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Racconti erotici sull'Incesto

A casa di Andrea

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Finalmente era giunta la sera del compleanno di Andrea. Non vedevo l’ora di raggiungere il mio caro compagno delle medie nella sua meravigliosa villa nelle colline del Chianti.

E’ strana la vita, ci aveva diviso all’inizio delle superiori per poi farci incontrare di nuovo, per caso, ad una festa qualche anno fa. Era una serata particolare, una di quelle che il mio ragazzo di allora era solito organizzare nel weekend: tanti amici, amiche, del buon vino, ma soprattutto tanta complicità e scambio tra le coppie ed i singles presenti.

Sorrido a ripensarci, ci trovammo tutti nudi, mascherati, e durante un ballo sfrenato mi ritrovai sul pavimento del salone a cavalcare proprio Andrea, che era stato invitato da non ricordo chi. Appena lo riconobbi mi tolsi la maschera, scoppiando a ridere imbarazzata per un breve istante, ma non appena lui tolse la sua con sguardo complice e pieno di desiderio continuai la danza del mio sesso intorno al suo con intensità sempre più crescente, finché l’orgasmo giunse all’unisono per entrambi e ci lasciò spossati, abbracciati, fino all’alba.

Da allora ci scambiammo i numeri di telefono, e continuammo a sentirci soprattutto per scambiarci inviti a feste di quel genere. Andrea si era ormai trasferito in Toscana, mentre io continuavo a stare con mia mamma in una cittadina in Emilia, quindi l’invito al suo compleanno nella arrivò proprio come un’ottima occasione per evadere dalla solita routine quotidiana, sia familiare che lavorativa. Mi svegliai presto, caricai il bagaglio in macchina, mi vestii con un completo nero essenziale ma sexy, con aperture nei punti strategici, indossando una succinta biancheria sotto, e partii’non vedevo l’ora di arrivare.

La cosa più eccitante era scendere ad un autogrill, vestita in quel modo, sentirsi addosso gli occhi di tutti, uomini e donne, mentre salivo le scale, sentire qualche mano che si avvicinava furtiva ai miei glutei mentre facevo la fila alla cassa o al bancone del bar, vedere lo sguardo del benzinaio o del casellante che indugiava sulla profonda scollatura o sullo spacco che lasciava intravedere il reggicalze’durante una sosta, nella toilette delle signore, una bionda prosperosa mi osservava a bocca aperta mentre mi sistemavo le calze: eravamo sole io e lei, mi aggiustavo la calza poggiando un piede sul lavandino, mentre lei da dietro mi osservava dallo specchio. Notai allora che aveva infilato la mano sotto l’elastico della gonna che indossava, e si stava toccando. La osservai dallo specchio, poggiai di nuovo il piede a terra, mi voltai e la spinsi dentro ad un bagno, chiudendo accuratamente la porta dietro di noi. ‘Ti faccio godere io – le dissi mentre le abbassavo gonna e slip – ma come si deve’. Mi accovacciai ed iniziai a leccarle la fica, meravigliosamente rasata e già bagnata dai suoi umori, mentre nel frattempo mi masturbavo. Le infilai una delle dita bagnate dai miei succhi nell’orifizio anale, che subito si dischiuse per accoglierle golosamente dentro di se. Sentivo le sue contrazioni farsi sempre più frequenti, come il suo respiro, aumentai allora i colpi della mia lingua e delle mie dita, finché venne, cercando di gridare, con la bocca tappata dalla mia mano. ‘E’ il mio turno ora, dolcezza’. Cambiammo posizione, lei ancora scossa dall’orgasmo, ma la costrinsi a ricambiare la cortesia. Devo dire che era molto abile con la lingua, e avrei voluto avere un ambiente più confortevole e maggior tempo a disposizione per godermi meglio quel corpo tutto da leccare. Ero talmente eccitata, ormai, che venni quasi subito, e dopo averle dato un appassionato bacio sulla bocca, mi sistemai i vestiti ed uscii, notando lo sguardo malizioso che mi lanciò il custode dei bagni quando uscii. Un veloce sguardo all’orologio per rendermi conto che si stava facendo tardi sulla mia tabella di marcia, salii in macchina come se niente fosse accaduto e via di nuovo, lungo l’autostrada. ‘Cavolo però – pensai tra me e me – fossero tutte così le soste in autogrill!’

Arrivai finalmente da Andrea, in anticipo come previsto dai miei piani, giusto il tempo per sistemare le mie cose nella camera accanto alla sua, e per avere qualche informazione sulla serata, sui partecipanti. Mentre mi stavo preparando, asciugandomi dopo una doccia ristoratrice, entrò finalmente Andrea che mi diede il benvenuto. ‘Arianna, sei in forma come sempre – mi abbracciò, facendo cadere a terra l’asciugamano – fatti stringere’non sai quanto mi sei mancata!’ Mentre mi puntava col suo pene eretto e fiero, bloccato dalla stoffa dei pantaloni, gli raccontai cos’era successo durante il viaggio, e Andrea mi buttò allora nel letto, slacciandosi in fretta la cintura e la cerniera, e abbassando i pantaloni tanto quanto bastava per liberare il suo pene da quella gabbia di stoffa. Mi fece mettere a quattro zampe, e mentre mi bloccava le mani con le sue, mi penetrava a colpi violenti, quasi rabbiosi, finchè venni, e il mio corpo fu scosso da fremiti come non mai, mentre il seme caldo di Andrea cadeva copioso sulla mia schiena. ‘Su coraggio piccola – disse sorridendo mentre si rivestiva ‘ fra poco arrivano i nostri primi ospiti!’. Andai verso il bagno, mentre Andrea uscì dalla mia stanza facendomi l’occhiolino. Dopo aver ripulito la schiena dallo sperma sprecato in quel modo ‘ pensai a quanto avrei voluto berlo ‘ tornai in camera, indossai un perizoma nero ridottissimo, delle calze autoreggenti, e uno stupendo abito rosso che mi aveva regalato proprio il caro Andrea. Con quell’abito mi sentivo veramente una porca, la scollatura sulla schiena arrivava quasi all’inizio delle natiche, l’allacciatura dietro al collo metteva in risalto il seno, coperto da un pizzo praticamente trasparente, mentre due spacchi ai lati arrivavano fin quasi ai miei fianchi. Mi osservavo fiera allo specchio, notando quanto i miei capezzoli apprezzassero quel trattamento, visto che facevano capolino e premevano contro il tessuto mettendosi in mostra spudoratamente, rivelando il mio stato di profonda eccitazione. Uscii dalla camera, Andrea mi attendeva in corridoio, mi diede un rapido bacio e scendemmo, indossando le nostre maschere.

Gli ospiti iniziarono ad arrivare, indossavano già delle maschere come le nostre, per cui mi limitai ad osservarne, almeno all’inizio, i corpi. Eravamo nel salone per l’aperitivo, quindi sbirciavo tra i presenti, notando diversi uomini impazienti che nascondevano a stento le loro erette virilità, guardando una splendida mora che chiacchierava con una coppia su un divano e che, quando si alzò, mostrò a tutti una chiazza inequivocabile d’eccitazione sul candido vestito in seta. Andrea aveva forse già trovato la sua ‘vittima’ per quella notte, tra l’altro approvavo la sua scelta quasi invidiandolo, osservando le curve pericolose di quella rossa dai ricci ribelli che le incorniciavano il viso angelico su quel corpo da puttana. Alcuni si erano già appartati nelle numerose stanze della villa, altri erano ancora in cerca, in fremente attesa. Iniziai a sbirciare fra le porte delle stanze, rigorosamente lasciate aperte, assistendo ad amplessi consumati in varia maniera. Mi fermai in una, dove una ragazza appena maggiorenne, dal seno acerbo, veniva penetrata da due superdotati, che sembravano quasi spaccarla in due. Il viso della giovane, all’inizio pervaso da smorfie di dolore, ben presto fu illuminato dal piacere che trapelava dai suoi gemiti, mentre i suoi due accompagnatori la riempivano, contemporaneamente, nella fica e nel culo, con colpi assestati nello stesso momento. La danza dei loro corpi sudati era fantastica, ed ero quasi gelosa del piacere che stava provando.

All’improvviso sentii da dietro delle mani infilarsi nel mio vestito, dalla scollatura sulla schiena, ed andare dritte verso i seni. Uno sconosciuto aveva afferrato le mie mammelle, titillando i capezzoli, e le palpava mentre spingeva il bacino verso la piega tra le mie natiche, mentre cercavo di agevolarlo spingendo indietro il bacino. Che delizioso tormento, quello sconosciuto, e quel panorama di suoni, di corpi, in mezzo all’odore di sesso che ormai girava per casa’non vedevo il suo volto, ma ad occhi chiusi mi godevo il suo tocco, la sua lingua avvolta intorno al mio lobo per poi scorrere sul collo, mentre le mani non si staccavano dal seno. Lo pregai di seguirmi, mentre lo sfioravo in mezzo alle gambe per saggiare la sua prestanza fisica. Nei corridoi c’era poca luce, volutamente, per offrire un’alcova improvvisata in qualsiasi posto con la massima discrezione, così non vidi il volto del mio accompagnatore, che mi seguì poggiando stavolta una mano su una natica, aggrappandosi ad essa. Lo condussi nella mia stanza, accesi una candela per fare un lieve chiarore e mi gettai famelica sulla sua bocca, consumandola di baci. Ci donammo l’un l’altro senza dire una parola, spogliandoci, offrendoci i nostri corpi ed ogni orifizio che ci potesse donare piacere. Era instancabile, la sua lingua infuocata sembrava arrivare ovunque, fino agli strati più profondi della pelle, mentre le sue mani si aggrappavano ai seni e alle natiche, come i tentacoli d’una piovra da cui non riesci a liberarti, le sue gambe muscolose sostenevano qualsiasi tipo di posizione e di gioco. Dopo un’ora di preliminari e di orgasmi, almeno da parte mia, mi penetrò all’improvviso, tutto d’un colpo, spingendo dentro quel pene non troppo lungo ma meravigliosamente grosso, che mi riempiva perfettamente. Sentivo la mia vagina avvolgerlo come un guanto cucito su misura. Senza muovermi afferrai un vibratore che avevo già nascosto sotto il cuscino, e che mi misi a succhiare come fosse stato un pene vero, prima di appoggiarglielo tra le natiche. Sentendo che non opponeva resistenza, spinsi più forte, infilandoglielo quasi completamente nel culo. Lo volevo guardare, lo volevo vedere godere, così cercai il filo con l’interruttore e accesi la luce, strappandogli la maschera dal viso. Cazzo’ci rimasi di pietra. Era mio padre, era quello stronzo di mio padre che non si faceva vivo con me da quasi vent’anni, quell’infame che a malapena si degnava di mandare gli alimenti a me e alla mamma. Non lo vedevo da una vita, il viso era invecchiato, i capelli diradati, ma lo sguardo era sempre lo stesso. Cazzo, stavo scopando quello stronzo di mio padre’L’eccitazione non mi dava modo di darmi ai ricordi o di pensare ad altro, la vagina pulsava e reclamava carne, reclamava quel pene, reclamava orgasmi e sperma. Non mi tolsi la maschera, e poi chissà se mi avrebbe riconosciuto, continuai a godermi il suo pene, quel pene che aveva contribuito a mettermi al mondo col suo latte, e continuai a sfondargli l’ano col vibratore – ma la cosa non gli dispiaceva minimamente -. Il pensiero dell’incesto, del proibito, aumentava in maniera esponenziale il mio piacere, portandomi a sensazioni mai provate. L’esperienza di mio padre mi portò diverse volte vicina all’orgasmo, per poi rallentare al momento giusto e riprendere. Smetteva sempre un attimo prima che io godessi, e quel giochino all’inizio piacevole era diventato ormai un tormento. Volevo godere, e volevo godere con lui, ormai gli avevo graffiato tutta la schiena e non avevo più forza per spingergli il vibratore nel culo. Ero al limite della sopportazione. All’ennesima volta che lui mi negò l’orgasmo, mi strappai la maschera e gli presi il viso tra le mani, urlandogli: ‘Cazzo papà, ti vuoi decidere a farmi venire, si o no?’. Lui si bloccò dentro di me, con sguardo inebetito, il suo piacere si affievolì, mentre scrutava il mio volto. Avvicinai il suo viso al mio, baciandolo come avrei fatto con un amante e non con un padre, allacciai la mia lingua alla sua, portando le sue mani sul mio seno. Mi girai sopra di lui, sbattendogli praticamente in faccia la fica fradicia e gocciolante, mentre con la bocca cercavo il suo pene. Lo presi tra le labbra, immaginando mentre stava nella vagina di mia madre la sera che mi concepirono, immaginai quel pene che poco fa era nella mia vagina, di cui sentivo il sapore, e lo leccai come se fosse stato il primo cazzo mai leccato in vita mia, come se ogni piega, ogni vena, ogni rilievo fosse stata una scoperta. E, piano piano, il cazzo di mio padre crebbe di nuovo, e diventò duro nella mia bocca, sotto i colpi della mia lingua. Lo sentii fremere mentre lui gridò: ‘Oh, Arianna’sei meglio di tua madre!’. La mia vagina sussultò, mio padre aveva vinto le sue resistenze e mi stava leccando in maniera egregia. Ma lo bloccai quasi subito, non volevo godere in quel modo. Così mi girai di nuovo, e mi impalai nuovamente sul suo cazzo stupendamente duro e grosso, per poi allacciare le mie gambe sulla sua schiena e girarmi, rimanendo distesa sul letto con lui sopra di me. E lui iniziò di nuovo a spingere, sussurrando ogni tanto ‘Ma com’è possibile!’ oppure ‘Non si può, sto scopando mia figlia’, e quelle parole, la sua voce rotta dall’eccitazione che cresceva di nuovo, mi facevano venire i brividi lungo la schiena, mi eccitavano ancora di più. ‘Papà, sto per venire’ – gli sussurrai, mentre con le gambe stringevo i suoi fianchi e con le mani mi aggrappavo alle sue natiche, per tenerlo dentro di me e non farlo scappare – , ‘Bimba, anch’io’ ‘ disse lui, mentre sentivo i suoi muscoli vibrare per la tensione. Ci stringemmo l’un l’altro come due naufraghi ad una scialuppa di salvataggio, mentre i nostri corpi sudati erano ormai allo stremo. La spirale del piacere scosse il mio corpo, mentre la vagina pulsante nell’orgasmo si stringeva famelica intorno al pene di mio padre, come per tagliarlo e tenerlo dentro di se per sempre. Gridai non so cosa, mio padre mi baciò, ed incapace di tirare fuori il suo pene venne dentro di me, venne dando una spinta fortissima mentre la mia vagina voleva inghiottirlo, toccò il mio utero e gridò il mio nome, mentre mi stringeva il seno e inarcava la schiena come un meraviglioso animale. Solo allora mi resi conto che non aveva il preservativo, sentii il suo sperma schizzare fuori in quantità copiosa, lo sentii caldo dentro di me, mentre mi riempiva, mentre iniziava a colare fuori da quanto era. Solo allora pensai che ero proprio nel periodo di sospensione della pillola, ma mio padre mi baciò dolcemente e accarezzò il mio viso, scostando le ciocche di capelli bagnati dal sudore. Non pensai ad altro che a lui, al suo corpo accanto al mio sul letto, al vibratore poco più in la che aveva fatto da spettatore al nostro amplesso, al suo pene ormai floscio sul ventre ancora giovane e allo sperma che usciva gorgogliando dalla mia fica stanca, scendendo lungo le mie cosce, fino a bagnare il letto. Ci abbracciammo stanchi, andando a fare una doccia, prima di dividerci per andare a cercare altri compagni per la notte ancora lunga. Promisi a papà che sarei venuta a trovarlo molto spesso in futuro.

La mattina me ne andai in fretta, all’alba, lasciando un biglietto ad Andrea in cui lo ringraziavo per la splendida nottata senza accennare a tutti i particolari. Nella macchina di papà, invece, lasciai il mio perizoma bagnato dai miei succhi col numero di cellulare. Mi chiamò già il sabato seguente! Ed io tornai a casa di Andrea!


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