Skip to main content
Racconti erotici sull'Incesto

Giorgio

By 4 Luglio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

avventura in citta’

Quel giorno dovetti andare a Genova per fare dei documenti. Andai in treno al mattino presto e per le undici avevo finito tutto. Fu sull’autobus, tornando alla stazione, che mi imbattei nella Ada. Imbattermi non è la parola giusta. Meglio dire che ero stato schiacciato sulla Ada. L’autobus era, come al solito, affollatissimo. Io ero in pantaloncini e maglietta. Ad un certo punto mi trovai letteralmente schiacciato contro la signora davanti a me. Una tipa alta e robusta dai capelli grigi raccolti sulla testa. Mi sembrò che si strofinasse un po’, ma non ci feci caso fino a che una mano si infilò tra di noi dandomi una palpata al cazzo. Capii che era lei quando se lo sistemò dritto tra le chiappe strofinandosele sopra. Mi cominciò a tirare e lei si strofinò ancora di più. Con la gonna leggera che indossava doveva sentirselo tutto per bene. Qualche piacevole minuto dopo, si girò piazzandomi un super paio di tettone contro le spalle, mi afferrò il cazzo stringendomelo e mi sibilò in un orecchio che scendeva alla prossima fermata. Mi mollò e si fece largo verso l’uscita. Se quello non era un invito? Seguendo l’istinto mi accodai a lei. Scese in Corso Buenos Aires e si infilò in una traversa senza neanche guardarsi dietro. Entrò in un portone, io sempre dietro ad un metro di distanza, coprendomi il gonfiore con la busta dei documenti. Aprì la porta della portineria e si voltò per farmi entrare. Sorrise vedendomi sempre in tiro, ma non disse una parola. Chiuse la porta, si sbottonò la gonna e la lasciò cadere abbassandosi le mutande allo stesso tempo. Si appoggiò al tavolo.
“Fai presto!” mugolo rochissima, quasi inintelligibile.
Io l’avevo già imitata togliendomi i pantaloncini e gli slip. Aveva un bel culone, ancora sodo per la sua età, verso i sessanta avrei detto. Ma mi tirava da matti. Le slargai le chiappe facendola chinare ancora di più. Aveva un buco di culo scuro e grinzoso, dall’aspetto stretto. Sotto un fregnone bello peloso, semiaperto, bagnatissimo. Me lo presi in mano e lo feci passare su e giù tra le labbrone sugose. Tra i suoi mugolii puntai la cappella e, acchiappandola per i fianchi l’infilai a fondo. Entrò come una lama nel burro talmente era fradicia. Gemette e cominciò a roteare i fianchi. La presi ancora più saldamente e cominciai a sbatterla con forza, piuttosto veloce. Una ventina di colpi e cominciò a tremare gemendo forte. Un altro paio e venne cercando di raddrizzarsi. La tenni giù e continuai a pompare implacabile. Si afflosciò sul tavolo cercando di rispondere ai miei colpi. Venne ancora ed ancora urlando. Quando disse basta la mollai. Le gambe non la reggevano più. Si lascio’ cadere su di una seggiola. Si voltò verso di me. Massaggiandomi le palle disse:
“Grazie! Mi chiamo Ada!”
“Io Giorgio!”
Al massaggio aveva aggiunto l’altra mano menandomelo su e giù. Arrossì.
“Non mi crederai, ma e’ la prima volta che faccio una cosa del genere. Oggi ero particolarmente eccitata ed il contatto sull’autobus mi ha fatto venire una voglia pazzesca. Io… !”
“Non ti devi spiegare. Ma se ci mettiamo comodi, ti do ancora due cappellate!”
“Ho proprio scelto bene!” rise “Non so se ce la faccio, non sono certo più una pivella!”
“Io ho un debole per le donne mature!”
“Vieni andiamo di là!” Si alzò e andammo in camera. Ci levammo il resto dei vestiti. Quando fu nuda ebbe un momento di pudore e si sedette incrociando le braccia sulle super tettone. Anche piu’ grosse della zia, direi. Si sdraiò sempre coprendosi il seno. Mi inginocchiai tra le sue gambe facendogliele spalancare. A dir fradicia era poco. Gli orgasmi precedenti l’avevano lasciata addirittura tumefatta e gonfia. La infilai di nuovo mettendole un dito sul grilletto anch’esso gonfio. Pompate lunghe e lente, tutto dentro e tutto fuori. Un paio di minuti e godeva ancora, ormai senza forze, le braccia aperte, completamente sfiancata. Lo levai e mi sedetti a cavalcioni sul suo petto. Facendolo passare tra le tettone glielo spinsi in bocca. Leccava e succhiava, ma non da esperta. Inginocchiato ai lati della sua testa cominciai a chiavarla in bocca, cercando di non soffocarla. Con le mani mi massaggiava le palle e le chiappe. Le dissi di prepararsi che le avrei sborrato in gola, ma poi cambiai idea. Lasciandole in bocca solo la cappella cominciai a menarmelo velocemente.
“Aaah! Ecco! Succhiatela tutta!” ruggii sborrando con forza. Strabuzzando gli occhi cercò di trangugiare tutto e ci riuscì. Finalmente appagato mi sdraiai accanto a lei, continuando a pastrugnarle le tettone.
“Pensi che sono una vecchia troia, vero?”
“No! Penso che mi sono divertito. Cosa dici? Ci rifocilliamo un po’ e poi ce ne facciamo un’altra? Magari ti do un colpetto al buco del culo!”
Ebbe come un brivido e arrossì di nuovo. Poi sussurrò: “Va bene, ma prima fammi andare in bagno!” Si alzò. La seguii.
“Vengo anch’io!”
Fece per sedersi sul water.
“Aspetta che la facciamo assieme! Dai, entra nella vasca! Accucciati, slargatela bene, piegati un po’ indietro, ecco, comincia a farla. Ecco, brava! Così!” Inginocchiato di fronte a lei me lo presi in mano e cominciai a pisciarle contro la fica aperta che stava fiottando in aria la sua fontanella paglierina. Improvvisamente arrappata Ada si mise un dito sul grilletto strofinandoselo con forza. Pisciando, godette un’altra volta.
“Non ce la faccio più! Sono morta!” gemette alzandosi a fatica mentre io aprivo il rubinetto. “Cosa ti inventerai ancora?” Risi e cominciai ad insaponarla.
“Suoniamo ad orecchio! Voltati che voglio vederti il culo!”
“Solo vedere, però!”
“Per adesso solo vedere! E toccare!” Sempre ridendo le aprii le chiappe e la insaponai per bene, sondandola con il dito. Era bella stretta, direi che ne aveva presi molto pochi! Cominciai a lavorarla di dito a lei si mise a mugolare.
“Puoi farti un ditalino.” La incoraggiai.
Di nuovo allungò la mano a strofinarsi la spacca insaponata. Io continuavo a sditalinarle il culo. Un paio di minuti e veniva ancora.
“Sei proprio in calore!?!” la stuzzicai.
“Adesso ti insapono io!” disse sfilandosi dal mio dito. Le girai le spalle offrendole la chiappe. Capì al volo. Mi insaponò per bene e, smenacchiandomi l’uccello mi infilò delicatamente un dito, meravigliandosi della facilita’ con cui entrava. La lasciai lavorare per un po’.
“Allora, andiamo a mangiare qualcosa?”
“Ma… ce l’hai ancora duro! Non vuoi…!”
“Lo teniamo per dopo! Ti devo ancora imbiancare il retro bottega!”
A malincuore lo mollò. Ci sciacquammo e andammo in cucina. Mentre preparava telefonai a mia zia
“Ciao, sono io. Arriverò tardi stasera, non so ancora che treno prendo. Te lo farò sapere….No, ho trovato una… sull’autobus, anzi mi ha trovato lei… sono a casa sua… si, ce la stiamo godendo, ma devo ancora farle il culo!…Si, va bene! Ti chiamo dalla stazione. Ciao!
Naturalmente Ada aveva sentito tutto.
“Ma a chi hai telefonato?”
“A mia zia, sono in vacanza da lei e mi aspettava verso quest’ora.”
“E.. le hai detto…”
Scoppiai a ridere. “Ma certo! La mia zietta è lei che mi ha insegnato tutti i giochetti che ti sono piaciuti tanto! Ti ho detto di avere un debole per le donne mature!” Aveva preparato pane, salame, formaggio ed un bel fiasco di vino. Cominciai a mangiare affamato. Vedevo che era curiosa di sapere di più, però volevo che soffrisse un po’ e si eccitasse di più. Facemmo piazza pulita e, dopo un bel caffè, ci accomodammo sul divano.

“Muori dalla voglia di sapere di me e la zia. Eh?”
“Oh, si! Sono di nuovo tutta in calore, solo a pensarci…!” rabbrividì.
“Va bene, ma tu mettiti lì nell’angolo, alza su le gambe e fammi vedere come te la meni bene.” Obbedì.
“Sei proprio un porco!” Disse a fica spalancata, menandosela a due mani.
“E’ successo qualche anno fa. Mia zia è realmente la zia di mio padre, ha più o meno la tua età, cinquantott’anni.”
“Io ne ho cinquantanove.”
“Appunto! Allora ne aveva cinquantacinque. Per premio per essere stato promosso, i miei mi hanno mandato dalla zia in vacanza. Zia Pina e’ sempre stata la mia preferita, fin da bambino. Poi a Sanremo d’estate ci si diverte un mondo.” Mi inventavo la storia man mano che raccontavo. Lei ascoltava con gli occhi chiusi e le mani in moto.
“La zia è vedova ed è quasi sempre sola, fu perciò contentissima di avermi per casa. Il sesso era l’ultima cosa che pensavo quando ero con lei. Anche quando seduto in braccio, la testa sulle tette, mi raccontava delle storie. Non le ha grosse come le tue però! Un giorno, non stava bene, aveva preso un po’ di freddo, venne il dottore e le disse di farsi un paio di pere calde che le sarebbe passata. Quando lui se ne andò le dissi che l’avevo spiata mentre lui la visitava e che aveva proprio un bel culone e due belle tettone. Lei rise dandomi uno scappellotto e mi disse di andare a guardare la ragazze sulla spiaggia, non lei che era vecchia. Anche se l’avevo vista solo in mutande e reggipetto, era la prima volta che la vedevo come una donna e non come la vecchia zia. Io già mi tiravo le seghe, almeno un paio al giorno, già da un bel po di tempo. Il pensiero della zia nuda mi faceva arrappare. Il suo mugugnare mi riportò alla realtà. Diceva che non sapeva a chi rivolgersi per farsi fare le pere. Le sue amiche non abitavano abbastanza vicine per venire adesso e non conosceva nessuna vicina Avrebbe dovuto far venire un’infermiera, che costava cara, o farsele da sola, che era scomodissimo. Non so perché lo feci, ma le suggerii che potevo fargliele io. Ridendo mi arruffò i capelli e mi ringraziò ma disse che si sarebbe arrangiata. La sfottei dicendole che si vergognava di far vedere il culo al suo nipote preferito, dopo che l’avevo vista mezza nuda tante volte. Lei disse che non era vero, ma non stava bene che una donna si facesse fare certe cose da un ragazzo. La pungolai ancora, sfottendola ridendo. Per tutta risposta, continuando a negare che si vergognava, si alzò il vestito e abbassò le mutande giusto sotto le chiappe. “Visto!” Allungai una mano e le diedi una palpatina. “Vedo! Lo dicevo io che hai un bel culone!” Si rese conto di starsene a culo nudo di fronte al pronipote e si ricoprì tutta rossa. Mi diede uno schiaffetto sgridandomi, ma non incazzata, per averla imbarazzata ecc. Io ero eccitato. Fidando nella confidenza che avevamo, la seguii e mi sedetti sulle sue gambe, baciandola, dicendole che le volevo bene ed era per questo che volevo aiutarla. La sua mano mi accarezzava la coscia ed a me era diventato duro. Più tardi mi disse che si era accorta che ero in tiro e, senza sapere neanche lei perche’, aveva sentito una voglia irresistibile di vedermelo, toccarmelo, vedermi godere. Era vedova da qualche anno e non aveva sentito stimoli sessuali da tempo. Mentre la sbacciucchiavo sul collo mi disse che era d’accordo. Potevo aiutarla, a patto che non dicessi mai niente a nessuno. Giurai subito, mi fece scendere e fece finta di non vedere i pantaloncini gonfi. Poi disse che per insegnarmi come si faceva, ne avrebbe fatta una prima a me. Rimasi senza parole, immobile mentre lei andava a preparare. Pochi minuti e rientrò con la pera in mano. Ora fu lei a sfottermi chiedendomi se mi vergognavo a farle vedere il culo che aveva pulito tante volte. Non era al culo che io pensavo ma, nonostante la mia baldanza, il fatto di mostrarle l’uccello duro andava contro a tutto quello che mi avevano insegnato fino ad allora. Le girai la schiena e abbassai i pantaloncini. Ma non andava bene, volle che mi sdraiassi sul divano. Ormai l’aveva visto di sicuro, ma faceva sempre finta di niente. Mi sdraiai a pancia in giù. Lei si mise dietro e mi aprì le chiappe ungendomi il culo con un dito. Infilò dolcemente la cannula, poi mi disse di girarmi. Ero restio. Mi disse che era stata sposata e che di piselli duri ne aveva già visto. Allora sapeva. Sospirando mi voltai lasciando che svettasse davanti a lei. Mi fece alzare le ginocchia e mosse lentamente la cannula su e giù, massaggiandomi la pancia, sfiorando ogni tanto l’uccello duro che sussultava mosso da vita propria. Mi chiese se mi piaceva. Ora la muoveva dentro e fuori. Dissi di si che era piacevole. Ridendo mi chiese se non ero capace di tener fermo quel coso e me lo prese in mano scappellandolo tutto mentre mi spruzzava la camomilla. Non resistetti e cominciai a spruzzare anch’io mentre lei diceva: “Bravo, tesoro! Così, dalla tutta alla zia! Ecco, bravo!” Me lo spremette fino all’ultima goccia e poi mi mandò in bagno.”
Ada era in una fase di orgasmo continuo.
Io me lo accarezzavo leggermente. Continuai a raccontare:
“Quando tornai dal bagno lei aveva preparato la pera per se stessa. Mi chiese se ero pronto e le mostrai l’uccello di nuovo duro. Rise dicendo che a quello avrebbe pensato dopo. Poi si alzò il vestito alla vita e passatami la pera si abbassò le mutande rimanendo seminuda davanti a me che guardavo il suo ciuffo di pelo ancora nero a bocca spalancata. Si girò e si curvò sul tavolo, le gambe semi aperte. Dietro di lei non sapevo cosa fare, ero ancora senza parole. Potevo vederle la fica! Le labbrone pelose semiaperte erano lì davanti a me. Mi ricordò che dovevo ungerla. Misi un dito nella vaselina e poi mi feci coraggio e mi avvicinai. Si curvò e aprì ancora di più le gambe. Con le chiappe si aprì di più anche la fica. Appoggiai il dito al culo e la unsi in superficie, mi disse di spingere un po’ il dito per ungerla meglio. Spinsi e plop, finì tutto dentro accolto da un mugolio. La sua mano comparve tra le gambe e cominciò a fregarsela. Ora era tutta aperta, guardavo affascinato quella mano, quelle dita, aprire, entrare, fregare, pizzicare. Ero come in trance. Mi chiese se avevo mai visto una donna nuda. Risposi che avevo visto qualche volta la mamma, mentre si cambiava o usciva dal bagno, ma mai così da vicino e poi le solite foto. Disse che quello che stavo vedendo era un ditalino, una sega al femminile. Era pronta a godere e mi disse di metterle la pera. Come la svuotai, dentro di lei, si irrigidì di godimento. Quando anche lei tornò dal bagno, mi trovò intento a menarmelo. Mi fece smettere e mi portò a letto. Prima mi fece un super pompino, succhiandosi tutto. Finalmente si tolse il vestito e il reggipetto, rimanendo tutta nuda. Mi lanciai a succhiarle le tette. Dopo un po’ mi insegnò a leccarle la fica e poi si fece chiavare. Da allora tutte le volte che posso vado da lei e ce la godiamo in tutte le maniere. Si procura dei giornali porno e poi proviamo a fare tutto anche noi. Allora hai goduto!”
“Mio Dio! Se continuo muoio!”
Mi avvicinai a lei. Il divano era una pozzanghera dove lei era seduta.
“Fammela leccare un po’! E’ un peccato perdere tutto sto sugo!”
Come la toccai con la lingua cominciò a tremare tutta. Mi strinse la testa tra le cosce quasi soffocandomi. Mi abbeverai per qualche minuto tra le sue urla ed i suoi spasmi e poi mi alzai. Menandomelo mi misi davanti a lei.
“Apri la bocca che questa e’ per te!” Il primo spruzzo la prese in faccia, gli altri fece a tempo a succhiarseli. Di nuovo andammo a pisciare assieme, stavolta la feci sdraiare e le pisciai proprio addosso, godette un’altra volta. Mentre si riprendeva le chiesi di raccontarmi cosa era successo che era così arrappata. Ecco il suo racconto:

“Non mi crederai, ma io sono sempre stata tutta casa e lavoro. Ho avuto un paio di fidanzati da giovane e, come al solito, quello a cui l’ho data, è scappato appena ha sentito odore di matrimonio. Ho odiato gli uomini per un po’, poi ho trovato uno e per un po’ siamo stati assieme fino a che se n’è andato anche lui. Ho fatto la brava figlia zitella fino a che sono morti i miei. Per fortuna ho trovato un posto qui e me la passo discretamente. Sesso! Che cos’è? Fino a qualche anno fa era qualcosa di peccaminoso che si faceva solo se sposati. A me, quel poco che avevo fatto, aveva portato sfortuna e non mi era poi piaciuto granché. Se leggevo qualche romanzetto da vecchia zitella che mi faceva gocciolare la bernarda, mi toccavo un po’, due sospiri ed era finita. Poi, tre anni fa, e’ tornata la Gina, mia sorella! Lei ha qualche anno meno di me e, quando è rimasta vedova, è venuta ad abitare qui. Abbiamo rifatto conoscenza e siamo ridiventate prima amiche, poi confidenti ed infine …Lei è quella che mi ha traviata! Non che mi dispiaccia, anzi! Si era sposata a sedici anni e salvo rare occasioni non ci eravamo riviste molto. Lei se ne era andata con suo marito seguendolo in giro per il mondo. Mi racconto’ che, da allora, ne avevano fatta almeno una al giorno fino a che suo marito non è rimasto secco. Poveraccio, ha avuto un infarto dopo una serata piuttosto gaudente. Non aveva mai fatto le corna al marito. Non ce n’era bisogno. Lui non le faceva mancare niente e la scopava ancora meglio. Erano molto disinibiti. Mi ha raccontato che facevano l’amore da tutte le parti. Se c’era poi la possibilità che qualcuno li vedesse, si eccitavano ancora di più. Ultimamente erano entrati in un club dove si faceva lo scambio delle coppie. Avevano scopato assieme, con altra gente nello stesso letto che li guardava e loro avevano poi guardato gli altri. Fattisi ancora più arditi erano arrivati a scambiarsi il partner. Nessuno dei due era però mai stato senza l’altro vicino. Ora che era sola, non aveva ne figli, ne parenti, era ridotta a farsi dei gran ditalini. Tornata a Genova, gestiva con un’amica un’edicola, era facile per lei procurarsi i giornali che prima si godeva col marito. Tutte queste confidenze arrivarono naturalmente un po’ alla volta, specie dopo che ci eravamo conosciute meglio e sapeva che non ero la tipica portinaia chiacchierona. Anch’io le raccontai la mia storia. Le dissi dei miei peccatucci di dito, qualche rara volta, arrossendo come una ragazzina. Dopo il giorno che le confessai di farmi qualche ditalino anch’io, mi raccontò le storie più libidinose della sua vita sessuale, storie che mi lasciavano tutta agitata e mi facevano godere la notte da sola nel mio letto. Un giorno arrivò con uno dei sui giornali, me lo diede e scappò via dicendo che mi avrebbe visto l’indomani. La sera dopo arrivò mi chiese se mi era piaciuto e se me n’ero tirata un paio. Di nuovo arrossendo dissi che avevo goduto almeno quattro volte. Batté le mani contenta e tolse dalla borsa un’altro giornale aprendolo dove si vedevano foto mandate dai lettori. Mi disse che quello era dove si arrappava di più. Aveva ragione. Vedere quelle foto che rappresentavano gente normale, con fisici normali e tanta, tanta voglia di godere, era veramente eccitante. Discutemmo le foto assieme. Ce n’era qualcuna di donne della nostra età che facevano vedere tutto. Gina si mise la mano tra le gambe e cominciò a fregarsi. Rimasi un po’ lì sorpresa. Lei si mise a ridere, mi chiese se mi scandalizzava. Al mio no mi suggerì di farlo anch’io, che in compagnia era meglio. La voglia l’avevo! Rossa come un peperone misi la mano tra le cosce me la fregai un po’, sulle mutande. Sempre ridendo Gina si alzò la gonna mostrandomi che lei le mutande non le aveva. Potevo vedere le sue dita scomparire nella spacca. Si sedette in modo che potessi vederla bene e cominciò a tirarsi un vero ditalino, dicendomi che la eccitava essere guardata e che potevo imitarla che le piaceva anche guardare. Ero veramente eccitata. In un momento mi si erano inzuppate le mutande. Me le tolsi e mi sedetti a gambe aperte toccandomi anch’io. L’ultima che me l’aveva vista, a parte la dottoressa che me la vedeva una volta l’anno, era stata mia madre quando mi erano venute le mie cose, circa quarant’anni prima. Mi disse che avevo proprio un bel ficone, che era un peccato che nessuno se lo godeva. Me ne venni quasi subito e anche lei. Sempre sotto la sua guida e aiutate dal giornale, ci mettemmo nude e ce ne andammo sul letto a tirarcene ancora qualcuno. Il giorno dopo arrivò con un librone. Era pieno di ritagli di tutte le foto che lei aveva trovato più arrappanti. Serie complete a cui aggiungeva se qualcuno dei soggetti ne mandava delle altre. Nude sul letto, sditalinandoci, ne vidi di tutti i colori. Te lo puoi immaginare. Una delle sue serie preferite era quella della così detta supernonna, una sessantenne che la dava a tutti, un’altra nonna che si era fatta il nipote, una madre col figlio ed il suo amico, amiche, amici, bocchini, leccate, inculate, chiavate, pisciate, in tutti i modi e posizioni. Separato, un altro album conteneva foto di lei ed il marito, da soli e con altri. Parte era stata pubblicata e parte non era stata inviata. Non ricordo bene il momento, so solo che il libro sparì e noi ci baciavamo toccandoci a vicenda per poi passare a leccarcela. Fu come lo avessimo sempre fatto. E pensare che da ragazzine non eravamo mai state molto legate. Mi fece godere come mai prima in vita mia. Da allora lo facciamo quasi tutti i giorni. Mi introdusse anche ai piaceri del vibratore che mi infilò dappertutto, anche nel culo. Un mese fa è arrivata con una Polaroid nuova, con l’autoscatto. Ci siamo fotografate tutto, tutte aperte e poi lesbicando assieme con l’autoscatto. Le abbiamo mandate al giornale. Stamattina quando sono passata da lei, mi ha dato il giornale. Sono state pubblicate!” Si alzò e tornata nell’entrata dove l’aveva abbandonata all’arrivo, prese la borsa, ne estrasse un giornale porno, Le Ore mi sembra si chiamasse, e me lo mostrò. Era vero! C’erano due pagine di foto sue con un’altra! Si intitolava Vogliose Tardone Genovesi e si mostravano a culo e fica aperti, sditalinandosi e leccandosi. Decisamente arrappanti. Intanto continuava.
“Ecco perché! Il sapere che un mucchio di gente mi avrebbe vista fare quelle cose e si sarebbe magari masturbata, mi ha messo in uno stato tale che mi sarei tirata un ditalino per strada. Quando mi sono sentita il tuo uccello appoggiato alle chiappe mi sono sciolta. Ho avuto un orgasmo lì, sull’autobus! Ed eccoci qua! Ti dispiace?”
Aveva ripreso a toccarmi.
“Nient’affatto. A che ora arriva tua sorella?”
“L’aspetto verso le cinque. Oggi chiude la sua socia.”
“Perché non la chiami e le dici che l’aspetti con una sorpresa in mano?” risi indicando il cazzo che leccava tipo gelato. “Potrei darvi una ripassata a tutte due!!”
Mi diede una succhiata.
“Non ci avevo pensato! Sono sicura che le piacerebbe!”
“Allora aspetto a farti il culo fin tanto che arriva lei. In tre è meglio! Tu intanto puoi leccarti il mio!”
“Aspetta che telefono prima che esca!” Alzatasi fece il numero. “Gina?… Si, sono io. Senti, ti ho chiamato per dirti di portare la macchina quando arrivi. Ho una sorpresa tra le mani e voglio farci una foto!… Piacerà anche a te! Ci gioco il culo!!” risata “Va bene scommessa accettata! Ciao, a più tardi!… Ciao!” Si rivolse a me, ancora ridendo.
“Non ti dispiace mica vero? Vorrei avere qualche foto ricordo, per il nostro album!”
“No, anzi mi piace! Ce la godremo un mondo, vedrai!”
“Io ho già goduto un mondo, ma sono pronta per tutto quello che vuoi!!”
“Allora vieni, ho proprio voglia di una leccata di culo. Non ti preoccupare che e’ bello pulito!” Mi misi in ginocchio sul divano, culo per aria. Lei si accomodò dietro di me, le mani sulle chiappe.
“Te lo leccherei anche se avessi appena cagato. Non posso negarti niente.” Sentii la lingua fiorettarmi il buco, poi la sue labbra. Slinguava e succhiava, spingendo la lingua a fondo. Le dissi che io e la zia avevamo un debole per il culo. Glielo facevo almeno una volta al giorno e ce lo leccavamo sempre. Perciò ci tenevamo sempre pronti. Avevamo una pera sempre pronta in bagno e ce la facevamo tutte le volte che cagavamo. Era vero! Acqua profumata. Così si era sempre pronti all’uso. Mi slinguò fino a che non dissi basta. Ci mettemmo poi a fare un sessantanove, sdraiati di fianco, sul tappeto. Ricominciò subito a godere. Poverina, aveva una vita da recuperare! Era la fica più vecchia che avessi leccato fino ad allora. Però era cosi compatta e soda che gliene avresti dato venti di meno. Alla fica naturalmente. Il culo poi era da trentenne. Lappai fino a che non ce la fece più, poi lasciai che me lo succhiasse fino a sborrarle in bocca un’altra volta.

Ci facemmo un the coi biscotti e, ci eravamo appena seduti con la copia di Le Ore aperta all’Autoscatto, quando suonò il campanello. Nuda Ada andò ad aprire, dopo aver guardato dallo spioncino. Era la Gina!
“Tesoro, sei così in calore da andare in giro nuda?”
“Aspetta a vedere che sorpresa ti ho preparato a sarai in calore anche te!”
“Io lo sono sempre in calore e… Mamma mia bella!” esclamò vedendomi sdraiato sul divano, la faccia coperta dal giornale, il cazzo duro in mano.
“Sorpresa, eh!! Giorgio ti presento la mia compagna di foto, Gina!!”
“Ciao Gina, se ne hai tanta voglia come dici nelle foto, datti da fare!!”
“E .. e .. questo.. dove lo hai trovato?” Sguardo fisso sul cazzo, già tutta rossa in faccia.
“Te lo racconto intanto che lo succhi un po’!”
“Non ancora!” feci io. Prima voglio vederla tirarsi un ditalino come in questa foto qua!”
Mostrai una foto di lei nuda, una gamba sul divano, la fica aperta e due dita dentro.
“Dai cara! Spogliati! Io racconto mentre te la meni!”
Sedutasi accanto a me, impadronitasi subito del cazzo, Ada comincio a riferire i fatti del giorno mentre Gina, ancora senza parole, leccandosi le labbra, si metteva nuda. Era alta come Ada, ma più snella, le tette normali, cadenti ma non vuote. Ci si poteva ancora giocare. Di fronte a me alzò la gamba lunga appoggiandola sul bracciolo. Fica con labbra pendule, poco pelosa. La aprì con due dita, dall’alto, il medio sul grilletto, con l’altra mano prese a sbattersela.
“Brava Gina, così mi piace! Facci vedere una bella sborrata! Ti ha detto Ada che ti abbiamo aspettato perché voglio incularvi tutte e due assieme?”
“Oooh, che porco che sei! Mi sto già sbrodolando tutta! Oooh, oooooh!!”
Mi alzai in piedi, le palpai tette e culo.
“Ora dai una bella leccata alla Ada mentre ti do una bottarella alla pecorina!!”
Obbedì subito e cominciò a lappare mugolando, Ada gemeva. L’acchiappai per i fianchi e dentro! Bella comoda, sugosa e odorosa. Decisamente aveva bisogno di un bidè. La sbattevo con forza, facendola godere due o tre volte, le due boccheggianti. Me lo feci leccare un po’ e poi in bagno. Dove pisciai sulle due fiche aperte. Mentre si sciacquavano chiesi se avevano una peretta.
“A cosa ti serve?” chiese Gina.
“A prepararvi i culetti! Viene molto meglio se non ci sono ostacoli! Mia zia dice sempre che un bel clistere prima di prenderlo in culo fa raddoppiare il piacere!”
“Belle cose che ti insegna tua zia!!”
“Sono tre anni che scopano!” intervenne Ada.
“Lui e sua zia? Brava sporcacciona! Abitate vicino?
“No purtroppo io abito in Francia, e la zia a Sanremo. Sono capitato qui proprio per puro caso. Allora sta pera? L’avete?
“Si devo averne una qui dentro!” Ada aprì un mobiletto.
“Peccato tu stia così lontano, avremmo potuto vederci ogni tanto!”
“Non si sa mai! Meglio comunque godersela oggi, domani chissà!!”
“Eccola, l’ho trovata! Va bene questa?” tipica pera da mezzo litro, la cannula sottile.
“In mancanza di meglio. Ne hai solo una?”
“Si! Cosa devo fare?”
“Dammela! Ecco, la riempiamo di acqua calda, una goccia di sapone neutro e pronta!! Chi vuol essere la prima?” si spintonarono un po’, scherzando.
“Ada allora! Mettiti a cavalcioni del bidè, culo per aria! Gina passami la vaselina e poi massaggiale bene la pancia. E tu, sbattitela per bene!” Le infilai il dito e la rimestai un poco. Quando vidi che la mano sguazzava più veloce, levai il dito e infilai la pera. Appena vidi che era pronta la strizzai inondandola a tempo col suo orgasmo.
“Oooh! Gina, oooh! E’ bellissimo! Vedrai! Questo non lo avevamo mai fatto!” Si sedette sul cesso svuotandosi subito. Gina era già a culo per aria. Procedetti con lo stesso sistema e godette ancora più svelta. Poi ripetei l’operazione un’altra volta, solo con acqua, per sciacquarle. Sculacciandole le sospinsi in camera. Tutti e tre sul letto ce la godemmo un po’ di mani e di lingua. Mi feci dare un’altra bella succhiata al culo, poi mi alzai.
“Ragazze, ci siamo! E’ l’ora del buco del culo! Forza, fate un bel sessantanove! Ada sopra che è da stamattina che te lo prometto! Ecco, brave! Così! Leccatevela bene! Anche il culo! Brave! Non è più bello leccarsi un culo profumato?” Mi curvai su di lei provandole il culo con la lingua. Era già abbastanza morbida e sbrodolava. La infilai prima in fica. Due cappellate e glielo schiaffai in culo. Non ero neanche dentro che veniva già. Lasciai che godesse un paio di volte e poi le feci cambiare posizione. Gina sopra. Era già più che pronta. In stato di godimento avanzato. Ripetei l’infilata. Fica e poi giù, nel culo!! Decisamente Gina era ben sfondata. Quando le gambe non la ressero più lo tolsi e, nel mio stile, venni nelle loro bocche aperte. Per finire la serata facemmo qualche foto ricordo. Aveva in borsa quattro cariche da sedici e le usammo tutte. Una carica ciascuna con me che le infilavo in tutte le posizioni, due altre con l’autoscatto, dove ripetevamo di nuovo in tre. Era divertente! Per di più con la polaroid potevi vederle subito. Non dimenticarono di fotografarsi anche nella vasca, pisciandoci addosso l’uno con l’altro. Me ne andai tra i loro ringraziamenti. Mi accompagnarono nude sulla porta. Meno male che non passava nessuno! Non promisi niente, ma se mi fosse capitato sarei tornato a trovarle. Ripassai di lì un paio di anni dopo e la nuova portinaia, pettegola, mi disse che le due lesbicone si erano ritirate assieme in campagna. Poverina! Se solo avesse saputo! Comunque me ne tornai a casa con la gambe molle. Fortuna che la stazione era vicina. Arrivai a casa un po’ tardino. La zia mi aspettava.
“Stasera digiuno!” le dissi “Le opere di pene mi hanno spompato!” Le passai le foto che avevo tenuto per ricordo. Una con pisciata, due inculate a tre e la sborratona finale sul corpo di Gina con menata di Ada. Dormii come un sasso.

Lella

Forse la storia e’ un po’ lunga ma mi e’ venuta giu’ di getto.
Aspetto vostre notizie. Magari spunti per nuove storie.
Storiedilella@hotmail.com

Leave a Reply