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Mi osservai per l’ultima volta allo specchio del bagno. I capelli raccolti in una coda. Il vestito da notte era perfetto su di me e lasciava all’aria braccia e gambe, con una scollatura che non vedevo dalla gioventù. Sembrava tutto perfetto. Fuori nevicava, in stanza il caldo era forte. Avevamo scelto di accettare questo invito e trascorrere in montagna in compagnia gli ultimi giorni delle feste di Natale. Tutto questo ci eccitava.

Non portavo il reggiseno, non trovavo il senso. Non dormo mai con il reggiseno e metterlo in quell’occasione mi sembrava una cazzata. Quello che invece scelsi di indossare era un perizoma color rosa, nuovo per l’occasione. Mi sentivo meravigliosa, emanavo luce. Uscii dal bagno e guardai mio figlio a letto, praticamente solo vestito di slip, mi stava dando le spalle. Avevamo programmato tutto. Questa era un’altra “lezione” per lui.

“Vorrà nascondere quella cosa…”, pensai mentre lo raggiungevo a letto. Ma una voce dentro di me gridava: basta, chiamiamo le cose con il proprio nome. ‘Quella cosa’ è il suo pene. Che immaginavo già in stato di grazia. Mi stesi di fianco a lui, guardando il soffitto, apprezzando la sensazione della pelle a contatto con le lenzuola pulite.

Avevamo deciso di provare un’altra posizione, la tanto temuta posizione da dietro, la pecorina. La sola vista del mio fondoschiena era il suo terrore, temeva di eiaculare troppo presto. Per questo gli consigliai di non spegnere la luce mentre l’avremmo fatto, doveva abituarsi a guardare. La “pecorina”… da quanto non la provavo? Lui avrebbe continuato ad imparare con il mio corpo, io ormai ero sotto un incantesimo. Quel sesso fugace con lui di qualche mese prima fu come una droga. Ammetto di aver desiderato di rifarlo, ma in maniera più soddisfacente. Nella stanza si potevano ascoltare solo i nostri respiri nel silenzio.

Fu lui a rompere il ghiaccio -doveva pur imparare a prendere l’iniziativa! Si alzò dal letto – notai più che bene il rigonfiamento che aveva avanti- e dalla valigia estrasse un preservativo. Finalmente si voltò verso di me, mi guardò negli occhi e si abbassò gli slip. Era serio. Il suo pene balzò fuori in tutta la sua bellezza… il glande era rosso vivo per il sangue accumulato, le vene erano sul punto di scoppiare. Aperta la confezione, srotolò il preservativo sull’asta del pene -aveva imparato a farlo da solo a quanto Mi osservai per l’ultima volta allo specchio del bagno. I capelli raccolti in una coda. Il vestito da notte era perfetto su di me e lasciava all’aria aperta braccia e gambe, con una scollatura che non vedevo dalla gioventù. Sembrava tutto perfetto. Fuori nevicava, in stanza il caldo era forte. Avevamo scelto di accettare questo invito e trascorrere in montagna in compagnia gli ultimi giorni delle feste di Natale. Tutto questo eccitava.

Non portavo il reggiseno, non trovavo il senso. Non dormo mai con il reggiseno e metterlo in quell’occasione mi sembrava una cazzata. Quello che invece scelsi di indossare era un perizoma color rosa, nuovo per l’occasione. Mi sentivo meravigliosa, che emanavo luce. Uscii dal bagno e guardai mio figlio a letto, praticamente solo vestito di slip, mi stava dando le spalle. Avevamo programmato tutto. Questa era un’altra “lezione” per lui.

“Vorrà nascondere quella cosa…”, pensai mentre lo raggiungevo a letto. Una voce dentro di me gridava: basta, chiamiamo le cose con il proprio nome. ‘Quella cosa’ è il suo pene. Che immaginavo già in stato di grazia. Mi stesi di fianco a lui, guardando il soffitto, apprezzando le lenzuola pulite.

Avevamo deciso di provare un’altra posizione, la tanto temuta posizione da dietro, la pecorina. La sola vista del mio fondoschiena era il suo terrore, temeva di eiaculare troppo presto. Per questo gli consigliai di non spegnere la luce, doveva abituarsi a guardare. La “pecorina”… da quanto non la provavo? Si sentivano solo i nostri respiri nel silenzio.

Fu lui a rompere il ghiaccio -doveva imparare a prendere l’iniziativa. Si alzò dal letto -si notava più che bene il rigonfiamento avanti- e dalla valigia estrasse un preservativo. Finalmente si voltò verso di me e si abbassò gli slip. Il suo pene uscì fuori in tutta la sua bellezza… il glande era rosso vivo per il sangue accumulato, le vene erano sul punto di scoppiare e sembrava più duro rispetto alle volte precedenti, ma l’avrei scoperto solo a breve. Aperta la confezione, srotolò il preservativo sull’asta del pene. In piedi, con la bella erezione avvolta dal lattice, pronta all’uso, si avvicinò a me.

Era il mio turno. Staccai la schiena dal materasso e gli regalai un sorriso per scacciare via quel poco di tensione che era rimasta nell’aria. Fu lui a sfilarmi il perizoma -bravo! Dissi dentro di me.

Mi voltai dandogli il fondoschiena e alzai leggermente il vestitino. Lo sentivo prendere fiato dietro di me.
“Concentrati sulle sensazioni e non cercare di distrarti pensando ad altro, farai peggio e non ti godrai il momento”, gli dissi.

Si avvicinava sempre di più a me. Mi girai con la testa, lo guardai camminare sulle ginocchia, afferrare il suo pene e direzionarlo dentro di me. Entrò subito.

“Così si fa…” mi dissi dentro di me.
Appoggiai la testa allo schienale, inarcandomi il giusto per favorirgli la penetrazione. Fu di grande aiuto, mi sembrò, perché il suo primo movimento fu liscio come l’olio. Avevo dimenticato quanto si sentisse in modo incredibile il pene in questa posizione. I primi furono colpi di ambientamento, poi mio figlio cominciò con i movimenti che tanto fanno bene all’uomo e alla donna. Prima un ritmo lento e sostenuto, poi una serie di colpi duri e profondi.

Era cominciato il sesso vero. Istintivamente, dopo un po’ portai una delle mani al seno. Il mio capezzolo era come la pietra. A questo punto, il suono della penetrazione risuonava nella stanza. Le mani di mio figlio erano ferme sui miei fianchi. I miei seni cominciarono a danzare nel vestitino, dondolavano al ritmo dei colpi che ricevevo. Dentro di me, la voce di qualche minuto prima, mi faceva sentire sporca: “ecco”, diceva la voce, “state scopando di nuovo. Tu e tuo figlio. Lasciati andare”. ‘Scopare’, un verbo mai appartenuto al mio vocabolario. Un piacere insano mi stava pervadendo. Ascoltai quella voce e mi lasciai andare completamente. Chiusi gli occhi e abbassai ancora di più la mia testa, abbandonandola completamente sul cuscino. Non avevo bisogno di aprire gli occhi. Stavo godendo. E mi scappò un sussurro dalla labbra, in preda all’estasi: “sì…”

“Cazzo…”, sentii dietro di me. Anche mio figlio stava assaporando il piacere della tanto temuta pecorina, aveva scavallato la paura e stava godendo con me. Era concentrato unicamente a penetrarmi, a darsi e a darmi piacere. I suoi assalti dietro di me erano di un uomo vero e tutti due acquisimmo il gusto di gemere ad ogni colpo. Il sesso procedeva, sentivo ogni centimetro di sensazione.

“Non ci credo…”, mormorò mio figlio, più che altro sembrava parlasse da solo. Era incredulo, evidentemente, di come fosse riuscito a sostenere un rapporto in queste condizioni. Lo ripresi immediatamente, in preda all’agonia del piacere: “questo è il sesso, vedi?.” Lo stavo innanzitutto ricordando a me stessa. Quello era il sesso.

Dopo un po’ eravamo fuori di noi, completamente posseduti. Sentivo la mia vagina dilatarsi, complice l’orgasmo in arrivo. Con una buona dose di sfacciataggine, chiesi a mio figlio di non fermari. Si stava da Dio.

La penetrazione era decisa, ma non indiavolata. Inarcai ancora di più la schiena, mi sembrava di sprofondare nel letto. Aprii la bocca per ansimare nel caos di lenzuola, e così fece mio figlio dietro di me. Ad un certo punto, avvertii il suo ventre completamente attaccato al mio fondoschiena: le mani di mio figlio erano passate dai fianchi alle spalle. ‘Senti come ti scopa con desiderio?’, diceva la voce. Mi sentivo desiderata. L’orgasmo stava risalendo dalle mie viscere. Mi avvolgeva tutta. Mentre cresceva il suono della penetrazione, con il suo pene immerso nei miei fluidi, portai la mia mano alle spalle, cercando la sua. Le nostre dita si incontrarono. Ero pronta ad accogliere i suoi ultimi colpi incredibili.

Però, dentro di me, qualcosa mi fece fermare. In memoria della prima volta, per trasgressione o nostalgia, volevo che eiaculasse sul mio corpo. “Sul culo!”, gli dissi ansimando in fretta e furia. Si staccò subito da me. Sfilatosi il preservativo, posizionò con cura il glande sulla mia natica destra e lì si liberò. Era bollente. Lui completamente in un altro mondo, con gli occhi lanciati all’insù.

Ebbi una sensazione di pienezza incontenibile. Volevo rifarlo, in altri mille modi. Mi sentivo riconnessa all’universo. La miglior ‘scopata’ della mia stupida vita. Mio figlio si accasciò sul letto.

“Allora, questa pecorina?”

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Autore Pubblicato il: 28 Febbraio 2023Categorie: Racconti erotici sull'Incesto0 Commenti

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