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Racconti erotici sull'Incesto

Carolina

By 29 Marzo 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Per lei il tempo non era trascorso.
Così, almeno, dicevano coloro che la conoscevano da moltissimi anni.
‘Carolina &egrave tale e quale a quando aveva sedici anni.’
Ora, però, ne ha trentasei, ed &egrave la maestra Carolina, stimata da colleghi e superiori ed anche dagli scolari e dalle loro famiglie, malgrado non sia particolarmente espansiva e cordiale.
Quindi, anche a sedici anni la sua taglia era 50!
Chissà se anche allora indossava reggiseno nero e mutandine (forse si chiamavano culottes) dello stesso colore. E chissà se fin da quella età, quando era in casa, preferiva farne a meno.
Diploma magistrale a diciassette anni. Matrimonio immediatamente nuovo. Senza particolare entusiasmo, credo, ma giusto per andarsene da casa, dove la vita, con la madre e la sorella minore diveniva sempre più insopportabile. Il padre era lontano, da anni, in un altro continente dove, a quanto era dato sapere, aveva una nuova famiglia.
A diciotto anni le sue splendide tettone, prosperose e turgide, rigonfie di latte, solcate da una miriade di venuzze rosse, e col grosso capezzolo a forma di oliva, nutrivano il suo primo figlio.
Veramente giunonica, Carolina, ma le sue carni sono sode come il marmo, e come il marmo di Carrara sono bianche.
Tette rigogliose che,dopo tre allattamenti, nulla avevano perduto della loro compattezza, e non necessitavano di sostegno, salvo che per limitarne i pur piacevoli sussulti.
Posteriore perfettamente in linea con la taglia, disegnato deliziosamente. Un perfetto emisfero, che tutti i maschi ammiravano e chiamavano ‘arco dei sogni’, desiderosi di potervi incoccare il proprio strale.
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Superfluo dire che anche io sono un maschio!
Ho diciotto anni, non più alto di centosettanta centimetri, snello, con pochi sport attivi: marcia, ciclismo, nuoto.
‘Di sana e robusta costituzione’, dice il referto rilasciatomi dopo il chek up per un po’ di agonismo sportivo.
Ho un ottimo appetito, anche sessuale.
A proposito: sono il primo figlio di Carolina. Dopo dieci anni &egrave venuto Mauro, seguito, dopo altri cinque, da Carla.
Invidiavo i miei fratelli minori quando li vedevo golosamente poppare alle splendide tettone materne.
Un giorno, mentre allattava Carla, facendo prendere aria ad entrambe le mammelle, le dissi che mi sarebbe piaciuto assaggiare il latte.
Quando Carletta si fu saziata e si staccò dal capezzolo,mamma disse di avvicinarmi, e mettere le labbra non lontane dalla sua tetta e mi avrebbe spruzzato un po’ del suo latte.
‘Veramente, mamma, mi piacerebbe succhiarlo direttamente?’ Temi che lo sottragga alla sorellina?’
Il mio tono era mellifluo.
‘Ho capito, Piero, spetta che metto in culla la piccola”
Senza riabbottonarsi il vestito, col seno semifuori, mise a riposare Carletta, tornò a sedere.
‘Vieni qui!’
Mi fece sedere sulle sue tiepide ginocchia e mi porse una mammella, come se fossi un lattante, tenendo il capezzolo tra due dita.’
Mi ci attaccai voracemente, con la mano sulla tetta, come facevano i piccini, e succhiai abbastanza a lungo il liquido caldo e dolce. Il pisello mi si era subito indurito, e credo che la mamma,guardando la patta dei pantaloni se ne fosse accorta.
‘Basta, Pierino, lo finisci tutto’!’
Ero stato seduto sulle sue gambe, ma il pisello anelava sentire lei seduta sopra di lui, provare la durezza delle sue natiche, possibilmente intrufolarsi tra esse.
Ada, la mia ragazza, collaborava attivamente ed entusiasticamente ad ogni mio desiderio, anche il più strambo, era una deliziosa valvola di scarico per le mie insaziabili arrapature, ma le sue chiappette e le sue tettine, lasciavano sempre una certa insoddisfazione in me. Carezzare il praticello della sua ‘micetta’ era bello,ma ero curioso di sapere come stavano le cose tra le gambe di Carolina.
Nella zona c’era Carmen la spagnola (così si faceva chiamare) che era la copia conforme di Carolina, salvo i capelli e il volto.
Una ‘professionista’ tra le più ricercate, per cui, in base alla legge economica, la sua tariffa era abbastanza cara. Comunque, avevo qualche risparmio e, soprattutto, una irrefrenabile curiosità e un sempre più pressante desiderio di una esperienza con una taglia 50. Mi sarei illuso di farlo con un’altra, quella che mi stava quotidianamente sotto gli occhi e che mi eccitava sempre più, specie con quella dannata abitudine di girare per casa con la sola sottoveste nera, corta, con strette spalline e bordi di pizzo. Ma come, non capiva che c’era un giovane sano e robusto? Non si rendeva conto dell’effetto che faceva su di lui? Cosa credeva che l’essere suo figlio significava soffocargli i naturali e sanissimi impulsi? Non si accorgeva che la patta dei pantaloni di questo ragazzo era sempre sul punto di saltare in aria? Le sfuggivano le manovre, gli stratagemmi, le astuzie, per palpeggiarle seno e sedere?
Il giovedì e il sabato Rosa, la domestica, usciva subito dopo aver rigovernato la cucina.
Eravamo in piena estate.
Scuole chiuse,maturità conseguita, caldo abbastanza forte.
Mamma mi aveva detto di chiudere la porta di casa a chiave, dopo che Rosa fosse uscita,
Il genitore in una delle sue solite missioni all’estero.
Lei sarebbe andata a riposare un po’ sul letto.
Mauro e Carla già dormivano nei loro lettini, in quella che era chiamata la ‘camera dei ragazzi’, molto ampia, con un grande balcone, tre lettini, un grosso armadio, tipo quattro stagioni, un comò a sei cassetti, un lungo tavolino-scrivania. Era vasta come il nostro ‘salone’, più di quaranta metri quadrati.
Ero rimasto in cucina.
Lo spettacolo delle belle chiappe di Rosa che si muovevano sotto il leggero vestito, e delle tettine che occhieggiavano dall’apertura dell’abito era gradevole e invitante. Quando mi passò vicino le detti una bella palpata. Mi sarei anche contentata di ‘una botta e via’, ma lei mi guardò con uno sguardo che mi fece quasi gelare. Del resto,stava per andare a trovare il suo fidanzato. Ma questo voleva dire poco, perché malgrado glielo avessi fatto capire in tutti i modi, e glielo avessi chiesto apertamente, Rosa non me l’aveva ancora data. Io, comunque,mi soffermavo su ‘ancora’. Mai ipotecare il futuro!
Comunque, finì in fretta, si rassettò, mi sorrise sorniona, se ne andò.
Chiusi la porta a chiave.
Volevo rassicurare la mamma che era tutto in ordine.
Abbassai lentamente la maniglia della sua camera, aprii la porta. Era in penombra. Lei, supina, sul letto. Il giornale era caduto sul tappeto. Mi avvicinai, piano, lo raccolsi, lo misi sul comodino.
Dormiva profondamente.
Si era sdraiata cos’ come stava, con la sottoveste che s’era sollevata, scoprendo gran parte delle cosce. Il caldo non suggeriva posizioni cosiddette ‘raccolte’. Infatti, aveva le braccia quasi spalancate e le gambe discoste.
Mi avvicinai per abbassarle la sottana.
Invece, mi accorsi che, con molta cautela e circospezione, la stavo sollevando, spiando sotto.
Mi venne quasi un colpo.
La mamma aveva un bosco di riccioli che dal pube scendevano tra sue cosce. Un intrico nero e folto, che non lasciava intravedere quasi nulla del suo sesso, ma era una visione incantevole.
Stavo per chinarmi ed affondare il volto in quell’incanto.
Mi trattenni a stento.
Uscii in preda a una violenta agitazione.
Decisi di uscire, malgrado l’ora e il caldo.
Andai a trovare Ramona.
Era sola in casa, e, salvo il colore, nella stessa tenuta di Carolina.
La sua sottoveste era rossa.
MI disse che stava riposando.
Mi fece entrare. Andammo nella sua camera. Stava per togliersi tutto. La fermai, la feci distendere sul letto, supina, le sollevai la sottana. Anche lei era pelosissima.
Mi spogliai in un attimo,mentre lei levava quel rosso inutile indumento e mi donò sensazioni meravigliose. Un corpo bianco e morbido. Grosse tette, ampi fianchi accoglienti, avvolgenti, magistralmente esperti, valenti, abili nel farmi godere.
Chiusi gli occhi, perché non era Carmen, ma Carolina.
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Qualunque diciottenne, anche se particolarmente affamato di sesso, si sarebbe dichiarato pienamente appagato dalla coinvolgente passione di Ada, dalla sua focosità, dal particolare entusiasmante modo di darsi e di prenderti. Ti eccitava, ti mungeva, svuotava, con l’entusiasmo ardente e voluttuoso dei suoi anni, che erano tanti quanto i tuoi.
Sudata, spossata, ansante, mi guardava negli occhi.
Cosa c’&egrave che non va, amore mio?’
‘Va tutto benissimo, tesoro, sei splendida, come sempre, incantevole. E’ stato bellissimo!’
In effetti, ce l’aveva messa tutta’ ed anche di più, ma non potevo certo dirle che pensavo a Carolina, a mia madre!’
Dati gli impegni paterni, quell’anno le ferie sarebbero state godute a fine agosto. Solita destinazione, ma molto piacevole e attraente: il mare,
Rosa aveva accettato di spostare anche lei il suo turno di riposo estivo, tanto più che il suo ragazzo era partito per un turno di sostituzione su una piattaforma off shore. Sarebbe tornato a fine settembre.
Lei aveva detto di essere un ‘fortezza’, di cui solo uno deteneva la chiave.
Comunque, la lontananza del fidanzato, la esiguità e leggerezza del suo vestire, la mia perenne e sempre insoddisfatta allupatezza mi suggerirono di tentare l’assalto alla ‘fortezza’, di confidare sul mio grimaldello che, sia pure presuntuosamente, ritenevo adatto a qualsiasi serratura.
Rosa, mi stavo accorgendo, non sfuggiva più la rapacità delle mie mani, sedette sulle mie ginocchia, gradì l’accorata esplorazione delle sue tettine e la approfondita ricognizione della valletta amena che racchiudeva tra le sue gambe snelle e belle.
Mi baciò follemente mentre veniva travolta da un orgasmo che minacciava di svegliare chi stava godendo del riposino pomeridiano.
‘Si, Piero, ma quando, dove, come?’
‘Nel box. C’&egrave una branda col materassino, adesso.’
Aprimmo cautamente la porta di casa.
Ascensore.
Direttamente in garage.
Il box, la branda, il materassino.
Via i pochi indumenti.
Pochi, rapidi preliminari.
Lei sulla sponda. Gambe alte, piedi sulle mie spalle, sesso spalancato, meraviglioso. Penetrazione pronta, facilitata dall’abbondante lubrificazione della sua vagina.
Una scopata memorabile.
Evidentemente tutti e due ci eravamo reciprocamente concupiti ed era giunto il momento di dimostrarci il nostro desiderio.
Sembravamo insaziabili.
Ma anche in queste cose la natura ha un limite.
Quando tornammo a casa, tutti dormivano ancora.
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Il pensiero, però, era sempre lì: Carolina.
Domenica.
Rosa andava Vitorchiano,a trovare la famiglia,
Riempita la lavastoviglie, aiutata la mamma a sparecchiare, accertatici che Mauro e Carla ronfavano, come sempre a quell’ora, Carolina diss che andava a riposare. Io sedetti di fronte alla TV, con un nervoso continuo, disordinato zapping.
Dopo un quarto d’ora spensi la TV, decisi di andare alle terme, sia pure sotto il sole. Dovevo dirlo alla mamma.
Camera sua.
Visione non nuova.
Dormiva, di fianco.
Una visione incantevole, ammaliante.
Andai dall’altra parte del letto, tolsi i sandali, mi sdraiai, voltato verso lei.
La sua schiena bellissima,le sue braccia, la scollatura, la dolce curva dei fianchi, la sottoveste che lasciava intravedere dove cominciavano le sue splendide natiche.
Allungai la mano, sollevai ancora.
Spettacolo affascinante, eccitante, invogliante, stimolante.
Il commento nella mia mente fu improvviso, immediato, spontaneo.
‘Che culo!’
Come impedire alla mano di carezzarlo? E all’altra di abbassare la zip e lisciarmi il pisello impazzito?
Il desiderio acceca, certo, rende imprudenti, incauti, fino a conseguenze a volte drammatiche,
Ma che li tenevo a fare i pantaloni, i boxer?
Pochi secondi e via.
Nessun movimento da parte di lei,
Mi accostai con piccole mosse.
Ormai ero fuori di me, in preda ad una frenesia, ad un raptus.
Misi delicatamente il pisello tra le calde chiappe di Carolina. Sentivo la ‘capocchia’ vicina al suo buchetto.
Il mio glande!
Carmen lo aveva ammirato.
‘Ha una bellissima forma’ ‘mi aveva detto- ‘a tulipano, ben appuntito, si allarga poi, come un fungo, penetra facilmente, ma on la larga base ti stira ogni piega e ti stimola nei posti adatti. Tu farai impazzire le donne.’
La punta del mio fiore vicino al bocciolo di Carolina.
Stavo fermo al massimo, o per lo meno credevo di essere fermo.
Ormai aderivo completamente alla sua schiena.
L’abbracciai. La mano andò a rifugiarsi nel boschetto che nascondeva il suo sesso. Ora, però, sentivo le sue turgide grandi labbra. Morbide e sode nel contempo.
Quel contatto aumentò la mia eccitazione, istintivamente l’attirai a me.
Non credevo a quello che constatavo.
Le cosce di Carolina di dischiusero appena, la mia mano scivolò tra esse, le dita incontrarono il clitoride, un cicchetto ben eretto, le piccole labbra. Erano bagnate, scivolose.
Non ne potevo più.
E se si fosse improvvisamente destata?
Cosa sarebbe successo?
Le baciai le spalle, le lambii con la lingua,
Con le labbra scostai capelli, la baciai sul collo.
Carolina si mosse, aprì ancora le gambe, con la mano afferrò il mio fallo e, dopo aver alzato le ginocchia, come accucciandosi, lo condusse all’ingresso della sua vagina, un colpo di reni e l’ingollò fin dove poté.
Comincio a muoversi,meravigliosamente.
Eiaculai quasi subito, senza però che la tumescenza del mio sesso scemasse, per cui seguitai a stantuffare con tutte le mie forze.
Carolina sculettava, da matta, mugolava,gemeva, mi aveva preso per le natiche e accompagnava, guidava, ritmava i miei movimenti, s’irrigidì un istante, poi fu squassata da sobbalzi turbolenti. Un grido e il suo abbandono, mi fecero conoscere cosa significasse un vero orgasmo.
Speravo che Mauro e Carla non si fossero svegliati.
Mi chiedevo,anche, come mai non avevo sentito un urlo analogo quando lei era col marito.
Sgusciai fuori da lei, lentamente.
Si mise supina, col capo voltato verso me, che ero rimasto sul fianco.
Sudata, con il volto illuminato da una luce e da una espressione che non conoscevo, mi fissò.
‘Cosa abbiamo fatto, Piero!’
Deglutivo, senza sapere cosa dire.
Mi carezzò il volto.
‘Sei un demonio, un vero demonio tentatore. Mi hai fatto provare per la prima volta sensazioni mai sperimentate. Non avevo mai goduto tanto. Chi me lo doveva dire che il vero piacere travolgente me l’avrebbe fatto conoscere mio figlio, il mio bambino. Vieni qui, tesoro.’
Mi accucciai tra le sue braccia, col capo sulla sua tetta, il capezzolo tra le mie labbra, il ginocchio sul boschetto incantato.
Che meraviglia!
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