando se ne va, sono pienamente soddisfatto di me, perché un’altra delle mie paure è vinta, perché sono anche molto di più in pace con il mondo, tant’è che mi lavo, mi vesto, vado a mangiare fuori e mi concedo persino una passeggiata sul lungomare. Anche stasera c’è ressa e rumore, ma la gente mi fa molto meno oppressione e paura. La sega con Leonardo nelle due settimane seguenti diventa un gradevole e immancabile rituale, io aspetto tutto il giorno che lui arrivi e mi prendo anche cura del giardino, in modo che poi abbiamo più tempo per starcene tranquilli. Potare le rose, innaffiare i vasi e anche falciare il prato mi fa bene: sono le prime attività concrete cui mi dedico dalla crisi e mi fanno sentire utile, rifletto comodamente che quando sarò guarito mi servirebbe un lavoro del genere da fare con distensione e senza logorio alcuno. Anche noi facciamo come con i suoi amici in barca, a volte lo facciamo contemporaneamente, altre volte a turno con l’altro che ispeziona, così mi piace persino di più e quando tocca a me godo un mondo nel tirarla in lungo e a farmi guardare. Sono davvero lontani i tempi di quel giorno in cui non ho neppure avuto il coraggio di girarmi a pancia in alto, per non fare vedere che l’avevo duro, all’improvviso lui mi propone una novità:

‘Se vuoi te lo guido io, così ci gioco un attimo’.

Non mi lascia neanche bene il tempo per assimilare la sua proposta, che sporge una mano per afferrarmelo. Adesso sarebbe assurdo se mi mettessi a fare storie, mentre mi ritrovo con l’uccello nella sua mano. Leonardo ci sa fare e in un attimo eiaculo abbondantemente, poi tocca a me restituirgli il favore, in quanto è meno complicato del previsto. Non è una brutta sensazione captare l’uccello d’un altro individuo sulla mano, pertanto in un attimo anch’io lo faccio eiaculare. Da quel giorno l’abitudine cambia, seghe sì, ma reciproche, tranne rare e saltuarie occasioni in cui per nostalgia si ritorna all’antico sistema. A dire il vero, più che una convalescenza la mia si sta trasformando in una cura e in una dedizione per le seghe, però funziona. La casa la tengo più in ordine, dormo anche meglio e non resto più tutta notte disteso nel prato ad ammirare le stelle. Mi procuro un altro telefonino e sento il mio amico, dato che mi promette di darsi da fare con gente che conosce, per trovarmi un posto di lavoro nuovo dove non ci sia troppo da correre. Mi telefona anche mia moglie, perché inaspettatamente vorrebbe riallacciare i rapporti, per ora non se ne parla neppure, ma almeno sento di non avere voglia di strozzarla, ed è già un progresso notevole. Diverse altre sere esco a cena fuori, mi procuro anche dei pesi e un vogatore per fare degli esercizi. All’inizio del mese sovente mi capita di rivendicare se quella storia della barca avviene ancora, Leonardo mi conferma avallando di sì, che ogni tre giorni un’escursione rinfrancante di mattina se la fanno ben più volentieri con le relative seghe naturalmente. Mi accenna infine, che da quand’era un ragazzino ha imparato proprio lì, da suo cugino e dai suoi amici più grandi, in conclusione esitando un poco mi confessa svelandomi un segreto inedito:

‘Ti ho detto delle seghe, ma quello è il meno, facciamo anche di peggio’.

‘Di peggio? Che cosa vuoi intendere’ – gli domando io incuriosito.

Lui esita, poi si decide raccomandandomi e suggerendomi di non dirlo a nessuno, prendendo il discorso un po’ alla larga: 

‘A volte, quando siamo in vena di qualcosa di più morboso e spinto della semplice sega tiriamo a sorte’. In quel frangente lui si blocca ancora, però vede che sono attratto e si decide:

‘Tirate a sorte, molto bene, però che cosa fate di preciso?’.

‘Il più sfortunato ci rimette il sedere’.

Non ci credo, non mi pare possa essere vero. Lui non ha niente né la minima sembianza del frocio, protesta che non lo è proprio, per il fatto che neanche gli altri lo sono, eppure lo compiono per gioco. Mi spiega bene in modo accurato la faccenda. Lo sfortunato sceglie da chi vuole farsi inchiappettare, poi ha diritto lui d’inchiappettare qualcuno e si va avanti fino a quando non è finito il giro.

‘Quindi, anche tu te lo sei fatto mettere nel sedere?’.

Leonardo conferma e m’assicura che è successo un mare di volte, fin da quando era un ragazzino, a questo punto io gli chiedo che effetto fa. Lui mi racconta che non è un gran che, ma non è neanche male e che comunque poi si è eccitatissimi e non si vede l’ora d’infilarlo dentro qualcun altro, perché mi espone che in pratica è come farsi le seghe a vicenda, bensì molto più splendido e sublime. Io gli chiedo se per caso si baciano o se fanno qualcos’altro, lui irritato e scandalizzato risponde di no, perché non è per nulla omosessuale. Con ingenuità e con una certa semplicità giocano a metterselo nel sedere, inevitabile pensare per quanto tempo avevo penato cercando di convincere infruttuosamente mia moglie a farsi prendere da dietro, e per quanto tempo avevo vanamente tribolato nel fare lo stesso con qualche altra ragazza tempo addietro. E che drammi, quante storie, sembrava cascasse il mondo. Questi invece ci giocano tranquillamente tra amici e anche tutti maschi per giunta come se niente fosse. Nel frattempo mi faccio raccontare anche tutti gli altri particolari che servono, Leonardo intanto si è coricato a pancia in giù ed è inevitabile che gli guardi il sedere, pensando che effetto dovrebbe fare. E’ chiaramente un sedere da ragazzo, però le chiappe sono sode, abbronzate e lisce, in un certo senso attraenti, anche se del tutto particolari: chiappe di ragazzo.

‘Magari vorresti che lo facessimo anche noi?’.

‘Non lo so, a me non dispiacerebbe, però devi vedere tu se te la senti’.

‘Se me la sento?’.

Francamente non lo so neanch’io, certo che a tirarmi mi tira e anche più del solito. Io un tentativo con le sue chiappe lo farei anche, però non so se il mio sedere poi gradirebbe, così glielo dico e lui risolve subito la questione senza drammi:

‘Prova intanto a mettermelo dentro tu, poi magari un’altra volta se ti va proverò a fartelo io’.

Io gli espongo che sono d’accordo, in un baleno s’arrangia e sbriga tutto lui. Spalma l’olio solare sul mio uccello, ultime e rapide raccomandazioni e in un attimo mi ritrovo coricato sulla sua schiena con una spanna d’uccello dentro di lui, incredulo e gioioso per come sia scivolato dentro senz’intoppi. La sensazione è piacevole, non mi resta che iniziare, in effetti è quello che faccio incitato da lui nel darci dentro, resisto due minuti ed eiaculo dentro. Sono tutto sudato e con il fiatone, però è davvero una figata, lui mi fa i complimenti, si fa una sega, eiacula pure lui e dopo un tuffo in piscina si riveste e se ne va. Io mi do del cretino, perché non dovevo lasciarlo andare via, non dovevo neanche lasciare che godesse da solo, ma ormai è fatta.

Io mi faccio una sega solitaria e prometto a me stesso che domani lo farò, oggi l’ho aspettato con l’uccello duro decisissimo a metterlo in pratica, dal momento che non gli ho neanche lasciato il tempo di portare la borsa in cucina, perché ho preteso che si svestisse subito e che m’inaugurasse il sedere. Lo abbiamo fatto coricati nel prato come ieri. E’ scivolato dentro nel modo più naturale e ovvio possibile, soltanto la sensazione di caldo e di pieno: nessun accenno d’intralcio né di dolore. Quando lui mi ha schizzato dentro c’è mancato poco che anch’io eiaculassi nel prato, subito abbiamo invertito i ruoli e l’ho rifatto per lui, dieci minuti scarsi ed eravamo sazi. Nei giorni seguenti lo abbiamo rifatto con più calma, in ginocchio, in piedi e dentro la piscina, poteva però dirmelo prima, altro che seghe, perché così si gode molto di più. Un giorno c’era il temporale e fuori non si poteva stare, in quell’occasione l’abbiamo fatto anche a letto, però non mi è piaciuto, perché mi ha ricordato troppo le mie donne, così mi è sembrata una cosa perversa: da omosessuale, dato che anche lui non era troppo a suo agio.

Le nostre ingroppate non sono per niente giochetti da omosessuale, che lui sia un uomo è un particolare del tutto irrilevante, poiché sono esercizi ginnici che portano a godere, sono giochi tra maschi entrambi ben contenti d’esserlo e di restarlo, tant’è che lo abbiamo fatto per tutto il mese, malgrado ciò nel modo più asettico e neutro possibile. Carezze, baci e coccole non le abbiamo neppure prese in considerazione: sarebbero state del tutto fuori luogo, una vera contraddizione, una cosa da froci. Intanto sto indiscutibilmente meglio, mia moglie ha insistito tanto, dal momento che è venuta a trovarmi e si è fermata due giorni, in realtà me la ricordavo più carogna e stronza, abbiamo anche fatto l’amore e quando l’ho girata a pancia in giù e le ho infilzato il sedere, ciononostante non ha fatto storie di nessun tipo. Di rimetterci assieme per ora non se ne parla neppure, magari in seguito si potrebbe mettere in atto, per adesso è meglio che lei rimanga dai suoi genitori. E’ venuto a trovarmi anche il mio amico, visto che avrebbe un lavoro per me, dal mese di novembre, nessuna responsabilità, si faranno fotocopie, si gestiranno ordini, si terrà la contabilità, ma senz’affanni né crucci né tribolazioni, perché è quello che ci vuole.

Nel mese di novembre potrei rientrare a Pistoia per rifarci un po’ l’abitudine, successivamente potrei ricominciare. A meta del mese di dicembre dovrò rivedere anche il mio psichiatra, sono certo che mi farà un interrogatorio di terzo grado sui miei progressi, ma questa storia di Leonardo non gliela racconterò. Ho deciso, domani partirò anche perché ormai qui comincia a fare fresco e non posso più stare tutto il giorno nudo in giardino. Anche Leonardo, del resto, ha ricominciato a frequentare l’università e non ha più tempo per i nostri giochetti sul bordo della piscina, dato che non ne ha neppure più voglia: la sua amichetta ha deciso di dargliela con una certa regolarità e lui ormai pensa unicamente a quello. Oggi abbiamo festeggiato la partenza con un pomeriggio intero d’ingroppate, sennonché alla fine una volta che si è rivestito ed era pronto a infilare la porta m’ha rivelato però una cosa, che proprio non avevo né calcolato né previsto prendendomi in contropiede:

‘Sai, di quei miei amici della barca che ti dicevo. Ti ho raccontato una bugia’.

‘Cioè?’.

‘Sì, è vero, che prendiamo il sole nudi e ci facciamo le seghe, però nel sedere non ce lo siamo mai messo. Me lo sono inventato io’.

‘E perché?’.

‘Avevo voglia di provare, così ho inventato una storia’.

Leonardo se ne va senz’aggiungere né ribattere altro, fa scattare nel frattempo la molla del cancelletto e sento il suo motorino avviarsi in discesa, però che maligno e che stronzo, m’ha argutamente fregato pure lui.

{Idraulico anno 1999} 

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