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Racconti Gay

Roberto

By 31 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando è avvenuto l’episodio al centro di questo episodio io avevo circa 20 anni ed ero in un momento di grande confusione relativamente alla mia identità sessuale.

Alcuni anni prima, da adolescente, avevo avuto un’esperienza omosessuale più o meno cercata con due uomini adulti, che mi aveva lasciato da un lato grandi sensi di colpa, dall’altro una curiosità divorante di approfondire e rendere più numerose le esperienze di quel tipo.
Ma torniamo a noi. Ero un ragazzo di statura media, piuttosto minuto, ma con un fisico atletico e in forma, che non riusciva ad ingranare una vera storia sentimentale con una ragazza. Non è che nessuna mi piacesse: solo per un verso o per l’altro le storie non funzionavano. Il pensiero di quello che avevo provato da ragazzino non mi aveva mai lasciato, e, dopo qualche anno di rimozione e di vergogna, il tarlo di provare di nuovo esperienze con altri ragazzi si era fatto così insistente che approfittavo di ogni occasione in cui ero solo a casa per acquistare video porno omosessuali e sperimentavo la capacità elastica del mio buchetto infilandoci dentro ogni genere di oggetti. Per meglio soddisfare le mie fantasie avevo anche comperato un bel fallo di lattice, nerboruto e di dimensioni veramente rimarchevoli (sarà stato lungo almeno 30 cm). Il fallo aveva alla base una ventosa che usavo per fissarlo su un basso tavolino di cristallo in salotto, in modo da potermi comodamente impalare piano piano su quella specie di obelisco, rimirando al contempo la scena del mio ano che si dilatava riflessa in uno specchio opportunamente posizionato sotto il tavolino stesso.

Come capirete mi divertivo abbastanza, ma sempre da solo. Tutto cambiò quando mi capitò fra le mani una guida di Milano, che, fra le altre, aveva una sezione dedicata ai gay. Scoprii così dell’esistenza di cinema hard in cui fare incontri e delle aree a cielo aperto dove si faceva il battuage. Una in particolare, vicino alla stazione Cadorna, stava a poche centinaia di metri da casa mia. Un sabato, solo e con la casa a disposizione per tutto il week-end, quasi senza deciderlo razionalmente, decisi di andare a vedere come stessero davvero le cose. Era il primo pomeriggio ed immediatamente mi accorsi di un bel numero di persone, tutti maschi, che passeggiavano avanti e indietro per il parco che costeggia la ferrovia, facendo frequenti incursioni lungo il muro che separa il parco dai binari veri e propri. Anche io feci qualche giretto avanti e indietro, guardando le persone che incontravo e cercando di capire se ci fosse un codice di comportamento particolare da tenere. Sentivo di compiere una trasgressione e avevo la testa leggera leggera. Dopo un quarto d’ora la curiosità mi spinse ad esplorare proprio la zona più riparata, lungo il muro.

Lì, in piedi, appoggiato ad un albero notai un ragazzo molto alto, con gli occhiali, con un fisico atletico ed un viso simpatico e “per bene”. Il suo aspetto, per molti versi diverso dagli altri frequentatori del luogo e che sentivo viceversa simile a me, mi incuriosì e cominciai a fissarlo mentre gironzolavo lì intorno. Anche lui mi fissava con insistenza e questo mi fece provare un brivido lungo la schiena. Sempre più calamitato, facevo in modo che i miei passaggi fossero sempre più vicino a lui, quasi fino a toccarlo. Lui non staccava gli occhi da me e la seconda volta che gli passai vicino vidi che si accarezzava con insistenza la patta dei pantaloni. L’eccitazione fu più forte di ogni prudenza ed allungai la mano per toccarlo anche io fra le gambe, dove si intuiva un turgore invitante, di cui i pantaloni non facevano tuttavia percepire completamente le dimensioni.

Solo allora furono dette le prime parole. Lui, che scoprii poi chiamarsi Roberto, mi sussurrò con la voce già rotta dalla eccitazione – Sei carino, vorresti succhiarmi il cazzo –
Io, altrettanto eccitato, con il cervello completamente staccato e preda solo delle emozioni replicai- Si, speravo che tu me lo chiedessi –

Roberto allora si sbottonò i pantaloni ed estrasse uno strumento di dimensioni clamorose, ancora più grande del fallo di gomma che usavo per i miei sollazzi solitari. Era circonciso e la sua cappella turgida e rossa aveva un diametro di almeno 7 o 8 centimetri. Per quanti sforzi facessi non riuscivo ad aprire la bocca a sufficienza per farlo entrare e mi limitavo a leccare in lungo e in largo quella specie di scettro di carne. Roberto intanto mi accarezzava la testa ed assecondava leggermente i miei tentativi di prendere in bocca il suo cazzo. L’aria era elettrica per l’eccitazione, la mia tensione era poi ulteriormente aumentata dal rischio che correvamo a fare quelle cose in un’area completamente aperta al pubblico, seppure un po’ defilata. Con le mani accarezzavo quella verga lunga e palpitante, mentre in bocca riuscivo ad accogliere finalmente almeno la sommità della cappella.

Sentivo il respiro di Roberto farsi sempre più rapido fino a che lo sentii sibilare un – Attento! -, di cui capii perfettamente il senso, ma che volli ignorare. Ancora pochi secondi e fiotti di sperma denso e caldo mi riempirono la bocca a più riprese, in quantità tale che non riuscivo a deglutirlo completamente. Un rigoletto dunque mi colava da un angolo della bocca. Roberto sollevò il mio viso e con una voce di una dolcezza che raramente avrei più sentito mi disse – Sei bellissimo – e mi baciò, mescolando la sua lingua e la sua saliva con lo sperma che ancora avevo in bocca.

Io ero emozionato e turbato, ma un pensiero sovrastava tutti gli altri: volevo ancora il suo cazzo, non ero soddisfatto. Lo presi per mano e con una sicurezza che sembrava non ammettere repliche gli dissi – Vieni, andiamo a casa mia. Qui è troppo scomodo e pericoloso. – Roberto mi seguì e per tutta la strada un po’ scherzavamo ed un po’ ci toccavamo, anticipando quello che avremmo fatto di lì a pochi minuti.

Il tragitto dell’ascensore non finiva mai, anche se per tutto il tempo le nostre lingue duellarono passando da una bocca all’altra. Quasi non facemmo in tempo ad entrare in casa che già ci stavamo strappando l’un l’altro i vestiti di dosso. Io nudo sono più bello che vestito, sono magro e atletico e poi ho un bel culo rotondo e sodo. Ma Roberto era uno spettacolo. Alto, con le spalle larghe, muscoli dappertutto e di quelli “veri”, non costruiti dal body building. E poi in mezzo alle gambe aveva quello stupendo pendaglio, che anche in posizione di riposo metteva l’acquolina in bocca.

Ci baciammo ancora, poi Roberto si chinò a prendere il mio cazzo fra le labbra, mentre con le dita di una mano mi stuzzicava un capezzolo. Io gli accarezzavo la testa e spingevo col bacino perché ingoiasse fino in fondo il mio pene. Ci abbandonammo poi sul divano in un furioso 69, che mi permise di assaporare ancora il sapore muschioso del suo cazzo. Roberto passò dal succhiarmi il cazzo a leccarmi l’ano. Sentivo la sua lingua morbida ma rugosa accarezzare avanti e indietro il mio buchino. Ondate di piacere percorrevano il mio cervello e gemevo sempre più forte. Il mio corpo corpo fu ulteriormente scosso quando dopo qualche minuto lui infilò prima un dito nel mio buco bagnato dalla sua saliva, rapidamente affiancato da un altro. Ormai ero carponi sulle ginocchia e gemendo assecondavo con il culo il movimento delle sue dita, dicendo le cose più porche che avessi mai pensato: – Si, si, si inculami, sono la tua troia, ti prego sfondami, mettimelo dentro … –

Roberto era anche lui preda di una eccezionale foia ed estratte le dita dal mio buchino vi sostituitì la punta del cazzo: all’inizio esercitò una pressione costante ma gentile, davanti alla quale il mio sfintere, per fortuna allenato da svariate sessioni con il fallo di lattice, si rilasciò leggermente lasciando penetrare la punta. Io ero come impazzito, appoggiato con il tronco su un bracciolo del divano, carponi sul divano stesso, offrivo il culo a Roberto, che in piedi dietro di me sforzava con il suo fallo il mio sfintere. La delicatezza di Roberto mi evitava di sentire dolore, sebbene sentissi che le dimensioni di quello che doveva ancora entrare erano assai maggiori di quello che mi stava titillando. Continuavo a mugolare, ed assecondavo le spinte di Roberto col culo, senza smettere di eccitarlo dicendogli quanto ero sottomesso al suo cazzo. Fu allora che Roberto affondò con un colpo deciso il suo cazzo nel mio buchino palpitante. Un dolore atroce mi penetrò il cervello, ma pochi secondi bastarono a farlo sparire sostituito da un senso di pienezza assoluta, resa ancora più sublime dalle spinte avanti e indietro che Roberto impartiva al suo membro, che così saliva e scendeva per le mie viscere. Ero in preda ad un tale piacere che fui sorpreso quando Roberto estrasse il suo cazzo dal mio culo. Quel salame bollente nel culo mi mancava, mi sentivo vuoto e orfano. Fu solo per un attimo, infatti mi posizionò a cavalcioni del suo grembo, in modo che potessi impalarmi da solo sul suo cazzo mentre ci baciavamo teneramente.

La cavalcata durò a lungo e quando sentii il suo sperma inondarmi il retto ci volle poco per scaricare anche lo sperma compresso nei miei coglioni: getti di seme denso ed odoroso coprirono la mia pancia, che fu presto pulita da Roberto con abili e delicati colpi di lingua.

Roberto non poteva fermarsi da me più a lungo, per cui dopo una doccia insieme ci lasciammo. Lui era di Imola, almeno così disse, e stava finendo il servizio militare a Milano. Da allora non ci siamo mai più visti, ma confesso che ancora adesso ogni tanto sogno il magnifico pomeriggio che passammo insieme e soprattutto il suo splendido cazzo.

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