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Racconti erotici sull'Incesto

Casa Sereni

By 18 Giugno 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

”Carissima Luisa,
ho pensato tanto prima di scrivere questa lettera. Mille idee per la mente, mille tentennamenti. Ho iniziato e interrotto più volte.
Ho deciso.
Ti scrivo.
Vigliaccamente lascio a te la scelta, la responsabilità della sentenza che per me significherà vita o morte.
Non so se io sia riuscito a farti comprendere cosa tu significhi per me.
Sono stato sempre in adorazione di te. Sei stata, e sei, la mia unica ragione di vita.
Ho cercato di allontanarti dalla mia mente, dal mio cuore, dai miei sensi. Inutilmente.
Sento di essere a un bivio, &egrave più esatto dire ‘al bivio’, della mia esistenza. Una strada mi conduce, anche se non senza difficoltà, alla vetta. L’altra precipita nell’abisso.
Ho fatto l’impossibile per non sprecare il tempo. E ciò solo nella lusinga che il mio impegno non sia stato vano.
Ieri il termine, lusinghiero, dei miei studi.
Oggi, di già, un promettente ingresso nel mondo del lavoro. Ma tutto potrebbe essere inutile.
La grande città in cui mi sono trasferito, fin dal primo anno di università, mi protegge col suo anonimato come un forte inespugnabile. Sono solo io. L’oscuro Sergio Sereni. Con un piccolo appartamento in periferia, in una villetta isolata e tranquilla, non distante dal luogo di lavoro, dov’&egrave scritto: ‘SS’.
Lunga premessa, Luisa mia, per dirti che il mio futuro &egrave nelle tue mani.
Sono solo.
La mia casetta &egrave vuota, buia, triste.
Tu solo puoi illuminarla, rallegrarla.
Non posso offrirti una patetica cerimonia, all’altare, con ceri e testimoni; né di fronte alla fascia tricolore del sindaco. Posso offrirti me stesso. Solo me stesso.
Se non mi risponderai, comprenderò la tua decisione. Non la biasimerò, ma la soffrirò, per sempre.
E seguiterò ad amarti, a volerti bene. Per sempre.
Sergio.
p.s. non dare a nessuno, a nessuno, il mio indirizzo, il mio numero di telefono o di cellulare; che seguitino a scrivermi ‘fermo posta’.”

Imbucò la lettera, ma tornando a casa era convinto che molto probabilmente non avrebbe avuto alcuna risposta.
^^^
Non ricevette nessuna lettera, infatti, ma’.
Era nello studio, leggeva, distrattamente. La mente era affollata da mille pensieri, ed uno, soprattutto, lo tormentava: Luisa.
Il citofonò ronzò.
Strano, a quell’ora. Non solo non aspettava nessuno, ma pochissimi sapevano dove abitava. Sulla targhetta solo le iniziali, S.S. Due lettere che doveva cambiare, magari indicare solo il cognome, o il nome, perché qualche buontempone gli aveva telefonato per chiedere se era un covo di SS. Quelle di malfamata memoria nazista, le formazioni speciali di repressione politica.
Andò all’apparecchio, spinse il pulsante.
Un laconico ‘Si?’
Quasi gli venne un infarto nel sentire quella voce inconfondibile, indimenticabile.
‘Sergio, sono Luisa!’
Riuscì solo a dire che apriva, che era al quarto piano.
Corse alla porta di casa, nel passare dinanzi allo specchio vi dette una sbirciata. Sì era lui. E quella era la voce di Luisa. Aprì, rimase in attesa.
L’ascensore si fermò al piano, la porta si dischiuse.
Era proprio Luisa, con una grossa valigia.
Splendida, sorridente, una visione incantevole. Lasciò le valige, corse a rifugiarsi tra le braccia dell’uomo. Piangevano e ridevano, si carezzavano, baciavano. Sul pianerottolo. Le cinse la vita, la condusse in casa’ a proposito’ le valige’ tornò indietro, le prese, le portò nell’ingresso, chiuse la porta, tornò a stringere la donna tra le braccia, le ricoprì il volto, gli occhi, le labbra, la gola, di baci golosi. Poi le labbra si unirono, le lingue si cercarono’
La strinse a s&egrave, e così, abbracciati, si avviarono verso il salotto. Non le aveva dato nemmeno il tempo di togliere il leggero soprabito.
Si staccò da lei, le afferrò le mani, la allontanò un po’ per ammirarla. Era bellissima, eccezionale, affascinante. Lei, sorridendo, riuscì a levare lo spolverino, lo gettò su una poltrona.
Meravigliosa, Luisa, incantevole. Sergio la divorava con gli occhi. Il volto, i capelli, il collo, il seno provocante, eccitante, i fianchi, le gambe. Era estasiato, e andava sempre più eccitandosi. L’accostò a sé ancora, si abbassò un poco affinché la prepotenza del suo sesso, imprigionata nei pantaloni, s’insinuasse nel grembo di lei, che dischiuse appena le gambe, accogliendola e godendola; le mani di Sergio afferrarono le natiche, tante volte guatate, sognate, e la serrarono ancora di più.
‘Luisa, amore mio’.&egrave un sogno’ non posso crederci’ allora’ tu sapevi quanto io ti amo’quanto e come ti desidero’.’
Lei annuì, in silenzio, e col corpo gli disse il proprio desiderio. Incontenibile.
Non così in fretta, però. Non così. Dovevano affrettarsi lentamente.
Sergio cercò di riprendere il controllo. Allontanò il suo corpo da quello della donna, andò a sedere sul divano, tenendola per mano.
Luisa gli chiese dove fosse il bagno.
Quando Sergio glielo spiegò, si alzò sorridendo.
‘Torno subito.’
Lui rimase con gli occhi sognanti, con una espressione estatica sul volto.
^^^
La sera era calata velocemente.
Erano restati sul divano, le mani nella mano.
Lei aveva chiesto di mutare d’abito.
Sergio rimase per un attimo esitante.
‘Puoi farlo in camera mia.’
‘E dove altro dovrei farlo?’
L’uomo portò il bagaglio nella sua camera. Ampia, luminosa, con un letto abbastanza comodo, quelli che chiamano alla francese, più piccolo di un matrimoniale, più grande di un singolo.
‘Se ti serve qualcosa, chiamami.’
‘Dove vai? Abbiamo tante cose da dirci. Resta qui mentre mi cambio. Siedi in poltrona.’
Le valige erano state poste sul basso divanetto.
Luisa tolse il vestito, rimase in reggipetto, minuscolo, che mostrava generosamente il seno rigoglioso, e un ridottissimo slip che lasciava scoperta gran parte del florido perfetto emisfero del fondo schiena, la magnifica protuberanza del pube, e dal quale sfuggivano piccoli ricci neri che adornavano il grembo.
In effetti, lui aveva avuto, in passato, modo di sbirciare la ragazza non completamente vestita, ma vederla ora, così, era eccitante.
Luisa andò alle valige, volgendo la schiena all’affascinato Sergio, si chinò per aprirle, rivelandogli incanti fino allora da lui solamente immaginati.
Sergio dovette frenare l’impeto di alzarsi, di andare ad abbracciarla, di strapparle il reggiseno, baciarle, ciucciarle i capezzoli.
Ancora non sapeva se era tutto un sogno.
La donna prese una leggera vestaglia, la indossò, andò a sedere sulle ginocchia di Sergio, gli cinse il collo, lo baciò sulla bocca.
‘Sei il mio piccolo Sergio, il mio tesoro.’
Era quasi timido, l’uomo, impacciato, come il povero cui improvvisamente sia capitata una eccezionale ricchezza. Non ha visto mai tanta grazia di dio, il pezzente, e non sa se sia proprio roba sua, se ne può disporre’
Così Sergio, non osava toccarla.
Fu lei, Luisa, a prendergli una mano e a portarsela sul fianco. Caldo, morbido, invitante.
Dapprima un leggero sfioramento, esitante, poi salì lentamente al seno’ osò infilarsi nella vestaglia, e perfino a intrufolarsi nel reggipetto. Oddio, quello era il capezzolo’
Fu pervaso come da una scarica elettrica. Il fallo si eccitò, dischiuse appena le gambe, ma anche così era sempre soffocato nella patta. Sentì muoversi il delizioso culetto di Luisa, come a volersi assestare per sentire meglio la virilità di lui.
E quasi senza accorgersene, si trovò stretto a lei, con un bacio sensazionale, le lingue che si cercavano golosamente, avide, ingorde. Il primo vero bacio con Luisa.
Gli sembrava sprofondare. Era tanto il piacere che temeva, da un momento all’altro, di sentirsi sfuggire il seme che ribolliva in lui.
Luisa allontanò il suo bellissimo volto. Gli sorrideva incantevolmente, gli teneva il volto tra le mani.
‘Il mio Sergio!’
‘Dimmi che non sto sognando, Luisa. Dimmelo, per favore.’
‘E’ tutto vero, amore mio, &egrave tutto vero.’
Solo allora, Sergio, si accorse che non aveva chiesto alla donna se avesse pranzato, come era andato il viaggio, se avesse fame.
‘Viaggio ottimo, amore mio’ troppo lungo’ non finiva mai’ quell’ora in aereo mi &egrave sembrata una eternità’ avevo fretta di raggiungerti’ ogni tanto rileggevo la tua lettera, le tue parole’ il tuo grido, la tua invocazione’ sono qui, tesoro, sono qui’
Ho fame, sì, tanta’ ma di te’ adesso!’
Si alzò, lo prese per mano, ed entrambi si avvicinarono al letto.
Gli sbottonò la camicia, gliela tolse. Fece cadere la sua vestaglia, si voltò di schiena.
‘Sgancialo, amore!’
Sganciare cosa, pensò Sergio. Poi capì: il reggipetto. Gli tremavano le dita nel farlo.
Luisa si girò. Un seno prospero e sodo, bellissimo. Più bello del sognato. Una visione che incanta.
Lei gli slacciò la cintura, abbassò la zip dei pantaloni, li fece scendere giù, si inginocchiò, gli tolse i mocassini, le calze, e tirò via i pantaloni. Era evidentissima la protuberanza della sua incontenibile erezione.
Luisa gli prese le mani, le portò all’elastico del suo piccolo slip e le guidò verso il basso, per liberarsi dell’indumento.
Apparve una peluria, che divenne folto e morbido viluppo corvino a mano a mano che il triangolino di stoffa scendeva, svelando quanto era tra le sue gambe. S’intravedevano appena le grandi labbra, ma la montagnola pubica era abbastanza marcata.
Quando Luisa alzò le gambe, prima una poi l’altra, il suo sesso fu quasi completamente visibile. Un tenue rosa. Solo di sfuggita, però.
Ora toccò al boxer di lui, ed ella lo aiutò.
Andò a sdraiarsi sul letto, guardandolo con occhi fulgenti e nari frementi, tendendogli la mano.
Era li, Luisa, incredibilmente lì.
Sergio deglutiva a fatica, si muoveva quasi goffamente, quel pennone che s’ergeva tra le sue gambe lo metteva in soggezione, ne sentiva quasi vergogna.
Fu lei ad attirarlo.
Lui si decise, finalmente, a carezzarla con una mano, a chinarsi e baciarle una tetta, a lambire e poi succhiare un capezzolo, caldo e rigido. Scese con la mano, lentamente a sfiorare quel cespuglio che lo ammaliava, sentì le gambe di lei dischiudersi. La mano poggiava, aperta, sulle turgide grandi labbra. I lunghi riccioli neri sembravano incresparsi al tocco di lui. Le gambe di Luisa si aprirono ancora, un dito di lui s’inserì più a fondo. Era caldo, umido, liscio. Quelle, sicuramente, erano le piccole labbra, il vagheggiato sesso di lei’ e quello il clitoride. Come vibrava, irrequieto’
Luisa gli prese la testa lo baciò ardentemente, con cupidigia, il suo grembo sussultava, la vagina stillava la sua voluttà.
Gli sussurrò all’orecchio:
‘Adesso, amore mio’ adesso’ piano’ tesoro’ piano’ sono tua, Sergio’ tua”
Lui si mise tra le gambe di Luisa, reggendosi sulle ginocchia, portò il glande all’ingresso della vagina e iniziò delicatamente a penetrarla’
Era stretta, molto stretta e’.
‘Ahi”
Un flebile gridolino della donna che si mordeva il labbro inferiore della bocca’
Lui restò un attimo perplesso, poi, il desiderio, la voglia incontenibile, l’eccitazione, la concupiscenza ebbero il sopravvento, e la penetrò fin quanto’. ne entrò’ si fermò di nuovo’ la guardò’
Ora Luisa gli sorrideva.
‘Ho fatto qualcosa di male, anima mia? Ti ho fatto male?’
Lei scosse la testa, e inarcò il bacino per andargli ancor più incontro.
Fu quella che, per usare termini volgari ma che rendono perfettamente l’idea, si definisce una scopata atomica. Travolgente, sconvolgente, con gemiti e sussulti, e un orgasmo che sembrava non voler finire mai, per quietarsi un momento, e riprendere quando la spinta di lui, e la frenetica vibrazione del fallo, precedettero la calda invasione del seme che dilagò nel grembo palpitante della inebriata Luisa.
Giacque su lei. Godette delle contrazioni di quel voluttuoso guanto vivente che fasciava il suo sesso. Lo mungeva, fino all’ultima goccia.
Si baciarono lungamente, e lei lo sentì rifiorire. Strinse le gambe, lo baciò lo carezzò.
Sergio alzò la testa, la guardò.
‘Perché quel gridolino, amore?’
‘Scusa, ma &egrave stato quando’ quando mi hai dato il meraviglioso dono di potermi considerare veramente donna’ completamente donna”
La guardò sbalordito.
‘Non mi dirai che eri”
Lei annuì.
‘Lo ero, amore mio, lo ero’ lo ero perché sapevo che saresti stato tu il mio primo’ il mio solo uomo’ &egrave stato bellissimo”
Il suo ventre sussultava.
‘Allora’. Non abbiamo usato alcuna cautela”
Lo guardò con scherzosa severità.
‘Perché, non lo vuoi un ‘nostro’ figlio?’
‘Si’ ma”
Gli carezzò il volto.
‘Non preoccuparti, bambinone’ &egrave tutto a posto’ ci ho pensato per tempo!’
Sergio si sfilò lentamente da lei, si inginocchiò e volle curiosare tra le gambe della donna. Quanto ne fuoriusciva era delicatamente rosato.
^^^
Fu l’inizio della vita di coppia. Della ‘convivenza’ come usa dirsi. Una coppia piena d’amore, di desiderio.
Lui seguitò la sua attività professionale, lei, brava interprete, trovò subito un lavoro.
Il tempo trascorreva.
La casa, ora, era divenuta splendida, luminosa, diceva Sergio abbracciando Luisa.
Facevano l’amore con maggior foga che non la prima volta.
Coccole, carezze, tenerezze.
Ma era il reciproco possesso dei loro corpi che anelavano, erano ingordi l’uno dell’altro, quasi insaziabili anche se appagati dei loro amplessi, E non era una contraddizione.
Dormivano abbracciati, quasi sempre nudi.
Lei voleva ‘sentirlo’, sempre e comunque, o voltandogli le spalle e accogliendolo nel solco del suo incantevole culetto, con le mani di Sergio sapientemente posizionate sul seno e tra le gambe, o abbracciata a lui, di fonte, e a cavallo di quel ‘coso’, come lo chiamava, che era la ragione della sua vita.
Sergio, da parte sua, viveva per la ‘micetta’ della sua compagna. E le era prodigo di carezze, baci, e soprattutto di approfondite esplorazioni e, guarda caso, ogni volta gli sembrava di trovare qualcosa di nuovo.
Non facevano vita troppo mondana, quando potevano sfuggivano gli inviti, soprattutto provenienti da colleghi. Preferivano, in ogni caso, ‘vedersi fuori’, anche se, logicamente, aveva dovuto ricambiare qualche cena in casa propria.
Luisa era apprezzatissima nel suo lavoro, e Sergio aveva fatto qualche passo avanti, in carriera.
Non potevano lamentarsi della situazione economica. Amavano andare a teatro, qualche gita e, se possibile, anche un viaggio in Paesi da conoscere.
Incredibile. Non litigavano mai. Avevano idee e principii molto spesso coincidenti.
La loro riservatezza non era sfuggita a conoscenti e amici, ma era stata attribuita all’essere loro ‘conviventi’, anche se, per la verità, non erano i soli.
Qualche collega aveva chiesto a Luisa, perché non si sposavano.
La risposta era sempre la stessa: ‘ci stavano pensando’.
Di una sola cosa sentivano la mancanza: di un bambino, di un figlio. Ma sfuggivano quell’argomento.
Luisa era sempre più bella, e non dimostrava affatto di avere un paio d’anni più di lui. Sembrava una ragazza sbarazzina.
Ma, soprattutto nell’intimità, era dolcissima, e a questa sua dote sapeva unire una passionalità e un ardore inimmaginabili in una creatura dall’aspetto così tenero ed elegante.
Non si ‘scatenava’, come usa dirsi quando le donne sono sessualmente sfrenate. Era una buongustaia anche in questo.
Affermava che il sesso va gustato, come un buon pranzo.
Cose squisite e sfiziose, che tolgano un capriccio.
Come in un pranzo raffinato, appunto: antipasto e’. fino al dolce’alla crema. Che lei chiamava ‘crema balsamica’. Peccato che non la potesse utilizzare anche per’ sì’ per un figlio.
Quella sera era particolarmente desiderosa delle attenzioni del suo uomo, e fu lei a prodigargli le sue. Si presentò completamente nuda, in tutto il fulgore della sua magnifica bellezza. Stupenda, statuaria. Si avvicinò al letto, dove lui stava leggendo il giornale, glielo tolse dalle mani e lo mise sul comodino, levò la leggera copertina, e senza parlare, con ostentata serietà, lo svestì rapidamente del pigiama. Ora anche Sergio era nudo, Quella manovra, ovviamente, non lo aveva lasciato insensibile.
Si sdraiò su lui, a pelle d’orso, con le belle tette premute al petto di lui, e il ‘coso’ schiacciato tra i loro corpi.
Cominciò a baciargli gli occhi, le labbra, a intrufolare la sua lingua birichina nella bocca di lui, strisciò più su, coi capezzoli all’altezza della bocca di lui. E socchiuse gli occhi quando Sergio cominciò a succhiarli, lentamente, ora l’uno, ora l’altro. Il ‘coso’ era sempre tra loro, sacrificato.
Sergio le carezzava la schiena, le natiche, e lei andava muovendosi sempre più sensibilmente.
Si alzò sulle ginocchia, scese col bacino verso il basso.
Il fallo di Sergio era imponente come un pennone svettante verso il cielo. Luisa si sollevò, lo prese con due dita lo portò alla sua rorida ‘micetta’ e vi si impalò voluttuosamente.
Un ritmico movimento, dapprima lento, poi sempre più crescente. La testa un po’ indietro, gli occhi socchiusi. Il ventre aveva ondulazioni che dicevano delle contrazioni sempre più impetuose che stavano mungendo il ‘coso’, lo strizzavano.
L’orgasmo salì a ondate, incontrollabili, sconvolgenti, conturbanti, e si manifestò in modo particolarmente appassionato, tra gemiti rochi e respiri affannosi. Le mani di lui stringevano forte le tette, titillavano i capezzoli.
Furono travolti dal piacere nello stesso momento. Meravigliosamente.
Lei si riversò sull’uomo.
Rimasero così, fin quando non si calmarono.
Luisa alzò la testa, con un’espressione d’estasi sul volto.
‘Ecco, amore mio, &egrave in questi momenti che si concepisce un figlio, il figlio del vero amore.’
‘Certo, tesoro mio, ma cosa accadrebbe se, in un modo qualunque, potesse venire a sapere, che &egrave figlio di fratello e sorella?’
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