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Racconti erotici sull'Incesto

Alla stessa ora

By 23 Settembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Anche quest’anno abbiamo festeggiano il 16 luglio, la data che ci accomuna nel compleanno. Si, perché Marta ed io, Filippo, siamo nati lo stesso giorno, sia pure in due anni diversi.
Marta, mia madre, &egrave nata 23 anni prima di me, cosicché lei ha spento 60 candeline ed io 37. Comunque: una torta unica, non molto grande perché eravamo solo lei ed io a celebrare l’evento, e di candele ve ne era solo una, piccola, come simbolo.
Eravamo soli: Michela, mia moglie, e Carlo, nostro figlio, sono al mare già da qualche giorno, e io spero di raggiungerli presto.
Sono figlio unico, e papà, purtroppo, ci ha lasciato da dieci anni, nel pieno delle sue forze e al massimo della sua attività professionale!
’60 anni!’, comincia a essere un traguardo rispettabile.
Mia madre &egrave piccolina, snella, molto elegante, e cura ogni dettaglio della persona, del vestire, dell’acconciatura.
Papà, che a malapena superava i 170 centimetri di altezza, la chiamava la sua bambolina, ‘Barbie’. Lei, infatti con tutti i suoi tacchetti da 4,5 arrivava a 160. Ma &egrave sempre stata bellissima: capelli lunghi, lisci, biondo oro; occhi verdi; un visetto grazioso, un ovale perfetto, labbra rosse. E poi, quel suo modo di camminare, lento e quasi cadenzato, che ‘non so quanto volutamente- valorizzava la deliziosa armonia delle sue curve. Insomma, una gran bella donna, anzi una donnina seducente.
A proposito, non credo che il suo incedere fosse studiato, perché anche adesso cammina alla stessa maniera, e a quanto mi risulta, anche dopo la morte di papà, non ha mai cercato di attrarre l’attenzione degli uomini.
Deliziosa cena, dall’Ostricaro, e ottimo lo champagne che abbiamo centellinato.
Mamma era radiosa, anche se da quanto &egrave rimasta vedova c’é sempre una vena di mestizia nel suo volto, nel suo sguardo.
Non ha mai accennato alla sua solitudine, e non si é mai lamentata di nulla.
Al termine della cena, era ancora relativamente presto, le proposi di andare a ballare. Mi sorrise, con infinita dolcezza, ma disse che preferiva andare a casa.
La accompagnai con la mia auto, durante il viaggio le presi la mano, e lei carezzò la mia, teneramente.
Decisi di salire, le dissi che volevo qualcosa di fresco, dato il clima.
Sembrò contenta di ciò. Aprimmo il portone, poi l’ascensore, la porta d’entrata.
Una temperatura gradevole, accogliente, dovuta alla climatizzazione.
Andammo direttamente in salotto, dov’era anche il mobile bar.
‘Allora, Fil, cosa gradisci?’
‘Faccio io, ma’, se tu vuoi cambiarti’ io sono in camiciola, come vedi.’
‘Grazie, sento proprio il bisogno di vestaglia e pantofole’ faccio in un minuto.’
Invece di prendere la bibita richiesta, accesi la TV. Le solite sciocchezze in serbo per le trasmissioni estive.
Mi alzai e girai per la stanza.
Mamma era già di ritorno, in una corta e leggera vestaglia rosa, coi capelli sciolti, e sembrava ancora più piccola con i bassi sandali da riposo.
Dimenticavo dire che io supero i 180 centimetri.
‘Non prendi niente Fil?’
‘Non so’ e tu? Ma ti vedo un po’ giù di corda”
Venne di fronte a me, mi guardò negli occhi.
‘Io ti sono grata, molto grata, per le tue attenzioni, per il tuo affetto, ma’ tu sei un uomo, Fil, uno sposo’ e io da dieci anni non sono più una sposa’ lo capisci?’
Le presi le mani.
‘Lo capisco benissimo, mamma, e spesso mi sono chiesto come tu, con la tua avvenenza, non abbia pensato di rifarti una vita’ anche perché non credo tu sia insensibile a’ certi naturali impulsi”
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Fu scossa da un improvviso brivido.
‘Insensibile, Fil? Non puoi immaginare quanto io abbia sofferto e soffra ancora la mancanza di tuo padre, e non solo per l’amore, l’affetto che ho sempre avuto ed ho per lui, ma anche perché mi &egrave venuta meno, di colpo, e proprio quando più ne avevo necessità, la ‘consolazione’, chiamiamola così, il completamento, il soddisfacimento della mia femminilità. Ne avevo una necessità pazzesca, e solo a pensarci mi sento rimescolare’
Ma non volevo immiserirmi a piatire il soccorso di un maschio qualunque, non potevo’ Ho sofferto’ soffro’.’
Ero profondamente commosso e colpito da quella inaspettata confessione, una rivelazione che non immaginavo.
La presi tra le braccia, alzò il visetto verso me. Era bellissima, incantevole.
Abbassò le palpebre. La baciai sulla fronte, sugli occhi, l’abbracciai forte. Scorsi la sua rossa bocca leggermente dischiusa, posai le mie labbra sulle sue, fu come folgorarla’ Si aggrappò alla mia nuca, si strinse a me con vigore, facendomi sentire il suo grembo, le sue piccole tettine, ancora sode, e sentii la sua lingua saettare avida nella mia bocca, cercare la mia lingua, afferrarla, suggerla, golosamente, mentre seguitava a stringersi e strofinarsi a me.
Senza accorgermene, fui trascinato dalla sua foga, mi eccitai istantaneamente e selvaggiamente, l’afferrai per le natiche, tonde e dure, la sollevai lentamente facendola strusciare sulla patta gonfia, fin quando non sentii che il mio fallo aveva incontrato il fondo del suo grembo, il suo sesso.
Anche lei lo sentì, e non riusciva a stare ferma.
Insomma, eravamo travolti da una incontrollabile smania, dalla urgenza inaspettata e improvvisa di un violento, prepotente, impetuoso, desiderio sessuale’.
Mi guardò con occhi sbarrati, respiro affannoso’
La sollevai sulle braccia, come un fuscello, andai di corsa verso la sua camera, la deposi sul letto, senza troppa delicatezza’ quasi le strappai la vestaglia’ aveva mutandine e reggiseno, ed era splendida, incantevole, seducente, desiderabile’
Rimase inerte, sempre guardandomi come se vedesse uno sconosciuto improvvisamente irrompente nella sua intimità’
Le sfilai le mutandine, tolsi il reggiseno.
Marta, la piccola Barbie, mia madre, era lì. Non aveva età, per me, in quel momento. Era bellissima, perfetta, avrei voluto baciarla, carezzarla’ dovunque’ ma non riuscivo a resistere all’impulso violento che mi dominava’
Era con le snelle e perfette gambe penzoloni, il pube prominente, il folto dei riccioli dorati che sembrava muoversi di propria vita’
Presi le gambe, le misi sulle mie spalle’ schiuse ‘ il suo sesso rosa era lì, spalancato’ le grandi labbra turgide’ le piccole’
Due secondi, e rimasi nudo anche io, con una prepotente erezione che pretendeva il suo soddisfacimento’ avvicinai il mio grosso e paonazzo glande a quella piccola apertura, morbida, tiepida, rorida, una leggera spinta e comincia a entrare, lentamente’
Mamma portò una mano sulla sua bocca, ma non riuscì a soffocare il lungo ‘ooooooooooooh’ che accompagnò la mia graduale ma interminabile penetrazione, finch&egrave non sentii il fondo della sua vagina, che si contraeva, come a baciare le pulsioni del mio glande.
Mi ritrassi, sempre lentamente, e rientrai’
Ancora un lunghissimo gemito, più forte del primo’
Cominciai un goloso e voluttuoso andirivieni’
Il suo bacino si inarcò, come se volesse farmi entrare al di là dei limiti del suo sesso’ incrociò le gambe dietro la schiena’. mi attirava a lei, si allontanava, seguitava ad attirarmi’
Il suo respiro era sempre più affannoso, il suo gemito irrefrenabile’
I suoi movimenti erano frenetici, sempre più energici’ e fu travolta da un incontrollabile orgasmo, che la sbatacchiava qua e là senza mai, però, allentare la stretta che stava mungendo il mio fallo’
‘Dio’ cosa mi capita’ dio’ diooooooooooooooooooooooooo! Ah!’
E giacque nello stesso momento che il mio seme, violento, irruppe in lei, copioso, spandendosi dovunque, stillando anche fuori di lei che riprese a dimenarsi’ Poi, restammo così: io su lei, in lei, e le sue gambe intrecciate sulla mia schiena che mi tenevano prigioniero. Respirava con affanno, la mia meravigliosa mammina.
Mi guardò con un volto estasiato, illuminato da una luce che non conoscevo’
‘Fil’ sei stato meraviglioso, incredibile’ ne &egrave valsa la pena attendere tutti questi anni’ ho avuto il compenso per così lunga rinuncia.. e chi mai avrebbe potuto immaginare e sperare in una tale eccezionale, meravigliosa e insuperabile conclusione, in un tale premio per il mio sacrificio, l’interminabile castità che mi ero imposta, grazie figlio mio’ grazie’.’
Mi prese il volto tra le mani e lo baciò appassionatamente, dappertutto, mentre la sua vagina si contraeva strizzandomi le ultime gocce di seme.
Voltò un po’ la testa, guardò l’orologio sul comodino. Mi strinse più forte’
‘Trentasette anni fa, a questa stessa ora, su questo stesso letto, dove ti avevo concepito, ti ho dato la vita’ Ora tu l’hai data a me’ sì’ perché ne &egrave valsa la pena vivere fino a questo momento per sentire rientrare in me la carne della mia carne, per provare un piacere sconosciuto e inimmaginabile. Grazie, tesoro.’
Il mio fallo, intanto, s’era baldamente ringalluzzito, più baldanzoso di prima, e non mi rimase altro che ricambiare i ringraziamenti della mia mammina, prodigandole un’altra entusiasta massiccia dose di sesso, con spinte più ardenti delle precedenti, conducendola ancora a quello che aveva definito ‘piacere sconosciuto’. Era così, non avevo mai provato un godimento del genere, con nessuna altra donna.
Ero tornato in lei trentasette anni dopo, alla stessa ora di quando ne ero uscito.
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